Ride in the USA. La storia di Diamond Rainey è da film

Ho avuto l’onore di conoscere e di fare una lunga chiacchierata con una vera e propria icona del Motocross vintage americano: Donald Richard Rainey. La sua storia meriterebbe un film
8 giugno 2016

Vi ricordate di Mirko Lucchi, il meccanico italiano che lavora nel Supercross? Ve ne avevo parlato qualche tempo fa proprio qui su Moto.it
Ieri, mentre ero impegnato in uno dei miei infiniti viaggi coast to coast Los Angeles - Atlanta - Los Angeles, mi sono finalmente fermato per andare a trovarlo. Abita nelle colline a nord di Longview, una città nel Nordest del Texas, vicina al confine con la Louisiana. È una zona molto bella e piena di colline, pascoli e laghi… ma soprattutto è patria di una insospettabile comunità di appassionati di fuoristrada, vecchi e giovani.

Un nome per tutti, Trampas Parker: il due volte campione del mondo di motocross, vive a Shreveport in Louisiana, a poche miglia da qui. E proprio chiacchierando di tutto questo con Mirko sono venuto a conoscenza del fatto che uno dei round più famosi delle gare AHRMA Vintage Motocross si svolge ogni anno a Jefferson, a meno di mezz’ora da dove Mirko ha la sua officina. Mirko ci ha corso diverse volte, con delle CZ, delle Husqvarna e una Honda vintage: l’anno scorso ha vinto la sua categoria e negli anni precedenti ha fatto un paio di secondi ed un quarto posto.
Per la cronaca, AHRMA sta per "American Historic Motorcycle Association", e per il 2016 le gare di motocross in calendario sono ben 21!

«Adesso che ci penso - mi ha detto Mirko - devi assolutamente conoscere Diamond Don, uno così non te lo puoi perdere».

Così questa mattina ho avuto l’onore di conoscere e di fare una lunga chiacchierata con una vera e propria icona del Motocross vintage americano, Donald Richard Rainey.
Lo siamo andati a trovare dove ha il suo enorme terreno, lo stesso su cui ogni mese di aprile organizza la sua unica gara annuale, la Riverport National Vintage Motocross.

Don, che ha da poco passato i 70 anni, ci ha accolto sul suo side by side e in men che non si dica ci ha fatti salire a bordo per farci vedere il tracciato di gara. In questo periodo dell’anno la maggior parte della pista è coperta di erba ma il giorno della gara sembra di essere ad un vecchio round del Mondiale 500 in Europa, mi vengono in mente Payerne in Svizzera o Sittendorf in Austria.
La storia di Diamond Don è materiale da film, ovviamente.


 

Dopo la cabrio mi sono anche comprato un bell’abito tre pezzi e un anello con il diamante, e da quel momento sono diventato Diamond Don

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«Mi sono appassionato di moto appena finito il militare - mi dice - proprio quando Yamaha stava uscendo con le prime enduro stradali DT-01. Erano gli anni di “On Any Sunday” e tutti erano fanatici di fuoristrada. Io ai tempi vivevo a Houston e un giorno sono andato a vedere una gara di motocross, la nuova disciplina di cui parlavano tutti. Era la pista a Rio Bravo (tuttora sede di un Vintage National - Nda) e mi sono reso conto che molti dei piloti in gara avevano la mia stessa moto. Così sono andato dagli organizzatori e mi sono fatto spiegare come fare: in men che non si dica mi hanno aiutato a smontare le luci e le frecce, mi hanno dato una tabella portanumero e dopo mezz’ora ero in pista”.

 

Da dove arriva il soprannome Diamond?

«Per un periodo ho lavorato come venditore di auto presso una concessionaria Ford. Vedevo che i venditori di successo guidavano tutti dei modelli convertibili così mi sono detto che anche io volevo una cabriolet e che per ottenerla dovevo essere il migliore. Ma non mi sono fermato li: dopo la cabrio mi sono anche comprato un bell’abito tre pezzi e un anello con il diamante, e da quel momento sono diventato Diamond Don».

 

 

Quando hai iniziato con la Riverport?

 «Nel 2002 ero ancora a Houston ma ero stufo di quella vita e volevo cambiare in modo radicale. Così sono venuto qui e ho comprato il terreno, e da subito ho organizzato la prima gara. Da quel momento si è corso ogni anno, pioggia o fango, sole o polvere: la pista è uguale per tutti ma soprattutto qui si presentano tutti i piloti migliori, quindi se sei a caccia di trofei forse non è il round giusto per te».
 

Quindi è una cosa abbastanza recente. Ma sei sempre stato coinvolto nelle moto, giusto?

«Oh si, ho corso un po’ di tutto e ovunque. Nel settore tutti conoscono Diamond Don [ride].Come spettatore ho visto il primo Supercross al Los Angels Coliseum e come pilota ho corso il primo Supercross della Costa Est, all’Astrodome di Houston nel 1975. Nel 1982, per esempio, ero a fare assistenza al pit stop numero 10 alla Baja California 1000, l’anno in cui il mio amico Al Baker (il mitico fondatore di XR Only - Nda) ha vinto la gara: mi ricordo ancora di quando gli ho fatto il pieno e dato un set di occhiali puliti. Dopo poche ore l’ho incontrato da vincitore a La Paz. Pensa che si è presentato direttamente in albergo in sella: ha fatto tutta la scalinata a manetta, ha appoggiato la moto a una colonna nella reception e si è presentato tutto impolverato al bancone dicendo “Il mio nome è Al Baker, ho una prenotazione».

 

Chissà quante storie hai da raccontare…

«Non hai idea, non finiremmo più. Un anno sono andato assieme a un amico in California: abbiamo caricato le moto sul camper senza nessun piano in particolare, solo fare quante più gare possibile in due settimane. Comunque negli anni sono diventato amico di tantissimi piloti, che oggi sono partecipanti fissi alla mia gara».

 

 

Quali sono i nomi che ti vengono in mente?

«Probabilmente lascerò fuori qualcuno, ma Brad Lackey viene spesso, Guy Cooper, Marty Tripes, Scott Burnworth, ovviamente Trampas Parker e suo figlio Ricky, il compianto Jim Pomeroy, Jim Gibson… troppi per ricordarseli tutti. Un avido appassionato di gare Vintage è il cantante country Lyle Lovett (qui in America è molto famoso - non saprei davvero a chi paragonarlo in Italia - Nda) anche lui di Houston. Mi ricordo ancora quando da ragazzino veniva a trovarci in officina”.

 

Ma fai solo una gara all’anno?

«Si, una sola. Ci metto un anno intero a prepararla e a fare in modo che non solo sia tutto perfetto, ma che i partecipanti vivano una esperienza memorabile. Negli anni ho avuto una media di 900 iscritti per gara, è un impegno colossale. Nello stesso weekend corriamo il Vintage Motocross, il Vintage Cross Country e il Vintage Trial. Accolgo i partecipanti in smoking il venerdì sera e offriamo a tutti un gigantesco BBQ, più di 50 kg di carne. Quella che avanza, e avanza sempre, la offriamo alla domenica sera in quello che chiamiamo il “Wine Down Party” (un gioco di parole basato sul modo di dire “Wind Down” ovvero rilassarsi e decomprimere dopo una giornata di lavoro - Ndr) in cui ovviamente offriamo anche il vino e si suona sul palco centrale del padiglione in legno. Normalmente ci sono diversi piloti in grado di suonare bene qualche strumento e alla fine tra il pubblico c’è sempre qualcuno che si offre di cantare».

 

E durante il resto dell’anno cosa succede?

Oh si, la mia bambina. La mia locomotiva a vapore del 1880: io ho la numero 7 e pensa che la numero 8 era di Michael Jackson, si trova tuttora a Neverland in California

«Jefferson, TX è una destinazione importante per il turismo, a due e quattro ruote. Ogni anno organizziamo un evento in cui vengono a suonare i sosia dei più famosi cantanti Country, tipo Willy Nelson. Arrivano da tutto il mondo, pensa che i due più bravi in assoluto sono della Croazia. Poi abbiamo diversi raduni di moto, abbiamo appena firmato per organizzare un evento Norton e una volta all’anno ho una rievocazione storica di una battaglia della Guerra Civile. In quell’occasione metto in acqua la mia barca, che ho fatto allestire da un coreografo che lavora nel modo del cinema in modo da sembrare un battello dell’epoca, e me ne vado in giro suonando antiche marce militari e sparando con i miei cannoni a salve. Poi ovviamente c’è il campeggio e tutte le varie cose da fare per mantenere il posto in ordine. Oggi e domani, per esempio, andremo a recuperare un po’ di alligatori. Normalmente vivono qui nel mio lago ma gli allagamenti delle ultime settimane gli hanno permesso di entrare nel fiume dunque adesso devo andare a riprendermeli».

 

Ma non è tutto, vero? So che nel cuore del bosco conservi qualcosa d’altro…

«Oh si, la mia bambina. La mia locomotiva a vapore del 1880: io ho la numero 7 e pensa che la numero 8 era di Michael Jackson, si trova tuttora a Neverland in California».

 

Ma dove l’hai trovata e cosa te ne fai?

«Era parte della proprietà quando ho acquistato il terreno, compresi i binari. Era in condizioni decenti ma non funzionante, ho dovuto ricostruirla quasi del tutto. Ho un piccolo deposito dove tengo i vagoni passeggeri e ho anche una locomotiva moderna. Nel periodo che va da Halloween a Natale porto in giro per la città una media di 10mila persone all’anno, a $15 a testa. Ad Halloween uso la locomotiva piccola ma a Natale la gente viene qui apposta per quella a vapore, quindi devo usare quella. Ho modificato la caldaia che adesso è ecologica e non va più a carbone ma a propano, ma nonostante tutto prima che l’acqua vada in temperatura e il vapore entri in circolazione ci vogliono più di quattro ore solo per avviarla».

Le foto in alto alla pagina sono di Steve Cox
Quelle nella galleria fotografica qui sotto sono di Pietro Ambrosioni

 

 

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