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Se va avanti così, tra un paio di gare andiamo a correre io e il mio vicino di casa.
Non so davvero cosa stia succedendo, ma il Supercross 2018 si sta trasformando in un'ecatombe.
Dopo sette gare, Jason Anderson guida la classifica provvisoria davanti a Cole Seely e Blake Baggett. Tutti fior di piloti, niente da dire, ma a parte l'ufficiale Husqvarna, chi a inizio stagione avrebbe scommesso su una top three per gli altri due?
Eppure eccoci qui: Roczen è nuovamente out dopo un altro infortunio alla mano (questa volta la destra) patito a San Diego. Tra l'altro se lo è procurato per la smania di andare a cercare il contatto con Cooper Webb, dopo che l'ufficiale Yamaha lo aveva passato senza troppi complimenti. E questa stagione che poteva diventare un rientro da sogno torna ad essere un brutto incubo.
Con Ken, in infermeria, da sabato sera c'è Barcia: anche lui infortunato ad una mano, anche lui quella destra. Il destino beffardo ha deciso di prendersi gioco di lui immediatamente dopo che Justin aveva firmato l'agognato prolungamento di contratto con la Yamaha. L'incidente che lo ha visto protagonista ha quasi dell'incredibile, ma su una pista che si stava letteralmente sgretolando come quella di Arlington, situazioni di questo tipo se ne sono crate molte. Barcia, scattato in testa nella sua heat di qualifica, ha sbagliato la cadenza sulla seconda sezione ritmica, ed è arrivato sul triplo senza la spinta necessaria. A quel punto ha provato a spostarsi a sinistra ma Tyler Bowers gli è atterrato proprio sulla mano, una questione di centimetri. E con Musquin e Tomac lontani anni luce dalla vetta della classifica, il campionato 2018 potrebbe diventare uno dei più strani di sempre, data l'assenza di star al top.
La situazione l'ha descritta bene lo stesso Tomac, che a Dallas ha vinto in modo perentorio dopo essere caduto alla prima curva nella gara precedente: "Non so, quest'anno è davvero strano. Un po' sono le corse, ovviamente. Ti prepari per mesi, finalmente inizia il campionato, e nemmeno te ne accorgi che già sei in ritardo di 70 punti dalla vetta. È quasi incredibile, oggi sei al top e domani basta una scivolata o una partenza nel mucchio e ti ritrovi sottoterra". La tabella di marcia dell'ufficiale Kawasaki parla da sé:
Anaheim 1 - caduta e ritiro
Houston - non partito
Anaheim 2 - vittoria
Glendale - vittoria
Oakland - tredicesimo
San Diego - caduta e ritiro
Arlington - vittoria
Cosa è successo al pilota che ha vinto ben 9 Main Event nel 2017? Al momento bisogna scorrere la classifica fino al decimo posto per trovarlo, e per il momento, in modo altrettanto sorprendente, lui e Anderson sono gli unici due piloti ad aver vinto tre finali in questo 2018.
Quello che doveva essere il suo avversario numero uno per la lotta al titolo, il francese Marvin Musquin, è messo meglio, ma anche lui ne ha passate di tutti colori: "Incredibile, finita la gara di Anaheim 1 mi sentivo imbattibile, ero sicuro che nessuno mi avrebbe potuto toccare. E meno di una settimana dopo ero a bordo pista a guardare gli avversari scappare via. Adesso la spalla va molto meglio, non è ancora come vorrei, ma va decisamente meglio, almeno quello". Il pilota KTM, che a momento si trova quarto in classifica ad un solo punto da Baggett, ha avuto i suoi alti e bassi. L'incidente in qualifica a Houston gli ha fatto perdere una gara e tuttora lo condiziona. In più Anderson, suo compagno di allenamenti alla Baker Factory, non solo guida la classifica con quasi quaranta punti sul secondo, ma gli ha fatto pure un brutto scherzo ad Oakland, quando lo ha fatto cadere con un block-pass eccessivo e onestamente inutile. Tra i due adesso non corre buon sangue, e se Jason non sembra curarsene minimamente, per Marvin potrebbe trattarsi di un ulteriore ostacolo verso il ritrovamento della piena forma. Ad Arlington Musquin è sembrato quasi quello di Anaheim 1, e ha approfittato dei doppiaggi negli ultimi giri per provare ad andare a riprendere Tomac, ma il pilota Kawasaki onestamente è sembrato su un altro pianeta. Su una pista in cui la maggior parte dei piloti ha fatto fatica e dove in alcuni punti è anche emerso il cemento sottostante, Tomac ha martellato tutti con giri perfetti, balzando al comando fin dalla prima curva.
"Una giornata perfetta, tutto è andato bene, dal miglior tempo in prova fino alle due holeshot nella heat e nel Main Event" ha commentato Eli. C'è poco altro da dire, la gara è stata persino noiosa!
Per fortuna in conferenza stampa ci ha pensato Baggett a far sorridere gli addetti ai lavori, quando gli è stato chiesto cosa gli mancasse ancora prima di poter vincere: "Beh - ha detto Blake - magari questi due (indicando Musquin e Tomac) potrebbero non presentarsi al via, ad esempio...". In ogni caso il californiano ha centrato il terzo podio consecutivo, e sta mostrando una progressione che sicuramente non fa dormire sogni tranquilli a Cole Seely, davanti a lui in classifica di soli 4 punti.
Chiudo con Jason Anderson, che pur continuando a combinarne di tutti i colori, siede comodamente in vetta alla classifica provvisoria dopo 7 gare. Il pilota del New Mexico fa di tutto per complicarsi la vita, anche adesso che sembra aver trovato la quadra delle partenze ed esce bene dal cancelletto, scopre sempre un modo nuovo per regalare emozioni al pubblico. Ad Arlington, in finale è partito secondo dietro a Tomac, ma poi si è sdraiato improvvisamente su una curva a destra e ha perso un sacco di posizioni. La sua rimonta, furiosa come sempre, non lo ha però portato oltre al quarto posto finale. Niente panico, la classifica lo vede ben davanti agli inseguitori diretti e, soprattutto, Jason ha ancora rispettivamente 41 e 70 punti di vantaggio su Musquin e Tomac, gli unici due su cui sta basando la sua strategia. Non è certo il caso di rilassarsi, ovvio, ma è anche vero che il più pericoloso dei due antagonisti, al momento, è Tomac. Ci sono ancora dieci gare, e se Anderson in uno scontro "fisico" con Musquin potrebbe avere la meglio, con Eli non credo ce la farebbe. Per cui, a meno che gli si "chiuda la vena", Anderson farebbe meglio a lasciar sfogare Tomac, amministrando per qualche gara il vantaggio enorme che ha accumulato. Il primo a non crederci è proprio l'ufficiale Husqvarna: "Sono molto più calmo rispetto allo scorso anno - ha detto Jason - Aldon [Baker] continua a dirmi di stare tranquillo e di avere pazienza, di aspettare che la gara si sviluppi prima di azzardare una delle mie solite mosse. Ovvio che se le cose si complicano, o se me le complico da solo come stasera, emerge la mia natura, e io tendo sempre un po' a fare "banzai".
Prima di passare alla 250, parliamo velocemente degli altri: Justin Bogle, appena rientrato dall'infortunio che lo ha tenuto fuori ad inizio stagione, si è nuovamente fatto male a San Diego e il suo posto sulla Suzuki ufficiale è tornato a Malcolm Stewart. Josh Grant non ha corso la finale ad Arlington perché si è rotto la tibia (senza cadere) dopo un brutto "corto" sul dragon back. Si conferma ancora a buon livello Weston Peick, che ad Arlington ha vinto la sua heat di qualifica dopo essere andato a riprendere il fuggitivo Tyler Bowers, e bene anche Cooper Webb, che pur guidando un po' alla disperata ha fatto vedere una buona velocità in Texas. Per lui un sesto posto finale, nella scia di Seely.
Menzione obbligatoria per Chad Reed, che pur navigando nelle retrovie ha eguagliato il record di Mike Larocco di più finali disputate in carriera - quindi dovrebbe batterlo già dalla prossima gara di Tampa. Era il suo obiettivo principale per la stagione 2018, e anche se l'australiano ha giurato che continuerà a correre per provare a battere anche il record (sempre di Larocco) di più vecchio vincitore di una finale di Supercross, non mi sorprenderei se invece annunciasse il suo ritiro già dal round di Atlanta, a inizio marzo.
Passiamo dunque alla 250. Con Dallas/Arlington si è aperta la stagione della Costa Est e, è proprio il caso di dirlo, è iniziata col botto. Sto parlando ovviamente della "pigna" che si è formata al via della finale, che ha coinvolto più della metà dei partenti e ha anche fatto alcune vittime illustri. Quello che ne è uscito peggio è stato Martin Davalos, dominatore della serata fino a quel momento: migliori tempi in prova in tutte e tre le sessioni, vincitore facile della sua heat ed avviato anche alla holeshot... se non fosse stato "tagliato" da Jordon Smith, a sua volta spinto da Joshua Osby. Per darvi un'idea della violenza dell'impatto, io stavo scattando la foto della partenza dalla prima fila sugli spalti, e ho sentito il botto fin da lassù. Per fortuna Davalos si è rialzato, ma non ha potuto proseguire la gara. Assieme a lui sono finiti a terra Jordon Smith e il francese Dylan Ferrandis, che aveva molto ben impressionato dalla heat di qualifica, soprattutto nelle whoops (che di solito sono il punto debole degli "stranieri").
Zach Osborne ha dato una buona descrizione dell'accaduto: "Ad un certo punto ho avuto una brutta sensazione e ho deciso di staccare, ma di fianco a me ho sentito che quasi tutti erano ancora a gas pieno. Poi è successa la carambola, inevitabile con una doppia curva del genere dopo un rettilineo così lungo... ti portava fuori".
Da quel momento il campione in carica dell'Husqvarna si è ritrovato sesto, con Hampshire e Cantrell in testa che scappavano via. Ha iniziato la solita rimonta, ma non sembrava il pilota di sempre: "Non so, forse la tabella rossa mi ha messo addosso troppa pressione. Due settimane fa ero arrivato quasi al punto di rottura, dopo mesi ad allenarmi senza sosta. Aldon Baker mi ha dovuto prendere da parte e darmi una calmata, perché stavo davvero uscendo di testa. Comunque, stasera non mi sono mai sentito a mio agio, non mi piaceva il terreno e non ero bello carico. Dopo l'incidente in partenza sono diventato ancora più cauto e probabilmente, se non avessi fatto quella piccola scivolata a metà gara che mi ha dato come una scossa elettrica, non ce l'avrei fatta a vincere".
La gara in sé, a causa della pista che si deteriorava velocemente ma anche per l'altissima tensione dovuta al debutto stagionale delle 250 Costa Est, è stata piena di cadute e colpi di scena. Oltre all'incidente al via e alla scivolata di Osborne, che abbiamo già descritto, ci sono stati anche altri episodi, come la caduta di Hampshire poche curve dopo aver perso la testa della corsa a favore del campione in carica, oppure lo svarione di Cantrell sulle whoops, nel tentativo di resistere a Nichols. Nel finale Jordon Smith si è giocato un jolly per rubare un'ulteriore posizione a Jeremy Martin, ma la manovra non ha funzionato e sono finiti a terra entrambi. C'è poi stato un contatto molto deciso tra Osborne e Austin Forkner, che potrà avere strascichi in futuro. Compagno di Davalos al Team Pro Circuit, Forkner a Dallas era uno dei grandi favoriti, dopo essere stato dirottato sulla Costa Est dall'infortunio patito in allenato a dicembre. In Texas tutti gli occhi erano puntati su di lui, e Austin non ha deluso le aspettative, restando veloce in prova ed imponendosi nella sua heat di qualifica. In finale ha evitato il mucchio alla partenza per un soffio, salvo poi vedersi speronare e buttare a terra da Osborne, come detto. A fine gara sono volate delle parole non proprio gentili, e aspettiamoci qualche scintilla tra i due già dalla prossima prova di Tampa.
Tornando alle posizioni da podio, dietro a Osborne ad Arlington si sono piazzati Colt Nichols e Jimmy Decotis. Per entrambi il risultato ha avuto un sapore particolare: Nichols non aveva prenotato l'aereo fino all'ultimo momento perché non era sicuro di riuscire a correre: infatti si è rotto l'omero in allenamento 8 settimane fa, e nonostante i dottori gli avessero detto che in 6 settimane sarebbe stato pronto, ci sono state delle complicazioni. Da non sapere se riuscire a correre a centrare un secondo posto, il passo è decisamente lungo e gratificante. Per Decotis invece si trattava di una questione di principio: "Stasera era la mia cinquantesima gara, e finalmente sono salito sul podio! Mi sono tolto un enorme peso dalle spalle, sono più che felice: sono sollevato. Non sai quanto sia frustrante vedere di avere la velocità per stare nei primi tre, e per un motivo o per l'altro non riuscirci mai. Quando stasera mi sono installo in quarta posizione mi sono detto "ecco qui, per l'ennesima volta finirò appena fuori dal podio. Poi Hampshire è caduto e mi sono trovato terzo, e a quel punto ho dato il 200%, perché sapevo che fisicamente RJ è un mostro e se avessi rallentato mi sarebbe venuto a riprendere. Negli ultimi minuti mi sono giocato tutto quello che avevo, e finalmente mi sono tolto questa scimmia di dosso".
A ben vedere, comunque, i risultati di Arlington non sono molto indicativi: la gara è stata troppo pazza e piena di imprevisti per trarre una qualsiasi conclusione. Se a Tampa ed Atlanta ci saranno meno colpi di scena, allora potremo vedere tutte le forze in campo darsi battaglia: Davalos e Forkner, Smith e Cantrell, Nichols e Ferrandis, Hampshire e Martin. La Costa Est quest'anno potrebbe davvero trasformarsi in una guerriglia senza quartiere.