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Questa settimana sono ancora in Italia per via di una serie di meeting con alcuni miei clienti, e coglierò ovviamente l’occasione per passare la Pasqua con la mia famiglia.
Come ogni volta che volo verso Est, non solo mi ritrovo a dover smaltire una pila di ore di fuso orario (da Los Angeles sono attualmente 8 finché anche in Italia non scatterà l’ora legale e torneranno le normali 9), ma devo affrontare una delle mie paure più radicate, che in 30 anni di viaggi non ho ancora del tutto superato: volare in aereo e, soprattutto, volare sopra all’Oceano.
È un insieme di cose, una combinazione di fattori, tra i quali l’enorme massa d’acqua sotto di me, l’altitudine, gli scossoni e i vuoti d’aria, che per ore ti accompagnano quando il pilota va ad intercettare i venti Alisei per guadagnare spinta in coda e risparmiare carburante. Negli anni ho sviluppato un fastidio per qualsiasi cosa riguardi gli aerei, dall’odore del carburante avio (che riesco ad annusare diverse miglia prima di arrivare in aeroporto), ai terribili pasti che servono a bordo, il caffè rivoltante, il rombo dei motori jet e il passeggero davanti che reclina il suo schienale togliendo un ulteriore metro cubo al tuo già risicato spazio vitale. Questa mia fobia ha raggiunto un picco quasi da paranoia circa 5 anni fa, ma ultimamente, per motivi che non riesco a spiegarmi, si è un po’ ridimensionata. I tappi per le orecchie che inserisco prima della partenza in qualche modo mi aiutano a distrarmi, e tre o quattro recenti viaggi con turbolenze veramente da cagarsi addosso (scusate il francesismo), mi hanno convinto che prima di tirare giù una supposta d’acciaio volante ci voglia di più di un po’ di vento trasversale. Adesso persino dormo per lunghi tratti, e se non dormo mi convinco che sto guidando la moto su qualche bello sterratone, e gli scossoni della carlinga non sono altro che le buche e i canali dove si infilano le mie ruote immaginarie. Non so come o perché, ma funziona, e quando arrivo a destinazione non sono più in preda alla “sindrome papale”, per la quale vorrei baciare la terraferma allo sbarco.
Ebbene sì, la moto ha avuto un ruolo fondamentale anche in questo aspetto della mia vita. Oltre ad avermi procurato il lavoro dei sogni e darmi la più grande sensazione di felicità ogni volta che salgo in sella e giro la manopola del gas, la moto mi ha anche aiutato a superare una delle mie più grandi paure. Non a caso, ogni volta che sento un amico lamentarsi del lavoro, o della vita che magari è in una fase di stallo o di qualsiasi altro problema, gli dico sempre: compra una moto!