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Tra le tante persone che ho incontrato in queste due prime settimane di Supercross in California c’era anche Pit Beirer, il responsabile mondiale del reparto Off Road di KTM. A parte che è sempre un piacere fare due chiacchiere con Pit (uno dei piloti più aggressivi che abbia mai visto su una pista di motocross) è sempre interessante discutere con lui delle varie strategie a medio e lungo termine del marchio.
Molte cose finiscono purtroppo per essere dette off the record e quindi non riportabili, ma Pit si è sbilanciato a sufficienza da permettermi di raccontarvi qualcosa di interessante. Abbiamo discusso nel primo pomeriggio di Anaheim 1, quando ancora Anderson non aveva vinto il Main Event della 450.
Ciao Pit, è sempre un piacere vederti
«Si, specialmente adesso che finalmente abbiamo la moto col numero 1 sulla tabella!»
Beh, ormai dovresti esserci abituato, no?
«Beh, abbiamo vinto si, ma mai dove conta davvero, almeno per l’ambiente».
Cosa intendi dire?
«Qui negli USA in un modo o nell’altro non siamo mai stati presi davvero in considerazione finché non abbiamo iniziato a dominare la 450. Nonostante il titolo di Langston nel National e i più recenti di Roczen e Musquin nel Supercross 250 è solo da quando abbiamo iniziato a vincere in 450 che sono cambiate le cose. Anche Dungey ha aspettato di vedere fino a che punto davvero volessimo investire in 450 prima di farsi convincere a provare la moto, nonostante il legame che ha da sempre con De Coster».
In effetti è proprio su richiesta del pilota americano che KTM è ritornata al 450 per il Supercross, nonostante Andrew Short per oltre un anno abbia sviluppato il 350.
Non avrei mai pensato che KTM potesse avere dei problemi del genere, specialmente con il pedigree che può vantare nell’off road ed in Europa.
«Anche in Europa non credere che sia stato molto più facile. I top rider a suo tempo, a partire da Everts, non hanno mai nemmeno preso KTM in considerazione quando è stato il momento di valutare varie offerte».
Incredibile. Eppure avete vinto un sacco di titoli in 125, e poi l’iride in 250 con Ben Townley sulla 4 tempi prototipo, i titoli di Smets nella Open… Persino il rientro di Tortelli al mondiale nel 2006…
«Tutto vero, ma anche in quel caso non riuscivamo a sfondare in 450, che è comunque la classe regina, la MXGP. Con Tortelli abbiamo fatto una scommessa ma in fondo credo che la moto e la squadra non fossero davvero pronti al 100% per affrontare un binomio rodato come Everts e la Yamaha. Le prime soddisfazioni sono arrivate quando Nagl ha iniziato a fare holeshot e vincere manche sulla nuova 450… prima di allora neanche Tony Cairoli, che è una delle nostre bandiere, credo ci abbia mai presi davvero in considerazione…».
Parliamo adesso di Husqvarna. Ho discusso le possibili strategie di KTM riguardo al marchio svedese con molti colleghi qui negli Stati Uniti e in molti sono ancora piuttosto confusi sulla strada che verrà presa. Visto che KTM si sta sempre più muovendo verso le stradali, trend confermato dal recente annuncio dell’impegno in MotoGP, avete intenzione di far diventare Husqvarna il marchio di riferimento per il gruppo nell’off road?
«No, assolutamente. I due marchi nelle strategie a medio e lungo termine, rimangono e rimarranno separati. KTM continuerà a svilupparsi attorno al concetto “Ready to Race” e in questo senso spazieremo dal motocross alla MotoGP. Husqvarna ci permetterà invece di esplorare altre possibilità, sulla linea di quanto visto al Salone di Milano nel 2014 e 2015, con le varie concept che abbiamo presentato. Per esempio, sono certo che non vedremo mai una custom o una café racer con il marchio KTM, ma per quanto riguarda Husqvarna non si sa mai».