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Per prima cosa in questa sonnolenta settimana di agosto voglio segnalarvi l’uscita della autobiografia di Malcolm Smith. La leggenda americana dell’off-road (74 anni), vincitore di innumerevoli gare nel deserto e noto ai più per essere stato parte del trio di protagonisti dell’originale “On Any Sunday”, ha completato di recente il suo lavoro, un libro di 400 pagine intitolato “Malcolm! An Autobiography” che sarà disponibile ad ottobre di questo anno a $ 49.95. Smith si è avvalso della collaborazione di Mitch Boehm, noto giornalista di settore qui in America. Per chi volesse ordinare il libro in anticipo (visto che la tiratura limitata iniziale è già andata esaurita) può farlo visitando il sito.
Restando in California (la concessionaria proprietà di Malcolm Smith si trova a Riverside) desidero segnalare che la proposta di legge per fare finalmente chiarezza sul “lane splitting” o “filtering” nel Golden State si è arenata in commissione parlamentare. La pratica di passare tra le auto in coda, come ho già riportato diverse volte, è per ora una caratteristica unica della California, nonostante alcuni stati come Washington, Tennessee ed Illinois stiano provando a renderla legale anche nei loro territori. Ma la cosa curiosa è che il “lane splitting” non è davvero legale in California me semplicemente tollerato in quanto pratica diffusa e (giustamente) percepita come un grosso aiuto nella riduzione del traffico.
Mai come in questo caso, però, è valso il detto “non svegliare il can che dorme”. Pochi mesi fa il CHP (California Highway Patrol) ha provato a regolamentare la pratica, sollevando la rabbiosa reazione di diverse associazioni di automobilisti, indignati per come la polizia stradale cercasse di regolamentare una pratica tollerata ma di fatto illegale.
Da quel momento la battaglia si è spostata nel parlamento di Sacramento, e sembrava che l’approvazione della nuova norma che legalizzasse il lane splitting fosse una semplice formalità.
Errore! In questi mesi, nonostante diversi studi favorevoli, alcuni condotti anche da prestigiose università (Berkley) ed associazioni di costruttori (MIC), il “partito contrario” ha preso forza e sta ora mettendo sotto molta pressione il governatore Jerry Brown. Noto per non essere esattamente una roccia, Brown ha recentemente espresso di voler raccogliere un maggior numero di dati a riguardo, che in “politichese” significa: se spingete la risoluzione adesso ci metto il veto.
I proponenti della norma hanno quindi mangiato la foglia e deciso di rimandare la discussione della proposta di legge alla prossima sessione, nel 2016.
Il video Pipe Dream si è diffuso a macchia d’olio ovunque, dalle principali testate online fino ad alcune televisioni e riviste nazionali. E indovinate quale è stato il tono? Pazzo in moto va a violare uno dei paradisi naturali della Terra...
E visto che in questo momento mi trovo ai Caraibi chiudo con il mio personalissimo pensiero sul video “Pipe Dream” prodotto da DC Shoes a Tahiti (che potete vedere in alto). Beh, se devo essere sincero, dal punto di vista cinematografico e fotografico l’intera iniziativa è uno sballo. L’idea alla base di tutto è davvero unica così come l’accrocchio che permette a Maddo di planare sulle onde di Teahupoo, tra le più pericolose al mondo.
Ma… secondo me era meglio se Maddison questa volta se ne fosse rimasto a casa sua in Australia.
Le sue precedenti imprese a Las Vegas e sulle rampe dello ski jump sono state alcune delle pagine più spettacolari del freestyle (anche se qui si parla più di roba da “dare devil” alla Eivel Knievel) ma secondo me pagheremo le conseguenze di Pipe Dream per molti anni a venire.
Perché? Perché se nessuno al di fuori dell’ambiente si è mai degnato di mostrare anche un solo secondo dei video di Las Vegas, ad esempio, il video Pipe Dream si è diffuso a macchia d’olio ovunque, dalle principali testate online fino ad alcune televisioni e riviste nazionali. E indovinate quale è stato il tono? “Pazzo in moto va a violare uno dei paradisi naturali della Terra”, ecco quale è stato il tono! In un momento in cui sempre più zone vengono chiuse in tutti gli USA (e nel mondo) alla pratica fuori strada, i colossi della nostra industria se ne escono con il più sacrilego dei video, facendo schiumare orde di surfisti, velisti ed ambientalisti, che guarda caso, sono molto più forti numericamente e politicamente di noi motociclisti.
Spero di sbagliarmi, ma l’onda di Teahupoo alla fine ci travolgerà e pagheremo un caro prezzo sull’altare del “politicamente corretto”. Giusto o no non mi interessa: a certe cose bisogna pensarci prima!