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Dopo averlo portato al debutto nove anni fa, settembre 2007, Roberto Ungaro lascia il mensile Riders. Nato come un nuovo approccio lifestyle al mondo delle due ruote, il periodico italiano ha saputo captare e raccontare per primo il fenomeno internazionale della customizzazione, oltre che parlare di piloti come uomini ancor prima che come professionisti del manubrio.
Lo abbiamo sentito al telefono per parlare un po' della fine di questa storia e dei suoi progetti futuri.
Cos'è stato Riders per te?
«Una storia meravigliosa, come può essere la prima Dakar per chi ha fatto al massimo un rally di Sardegna: nuovi ambienti, nuovi settori, professionalità e metodo mai conosciuti prima. Tutto ciò ti porta a una crescita esponenziale. È stato un campionato durissimo, perchè moto -quella vera- e moda sono come acqua e olio, quindi formulare una miscela giusta è stato molto stimolante e qualcosa di mai realizzato prima. Fare "qualcosa alla Riders" è diventato nel tempo un modo di dire per i giornali e gli addetti di settore. E poi, su tutto, la soddisfazione di far capire che impugnare un manubrio è uno stile di vita».
Non sei riuscito a salutare i lettori, peccato...
«Sì, mi spiace molto, ma non poteva che andare così. Ci vuole coraggio per rompere una relazione, noi uomini non abbiamo mai la forza di farlo e lasciamo questa difficoltà alle donne, ma da un anno a questa parte (da quando la testata ha cambiato editore, ndr) non c'erano più le condizioni per fare Il giornale come l'ho pensato io nove anni fa».
Crucci?
«Non aver fatto in tempo a inventare l'antitesi del termine Riders. Quello che è la parola "lento" contrapposta a "Rock". Se una cosa o una persona è riders, qual è il suo opposto?».
Senti di avere ancora molto da dare al mondo delle moto?
«Se una moto ti emoziona, a guardarla o a smontarla ancor prima che a guidarla, avrai sempre da dire qualcosa. Ogni moto ha un suo perchè, ogni metro fatto con lei è un'emozione e qualcosa da raccontare. Con Riders ho intercettato e divulgato il fenomeno delle special, ora che è mainstream c'è bisogno di altro. E poi c'è il digitale, un universo mondo affascinante che non ho mai potuto approfondire solo perchè da 23 anni la carta mi ha coinvolto in modo totalizzante. Ho fatto partire due nuovi prodotti (Motociclismo FUORIstrada nel 2003 e Riders nel 2007, ndr), ora vedremo. Da pilota sono diventato giornalista per caso, ho seguito la passione e questo mi ha sempre portato a fare cose appaganti, mi ha dato ricchezza interiore. Sarà così anche ora. Del resto la vita è un po' come andare in moto: devi inseguire il brivido, ma non il rischio».
In attesa di realizzare un nuovo progetto, Roberto continuerà la sua storica collaborazione con il TG2 Motori. Per tutti quelli che si sono appassionati al suo originale punto di vista sul mondo delle due ruote e dei motori è possibile restare in contatto con lui grazie al suo profilo facebook.