Santiago Herrero: era in testa al mondiale, cadde al TT

Pochi in Italia lo ricordano, ma era un vanto spagnolo prima di Angel Nieto. Proprio cinquant’anni fa, nel giugno del 1970, cadde al Tourist Trophy. Era un vincente, protagonista della classe 250 con quattro successi sulla famosa Ossa
8 maggio 2020

Era velocissimo e coraggioso, il migliore pilota spagnolo del momento. Ed era simpatico, sempre sorridente, una faccia da cinema.
Aveva l’esafoglio bianco dipinto come portafortuna sul casco Cromwell rosso, e le sue imprese con la monocilindrica Ossa già entravano nella leggenda.

Lo vidi correre al GP delle Nazioni a Monza nel ’68, contro Read ed Ivy sulle incredibili Yamaha quattro cilindri due tempi: terzo e sul podio. Poi a Imola l’anno dopo, quinto con la mano sinistra ingessata.

Un tipo rock, un grande talento, anche Agostini lo adorava, morto troppo giovane al TT del 1970, cinquant’anni fa, nel pieno del successo. Due anni dopo copiai l’esafoglio bianco per il mio casco da gara.
Herrero non è così conosciuto dal pubblico italiano, trovo giusto dedicargli un po’ di spazio per raccontare la sua storia straordinaria.

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Soldi zero nella Spagna depressa

Nel motociclismo spagnolo degli anni Sessanta le risorse erano davvero limitate e le corse un lusso. La Ossa era una piccola Casa catalana con sede a Girona (e ai tempi famosa più in campo trialistico ed enduristico che per la gare in pista) che non aveva alcuna intenzione di partecipare al mondiale. Ma sulla sua strada incontrò Santiago Herrero, e la storia cominciò.

Scrive il documentatissimo giornalista JP De la Torre che Santiago, nato durante la guerra il 9 maggio 1943, era uno dei tanti giovani madrileni appassionati di moto, studiava da disegnatore meccanico, trovò lavoro in una officina, la domenica si incontrava alla Dehesa de la Villa e sfidava gli amici tra i viali del parco con moto e motorini vari.
Tra i tanti c’era un certo Angel Nieto, di quattro anni più giovane ma che già a tredici anni andava come un matto. E c’era Tomas Diaz-Valdes, che più avanti avrebbe lanciato il tredici volte iridato, sarebbe diventato un famoso giornalista, scomparso lo scorso marzo per il Coronavirus.

Herrero ebbe fortuna: Gabriel Corsin, pilota della MV Avello, lo prese con se in officina e lo avviò alle corse con una Bultaco Tralla 125, poi gli fu offerto di entrare come meccanico nel team Lube. Così nel ’61, appena diciottenne, egli lavorò al fianco dell’ingegnere tedesco Hermann Meier, legato alla NSU e grande esperto del disco rotante.
Un’esperienza che si rivelerà utilissima. Meccanico, collaudatore e anche pilota, Santiago correva con alterna fortuna nelle classi 125, 200 e 250, quando incrociò la Ossa e la sua 230 quattro marce che lo batteva regolarmente.

Fu alla fine del ’66 che Ossa propose ad Herrero di unire le loro strade: Santiago si trasferì a Barcellona per correre e collaborare con Eduardo Girò, figlio del fondatore Manuel e geniale progettista. Tesi di laurea del giovane Eduardo era stato un motore monocilindrico 250, due tempi a disco rotante da 150 cavalli litro.
All’inizio del 1967 il prototipo di quel motore fu terminato e sistemato nel telaio tubolare a doppia culla della 230, inadeguato ma sufficiente perché Santiago vincesse il titolo spagnolo di quell’anno. Certe cronache dicono anche che era in testa con Bruno Spaggiari e la Ducati Mototrans nella 24 Horas del Montjuich, quando la moto si piantò lasciando la vittoria proprio alla Ossa.

Ossa vince col telaio monoscocca

Non sono soltanto gli italiani a saper inventare ottime ciclistiche per la moto. Quando Eduardo Girò decise di progettare un telaio specifico per la 250, più rigido e leggero, optò per una originale monoscocca, il magnesio se lo procurò negli USA e fin dalle prime prove si capì che i pregi c’erano. Anche il motore fu completamente rifatto, con il carter più piccolo e la frizione a secco. La moto così rivoluzionata ebbe anche la sospensione posteriore oleopneumatica, che però fu presto abbandonata per la sua complessità.

La prima uscita ufficiale, a febbraio del ’68 sul circuito di Vistahermosa (Alicante) che apriva la stagione internazionale, fu poco fortunata: c’erano anche Read e Ivy con le favolose Yamaha RD-05 a quattro cilindri, Herrero si ritirò per un guasto. Ma la bilancia delle operazioni preliminari decretò un bel risultato per la Ossa: meno di 100 chili di peso contro i 115 delle sofisticatissime Yamaha.

Lasciami la moto: vado in Germania per il primo GP del mondiale. Completamente solo, con un vecchio furgone e il denaro contato, Santiago guidò fino al Nurburgring, fece la corsa e concluse sesto

Girò nicchiava, ma Santiago lo convinse: lasciami la moto, vado in Germania per il primo GP del mondiale. Completamente solo, con un vecchio furgone e il denaro contato, Santiago guidò fino al Nürburgring, fece la corsa e concluse sesto. Era abbastanza competente da smontare il motore, cambiare i pistoni e fare la carburazione prima di entrare in pista per le prove.

Poi scivolò sulla pista di casa, al Montjuich, e quando arrivò nell’isola di Man per la terza prova ne fu stregato. Read e Ivy si litigavano ogni vittoria, Santiago fu settimo al TT, poi sesto ad Assen, quinto a Spa.

Viste le belle prestazioni, la Ossa creò una piccola struttura per il mondiale: Esteban Oliveras meccanico, Girò quando poteva, un pick up nuovo. E a Monza, ultima gara della stagione, il binomio Santiago/Ossa andò sul podio con Read, Ivy e le Yamaha ufficiali a 4 cilindri.
Quel giorno ero alla curva Parabolica per il GP delle Nazioni e vidi cadere Hailwood con la Benelli 500, ma che fegato aveva Santiago in 250!
In Spagna dicono che la Benelli gli fece un'offerta per ma lui rifiutò: preferiva continuare con la Ossa.

Vicinissimo al titolo nella stagione 1969

Per il ’69 la ciclistica della moto fu migliorata con sospensioni Girling e freni Fontana, e il ritiro del team ufficiale Yamaha era una buona notizia, anche se le TD2 clienti erano competitive. E poi c’era la Benelli con il suo potente 250-4. La Ossa sviluppò una seconda moto, sempre monoscocca e raffreddata ad acqua, però il pilota non si sentì a suo agio: il secondo telaio era un po’ più alto per contenere una maggiore quantità di carburante - la monoscocca fungeva da serbatoio – e allora Herrero continuò con il motore ad aria mentre Carlos Giró utilizzò la versione "acqua".

Fu una grande stagione. Al Jarama, che ospitava il mondiale per la prima volta, sotto la pioggia Herrero vinse davanti a Andersson e Jansson su Yamaha e Kawasaki. Santiago era il secondo pilota spagnolo della storia a vincere un Gran Premio, dopo il trionfo di Salvador Cañellas al Montjuich l'anno precedente con la Bultaco 125.

Un errore lo mise fuori gara ad Hockenheim, ma poi arrivò la seconda vittoria a Le Mans, epica, con 42 secondi di vantaggio sulla Yamaha di Rodney Gould. Quindi il terzo posto al TT, bissato anche ad Assen, e di seguito la sua terza vittoria a Spa Francorchamps: in volata sulla Yamaha di Gould (terza la Benelli) alla media altissima di 189,8 km/h. Non male per un monocilindrico 250...

Herrero era veloce e consistente, rispettato e temuto dai rivali, in patria già un idolo. La Derbi chiese la sua collaborazione nella classe 50 per aiutare Nieto lanciato verso il primo titolo mondiale: al Sachsenring, il 6 luglio, Santiago corse la minima cilindrata piazzandosi secondo alle spalle di Angel.
Poi nella “sua” 250 perse per soli tre decimi la volata con Renzo Pasolini e la Benelli, che avevano già vinto ad Assen.

Mancavano cinque gare, lo spagnolo aveva un netto vantaggio in classifica, ma le cose iniziarono ad andare male. A Brno, la bassa qualità della benzina ceca provoca un guasto quando guida la gara con autorità; a Imatra cade nel duello con Pasolini, anche se si rialza e finisce sesto. E poi all'Ulster incappa in un’altra caduta quando con Kel Carruthers si batte per la vittoria: polso sinistro rotto.

Due settimane dopo c’è Imola, e Santiago corre col gesso, la leva della frizione spostata a destra insieme a quella del freno: nonostante il dolore chiude quinto e resta leader in classifica, un solo punto su Andersson e Carruthers. A questo punto c’è la gara finale ad Abbazia, Jugoslavia, e il pilota della Ossa deve assolutamente vincere per diventare campione.

Il suo polso sinistro non è completamente recuperato, eppure è in prima posizione con la sua monocilindrica Ossa quando la pioggia appare improvvisa: al nono giro dei ventuno Herrero tocca la riga bianca della segnaletica urbana e vola via a 180 all’ora. Fine del sogno, Carruthers vince gara e titolo con la Benelli 250 che gli aveva affiancato per l’occasione il triestino Gilberto Parlotti (secondo).

La fatale stagione 1970

Perdere il titolo all'ultima gara è un disastro, ma Herrero e la Ossa non mollano, anzi si sentono ancora più forti, perché il regolamento FIM mette fuori gioco dal ’70 le "quattro cilindri" come la Benelli, il che riduce un po’ il gap della moto spagnola. La stagione parte con un’altra spettacolare vittoria a Vistahermosa, poi bissata anche a Modena. Un avvio molto promettente.

A maggio inizia il mondiale: prima il vecchio Nürburgring per il GP di apertura, dove purtroppo la Ossa si ferma per un guasto quando guida la gara; ma sette giorni dopo Herrero si impone in casa nel trofeo nazionale di primavera al Jarama. Il secondo appuntamento mondiale è Le Mans e in Francia è secondo, poi, dopo un’altra settimana, Santiago ristabilisce le distanze: vincendo il Gran Premio della Jugoslavia ad Abbazia davanti a Andersson, Gould e Saarinen, è il leader del mondiale. E dalla Jugoslavia si andrà a correre il TT, il “suo” Tourist Trophy.

Scrive De la Torre che “iI TT era diventata la sua ossessione, era arrivato al punto di dire: il TT è la grande prova, per me vale come un campionato intero”. Quando arrivò sull'Isola di Man Herrero aveva un solo obiettivo: vincere la 250. 

Quel giorno, 8 giugno 1970, è accoppiato con Jack Findlay - a quel tempo si partiva a coppie – e purtroppo incappa in una scivolata al Braddan Bridge nel corso del terzo giro. Tuttavia si rialza senza conseguenze, solo il cupolino rotto. Riprende, ed è quinto dopo il rifornimento di carburante e sta recuperando terreno: quarto al quarto giro, terzo il giro successivo quando supera Stan Woods.

I due piloti affrontano il sesto e ultimo giro molto vicini. A Glen Helen, al miglio 9, Woods raggiunge la ruota di Santiago e quando entrano nel Cronk Urleigh, al miglio 13, la sorte aveva già teso la sua trappola: 
il fondo stradale in quel punto è scivoloso, forse è stato steso del bitume e la giornata è eccezionalmente calda: la Ossa derapa col posteriore e colpisce l’inglese, che finisce contro il muro. Herrero non può evitarlo e cade rovinosamente a sua volta: resta a terra immobile, privo di sensi e con entrambe le clavicole e le caviglia rotte.

Santiago fu portato all'ospedale Douglas Nobles in elicottero, privo di sensi e gravemente ferito. Due giorni dopo morì per le gravi lesioni. Fu un'edizione, quella, particolarmente cruenta: Les Iles, Michael Collins e Dennis Blower erano morti in prova, e dopo la tragedia di Herrero nella gara 250 arrivarono altri due decessi nel Senior TT: John Wetherall e Brian Steenson. Sei vittime in una sola edizione del TT...

La morte di Herrero scioccò il motociclismo spagnolo. Una settimana dopo Santiago fu sepolto nel cimitero di Derio (Paesi Baschi). La Ossa si ritirò dalla velocità e la monoscocca 250 non gareggiò mai più. Ci sarebbero voluti quattordici anni prima che un pilota spagnolo tornasse a vincere una gara di 250 nel mondiale.

Sarebbe capitato al Jarama, nel maggio 1984, con Sito Pons sulla spagnola JJ Cobas, un’altra eccellente ciclistica spagnola.