Senegal, costruire acquedotti... in moto

Senegal, costruire acquedotti... in moto
Fino a sei mesi fa non avevo mai guidato niente più che la mia fidata Vespa 50 special. Abbiamo imparato a guidare la Yamaha XT 600 qui in Africa, dove le vecchie moto sono il mezzo di trasporto più pratico e funzionale
14 maggio 2014

Tiro l’aria, anche se con 42 gradi il motore non deve essere poi così freddo, e sposto il peso sulla gamba destra. Prima compressione, seconda compressione. Sembra il punto morto… ma non ne sono sicuro.
Effettivamente fino a sei mesi fa non avevo mai guidato niente più che la mia fidata Vespa 50 special. Il mio collega Matteo, fa lo stesso: leva su, leva giù, click, compressione... Lui, un CBF l’aveva in Italia, ma di certo non doveva accenderlo con il kick.
Noi, la Yamaha XT 600, l’abbiamo imparato a guidare qui in Africa, e l’unica persona che ci ha spiegato come dare il kick giusto è stato Ali, il meccanico di fiducia che non spiccica mezza parola in francese. Primo tentativo di accensione invano.

Intanto, il rombo della Honda XL 600 di Martino rompe la calma atmosfera mattutina. Lui ha l’accessione elettrica, sulla sua moto del 1983. Secondo tentativo e le due Yamaha XT si accendono. Un motore bicilindrico si aggiunge al coro: è Baboucar con la sua Honda Transalp 600. Siamo pronti... per andare al lavoro!

Lavoriamo tutti per una organizzazione non governativa e siamo in Senegal per costruire acquedotti. Non è un lavoro facile, soprattutto in Senegal. E meno che meno in Casamance, regione del paese incastrata tra la Gambia e la Guinea-Bissau, dove le infrastrutture sono pressoché inesistenti, la manodopera qualificata scarseggia e le temperature sfiorano i 50 gradi. Qui l’impresa è ancora più ardua, ma Fondazione ACRA-CCS ci sta riuscendo anche grazie al contributo della popolazione locale.
In un dipartimento di 60.000 abitanti, nel 2006 ACRA-CCS ha raccolto la sfida delle autorità locali: costruire degli acquedotti in grado di fornire dell’acqua potabile agli abitanti costretti altrimenti a percorrere chilometri per l’approvvigionamento d’acqua giornaliero. Avevamo bisogno dell’aiuto di tutti, e quale mezzo più adatto per stimolare questo processo partecipativo se non le due ruote?

La moto, qui in Senegal, è il principale mezzo di locomozione privato: le strade, le piste, i sentieri sono invasi da bicicli a motore di qualsiasi cilindrata, età e provenienza. A partire dagli imbattibili Piaggio Si 50 per arrivare alle imponenti Africa Twin 750, passando per gli onnipresenti Jakarta KTM 110 o le Lifan 125, la nuova frontiera cinese.

Girare con la moto ti integra nel tessuto sociale e culturale che attraversi, le persone ti sorridono, salutano, chiedono un passaggio. La macchina invece pone una barriera tra te e chi non si potrà mai permettere una Toyota Hilux

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Girare con la moto ti integra nel tessuto sociale e culturale che attraversi, le persone ti sorridono, salutano, chiedono un passaggio
. La macchina invece pone una barriera tra te e chi non si potrà mai permettere una Toyota Hilux. Una barriera tra noi e la gente con la quale vogliamo lavorare, al fianco della quale sudiamo per risolvere questo spinoso problema d’acqua.

Ogni giorno andiamo nei villaggi con una flotta di moto composta da 2 Piaggio Si, 3 Jakarta KTM, 7 Suzuki 125cc, 1 Lifan F-125-GY, 1 Yamaha XT 125, 1 Honda AG 200, 1 Honda XL 600, 1 Honda Transalp 600 e 2 Yamaha XT 600.
Ogni giorno ritorniamo a casa con un po’ di polvere in bocca che ha il sapore della soddisfazione per aver contribuito anche solo in parte allo sviluppo di questa terra.
Di macchine, ne abbiamo solo 2, ma quelle servono per portare i tubi!
acraccs.org  
Scopri il progetto 

Simone Buosi,
Cooperante ACRA-CCS in Senegal

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