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Se non siete grandi appassionati di special Il nome Shinya Kimura forse non vi dirà nulla. Con ogni probabilità neanche il nome della sua azienda – Chabott engineering – vi farà accendere una lampadina. Potrebbe andare meglio ricordare la sua precedente avventura, Zero Engineering, con la quale Kimura ha creato una vera e propria tendenza: le sue linee minimaliste, per lo più disegnate attorno a propulsori Harley-Davidson, hanno avuto un tale successo da arrivare ad identificare un genere – lo Zero Style.
Nel bel mezzo di questa avventura Shinya ha abbandonato il Giappone per trasferirsi a Las Vegas e partecipare allo show televisivo Biker Build-Off, in cui perse contro Joe Martin. Da allora, Kimura ha abbandonato la Zero Engineering per ripartire da zero – o meglio, tornare alle basi – fondando Chabott Engineering. La sede del suo laboratorio è ad Azusa, appena fuori Los Angeles, in un garage facilmente trascurabile se visto da fuori. Una volta varcata la soglia, però, si entra nel mondo dei sogni.
Educatamente riservato come solo un giapponese sa essere, Shinya ci accoglie nel suo laboratorio e ci guida in un giro alla scoperta di quelle meraviglie che sono le sue creazioni. Opere minimaliste ma estremamente raffinate, dove la presenza (o l’assenza) di ciascun particolare non è mai figlia del caso. Il metallo nudo viene lavorato con cura e precisione certosina fino a creare linee che sembrano uscite da un’opera di HR Giger - osservate i dettagli nella gallery. Linee in cui il metallo stesso assume sembianze organiche, fino a prendere vita sotto gli occhi dell’osservatore all’avviamento del motore.
Il laboratorio è pieno di capolavori. Tutte moto evidentemente contraddistinte da uno stile inconfondibile che le identificano inequivocabilmente come opere di Kimura. Opere che sembrano sculture, ma che non sono destinate esclusivamente ai musei, come testimoniano le punzonature dei mezzi che lui stesso ha portato sul lago salato di El Mirage non più tardi di qualche giorno fa. E una delle sue creazioni – la monocilindrica Yamaha che vedete nelle foto – viene addirittura usata dalla fidanzata come moto per l’uso quotidiano.
Come avviene tipicamente il lavoro di Shinya? Il cliente arriva con un’idea in mente?
«Il cliente non sa mai cosa otterrà da me: lui mi spiega cosa gli piace del mio lavoro, parliamo fino a capire i suoi gusti e le sue aspettative, poi tocca a me sviluppare i concetti che mi vengono suggeriti dalla mia immaginazione. Non sarebbe possibile fare altrimenti: nemmeno io so come sarà una moto quando avrò finito il mio lavoro»
Allora il cliente arriva e propone solo la moto che vuole personalizzare? Kimura sorride e scuote la testa
«Quasi mai. Il cliente viene da me perché conosce il mio lavoro e si fida completamente di me, quindi tranne casi particolari sono io che scelgo anche la base da cui partire: una volta che conosco la persona che ho di fronte riesco anche a capire cosa desidera, e quindi la base di partenza più adatta a lui »
Quindi nemmeno un disegno, uno schizzo, un concept? Eppure sulle pareti vediamo diversi disegni che ritraggono le moto di Kimura…
«No, non li faccio nemmeno per me. Non amo disegnare – le opere che vedete alle pareti sono state eseguite da un mio amico, a moto finita. Io lavoro direttamente sulla moto: dopo averla spogliata partire inizio a creare i pezzi come mi suggerisce la mia immaginazione, provando anche più volte finché non sono contento della soluzione»
Il cliente non sa mai cosa otterrà da me. Non sarebbe possibile fare altrimenti: nemmeno io so come sarà una moto quando avrò finito il mio lavoro
E’ quasi rinfrescante, in un mondo di prototipazione rapida e CAD, avere a che fare con un artista che lavora in maniera davvero artigianale, seguendo l’istinto e l’ispirazione. Ed è anche il motivo per cui le sue opere impiegano tanto tempo a nascere.
«Impiego circa otto mesi per realizzare ogni moto, dalla concezione fino al completamento. Anche se naturalmente lavoro su più di un progetto alla volta, normalmente due o tre»
Cosa c’è nel futuro di Kimura?
«Ancora non lo so, ma dopo la mia recente avventura con il bicilindrico Ducati mi piacerebbe concentrarmi sulla casa bolognese» Gli suggeriamo il nuovo Monster in prossima uscita, pur facendogli notare come ormai sul “Mostro” è stato fatto e detto praticamente tutto. «Potrebbe essere una bella sfida, anche se le moto attuali sono troppo integrate, troppo infarcite di elettronica. Vedremo, magari riuscirò davvero a fare qualcosa di nuovo anche sulla Monster»