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Se arrivi di primo mattino in giro non trovi quasi nessuno; per entrare nel paddock di Pergusa devi dare il nome, attendere che ti aprano un cancello e attraversare svelto il rettifilo dei box, in un silenzio da chiesa. È lì che l'ho visto per la prima volta: nero, opaco, compatto, steso come un tappeto di 4.950 metri. Niente a che vedere con quello vecchio: a fare compagnia al nuovo asfalto c'erano anche i rinnovati cordoli, lisci e a prova di ginocchio. La giornata prometteva benissimo.
Ricapitoliamo: Pergusa è una pista con sessant'anni di storia, teatro di battaglie anche di F1 automobilistica e palcoscenico della prova del Campionato del Mondo Superbike del 1989. Io c'ero: strinsi la mano a Falappa, mi beccai l'indifferenza di Mertens e realizzai quanto Roche fosse compatto; tornai a casa turbato dal rombo gutturale delle Ducati al curvone, come dopo avere visto per la prima volta un porno. Scusate ma non avevo altro modo per essere più chiaro.
C'era anche Fred Merkel, sulla Honda RC30 viola e nera preparata da Oscar Rumi con la quale vinse il campionato di quell'anno. Poi, per quanto riguarda le moto, quasi più nulla, l'attività del circuito andò lentamente spegnendosi tranne che per l'attività dei tester Pirelli-Metzeler, che da sempre lo utilizzano come proving ground per lo sviluppo dei pneumatici moto.
Come spesso accade, le pastoie politiche e burocratiche hanno per lungo tempo reso difficile rendere il circuito conforme agli standard di sicurezza moderni, fino a quando una joint venture pubblico-privato tra Consorzio Ente Autodromo e Pirelli ha portato all'ammodernamento della struttura di Pergusa.
L'apertura della pista al pubblico e il suo battesimo nella nuova veste hanno avuto luogodurante gli Speedays organizzati da SiciliaMotori il 2 settembre: una vera e propria giornata di festa, soprattutto per chi scrive. Ma andiamo con ordine e tributiamo subito a Cesare quanto gli spetta nella misura di un grande plauso al Presidente del Consorzio Ente Autodromo Mario Sgro e a Pirelli, ma anche a chi a Pergusa ci ha fatto i solchi negli ultimi trent'anni, come pilota e come Direttore Testing e Technical Relations di Pirelli Moto: Salvo Pennisi, che ha decisamente spinto affinché il circuito del lago limasse i suoi difetti storici (principalmente vie di fuga per forza di cose limitate, cordoli inadatti alle moto e asfalto da rifare eliminando alcune pericolose corrugazioni) e tornasse ad essere calcato dalle moto degli appassionati e non solamente da quelle dei tester Pirelli.
Nel video trovate un giro di pista e la descrizione degli interventi che hanno restituito alla pista ennese la dignità di impianto di levatura internazionale. Restano irrisolti, e lo saranno credo per sempre, i problemi relativi agli spazi di fuga, la cui ampiezza è difficile da aumentare sia per la vicinanza di strade limitrofe al tracciato che per la morfologia del territorio.
Gli Speedays hanno riunito motociclisti e automobilisti liberi di girare in pista per turni di mezzora effettiva - ovviamente in gruppi omogenei per tipologia e velocità - in un contesto praticamente perfetto: nastro d'asfalto "serie oro", assistenza garantita dall'organizzazione di SiciliaMotori e... noi di Moto.it come media partner. (per inciso, SiciliaMotori e gli Speedays faranno il bis il 30 settembre nel circuito della Valle dei Templi, a Racalmuto). Oltre al centinaio abbondante di auto e moto venute apposta per le prove libere, erano presenti in pista, in questo che potremmo tranquillamente definire come il grande rientro di Pergusa tra i santuari della velocità europea, anche progetti universitari a propulsione solare, il pilota siciliano Benny Rasa, che corre nel CIV Moto3 con il team 3570 MTA, e Pirelli in veste diretta con una Energica Ego, per segnare il cambio di paradigma e l'attenzione al futuro sia della pista che dello sviluppo tecnologico.
Salvo Pennisi ha portato la sua Honda RC30 donatagli da Oscar Rumi per ringraziarlo del grandissimo lavoro portato avanti da Pirelli per lo sviluppo degli pneumatici Superbike nel 1988-89. Era il muletto di Fred Merkel, e Salvo ci ha vinto un po' dovunque, correndoci pure una gara del Mondiale proprio qui a Pergusa. Molto significativamente è stato proprio lui con la RC30 ad aprire il gruppo del primo turno di prove libere degli Speedays, riportando un vero e proprio cimelio storico tra i cordoli. Poi, sceso dalla moto, mi guarda e mi dice che se voglio ho tre giri per toccare il paradiso. Quantomeno per vederlo più da vicino. O per capire quanto è distante. Per avere qualcosa da raccontare ai miei nipoti, tra trent'anni. Almeno una.
Così, in questo giorno appena dopo il mio compleanno, invece di salire su una modernissima supersportiva da 200 cavalli e testare il grip e le modifiche al tracciato, sono salito sopra un pezzo di storia del motociclismo e ho fatto 4 giri, uno l'ho rubato.
Salire su quella motocicletta viola e nera, anche solo da fermo, è un salto nell'emozione più intensa per qualsiasi appassionato. Non tanto per la potenza – in questo caso non impressionante - o le doti dinamiche, quanto per il concerto di sensazioni, di retropensieri, di domande cui si troverà una risposta: come va una vera superbike? Mi butterà a terra? Il motore avrà pietà di me? Salvo Pennisi mi avverte che l'erogazione sotto i 9.000 è un po' sporca, probabilmente per gli anni di fermo, e salgo sulla RC30 che è già andato via, probabilmente perché va bene la fiducia in me e in Moto.it, ma forse non voleva assistere. Tranquillo Salvo, a parte una piccola sfollata l'ho trattata bene: pure troppo.
Uscendo dai box dopo l'avviamento a spinta, trovo una moto tutt'altro che rabbiosa, omogenea, dalla maneggevolezza infinita che combinata col notevole grip dell'asfalto può dare grandissime soddisfazioni. Mi tengo prudente, perché stendere un pezzo di storia (sopratutto quando il proprietario ha riposto grande fiducia affidandotela), anche no. Alla prima staccata più “interessante”, però non trovo confidenza con il doppio disco e mi prende male, ma non malissimo: grazie al ritmo blando inserisco senza problemi la RC30 nella esse destra-sinistra, ma questo episodio mi mette in guardia e da lì in poi penso soltanto a godermi il motore dall'urlo ruvido e dalla spinta regolare fino ai 13.000: oltre non ho azzardato, nonostante la difficoltà a trattenermi quando mi passavano pure in rettilineo, e a capire che adesso Pergusa è a tutti gli effetti un circuito che può tranquillamente dire la sua in un contesto internazionale.
Sceso dalla RC30 SBK, il mondo non era più lo stesso, Pergusa non era più la stessa. Io sono sempre il solito, invece.