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Per pura combinazione, due piloti del nostro passato compirebbero settant’anni proprio in questi giorni. Aprile 1952: il 3 era nato l’australiano Gregg Hansford, il 13 era stato il giorno dell’olandese Jack Middelburg. Due grandi degli anni Settanta, talento e grinta da vendere, non fortunatissimi. Non ci sono più e meritano che voi li conosciate.
Gregg era un ragazzone biondissimo, forse troppo pesante per la moto; ha vinto dieci GP nelle classi medie e uno nella F750, due volte è stato vice campione del mondo della duemmezzo, è passato a correre in auto e ha perso la vita a Philip Island nel 1985, in una gara di Super Turismo. Jack ci ha lasciato un anno prima, nell’aprile 1984: caduto in una corsa stradale del campionato olandese, è morto due giorni dopo in ospedale. Lui di GP ne ha vinti due soli ma pesanti, nella 500 di Roberts, Lucchinelli e Sheene.
Uno che si ricorda molto bene di Gregg è Graziano Rossi. Quando il babbo di Valentino vinse tre gare mondiali sulla Morbidelli 250 (era il 1979), l’australiano era pilota ufficiale Kawasaki con Ballington. Le verdone, bicilindriche in tandem a disco rotante, volavano e spesso Hansford faceva la pole, però a vincere era Korg Ballington (sette successi quell’anno), molto più leggero.
Ricordo che Hansford aveva un magnifico motorhome, uno dei primi apparsi nel paddock: credo fosse un Winnebago, dieci centimetri di moquette sul pavimento, 8.000 di cilindrata e tre chilometri con un litro, un’astronave per noi europei. Gregg era certamente il più bel ragazzo del mondiale, volto aperto e sorridente, faceva quello che gli piaceva. Fu con Kenny Roberts uno dei promotori delle World Series alternativa al mondiale FIM, ma a ventinove anni dovette lasciare le moto per una brutta frattura.
Si era a Spa, 1981: Gregg aveva già dovuto saltare le prime gare per la rottura della tibia in una caduta alla staccata della Tosa, alla 200 Miglia di Imola, Pasqua. In Belgio guidava la problematica KR 500 quattro, si arrese a metà gara con la gomma anteriore distrutta, ai box gli cambiarono la ruota anteriore e gli dissero “vai e gira, serve a sviluppare la moto!”.
Come capita spesso, nessuno pensò che sarebbe servita qualche pompata per riposizionare le pastiglie dei dischi anteriori. Alla prima staccata l’australiano si trovò senza freni davanti, prese a tutta velocità la via di fuga cercando di rallentare con il solo freno posteriore. E ci sarebbe anche riuscito, ma un commissario aveva avuto la cattiva idea di parcheggiare la sua auto una cinquantina di metri più avanti.
Nell’urto, a circa 80 orari, il pilota della Kawasaki si ruppe malamente il femore della stessa gamba fratturata a Imola. Dopo una serie di complicazioni circolatorie sarebbero serviti cinque anni e numerosi interventi per rimettere il povero Gregg in condizioni accettabili. Disse addio alla moto.
Noi lo conoscemmo nel ’78 del suo debutto europeo. Aveva 26 anni, era già una leggenda in Australia, eppure al GP di Spagna, al Jarama, gli organizzatori rifiutarono la sua iscrizione. La FIM cedette soltanto il venerdì, Gregg vinse la gara davanti a Kenny Roberts e replicò subito dopo a Nogaro con la doppietta 250/350. Sorprendendo tutti, quell’anno vinse quattro GP in duemmezzo, tre in 350, e guidò anche la 750 nelle gare della Formula iridata, con una vittoria. In totale, undici successi in una carriera breve, solo tre stagioni e mezza di mondiale, ma lasciando il segno.
L’Olanda aveva tre bei campioni in 500, alla fine degli anni Settanta: l’elegantone Will Hartog (tuta bianca e cinque vittorie), Boet van Dulmen con quella faccia da pugile (un successo) e il nostro Jack Middelburg, lungo e magro; era figlio di contadini, vinse la sua prima gara con una Honda 400 Four, fu due volte campione nazionale prima di approdare al mondiale.
Anche Jack si misurò nella F750, ma saltuariamente e con poca fortuna. Middelburg si concentrò soprattutto sulla 500: due stagioni da privato, correndo qua e là quando poteva e dove accettavano la sua iscrizione, poi presenza fissa dal ‘79. Prima con la RG Suzuki, con un bel secondo posto nel GP di Svezia a 4” da Sheene, poi con la Yamaha. La sua vittoria di casa, nel 1980 ad Assen dopo la pole e davanti ai nostri Graziano Rossi e Franco Uncini, diventa leggendaria se pensate che Jack camminava a fatica dopo una ancora fresca frattura a una gamba.
Lo chiamavano Jumping Jack come il famoso brano dei Rolling Stones, era rude e molto coraggioso. Tornò sulla Suzuki nell’81, l’anno del titolo di Lucchinelli, e vinse proprio quel GP di Gran Bretagna a Silverstone in cui Marco cadde per evitare Sheene e rischiò di perdere il primato. Middelburg era partito con le slick sull’asfalto umido, non piovve, trionfò nella volata con Kenny, terzo fu Randy Mamola. Quell’anno l’olandese fu “il privato più veloce del mondo”.
Per la stagione 1982 la Suzuki gli affidò una RG ex-Lucchinelli, ma Jack incappò in troppi infortuni: quando Barry Sheene si fracassò a Silverstone, centrando nelle prove libere la moto di Igoa che era rimasta in mezzo alla pista dietro un dosso, Jack seguiva Barry e volò anche lui, a 250 all’ora, rompendosi la gamba destra. Erano tempi pericolosi.
Dall’83 Jack si era procurato una Honda RS 500, e con quella avrebbe corso a Misano nel Nazioni 1984. Ma l’incidente del 1° aprile ‘84 a Tolbert lo ha purtroppo fermato: circuito stradale di 2.570 metri, gara open da 351 a 500, lui aveva il numero 1 sulla sua Honda e aveva vinto la prima gara dell’anno. Al secondo giro stava superando il battistrada Rob Punt ma nella curva più veloce perse l’anteriore, volò all’esterno, urtò violentemente un palo della luce protetto dalle balle di paglia e rimbalzò in pista. Senza il casco, che era volato via.
Lo spazio era poco. Tra i piloti che lo investirono c’era anche Boet Van Dulmen. Jack fu ricoverato a Groningen, nello stesso ospedale dove l’anno prima era rimasto a lungo Franco Uncini investito da Gardner dopo la caduta nel GP d’Olanda. Purtroppo Middelburg aveva riportato gravissime fratture al cranio: dopo tre disperati interventi chirurgici, una emorragia cerebrale lo stroncò a 48 ore dall’incidente, il 3 aprile 1984. Lasciò la moglie Petra e il figlio Jack, di nove anni soltanto.