Analisi semiseria della realtà giornaliera di una piccola azienda: l’officina e le sue problematiche ambientali ed ecologiste. Quando i pezzi sostituiti da una moto, ancora buoni, diventano semplici rifiuti da buttare via
In questa puntata di Storie di Concessionari, vi raccontiamo le asfissianti problematiche burocratiche in cui incappa ogni giorno chi lavora con le moto (ma vale anche per le automobili). Passiamo la parola a un concessionario del nord Italia che ci racconta la storia di... 17 bidoni. E dei tanti problemi quotidiani che fanno chiudere le piccole aziende di moto nel nostro Paese.
17 bidoni
No, non sto parlando di improbabili valutazioni cabalistiche, di un nuovo tipo di oroscopo o della classifica dei peggiori piloti di tutti i tempi. E neanche delle peggiori moto.
Lo spunto è nato da uno sfogo, legato alla nuova normativa sui materiali di scarto e sui cosiddetti Codici di Rifiuto Europeo, abbreviato CER. Proprio così: da qualche tempo in officina abbiamo 17 contenitori (grandi, piccoli, medi...), tutti debitamente etichettati con l’apposito cartello che identifica il tipo di rifiuto che in essi va riposto. E’ solo l’ultimo tassello di una serie di leggi che se da un lato hanno sicuramente delle buone intenzioni (sicurezza sul posto di lavoro, riduzione dell’inquinamento, tutela della salute, contrasto all’evasione fiscale...) nella pratica finiscono per creare problemi enormi, e una serie di costi che vanno alla fine a gravare sul cliente finale. E la morale ultima di tutti questi balzelli è che, insieme alla quantità abnorme di documentazione che portano a produrre, un’officina con due/tre meccanici deve essere in questo momento assistita da almeno una persona (se non due!) addetta esclusivamente a compilare carta.
Il meccanico del futuro? Avrà la sua bella segretaria
Sì, fra poco avremo officine in cui ogni meccanico avrà la sua bella segretaria, addetta a compilare schede, moduli, formulari, autocertificazioni, bolle, registri obbligatori, reportistiche di qualità, garanzie, questionari, statistiche di lavoro e chi più ne ha più ne metta. Speriamo almeno che queste segretarie siano le stesse signorine che da sempre sono immortalate nei calendari che tappezzano i muri di ogni officina che si rispetti... Almeno pagheremo per qualcosa di piacevole, no?
Tornando seri, innanzitutto mi presento: lavoro nel campo moto da tanti anni, gestisco una realtà di discrete dimensioni ubicata nel centro/nord Italia e che via via ha avuto la fortuna di ingrandirsi per merito di un po’ di c..., di alcune scelte azzeccate e di qualche bravo collaboratore, che tuttora mi spalleggia e mi sopporta. Parlo ogni volta che posso con i miei colleghi, vicini e lontani, e spesso si finisce con lo sfogarsi a vicenda per la marea di problemi non direttamente collegati al lavoro, e che anzi finiscono per assorbire la maggior parte del nostro tempo, distogliendolo dal “core business”: le moto.
Come funziona la raccolta differenziata nei concessionari
Il piatto forte di questo momento sono SISTRI e la connessa raccolta differenziata dei rifiuti in azienda. Per chi non lo sapesse, il SISTRI è il sistema informatico che dovrebbe gestire l’intera filiera di produzione e smaltimento dei rifiuti speciali in tutta Italia, nato nel 2009 su iniziativa del ministero dell’Ambiente. Vi sono una serie di imprese tenute a iscriversi (in estrema sintesi i produttori ed i trasportatori di rifiuti pericolosi), e altre che invece possono farlo su base volontaria. Ogni anno c’è qualche proroga: da pochi giorni l’ennesima, con lo slittamento al 30 giugno 2012. Nel frattempo ci si è dotati di chiavetta USB per la black box, ma soprattutto si è cercato di capire come catalogare, raccogliere e stoccare questi rifiuti. Uso volontariamente il termine “cercato” perché le idee non sono certo chiare, neppure sul concetto di rifiuto.
Spesso capita che alcuni pezzi sostituiti non siano proprio da buttar via: la leva freno graffiata che il cliente perfezionista non vuole più vedere perché rovina la bellezza...
Spesso capita che alcuni pezzi sostituiti non siano proprio da buttar via: la leva freno graffiata che il cliente perfezionista non vuole più vedere perché rovina la bellezza del suo bolide con due mesi di vita (e che lui non sa guidare...), la frizione dismessa in favore di una più performante anti saltellamento super racing, le gomme a metà vita cambiate dall’emulo di ValeRossi, la moto incidentata che diventa una miniera di ricambi a basso costo per chi non ha la fortuna di cambiare moto ogni sei mesi... Tutto questo è oro, e può tranquillamente essere riciclato e utilizzato da persone un po’ meno schizzinose e più sensibili al lato economico.
Giammai: da oggi ogni pezzo smontato è un rifiuto, senza se e senza ma. Si butta via, negli appositi bidoni dotati di apposito cartello che li identifica tramite l’apposito codice rifiuto europeo, senza dimenticare di apporre l’apposita “R” qualora il rifiuto stesso sia considerato pericoloso.
Una logica sbagliata
Peraltro, in una pubblicazione di qualche anno fa, l’autorevole Sole 24 Ore puntualizzava così: “il ragionamento per cui «se un materiale si trova nell’elenco CER allora è un rifiuto», a volte ancora applicato, non è corretto e deve, piuttosto, essere cambiato in «se un materiale è un rifiuto allora deve essere codificato con un codice CER adeguato».
Insomma, un rifiuto è tale se è un materiale privo di utilità residua (per il detentore e/o utilizzatore) e a quel punto deve essere catalogato ed avviato ad una corretta gestione nel rispetto ambientale e delle risorse della Terra. Potete scaricare l’elenco completo dei codici rifiuto: 28 pagine. Un elenco di 28 pagine, e la quantità rifiuti in azienda è notevole e di difficile interpretazione: una catena usata cos’è? Metallo ferroso? Si però contiene gli OR che sono gomma e anche il grasso e pure lo sporco. Forse non è riciclabile allora... A chi chiedo?
Non va tutto male
Da anni funzionano egregiamente i COBAT (il consorzio per il recupero delle batterie e degli accumulatori usati), il sistema di raccolta dell’olio esausto, e da poco è in vigore la normativa sui pneumatici fuori uso (PFU, di cui parlerò fra poco): non tutto è da buttare, solo che qui si lavora per la carta, non per il cliente, con una quantità di costi spaventosa, che è una ruggine che impasta gli ingranaggi dell’economia e del “fare azienda” di cui spesso si sente parlare (a vanvera). Liquido brevemente i PFU: non è male il sistema, assomiglia a quello delle batterie (che funziona...), ed il contributo va corrisposto ad un apposito fondo istituito presso l’ACI. Fantastico, essendo l’ACI già in possesso di tutti i dati necessari (tipo veicolo, targa, n. telaio, data di immatricolazione) sarà in grado di calcolarsi il tributo dovuto e arrangiarsi.
Errore: “entro il giorno 15 di ogni mese successivo al mese di immatricolazione, il venditore deve comunicare all’ACI via web ( www.pneumaticifuoriuso.it ), per ciascun veicolo” i dati di cui sopra, oltre alla categoria (?) del contributo e la cifra (1,3 euro piu IVA a pneumatico).
La carta è una ruggine che impasta gli ingranaggi dell’economia e del “fare azienda” di cui spesso si sente parlare (a vanvera)
Ma tutti questi dati non glieli ho appena comunicati, proprio all’ACI, per avere la targa della moto? Vabbè, un modulo in più e una scadenza in più per la povera segretaria. Se i nostri politici pensano di creare posti di lavoro così direi che è un bell’esempio di creatività all’italiana.
Mi permetto un paio di domande: qualche anno fa si parlava di soppressione degli enti inutili, e l’ACI è un enorme doppione della Motorizzazione. Quindi si paventava una sua eliminazione/fusione con la MCTC per far risparmiare danaro ai contribuenti; fortunatamente oggi non è più un ente inutile, dato che deve gestire questo fondo. O no?
Il nostro è diventato un mercato ridicolo
Capitolo cifre: quelle in gioco a livello globale sono ridicole, dato che in un mercato moto che nel 2011 ha registrato meno di 250.000 veicoli/anno, e che in Italia ci sono oltre mille aziende che si occupano di vendita veicoli a due ruote... se mettevano una tassa “una tantum” di 500 euro ad azienda si faceva prima. L’introito così calcolato (250.000 moto moltiplicato 2,6 euro più IVA) è di circa 600.000 euro, per le asfittiche casse dello Stato. Ma se servono anche solo dieci persone a livello Italia per gestire questo meccanismo l’introito netto diventa zero. O no? Tornando ai rifiuti più in generale, oltre alla confusione, qual è il problema?
Semplice: le sanzioni, le multe, le contravvenzioni, gli avvisi di pagamento. La normativa in questione non è certo nuova: la direttiva europea 2000/532/Ce (e le sue successive modifiche e integrazioni) istituisce l'"Elenco dei rifiuti", che dal 2002 sostituisce le precedenti normative. Viene recepita in Italia dal Dlgs 152/2006 e dai relativi decreti attuativi. Il fatto è che solo adesso, in piena emergenza nazionale da carenza di fondi, si cerca di trovare ciò che manca a questo Stato: i soldi. E quindi la grande offensiva “ambientalista” alla ricerca di violazioni che non esistono, che hanno come risultato quanto sopra: multe, ammende, sanzioni, e attenzione che si può anche andare nel penale.
La Santa Inquisizione cerca i peccatori a due ruote. Tanti casi, alcuni tristissimi
Purtroppo il passaparola che c’è fra officine è di tenore da attesa del giorno del giudizio: “stanno arrivando”, “sono in giro a controllare”, “da te sono venuti? Sai cosa devo fare?” è ciò che si sente, in un’atmosfera cupa e da Santa Inquisizione.
Alcuni casi di cui sono testimone? La multa di oltre 30.000 euro alla grande concessionaria auto di un noto marchio teutonico, perché in sintesi “la raccolta dei rifiuti non era in linea con la normativa” essendo i bidoni fuori posto e non avendo correttamente identificato (secondo “loro” ...) il rifiuto. La carrozzeria che non può tenere (nel suo capannone!) dei piccoli pezzi di recupero (maniglie, serrature, supporti paraurti...) e che se non li fa sparire rischia oltre 20.000 euro di sanzione. Il grande concessionario auto che deve chiudere i forni della carrozzeria annessa perché non sono a norma. Peccato che l’inaugurazione della struttura risalga a meno di un anno fa, e salvo poi riaprirli pochi giorni dopo perché effettivamente in ordine. Il tristissimo caso di un piccolo meccanico indipendente che – colpevolmente all’oscuro della normativa – avendo nel piazzale degli automezzi che disperdono al suolo carburante (altrimenti perché sarebbero dal meccanico?), è accusato di inquinamento ambientale, che è un reato pesantissimo. E si sucida.
Una realtà troppo complessa per le piccole aziende di moto
Questi esempi riguardano le auto; e le moto? Aspettiamo e speriamo. Con il colpevole silenzio delle Case Ufficiali, che non intervengono minimamente per la corretta sensibilizzazione e formazione della Rete, a differenza di quello che accade altrove. Solo in alcuni casi i torinesi ed i bergamaschi (con accento veneto) si sono dimostrati proattivi e fornitori di preziose informazioni.
Purtroppo le realtà motociclistiche sono aziende piccole, non in grado di affrontare autonomamente la realtà assolutamente complessa della normativa italiana, e tantomeno di difendersi da essa. E certo i commercialisti, molto spesso depositari e fiduciari per conto delle piccole imprese di tutti gli adempimenti tecnico burocratici, non sono di aiuto.
Cosa possiamo fare? Io nel mio piccolo proverò a scrivere questi brevi articoletti per sensibilizzare i colleghi che ancora non sono stati resi edotti di ciò che li aspetta. Sempre col sorriso, tanto comunque prima o poi dovremo pagare, forse anch’io.
Calcisticamente: Officina 0 - Burocrazia 1. Anzi 17, come i bidoni. Questi nuovi compagni di avventura, che occupano adesso una discreta fetta di officina, sono piuttosto inquietanti, ma ci
faremo l’abitudine.
Adesso cerchiamo lo spazio per la scrivania della segretaria, sperando che sia carina. Bionda o mora?
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