Storie di concessionari: Motorshow Yamaha-Barcellona Pozzo di Gotto

Storie di concessionari: Motorshow Yamaha-Barcellona Pozzo di Gotto
Orazio e Maria si dividono i compiti: lui tiene le redini della parte tecnica e del magazzino, mentre Maria si divide tra l’amministrazione, le pubbliche relazioni e i contatti con i clienti. Iniziano in due, oggi sono più di dieci
19 febbraio 2014

Di Orazio mi sono rimaste in mente le spalle. Se chiudo un po’ gli occhi e penso alla mattina spesa nella sua concessionaria, vedo subito le scritte sul retro della sua giacca blu Yamaha, veloce e appena china, come se avesse un documento in mano e lo stesse leggendo mentre cammina spedito forse verso il magazzino, forse verso l’ufficio di sua moglie, oppure mentre semplicemente torna da dove è venuto: dall’officina. Orazio va di fretta, titolare, oltre che della concessionaria Yamaha Motorshow, di una schietta, cortese competenza e ha volentieri ceduto alla moglie Maria il ruolo di fare da tramite tra il mondo esterno e quei cilindri e pistoni che da tanti anni scandiscono i cicli della loro vita.


Di Maria, invece, ho ancora impresse nella mente lo sguardo compiaciuto e orgoglioso mentre mi mostra le fotografie sparse nel suo ufficio di amministrazione che fissano alcuni momenti della vita della loro concessionaria: c’è quella con il presidente Yamaha Italia mentre tagliano il nastro inaugurale del loro store Yamaha, quelle con le MotoGp di Biaggi e di Rossi (quest’ultima in versione “GO!!!!!!!!”, una delle mie preferite…) esposte in concessionaria e quella dei suoi figli con Valentino Rossi. Sorridente, cordialissima e molto riservata prima di ritrovarci sul terreno comune della passione per le motociclette e per la storia del motociclismo in Sicilia, momento in cui la sua signorile riservatezza viene tradita dal timbro di voce fiero e soddisfatto di chi sa di avere fatto tanto, e bene.

Orazio e Maria Fazio
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Orazio e Maria non sono due coniugi qualunque, da oltre vent’anni a Barcellona Pozzo di Gotto in provincia di Messina vendono, riparano, assistono motociclette e sono diventati un punto di riferimento per gli appassionati della Sicilia Tirrenica.
Orazio è innanzitutto un meccanico, un meccanico con occhi attenti e allegri ed è un grande: entra bussando nell’ufficio dove scambio quattro chiacchere con sua moglie Maria, non si presenta e offre un profilo basso e riservato, con la scusa di chiedere una firma al foglio che ha in mano; talmente misurato che sospetto, da buon siciliano, che questa sia solo una piccola messinscena per rompere il ghiaccio e gestire una diffidenza che noi isolani abbiamo scolpita nel DNA e alla quale non possiamo sottrarci. Mi guarda un attimo e poi di lui faccio in tempo solo a vedere le spalle ed eccomi a sgambare a passi lunghi per non farmi scappare le molte cose che ha da dire e da raccontare. Ma per raccontare una storia, pure la propria, ci vuole una scusa e un’atmosfera così lo inseguo fino in officina passando dal magazzino - con quell’odore di plastica e metallo che mi ha riportato a quando andavo a comprare lo spillo conico per il mio primo Dell’Orto da 18 mm ed entravo nelle botteghe di quei ricambisti venerati come guru - in cerca di un pretesto per approfondire la conoscenza, e lì ho il piacere di trovare sul banco di lavoro una stupenda RD 350 made in Japan con appena 7.000 chilometri in attesa di qualche piccolo intervento che la riporti a gioire; la moto è nera, non ha nemmeno un filo di ruggine e monta due aggressive espansioni racing.


Cavolo, i due tempi; i motori della nostra adolescenza, quelli con il fumo dolce dell’olio Castrol, le candele con un’intelligenza perversa e malvagia, i motori dalla potenza sorprendente che elaboravi un po’ ad occhio, un po’ no e che hanno insegnato a molti il concetto di entrata in coppia: io e Orazio dopo un paio di secondi di silenzio nell’ammirare quel motore a miscela, ci scambiamo un silenzioso sguardo che fa scattare la fiducia e allora lui dà un calcio alla pedivella della loquacità e apre la manetta.

Orazio Fazio
Orazio Fazio

Orazio Fazio nel 1990 ha poco più di vent’anni uniti a molta voglia di fare e una fidanzata intraprendente come Maria: alla chiusura dell’officina dove lui lavora come meccanico e alla contemporanea e definitiva scomparsa di una grossa concessionaria Piaggio (a causa di vicende che in quest’Italia e in Sicilia non trovano mai spiegazioni veramente logiche, come nei migliori noir) reagiscono acquisendone la clientela come rivenditori Piaggio grazie anche al coraggioso appoggio dei genitori. Dopo poco, Orazio e Maria si sposano mentre la loro attività di rivenditori Piaggio si espande, cresce insieme alla famiglia che hanno appena formato e costruiscono le solide fondamenta per abbandonare nel 1996 la rivendita di motocicli e ciclomotori Piaggio per indossare l’ambito status di concessionario ufficiale Yamaha.


Orazio e Maria si dividono i compiti: lui tiene le redini della parte tecnica e del magazzino, mentre Maria si divide tra l’amministrazione, le pubbliche relazioni e i contatti con i clienti. Iniziano in due, oggi sono più di dieci, se aggiungiamo alla sede di Barcellona anche quella di Messina; è un caso di ampliamento della struttura commerciale all’inverso: prima nella provincia, poi nel capoluogo.


Ma l’attività commerciale non esaurisce una passione che per Orazio e Maria è a tutto campo e sconfina volentieri nello sport a motore dove è più duro: Cross ed Enduro. Non lontano da Barcellona, infatti, c’è una pista da cross, si chiama “Marchesana” e un bel giorno di qualche anno fa a bordo pista c’è Orazio e con lui c’è anche Salvatore, che non ve l’ho ancora presentato ma è il cordialissimo e solare addetto alle vendite della concessionaria. Ma quella mattina in pista gira pure un ragazzetto col naso importante che con un 85 cc dà la paga ai 250. Si chiama Tony Cairoli, da queste parti è già un mito e tra non molto in tutto il mondo sentiranno parlare di lui. Salvatore e Orazio, come del resto tutti quelli che vanno alla Marchesana, rimangono sempre senza parole quando vedono girare Tony, ma soprattutto rimangono senza fiato quando lo vedono levarsi il casco e sfoderare quel sorriso strabico e per nulla affaticato che Tony ha in serbo quando è contento e divertito. Nella zona tirrenica della Sicilia Cairoli è già un nome conosciuto, ma ha bisogno di supporto per esplodere definitivamente e lo trova nella disponibilità di chi lo ha visto crescere agonisticamente; anche Orazio e Maria fanno la loro parte, fornendo la motocicletta a Tony per gareggiare in alcune competizioni locali, rimanendo impressionati da due cose: la capacità di Cairoli di andare fortissimo e vincere con una moto da rodare appena uscita dall’imballo e l’incredibile usura delle sovrastrutture per sfregamento dopo l’uso da parte del fuoriclasse di Patti: Salvatore, che si occupava di montare le moto di Tony e di ricoverarle dopo le gare, me lo racconta con gli occhi ancora increduli e il sorriso di chi sa di essere un privilegiato.

 Chiara Fontanesi
Chiara Fontanesi


Passa di qui pure una all’epoca quasi sconosciuta Chiara Fontanesi, con una faccia da ragazzina che sa già di essere brava e alla quale Motorshow affida una dello loro motociclette per gareggiare in Sicilia. Ovviamente, pure lei, vince.
Con Orazio pensiamo a tutti i talenti siciliani che conosciamo e che a causa della lontananza geografica con i posti che contano nel mondo della moto, sono rimasti nel limbo di chi ha le qualità ma non è mai riuscito a sfruttarle e mentre ne parla la passione quasi gli deborda dagli occhi: potere dei due tempi o forse potere anche di altri argomenti, come la maledetta crisi che obbliga tutti a stringere i denti ma non c’è nessuna intenzione di mollare e soprattutto di scaricare sui collaboratori le bordate della situazione economica non favorevole. Hanno le spalle solide, le stesse spalle di prima, e tengono il punto con autorevolezza e ottimismo.

Il tempo di girare un po’ per la concessionaria, scattare qualche foto tra le decine di moto in attesa di un proprietario, maledire le enormi pareti vetrate che riempiono gli scatti di riflessi, ed entrano le signore che si occupano di pulire a fine giornata. Nessuno me lo dice, ma loro starebbero pure chiudendo. A me non va di andare, qui si sta bene, si parla di moto, c’è gente gentile e competente. Ma anche loro hanno una famiglia, oltre a quella della concessionaria intendo, e certamente li stanno aspettando per il pranzo. Saluti frettolosi per non sembrare sentimentale, ringraziamenti, minacce di rifarmi vivo: c’è tutto, ora posso tranquillamente andare a fare un bel giro in moto che a parlare con loro m’è venuta voglia. Altro che pranzo.

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