Storie di concessionari: Motus Vivendi, Yamaha Palermo

Storie di concessionari: Motus Vivendi, Yamaha Palermo
Ci sono giorni in cui rimpiangi di non avere la tua moto da mostrare ad appassionati come te, dopo essere arrivato a piedi alla concessionaria Yamaha Motus Vivendi ed avere iniziato ad ascoltare Alessandro raccontare la storia della sua famiglia
3 aprile 2014

Un giorno, a Palermo, mi persi. Forse i pensieri o l’alzataccia per arrivare in centro prima dello scatenarsi della più grave delle tre terribili piaghe siciliane di cui tutti parlano e dalla cui stritolante morsa desideravo coraggiosamente sottrarmi, ma la mia testa andò in subbuglio e lasciata l’automobile appena trovato un parcheggio libero vagai, lo ammetto, un po’ a caso credendo comunque di puntare nella direzione giusta. Quella mattina di febbraio scampai dal traffico tentacolare, insuperata piaga della Trinacria (le altre due, come tutti sanno, sono l’Etna e la siccità…) ma rimpiansi amaramente di non essere arrivato in motocicletta perché scoraggiato fin dalla sera precedente da previsioni di nubifragi e da una temperatura costantemente sotto i 9 gradi che per me sono il minimo sindacale per avvertire, al ritorno a casa, tutte le estremità al loro posto; tutte. Farsi 500 km in moto sotto l’acqua e al freddo, anche se non spaventa, è seccante.

Alessandro Evola
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Ma non accampo giustificazioni, piuttosto ci sono circostanze durante le quali rimpiangi di non avere sotto il sedere la tua motocicletta da mostrare ad appassionati come te ed improvvisare così un giro tanto per fare conoscenza (quando due timide pieghe in compagnia stabiliscono un contatto umano più di mille “like” e rivelano aspetti intimi della persona più di dieci caffè al bar trangugiati parlando di banalità) e ti trovi a smaniare, nervoso, elettrico, pervaso da quella passione per la moto che quando la senti condivisa e arricchita dalla persona che hai di fronte ti fa sentire compreso, portandoti in uno stato d’animo nel quale abbracceresti tutti come fratelli. Era esattamente così che mi sentivo dopo essere finalmente arrivato a piedi alla concessionaria Yamaha “Motus Vivendi” ed avere iniziato ad ascoltare Alessandro Evola tratteggiare la storia della sua famiglia, motociclisti e concessionari da quattro generazioni.


Alessandro ha 32 anni e una barbetta a metà tra il rosso e il biondo che lo rende riconoscibilissimo: a me che soffro di una prosopagnosia non più dissimulabile, aiuta molto; è cresciuto a pane e sogni di moto ed assieme alla sorella Silvia, a Sergio suo fratello maggiore e alla cognata Giorgia ogni giorno alza la saracinesca della concessionaria continuando a scrivere una storia semplice e felice come sanno essere quelle a lieto fine raccontate da bambini sognatori diventati adulti concreti. Non è qui per caso, Alessandro. Molti anni fa il suo bisnonno si divideva tra il suo impiego presso il Comune di Palermo e l’officina per cicli e motocicli in Piazza Principe di Camporeale, dove il figlio Giacomo Evola – nonno di Alessandro – iniziò ad appassionarsi alle due ruote fino a farne oggetto prima della propria passione e poi, immagino fin dall’adolescenza, un’attività lavorativa stabile. La determinazione non doveva certo difettare a Giacomo se all’iniziale attività di riparazione di motociclette affianca poco tempo dopo la vendita di motociclette Benelli presso la bottega di Via Carducci.


Giacomo Evola è un geniaccio ed i tempi pioneristici del secondo dopoguerra probabilmente lo invogliano a cimentarsi persino nella costruzione da zero di motociclette di piccole cilindrata: fa tutto da sé sfruttando anche le proprie conoscenze in campo aeronautico, compresi i telai e le fusioni dei carter, fabbricando con le proprie mani diverse moto per “uso personale” e realizzando praticamente il sogno proibito covato da ogni motociclista di costruirsi la propria cavalcatura. Giacomo continua così per molti anni, instradando nella sincera e genuina passione per le moto e la tecnica i suoi due figli Guido ed Enrico e la sua concessionaria Palermitana diventa a partire dagli anni ’70 un punto fermo e un nome di riferimento: Evola.

Alessandro, Sergio e Silvia Evola
Alessandro, Sergio e Silvia Evola


E’ a questo punto del racconto che lo sguardo di Alessandro diventa meno luminoso e le sopracciglia gli si arricciano brevemente, quando parla di “punti fermi” e mi indica il lato della strada opposto a quello dove ha sede “Motus Vivendi”. Lì, racconta Alessandro, era in attività da più di ottant’anni “Migliore”, un grande magazzino pure lui un riferimento, anche di costume, nel capoluogo siciliano: da poco i magli della crisi lo hanno costretto alla chiusura con grande dispiacere di tutti – specie dei dipendenti - e quest’assenza capisco che a Palermo fa quasi da monito ma, appena concluso l’accenno a questa brutta vicenda, Alessandro guarda poco oltre le mie spalle la sfilza di MT-09 nella sua vetrina, sorride e riprende il tono di irriducibile fervore che possiede chi ha reagito al crollo delle vendite dell’intero mercato motociclistico con voglia di fare. Sa di avere in casa le carte giuste e le qualità per guardare avanti con ottimismo e riparte da dove aveva interrotto: Giacomo Evola decide che è il momento per la pensione e lascia ai figli Enrico e Guido l’attività ma prima fa in tempo a costruirsi un sorprendente motore tre cilindri a stella per una sua moto, l’ennesima, di cui vuole occuparsi con calma. Purtroppo un infarto gli negherà il tempo di completarla ma è bello pensare che il suo caparbio e ostinato entusiasmo per le moto e la sua spinta creativa abbiano sostenuto la voglia dei suoi eredi nel continuare un’attività nella quale se non si ha passione è meglio lasciare perdere, specie in questi tempi complicati.


Enrico e Guido passano attraverso vari marchi come concessionari diretti ( vado a braccio… Honda, Cagiva, Ducati, Moto Guzzi, Aprilia, Suzuki, Yamaha, quest’ultima dal 2000…) per tutti gli anni ’80 e ’90 e nel sforano nel secolo in corso; con loro entrano in gioco pure i figli di Guido che fin da piccoli hanno il privilegio di avere il papà che con le moto ci lavora, ci gioca, ci va a spasso. Ma a loro il privilegio non fa poi così comodo perché spesso si innamorano di un motorino o di una moto in vendita rimanendo un po’ amareggiati nel separarsene consegnandola al cliente che l’ha acquistata. Fosse dipeso da Alessandro e Sergio, avrebbero conservato nel loro garage privato un campione di tutti i modelli passati dalle loro vetrine, senza pensare ai profitti, alla redditività, al business: pura passione. L’azienda arriva, carica della sua storia e della sua autorevolezza, nelle loro mani nel 2012 sancendo il definitivo passaggio di consegne alla quarta generazione di Evola; Guido ed Enrico raggiungono la meritata pensione lasciando un solido bagaglio di professionalità motociclistica nelle mani di Alessandro, Silvia e Sergio che aprono un nuovo capitolo e fondando la loro concessionaria che fin dal nome “Motus Vivendi”, tanto per mettere in chiaro la loro scala di valori, si separa in modo evidente dalla vecchia azienda sia dal punto di vista della compagine societaria che da quello della ragione sociale. Il cambio di denominazione e di passo è anche l’occasione per diventare esclusivisti Yamaha. Ora, gas aperto.

Guido fra Alessandro e Sergio
Guido fra Alessandro e Sergio


Sembrava difficile, invece passare attraverso settant’anni di emozioni, moto e motori in poche righe non è stato poi così complicato. Questi veloci punto e a capo sono stati più rapidi di tutte le moto partite dall’officina di nonno Giacomo e arrivate fino alla concessionaria “Motus Vivendi”, dalle Spring Lasting alle FJR.
È una storia semplice il cui epilogo mi ha poi fatto riflettere a lungo mentre mi riperdevo a Palermo per cercare l’automobile parcheggiata e il tempo beffardo non accennava ad intensificare l’incerta pioggia. Alessandro e Sergio mi confidano infatti da quando hanno la loro concessionaria provano ancora più entusiasmo nell’andare in moto, organizzare uscite, appassionarsi alle necessità dei loro clienti e si sono potuti concedere un magnifico sogno: Alessandro il restauro di un Suzuki RGV 250 e Sergio quello di una Yamaha YZF-R1 del 1998, la prima serie, la più arrabbiata e permalosa di tutte. Due motociclette per le quali da ragazzetti sbavavano senza avere la possibilità di acquistarle; papà Guido, forse, non voleva. Ma loro avevano già le idee chiare.