Storie di Concessionari. Patrizia Tanasi, responsabile vendite Triumph Sicilia

Storie di Concessionari. Patrizia Tanasi, responsabile vendite Triumph Sicilia
"Dieci anni fa, donna, in concessionaria... mi pensavano stupida, mi pensavano incompetente e, sopratutto, mi vedevano sola"
30 agosto 2018

Dieci anni fa, donna, in concessionaria... mi pensavano stupida, mi pensavano incompetente e, sopratutto, mi vedevano sola.

Parti da zero.
Parti da sola.
Arrivi a 100. Ripeti.

Appena assunta il titolare della concessionaria mi disse “hai cinque giorni di tempo per ordinare 150 moto per la prossima stagione”, non mi fu spiegato nulla da nessuno, mi furono consegnate solamente le brochure; spulciai i dati degli ultimi quattro anni di vendite facendomi un quadro tra modelli, colori, posizionamenti di mercato; lavorai per tre giorni di fila tra schemini e appunti e, alla fine, abbozzai una programmazione per l'anno 2010-2011 senza sapere nemmeno cosa fosse una vera programmazione: funzionò.

Patrizia Tanasi
responsabile vendite Triumph Sicilia

Quando lo studio di ingegneria dove Patrizia lavorava come analista contabile chiuse i battenti, il marchio Triumph era in forte ascesa. Lo è tuttora, ma in quell'anno la Speed Triple aveva ancora i fari come occhi fuori dalle orbite che a vederli da vicino contagiavano la follia di una moto definita alla sua nascita “già incidentata”. Patrizia per accettare quel lavoro non aveva fatto le vacanze post esame di maturità, a luglio le era arrivata la telefonata del suo professore di ragioneria che l'aveva segnalata per quell'impiego e il momento era quello: prendere o lasciare e in Sicilia lasciare ha sempre significato perdere, mica scegliere qualcos'altro. La scuola, del resto, la odiava. E lei odiava la scuola, quindi niente miraggi universitari.
In quello studio di ingegneria ci lavorò per vent'anni, durante i quali si sposò, ebbe una figlia e si separò consensualmente.

Non avevo più nulla da quel matrimonio nel quale ero la sola a impegnarmi, feci un riassunto dei pro e dei contro e decisi di lasciare. Quindi di perdere.
Da sola, inizio a vivere. Mi separai che mia figlia aveva cinque anni e innanzitutto presi a girare il mondo con lei, ogni anno un paese differente... Kenya, Santo Domingo... partivamo con dei trolley nei quali Flavia aveva impacchettato i suoi giocattoli per donarli agli orfanotrofi dove trascorrevamo intere giornate. Mi rasserenai molto e decisi che a casa mia non ci sarebbe stata un'altra figura maschile, accettando tutte le scelte faticose che questa decisione avrebbe portato con sé.

Tranquilla, Patrizia: le scelte faticose ti attendevano al varco. Dopo vent'anni di lavoro sereno si sbaracca, lo studio chiude e tu sei a spasso; tanti saluti a tutti con il resto di un matrimonio al capolinea alle spalle, tutta la vita davanti e una figlia da crescere, da sola. Alla fine del 2008 questo è quanto paga il banco.

Io ho sempre lasciato tutto fuori, di ciò che mi appartiene. Ci vuole forza. Si fa. Sono una persona che vive di sentimenti ma ogni tanto, adesso, mi sento dire “tu non hai un cuore”. Non è vero; ogni cosa a suo tempo.

Non era arrivato il tempo di tirare fuori i fazzoletti e commuoversi, per cui Patrizia indossò cuffia e microfono in un call center, ingegnandosi a vendere preparati per dimagrire e riviste di alimentazione naturale, campandoci dignitosamente anche se priva di qualsiasi esperienza specifica; bastò informarsi, leggere, confrontare, trovare il proprio metodo.

Durò poco, un anno. Il suo ex datore di lavoro la segnalò ad un fraterno amico, uno dei soci della concessionaria Triumph di Catania dove sembrava ci fosse bisogno di una persona capace di mettere un po' d'ordine in azienda. Patrizia non sapeva nemmeno se le moto andassero a gasolio o a benzina ma era nota per essere una donna di assoluta fiducia, cui non faceva difetto un carattere volitivo. Era una mossa ardita, forse anche disperata: una donna senza esperienza nel settore a vendere le moto di Hinckley in una città, Catania, dove non si scherza.

Lui mi ha dato un'occasione e un'occasione si è dato lui.
È un modo di dire siciliano, ma rende bene l'idea del mutuo interesse.
La concessionaria era in declino da anni, al colloquio mi disse che c'era l'area manager Triumph già in cerca di qualcun altro cui dare il mandato. Il titolare fu chiaro: “prima di chiudere i battenti voglio provare”. Mentre lui parlava io guardavo intorno e mi dicevo “qui è tutto sporco, tutto disordinato” e mentalmente iniziavo ad accettare la sfida.

Pistone, catena, forcella: tutte parole vuote al pari dei nomi dei modelli, delle marche concorrenti, dei riti e delle esclamazioni dei motociclisti. Iniziò da zero con la programmazione del 2010/2011, andò bene.

Durante i primi periodi in concessionaria, osservando e analizzando quello che accadeva all'interno, il quadro diventava sempre più chiaro sulle ragioni degli scarsi risultati. Finché dopo due mesi e mezzo affrontai i titolari riferendo tutto quello che secondo me non andava, dalla gestione ricambi, alla cura del cliente, all'assenza di qualsiasi possibilità di fare provare le moto, figurati che non c'era nemmeno un casco da dare in uso; l'abbigliamento non era esposto, gli accessori nemmeno. Per poco non mi risero in faccia: mi dissero che io ero presa dalla novità e dall'entusiasmo; che forse non capivo perché dovevo ancora fare esperienza.

Patrizia Tanasi
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Da sola.

Ma i fatti erano inconfutabili e i nodi vennero al pettine: da Dicembre 2010 rimasi l'unica persona in concessionaria. Qui, prima di me, era un garage che puzzava di benzina. Non era un'esposizione di moto. Decisi di rivoluzionare tutto pur non avendo alcuna esperienza né metodo, non conoscendo nessuno: non avevo idea di nulla. Allora presi a fare spionaggio: per alcuni mesi tutti i giorni all'ora di pranzo andavo di fronte alle vetrine dei concessionari concorrenti cercando di vederle con l'occhio del cliente e valutare cosa mi piacesse o no a primo impatto. Lì capii che noi vendiamo beni di lusso, non indispensabili, e che la cura del cliente è tutto. È quello che penso ancora adesso: qui vengono persone a comprare un sogno, magari in 72 rate; gli dobbiamo il massimo rispetto.

Patrizia a 15 anni subì un trapianto alla colonna vertebrale, il primo del genere in Italia. Le foto della sua schiena fecero il giro degli ospedali universitari e l'intervento durò nove ore di mani giunte e dita incrociate nella speranza di rivederla ancora in piedi; poi tre giorni di semi incoscienza e quasi tre mesi di totale immobilità nel letto d'ospedale. Oggi convive con una stecca metallica “lunga così” imbullonata nella schiena, è bene che non faccia grossi sforzi. Ogni tanto fa un tagliando pure lei, come molti bikers malconci da milioni di chilometri, controllando che la stecca non si sia spostata. Durante il primo anno di lavoro per Triumph prese gusto ad andare in moto, ma gli scossoni non le fanno bene e oggi gestisce la sua voglia di moto con parsimonia e Oki. Fu un segno? Possedere le stimmate di motociclista senza esserlo veramente? Io non lo so, però noi motociclisti abbiamo spesso corpi usurati, aggiustati o accomodati da mani più o meno capaci; fin quando non saremo dei rottami senza speranza, agli occhi degli altri valiamo esclusivamente in base a quante e quali emozioni riusciamo a generare a dispetto dello stato delle nostre articolazioni e dei nostri muscoli, una semplice occhiata non è sufficiente per giudicarci. Patrizia ebbe un problema simile: valutare l'usato accumulato negli anni.

La nostra rimessa era un deposito di moto abbandonate con la batteria a terra. Feci una ricerca e capii che avevamo circa 90.000 euro di capitale immobilizzato, una cifra pazzesca. Contattai dei commercianti di moto e iniziai a smaltire il parco usato vendendolo a loro, vincendo le iniziali resistenze della proprietà. Ovviamente per le quotazioni feci dei calcoli, ancora non so se giusti o sbagliati, affidandomi alle mie capacità da una parte e all'onestà dei commercianti dall'altra. E qui mi scontrai col fatto che, sai... una donna viene sempre vista come una stupida in questo ambito, ma vinsi anche questa battaglia e iniziammo a svuotare il garage recuperando del capitale già dato per perso. Nel frattempo ero diventata quasi un'esperta sulla valutazione dell'usato facendo tesoro di ogni informazione e, cosa indispensabile, selezionai dei collaboratori.

Si pose infine al centro della concessionaria e incrociò le dita.

I risultati furono così soddisfacenti che già dal mio primo anno di lavoro Triumph chiede la mia presenza alle riunioni; la prima volta ero morta (non spaventatevi, in siciliano vuol soltanto dire “estremamente emozionata e confusa” n.d.r.), venni indicata come esempio e da allora l'invito alle riunioni arriva prima a me che ai titolari...

Le vendite aumentarono tanto, fino al punto in cui certi concorrenti presero a chiamare Patrizia al telefono per fare avvertire la loro presenza, promettendo incontri “a quattrocchi” dove le avrebbero spiegato le “regole di comportamento tra colleghi”, ma erano quel tipo di promesse senza anello fatte ad una donna sola, che rispose assertiva “lei sa dove trovarmi”.
Ho mostrato tanta sicurezza, ma in realtà ero terrorizzata e mi tremavano le mani. Tuttavia, dato che mia figlia si era appena trasferita a Milano ed ero rimasta sola anche a casa, mi buttai ancora di più a capofitto nella sfida e continuai a lavorare con passione e abnegazione. Poco tempo dopo, si creò la possibilità di rilevare la concessionaria Triumph di Palermo, i titolari fecero richiesta a Triumph Italia che si prese del tempo per dare il proprio placet. Era estate, in ferie, io ero a Lipari. Una mattina mi arriva una telefonata, la cosa mi lascia basita perché quando siamo in vacanza io e i titolari non ci disturbiamo. Pensai ad un problema grosso in concessionaria. Invece: “dobbiamo rifare tutti i portatarga”. “Perché?” “Perché ci hanno dato tutta la Sicilia, non solo Palermo. Hai un'idea dell'onere che ti stai assumendo?”

Triumph Sicilia a trazione Patrizia è da sei anni di fila il primo concessionario d'Italia per la Casa di Hinckley, abbinando spesso anche il titolo di “best dealer”. Patrizia ha pure perso il suo cognome, per tutti è Patrizia Triumph; molti le vogliono bene per il suo carattere schietto o la sua attenzione ai particolari; qualcuno l'ha pure definita fin troppo decisa.

Ci sono stati casi dove ho dovuto avere un atteggiamento maschio, dettato dal fatto che... sono sola. Quando in un demo ride ti arriva il cretino che semina il panico tra le persone in prova con lui perché non segue le indicazioni dell'apripista... lì devo uscire il peggio di me. Eppure non ti nascondo che ogni tanto un calo di fiducia in me stessa l'ho avuto. Negli ultimi nove anni ho passato moltissime notti insonni.

Patrizia Tanasi
Patrizia Tanasi

Come quella in cui un cliente la chiamò a mezzanotte perché aveva avuto un incidente e trovò indispensabile chiedere il suo conforto.

Sono cambiata molto con questo lavoro. Ti dico una cosa: quando ero ragazza per anni ho fatto la modella, e non ero solita indossare jeans. Esistevano solo gonne o vestiti. Però nei primi periodi di lavoro quando ero seduta alla scrivania da fuori la concessionaria, sulla ringhiera del terrazzo, si formava un capannello di persone che si godeva lo spettacolo. Me lo fece notare il titolare. Anche per questa ragione ho smesso di indossare gonne, ho tolto molto della mia femminilità, ho tolto molto del mio essere tenera e carina; perché ti devi adattare all'ambiente nel quale ti trovi e perché certe cose ti segnano, nella vita.

Fammi un esempio.

Tutto quello che ho tratto dal mio lavoro l'ho destinato a lei.(adesso Flavia ha 24 anni e lavora a Milano per Alexander McQueen dopo una laurea con lode al Politecnico e un master n.d.r.). Quando mia figlia si è trasferita a Milano per studiare, è stato terribile. Ma non mi sono mai permessa di farmi vedere o sentire giù

Guardandomi in giro e vedendo la media dell'uomo di oggi, devo dirti che se non mi fossi sposata e poi separata molto probabilmente sarei da sola lo stesso. Io do tanto... nella vita privata... nel lavoro... ma voglio anche ricevere. Sono troppo sensibile, e ogni tanto pago.

Da qui a dieci anni mi vedo ancora qui. Ma con nuove sfide. Essere un punto di riferimento... talvolta pesa, mi sento responsabile verso tutte le persone che riversano fiducia in me e se mi si ponessero alternative non credo accetterei. Vedi, tutto quello che ho costruito fino ad oggi l'ho fatto non per diventare Patrizia Triumph ma perché ho colto una sfida. Vado avanti.

Parti da zero.
Parti da sola.
Arrivi a 100. Ripeti.

Patrizia Tanasi
Patrizia Tanasi