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Parlare con Giovanni Buratti è come ripercorrere 40 anni di storia Yamaha: scherzando, ma fino ad un certo punto, il titolare ed anima di Moto Shop Parma sostiene come in tutta Europa soltanto il compianto Jean Claude Olivier, patron della francese Sonauto, potesse vantare maggior passione di lui per il marchio dei tre diapason.
D’altra parte è comprensibile: quando uno lavora con Yamaha dal 1976 (anno in cui Buratti è entrato in Moto Shop come capofficina, a soli 20 anni) ha fatto correre moto come la XT550 di Balestrieri, la RD500 di Manici e poi tutte quelle guidate da piloti come Goi, Vizziello, Iannuzzo, e usa lui stesso mezzi come la WR450F a doppia trazione nelle motocavalcate a cui partecipa è difficile che non abbia dentro qualcosa che lo lega a filo doppio a quelle moto costruite ad Iwata.
Ora come ora, Moto Shop è una realtà di quelle robuste, capace di resistere alla terribile crisi che sta colpendo il nostro paese e il settore moto nello specifico. Come è possibile? Semplice (a dirsi, non a farsi): capendo come si fa ad attirare il motociclista, a coinvolgerlo e a seguirlo tenendone viva la passione. Una missione più facile da compiere quando si vende Yamaha, un marchio capace di prendere per mano i bambini con le prime PW e portarli fino alle SuperTénéré, R1, FJR ed MT-07.
Ma torniamo al discorso iniziale: come si invoglia la gente a comprare una moto, oggi?
«Cercando di dargli quello che chiedono. Un mezzo personalizzato, come facciamo con le nostre special, realizzato con competenza e che magari va meglio dell’originale perché interviene dove la casa non può permettersi di spendere più soldi. Valutando il giusto l’usato e non scontentando i clienti a cui si è già venduta una moto con promozioni sconsiderate. E poi cercando di coinvolgerli con tante iniziative: voglio per esempio provare a regalare la patente ai giovani sfruttando la nuova SR400. Condizione necessaria sarà imparare ad avviare una moto con la pedivella, come si faceva una volta, e voglio vedere se anche i ragazzi di oggi, desensibilizzati dalla troppa tecnologia che hanno attorno, non proveranno una soddisfazione speciale nell’imparare certi gesti!»
Migliorare, ecco un punto importante. Perché magari tanti conoscono Diapason Racing, ma non sanno che dietro al marchio che ha reso “pronto gara” tante R1, R6 ed YZ c’è proprio Buratti, che ha creato il marchio nel 1999.
«Migliorare è la nostra missione, è vero. E non parlo solo di migliorare esteticamente: tutto quello che facciamo dev’essere bello ma prima di tutto funzionale. Abbiamo un’esperienza incredibile, avendo supportato i trofei monomarca Yamaha per tanti anni e fatto correre tanti piloti in tantissime specialità diverse, quindi sappiamo dove agire. Per farvi un esempio, le nuove pedane che stiamo mettendo a punto per la FZ8, oltre a dare quella luce a terra che serve per divertirsi nella guida sportiva, velocizzano anche la cambiata. Adesso ci stiamo concentrando sulle centraline, con cui si può fare davvero tanto per rendere più efficaci i mezzi di serie»
Anche perché Buratti, motociclista da una vita, ha passione e sensibilità che spende in prima persona nel lavoro sulle novità che arrivano.
«Quando è arrivato il primo SuperTénéré avevo una gran voglia di provarlo, però mi sono bastati pochi metri per capire che c’era qualcosa che non andava come doveva nell’erogazione. Ci siamo messi a lavorare a testa bassa e abbiamo tirato fuori tanto di più da entrambe le mappature con una serie di step successivi. La mia miglior soddisfazione è stato riuscire a convincere clienti a tornare sulla XTZ da cui inizialmente erano rimasti delusi: mi è bastato fargli provare quelle messe a punto da noi. Adesso che è arrivata la nuova sarà molto più difficile migliorare, in Giappone hanno fatto un ottimo lavoro. Naturalmente ci proveremo comunque …»
Una visita alla concessionaria Moto Shop – una vera mecca del motociclismo per la sua ampiezza e completezza – è un’esperienza da fare per capire meglio lo spessore delle persone che le stanno dietro. Al piano terra troviamo l’area espositiva, ordinata e distribuita razionalmente per cilindrata ed area, con il retro dedicato all’officina, area consegna e reparto corse: Moto Shop appoggia da diversi anni Yamaha nella logistica dei trofei dedicati ad YZ nel fuoristrada ed YZF in pista.
Al secondo piano troviamo invece un negozio di abbigliamento di alto livello, con tutto quello che serve per vestire il motociclista – di qualunque estrazione – dalla testa ai piedi. Un negozio che d’inverno apre agli sport invernali con un’area dedicata allo sci. Se state pensando all’impegno di alcuni marchi dell’abbigliamento moto nello sci come motivo scatenante per questa scelta state sbagliando: deriva tutto da un viaggio in Giappone di Buratti nei primi anni 90, quando scoprì… un paio di sci Yamaha.
Detto, fatto – gli sci sono stati acquistati seduta stante e riportati in Italia (campeggiano ancora all’interno del negozio, come potete vedere dalla foto qui a lato) e lo spazio precedentemente dedicato agli scooter MBK, quando i marchi erano separati, è stato inglobato dall’abbigliamento e all’angolo dedicato allo sci.
Anche le special realizzate per i vari clienti trovano posto in concessionaria, che ne va giustamente orgogliosa finché il fortunato possessore non viene a ritirarla.
«E’ una delle cose in cui credo di più: saper realizzare i sogni dei clienti. Sulle MT-09 abbiamo realizzato più di una livrea speciale usando solo l’aerografo, senza l’impiego di adesivi perché crediamo che si possa fare la differenza con questo genere di dettagli. Gli stessi kit di personalizzazione che abbiamo creato per la SuperTénéré sulla base dell’esperienza fatta sulla moto con cui Davide Biga ha compiuto il giro del mondo ci sono serviti a consegnare un prodotto tagliato su misura di gusti ed esigenze del cliente finale. Finire a giocare la vendita di una moto sul prezzo è una guerra senza vincitori, e finisce per scontentare i clienti che si sentono traditi da chi, qualche mese dopo il suo acquisto, fa uno sconto ancora superiore ad un altro che magari ha giocato al ribasso con altri concessionari»
In un angolo brillano altre moto molto particolari, a partire dalla SuperTénéré portata a Dakar da Carlos Mas, due cross d’antan (una YZ 250 e una YZ 490 primi anni 80) ma anche una YZF con livrea replica Hannah in attesa d’acquirente ed una YZ trasformata in... flaTTracker – il riferimento TT non è alla storica corsa su strada britannica, ma alla TT/Steeplechase statunitense, dove corrono appunto le flat-tracker dotate di freni – un po’ per gioco e un po’ per vedere se qualcuno decidesse davvero di lanciare un po’ la specialità in Italia, magari usando qualche ippodromo in disuso.
Uno dei progetti più interessanti che abbiamo potuto vedere nella nostra visita a Moto Shop è la trasformazione per R1 (in corso di brevetto) che Buratti stesso ha battezzato “Sport Rider”, in onore ad una sua iniziativa di cui parleremo dopo. Un sistema estremamente ingegnoso che consente di cambiare in pochi minuti (sette, per la precisione) la posizione di guida dell’ipersportiva Yamaha, aumentandone in maniera esponenziale la versatilità.
Attraverso due risers fissati sulla piastra dello sterzo i semimanubri si possono alzare, offrendo una posizione non dissimile da quella delle più recenti naked sportive ma con l’indubbio vantaggio della protezione aerodinamica offerta dal cupolino dell’R1 (in questo caso dotata di plexi con profilo rialzato). Bastano una chiave a brugola contenuta nella dotazione standard della moto per riportare i manubri nella posizione originale per l’uso in circuito o sui percorsi più veloci.
Ed entrambe le operazioni si possono svolgere, lo ripetiamo, in pochi minuti come ci dimostra facendoci vedere la moto di un cliente.
«Non voglio esagerare, ma con il nostro sistema il possessore di una R1 si trova ad avere davvero tre moto in una. La si può equipaggiare con le valige, partire e viaggiare comodamente in autostrada; attraversare un passo appenninico con ritmo brillante senza distruggersi polsi e spalle, arrivare in albergo belli riposati, e la mattina dopo farsi un bel turno in pista dopo aver cambiato posizione ai manubri e smontato il telaio delle valige in pochi minuti. Quale altra moto vi consente una cosa del genere?»
E’ proprio il gusto di guida, il vivere la moto in maniera divertente ma allo stesso tempo intelligente e responsabile ad animare gran parte dell’attività di aggregazione che Giovanni Buratti sta portando avanti attraverso Moto Shop e la già citata operazione Sport Rider.
«Nasce tutto da un’esperienza negativa che ho vissuto anni fa. Con la mia R7 avevo partecipato ad uno splendido corso al Nurburgring; una volta tornato a casa non riuscivo a stare una sola domenica senza arrampicarmi su per il passo della Cisa, strada che per uno strano gioco del destino offre diversi punti di contatto con il tracciato tedesco. A forza di esagerare è finita con una brutta caduta, moto distrutta e qualche altra frattura da aggiungere alla mia collezione. Però qualcosa mi è scattato nella testa, facendomi pensare a come era possibile godersi la moto anche in maniera sportiva senza dover necessariamente rischiare l’osso del collo»
E’ nato così Sport Rider, una scuola di guida e pilotaggio che allo stesso tempo vuole essere un punto d’aggregazione per clienti ed amici. L’idea è che seguendo il decalogo prescritto – tutte norme condivisibili da chiunque abbia un minimo di buon senso – sia possibile divertirsi in pista ma anche su strada, con una bella guida “pennellata” nel rispetto del codice della strada.
«E’ incredibile quanto si possa ‘andar forte’ anche senza superare i limiti di velocità. Basta non spalancare il gas in rettilineo e limitare a gustarsi le pieghe. Provate ad affrontare le curve di uno qualsiasi dei nostri passi appenninici o alpini al limite prescritto, restando sempre nella propria corsia, e vedrete che ce n’è a sufficienza per divertirsi eccome. Le sparate sui rettilinei lasciamole alle piste. Non conosciamo una sola persona che abbia partecipato ai nostri corsi e ai nostri giri che non sia tornato a casa convintissimo della nostra teoria»