Suzuki GT 750 S Vallelunga: il restauro della supersportiva anni '70

La Suzuki GT 750 S Vallelunga, conosciuta anche come Suzuki - SAIAD 750 Vallelunga, è una moto d'epoca eccezionale, prodotta in soli 100 esemplari numerati. Quella restaurata da Soiatti Moto Classiche è la numero 35
24 dicembre 2018

Suzuki GT 750 S Vallelunga: chi è appassionato di moto d'epoca l'ha sicuramente in mente, con quel suo colore blu acceso e il codone abbondante che andava a definire uno spazio risicato per il solo pilota. Non è una moto che si vedeva spesso su strada, anzi, non tutti hanno mai avuto la fortuna di vederne una dal vivo, poiché ne sono stati prodotti solamente 100 esemplari.

Questa supersportiva di allora deriva dalla GT 750, una tricilindrica a due tempi - in quegli anni erano piuttosto diffuse - da gran turismo dedicata ai lunghi spostamenti, dall'animo non particolamente sportiveggiante e caratterizzata da quattro silenziatori di dimensioni differenti: due per lato, con i superiori più grossi degli inferiori. 
Di questa moto abbiamo già parlato in un'altra puntata della nostra rubrica Restaurando.

Soiatti Moto Classiche di Novara si è occupato del restauro di una di una delle 100 Vallelunga realizzate - la numero 35, per l'esattezza - riportandola agli antichi fasti, e pronta, eventualmente, per solcare di nuovo le piste.

 

 

La Suzuki Vallelunga in una dépliant dell'epoca
La Suzuki Vallelunga in una dépliant dell'epoca
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Nico Cereghini: la mia esperienza con la Suzuki GT 750 S Vallelunga

Nelle gare per le derivate dei primi anni Settanta dominavano le Laverda SFC, e soprattutto le Triumph Trident, prima di essere messe fuori. Di serie avevano veramente poco le tre cilindri dell'importatore Bepi Koelliker, il cui escamotage fu quello di fingere una piccola produzione di serie del tutto teorica. La FMI corse tardivamente ai ripari: minimo cento esemplari. E la Saiad di Torino, che importava le Suzuki e aveva in Maurizio Zanetti (ex-pilota auto) un vulcanico direttore commerciale, allestì appunto la Vallelunga: modello speciale sulla base del pacioso modello GT 750 K  a due tempi che aveva già i due freni a disco anteriori. Telaio e sospensioni di serie, freni pure, via il superfluo come i parafanghi d’acciaio, gli specchi, il sellone, il grande manubrio, i cavalletti…. Con il serbatoio di vetroresina (18 litri), la sella monoposto, il codone contenente due chili d’olio della lubrificazione separata, si guadagnò parecchio; le cronache dell’epoca parlano addirittura di 55 chili, da 245 a 190…Dell’artista milanese Angelo Menani erano i semimanubri e i comandi arretrati, oltre ai pezzi in vtr. Lato motore, modificando le luci e lo scarico, dai 71 cavalli di partenza si arrivò a oltre 80 cavalli. E le espansioni,  che in questo caso erano ovviamente tre,  vennero realizzate dallo specialista bresciano Figaroli.

 

Nico in gara con la Vallelunga ufficiale Siad, ottobre 1973 a Vallelunga. Si possono notare le espansioni e il carterino sinistro (alternatore) molto sporgente e grattato a fondo
Nico in gara con la Vallelunga ufficiale Siad, ottobre 1973 a Vallelunga. Si possono notare le espansioni e il carterino sinistro (alternatore) molto sporgente e grattato a fondo

La Suzuki 750 Vallelunga fu lanciata nella stagione 1973. Era venduta a due milioni di lire, catalogo ufficiale Suzuki con tanto di depliant specifici. Il nome fu scelto in fretta: a marzo un prototipo (senza cupolino) vinceva alla sua prima partecipazione con Blegi e Galtrucco la “Coppa Cecere” sul circuito romano. Ad aprile la presentazione alla stampa del modello definitivo, quasi in coincidenza con la prima vittoria della domenica 22 dello stesso mese: 500 km di Modena, prima classificata la coppia composta da Sciaresa e Barzanti, e ritirato il secondo equipaggio Blegi-Galtrucco. Purtroppo il 6 luglio, in coincidenza con la seconda gara dell’anno a Monza, il povero Galtrucco perse la vita insieme a Chionio e Colombini al famigerato curvone , nella corsa delle 500 Junior. La manifestazione fu annullata. Vanni Blegi e Renato Galtrucco avevano realizzato la pole davanti a Sciaresa e Barzanti.

La Suzuki era superiore alla altre 750, e la squadra messa in piedi da Maurizio Zanetti funzionava bene. A Misano il 15 settembre trionfò ancora la coppia Abbondio “Bundi” Sciaresa-Giuliano Barzanti (di Sondrio il primo, fortissimo, romagnolo e ispettore delle vendite Suzuki il secondo), e a Vallelunga quasi: la coppia era nettamente in testa, ma sul finale venne rallentata dai problemi alla catena che in accelerazione, specie fuori dalle curve lente, girava a vuoto sulla corona. Allora capitava, con le potenze elevate. Fu a quel punto che Zanetti tentò una carta un po’ ambigua: aveva quattro moto ufficiali in pista, fermò Blegi e fece concludere me che ne avevo di più. L’obiettivo era tentare di rallentare l’equipaggio Piccirilli-Pietrinferni, romani, veri re di Vallelunga, che con una Honda 500 Samoto (!) erano secondi e stavano recuperando a vista d’occhio. Io raggiunsi Piccirilli e lo passai di potenza, poi cincischiai un pochino per qualche giro ignorando le bandiere blu. Facevo finta di pensare: io l’ho passato senza le bandiere, che lui faccia altrettanto, se può. Non fu un bel gesto, lo ammetto, e del resto dopo un po’ mi feci da parte per rispetto. Alla premiazione qualche romano voleva menarmi, ma Tommaso Piccirilli, che aveva vinto ed era un bel personaggio, li fermò in tempo...

Nel ’74 già cambiava quasi tutto. Invece delle bellissime 500 km si passò a garette di un’ora, Sciaresa saltò a sorpresa sulla Guzzi V7 Sport, poche le Vallelunga private in gara: con Barzanti che fece quinto a Roma in maggio, Galbiati che fu messo fuori dalle verifiche a Monza in settembre (aveva la slick dietro e l’accensione modificata). Nei due anni successivi sarebbe stata la Ducati a dominare, e furono Santini, Curti, Galbiati, Coggiati, Simani a portare in gara le ultime 750 Suzuki, con qualche sprazzo nelle batterie ma nessuna vittoria.

L'esemplare restaurato da Soiatti Moto classiche di Novara è il numero 35 dei 100 realizzati dall'allora importatrice italiana della Suzuki, la torinese Saiad. Quando è arrivata in officina la moto era abbastanza malconcia a causa di anni di incuria ma, quantomeno meno, era relativamente completa.

Soiatti l'ha spogliata completamente fino ad arrivare fino al nudo telaio, sabbiandolo e riverniciandolo in nero traslucido, facendo poi rigorosamente zincare tutta la viteria originale marchiata Suzuki.

Il motore è stato al centro di un lungo e complesso lavoro di restauro, con la scomposizione dell'albero motore, la rettifica dei cilindri e la conseguente sostituzione dei pistoni, fino ad arrivare alla sostituzione di molti ingranaggi che erano stati logorati dai chilometri percorsi: per renderlo esteticamente impeccabile, gli sono state lucidate le teste e i carter laterali.

Una volta terminato il motore, Soiatti ha revisionato la forcella e la coppia di ammortizzatori posteriori, passando poi al restauro delle ruote, con la lucidatura dei cerchi. Successivamente, anche l’impianto elettrico è stato rivisto, così da renderlo funzionante.

Un lavoro molto impegnativo è stato richiesto dalle marmitte Figaroli, che riportavano diverse ammaccature e che hanno richiesto un lavoro radicale di ricostruzione.

Il lavoro è stato poi completato con la verniciatura di carenatura, serbatoio e codone nel tipico colore blu con strisce bianche.

Questo restauro ha impegnato Soiatti per 146 ore, mentre il costo della componentistica, verniciatura, lucidatura e di tutti gli altri elementi sostituiti è stato di circa 7.000 euro: un lavoro non da poco, ma che ha permesso di riportare in vita uno dei pochi esemplari di Suzuki Vallelunga ancora presenti sul mercato.

 

FOTO: Valentin Zhou

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