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“Confindustria ANCMA -è il testo del comunicato diramato il 7 giugno - esprime ‘forte preoccupazione’ a seguito delle dichiarazioni sulla riforma del Codice della strada rilasciate oggi dal Ministro delle Infrastrutture e trasporti, Matteo Salvini, rispondendo a un question time alla Camera. In un comunicato diffuso in serata, l’associazione prende posizione contro la proposta di introdurre assicurazione, targa, casco e frecce obbligatori per le biciclette.
“Si tratta di misure che non vanno nella direzione di ottenere maggiore sicurezza, per la quale – si legge nel comunicato - serve un impegno strutturale ed educativo a tutela di chi utilizza la bicicletta, che è un utente debole della strada”.
“Abbiamo già avuto modo di inviare lo scorso marzo una lettera dettagliata al ministro competente, attraverso la quale – ha rimarcato il presidente di ANCMA Paolo Magri – non solo abbiamo sottolineato il valore del comparto ciclo, che in Italia genera un volume d’affari di oltre 3,2 miliardi di euro, ma abbiamo anche evidenziato che il nostro sarebbe l’unico Paese in Europa, dove tra l’altro l’utilizzo della bici è ampiamente più diffuso che in Italia, ad introdurre questi obblighi”.
“Il nostro Paese – ha concluso Magri – ha un grande potenziale di attrattività cicloturistica, ha un mercato che cresce, è uno dei primi produttori di biciclette nell’eurozona, esprime un tessuto imprenditoriale d’eccellenza fatto da oltre 250 piccole e medie imprese, per l’80% insediate fra Veneto, Lombardia e Piemonte. L’associazione è a disposizione del Governo in maniera costruttiva, ma per come è stata annunciata, questa riforma sembra oggi più contro la diffusione della bicicletta, che a favore di una maggiore sicurezza sulle strade: penalizzare la leadership della nostra industria sarebbe un autogol”.
Di targare le biciclette se ne parla da anni, in Italia come in Francia o in Gran Bretagna. E’ una materia spinosa e di difficile soluzione perché gli interessi in gioco sono contrastanti. Dal punto di vista dei costruttori e dell’associazione di categoria la targa (e l’assicurazione) sarebbero una iattura per il settore e l’economia. Per gli utenti della bicicletta, spesso convinti di salvare l’ambiente, la novità sarebbe un costo indebito. Per gran parte dell’opinione pubblica, soprattutto nelle grandi città che stanno diventando ingovernabili per il mancato rispetto delle regole, sarebbe invece una misura doverosa: targa e assicurazione, riconoscibilità e di conseguenza responsabilità.
Difficilissimo orientarsi tra gli interessi collettivi, quelli individuali e le (urgenti) necessità di sicurezza. Il minimo che si può dire è questo: il ministro Salvini si è mosso con leggerezza. Il question time alla camera non era la sede opportuna per annunciare dei provvedimenti che vanno necessariamente concordati con tutte le parti in causa. E questo è tanto più grave se si considera che lo stesso Salvini, solo pochi mesi fa, aveva solennemente annunciato ponderosi tavoli tecnici di confronto tra le parti, coinvolgendo a Roma anche noi. Poi il silenzio, fino alle dichiarazioni di ieri.
Una curiosità per chiudere: un Paese europeo che aveva in qualche modo “targato” le biciclette esiste, o meglio esisteva fino a una decina di anni fa: è la Svizzera, dove si era iniziato a Lucerna negli anni Sessanta. Nella Confederazione le targhe erano metalliche e poi dall’88 si passò all’autocollante: era una “vignette” dal costo di 5 franchi, in pratica una assicurazione obbligatoria che copriva fino a due milioni di danni. Dal gennaio 2012 è stata soppressa.
Foto di Andrzej Rembowski da Pixabay