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La potenza è nulla senza controllo, recitava lo slogan di una nota casa di pneumatici in una campagna pubblicitaria di qualche anno fa. Verissimo, ma ancora prima della gomma, se parliamo di moto, c’è una componente senza la quale la potenza serve ancora a meno: la catena.
La catena della trasmissione finale è una parte spesso trascurata ma fondamentale nell’economia generale della guida della moto. Anche senza essere tanto drastici - l’assenza o la rottura - ci sono differenze sensibili fra una catena tenuta bene, pulita e lubrificata, e una trascurata. Differenze di affidabilità, certo, ma anche di prestazioni. Ed è qui che entra in gioco la sua manutenzione, che va fatta con prodotti specifici. Prodotti che, come potete ben immaginare, non sono tutti uguali: da una catena in condizioni ottimali e una tenuta come Dio vuole ci sono differenze sensibili.
Per capire meglio quanto contino queste attenzioni abbiamo parlato con Carlo Micheli. Veterano del Motomondiale, ha contribuito a tantissimi titoli iridati a firma italiana. Dal secondo Mondiale di Fausto Gresini, nel 1987, a quello di Pecco Bagnaia del 2018, passando per quelli di Alex Gramigni, Marco Melandri, Manuel Poggiali e naturalmente Valentino Rossi, senza contare le vittorie con piloti come Reggiani, Fenati e Bezzecchi. Dopo tanti anni a lavorare con Valentino è entrato nel Team di Tavullia, oggi Mooney VR46 Racing Team, già dal 2014, dove quest’anno segue la Kalex di Niccolò Antonelli.
Iniziamo a sgombrare il campo da preconcetti legati all’uso stradale: le catene che si usano nelle competizioni dei prototipi sono tutt’altri oggetti rispetto a quelle della grande serie. Su queste ultime il passo standard è tipicamente il 530, con il 520 riservato ai modelli più sportivi. Sulle Moto2 si scende a 428m, per la Moto3 si arriva addirittura a 415. Scorrevolezza e leggerezza sono fondamentali soprattutto in queste categorie, dove - nella Moto3 perché le potenze sono contenute, nella Moto2 perché i motori sono tutti uguali - guadagni minimi nell’eliminazione degli attriti e delle inerzie sono quelli che fanno la differenza fra una moto competitiva e una irrimediabilmente perdente.
Che differenza c’è fra una catena ben pulita e ingrassata, attraverso un prodotto specifico e di provata efficacia, e una trascurata? Come si pulisce la catena, e con cosa la si lubrifica? Non saremo mica ancora al gasolio dei tempi eroici…?
“Per carità, la catena non si pulisce mai con dei solventi” ci blocca subito Carlo. “Anzi, la catena su una moto da pista non si pulisce proprio praticamente mai, ci si limita a ingrassarla con un prodotto specifico come il Bardahl Chain Lube che usiamo noi.”
Ma nemmeno quando si trovano condizioni di pista sporca (viene da pensare a Mandalika…) oppure situazioni particolari come la sabbia in Qatar?
“Certo, quando c’è quel tipo di problemi la catena si pulisce, ma con un panno o magari soffiando via la polvere con un compressore, i solventi di ogni genere sono assolutamente da evitare. Perché eliminano quelle sostanze lubrificanti che cerchiamo in tutti i modi di far penetrare fra le parti in movimento, rulli e maglie, e che è davvero difficile far arrivare dove servono. Quindi una passata di panno e via, ma la cosa più importante è lubrificarla bene con un prodotto specifico. Noi lo facciamo ogni volta che la moto rientra a fine turno, appena si ferma: con la catena calda, il lubrificante, il grasso come lo chiamiamo noi, aumenta la sua fluidità e penetra più in profondità”
Tutto chiaro, fin qui. Ma cerchiamo di capire meglio… come vive una catena. Intanto: quanto dura, nelle varie categorie?
“Non c’è tanta differenza fra una categoria e l’altra, in realtà, nel senso che le catene sono dimensionate sulla base delle prestazioni del mezzo. In generale possiamo dire che la vita utile di una catena su una Moto2 o Moto3 è di circa 700 chilometri, con la MotoGP magari si scende a 500. Nel precampionato, nei test magari la facciamo durare qualcosa di più, ma è una componente che costa relativamente poco e fa tanta differenza, quindi nel dubbio quando vediamo che inizia ad allungarsi o a perdere scorrevolezza la sostituiamo. Con la MotoGP dipende da quanto si distribuisce l’uso sulle due moto, ma al massimo ogni due gare viene sostituita.”
Quindi viene controllata a scadenze fisse?
“DI fatto la ‘sentiamo’ ogni volta che la moto esce e rientra, tanto fra mettere e togliere le termocoperte siamo sempre con le mani da quelle parti… Poi naturalmente stiamo parlando di una catena ben lubrificata e trattata come si deve, altrimenti non esagero: una catena secca o mal lubrificata dura meno della metà e fa perdere potenza. Non solo: inizia a fare resistenza, e se qualche maglia inizia a irrigidirsi causa vibrazioni che su una moto da Gran Premio si sentono…”
Corona e pignone invece vengono sostituiti a seconda del rapporto finale che serve, quindi dureranno di più…
“In linea di massima si, ci si fa una stagione o giù di lì. Anche se dipende: ci sono accoppiate corona/pignone che si usano più spesso di altre e che quindi si usurano di più. E comunque anche loro vanno lavate con un prodotto specifico per la pulizia delle parti meccaniche, la differenza c’è e alla fine si riflette sulle prestazioni.”
Ma di che differenza stiamo parlando?
“Premetto che adesso si fanno sempre meno test al banco sui motori, ma quando ancora ci lavoravamo tanto abbiamo visto differenze dell’ordine del cavallo fra una catena ben lubrificata, con un prodotto specifico come il Bardahl che usiamo noi, e una tenuta male… anche perché se la catena è in forma, ci sono tutta una serie di piccoli accorgimenti - diciamo pure piccoli segreti - che permettono di guadagnare qualcosa in termini di scorrevolezza. E poi, come durata, c’è un abisso. Una catena non lubrificata con un prodotto specifico rischia di rovinarsi irreparabilmente dopo già un centinaio di chilometri.”
I conti si fanno in fretta, anche senza considerare quanto tempo può essere passato: le Moto3 arrivano a circa 55 cavalli, quindi un cavallo pesa per poco meno del 2%. Una differenza non banale, che fa capire quanto sia importante evitare di perdere potenza per strada per colpa di una catena lubrificata con un prodotto non efficace.
E immaginiamo che la differenza ci sia anche in termini di affidabilità; Carlo ha seguito Valentino Rossi per tanti anni, compreso quel “maledetto” 1999 in cui al Paul Ricard, con l’Aprilia 250, proprio una catena fu la causa del suo ritiro.
“In realtà lì è stata una vera e propria disavventura: avevamo una catena speciale, più piccola del solito, che utilizzavamo da pochissimo e su cui quindi avevamo poca esperienza. Valentino in quel caso prese un cordolo, scendendo la catena prese una brutta ‘frustata’ e ci fu il problema (la catena cadde dal pignone, NdA) che poi venne risolto. Normalmente le rotture di catena, al giorno d’oggi, sono davvero rare: i prodotti che girano adesso al Mondiale sono ottimi, e deve esserci proprio un problema molto grave per arrivare a un ritiro.”
Anche se una delle prime disavventure di Carlo, ai tempi di Fausto Gresini, riguarda proprio una catena.
“Sì, ero con Fausto Gresini, nel 1986, alle mie prime armi. Avevo sbagliato il modulo dei rapporti, e la catena lavorava male, finiva per ovalizzarsi. Dopo pochi giri la catena si è spezzata, e un rullo è finito aspirato dal carburatore nel motore della Garelli di Fausto. Il pistone si è letteralmente distrutto e il motore l’abbiamo buttato via… Bisogna sempre sapere cosa si fa prima di mettere le mani su una moto!”