Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su [email protected]
Il rendimento termico è fortemente legato al rapporto di compressione, che costituisce perciò uno dei più importanti parametri geometrici per quanto riguarda sia la potenza che i consumi.
Al suo crescere migliora l’efficienza del motore come trasformatore di energia: il calore sviluppato dalla combustione viene utilizzato meglio. Di conseguenza aumenta la pressione media effettiva (PME) e pertanto la coppia (che come noto è costituita dal prodotto della PME per la cilindrata). Cresce quindi anche la potenza erogata.
La relazione tra il rapporto di compressione e il rendimento termico non è lineare. L’incremento di quest’ultimo non è lo stesso se il rapporto passa da 8 a 9 o se passa da 11 a 12. Comunque il vantaggio c’è sempre e di conseguenza è logico che negli anni i tecnici abbiano fatto di tutto per poter adottare per ogni motore un rapporto di compressione sempre più elevato.
Al di sopra di un dato valore di quest’ultimo però non si può andare senza che insorga la detonazione, combustione spontanea di tipo quasi esplosivo della parte della miscela aria-carburante non ancora raggiunta dal fronte della fiamma.
Con il passare degli anni gli studi delle cause di questo fenomeno deleterio e delle modalità con le quali esso ha luogo hanno consentito di sviluppare soluzioni tali da rendere possibile l’adozione di rapporti di compressione via via più elevati senza che esso si verifichi. Ciò ha fornito un sensibile contributo al miglioramento delle prestazioni.
Negli anni Sessanta il rapporto di compressione dei monocilindrici da corsa di 250 cm3 (facciamo sempre riferimento al mitico Morini bialbero) era dell’ordine di 10,5. Oggi i 1000 quadricilindrici, nonostante il fatto che abbiano alesaggi maggiori, raggiungono valori dell’ordine di 13,5, e questo senza incappare nella detonazione. Si tratta di un risultato molto importante ed è quindi di grande interesse vedere su cosa si è agito per ottenerlo.
Prima che, all’inizio degli anni Sessanta, la Honda indicasse la strada, i motori erano invariabilmente a due valvole per cilindro e le camere di combustione erano tutt’altro che compatte e razionali. Venivano infatti adottati angoli tra le valvole molto elevati, con l’obiettivo di poter impiegare le valvole più grandi che fosse possibile installare.
Per fare un esempio, nel Morini 250 bialbero, nel quale l’angolo in questione era di 90°, i loro funghi erano rispettivamente da 40 e da 36 mm, valori assai elevati in relazione all’alesaggio di 72 mm. Se in questo modo si potevano montare valvole molto grandi, il forte angolo con il quale esse erano inclinate rendeva necessario, per ottenere gli elevati rapporti di compressione indispensabili nei motori da competizione, l’impiego di pistoni con cielo fortemente bombato.
Di conseguenza non solo questi ultimi erano più pesanti e più sollecitati termicamente ma la camera di combustione assumeva una forma molto sfavorevole, a scorza di arancia, che si discostava notevolmente da quella ideale (cioè perfettamente emisferica). Il percorso che la fiamma doveva compiere era più lungo e “tormentato” e la superficie esposta ai gas era maggiore. La combustione era quindi più lenta e le perdite di calore erano più elevate (rispetto a quelle che si sarebbero avute con una camera più raccolta e dalla geometria più razionale).
Sulla scia della grande casa giapponese, anche gli altri costruttori hanno cominciato ben presto a impiegare distribuzioni a quattro valvole per cilindro. La loro potenzialità non è stata subito sfruttata appieno anche perché gli angoli tra le valvole hanno continuato ad essere considerevoli.
Inizialmente alcuni costruttori hanno semplicemente realizzato versioni a quattro valvole delle teste precedenti a due, senza modificare l’angolo di inclinazione delle valvole stesse (o cambiandolo solo in lieve misura). Quando quest’ultimo è superiore a 68° però le sezioni geometriche di passaggio a disposizione dei gas sono superiori se di valvole ne vengono impiegate due soltanto!
La zona della testa attorno alla candela, ovvero la superficie esterna della parete della camera di combustione, doveva essere in ogni caso lambita agevolmente dall’aria in modo da risultare adeguatamente refrigerata. È per questa ragione che nei motori Honda degli anni Sessanta, che pure erano a quattro valvole, i cilindri erano fortemente inclinati in avanti e gli angoli tra le valvole erano ancora elevati. Si rinunciava ad avere camere più compatte e “pulite” per ragioni di raffreddamento. Naturalmente rimaneva il vantaggio costituito dal fatto che le valvole, più piccole e leggere, consentivano il raggiungimento di regimi di rotazione più elevati.
In seguito l’angolo tra le valvole è diminuito ma perché arrivasse ai valori che ormai tutti impiegano da oltre una ventina d’anni per le loro realizzazioni di potenza specifica più elevata è stato necessario il passaggio al raffreddamento ad acqua.
Di importanza fondamentale è anche risultato l’esempio fornito dai motori automobilistici di Formula Uno sul finire dagli anni Sessanta. Il ritardo nel seguire gli schemi in questione si è verificato perché in quel periodo i motori motociclistici a quattro tempi erano raffreddati ad aria (e lo sono stati ancora a lungo).
Nei motori delle moderne supersportive l’angolo tra le valvole è indicativamente compreso tra 20° e 28°. Nelle MotoGP si adottano valori analoghi.
La migliorata forma delle camere, che ha consentito alla combustione di svolgersi più rapidamente e ha permesso di avere una maggiore resistenza alla detonazione, ha reso possibile l’adozione di rapporti di compressione via via più elevati. Anche in questo caso non va sottovalutato il contributo fornito dal raffreddamento ad acqua.
I moderni motori di alte prestazioni raggiungono regimi di rotazione molto alti. Ciò significa che il tempo disponibile per lo svolgimento della combustione è estremamente ridotto. Per aumentare la velocità con la quale essa si svolge è fondamentale impartire alla miscela aria-carburante una considerevole turbolenza. In questo modo si evita di dover ricorrere ad anticipi di accensione molto elevati e quindi sfavorevoli ai fini del rendimento (oltre che delle sollecitazioni termiche). La turbolenza non deve però essere eccessiva.
Con quattro valvole per cilindro le camere di combustione assumono una conformazione a tetto, che consente di disporre la candela in posizione perfettamente centrale, il che costituisce un vantaggio non trascurabile. Il percorso della fiamma è il più breve possibile e il rendimento della camera è analogo a quello che si può ottenere quando essa ha una forma perfettamente emisferica.