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C’è il forte sospetto che a mostrare la strada del trapianto siano stati i costruttori inglesi impegnati nei Gran Premi.
La Norton ha vinto tanto con i suoi motori con distribuzione monoalbero, prima di passare, nel 1937, a una testa con due alberi a camme, alloggiati in un apposito “castello” amovibile. La Velocette ha fatto la stessa cosa solo nel 1949 e ciò le ha consentito di conquistare due mondiali nella classe 350 nonostante una ciclistica arcaica. Quella di dotare uno stesso motore, in precedenza monoalbero, di una nuova testa bialbero era una scelta decisamente razionale dal punto di vista costruttivo.
Con questa soluzione infatti il comando della distribuzione rimane quasi invariato. Per portare il moto alla testa si possono impiegare gli stessi organi meccanici e per comandare i due alberi a camme basta aggiungere alcuni ingranaggi. In certi casi addirittura non serve una testa nuova: basta montare un nuovo castello bialbero al posto del precedente monoalbero!
Diversi nostri costruttori, straordinariamente attivi negli anni Cinquanta, hanno sposato in pieno questa filosofia.
La Parilla ha fatto il suo ingresso nel settore motociclistico con una bella 250 monoalbero disegnata da Alfredo Bianchi, che è stata presentata al salone di Milano del 1946. Le misure di alesaggio e corsa erano 66 x 72 mm. La distribuzione veniva comandata da un alberello verticale e due coppie di ingranaggi conici e la lubrificazione era a carter secco. La trasmissione primaria era a ingranaggi e il cambio, in blocco, era del tipo con presa diretta.
Questa moto, realizzata in versioni sia stradali che da competizione, ha ottenuto ottimi risultati in campo agonistico. Circa tre anni dopo è stato realizzata una nuova 250 con distribuzione bialbero, nella quale il motore era praticamente invariato ad eccezione della testa e del castello, progettati ex-novo dall’ing. Salmaggi (il famoso padre della Gilera Saturno). Il motore erogava 21 CV a 8500 giri/min.
La Moto Guzzi ha vinto ben tre mondiali nella classe 250 e uno nella 350 con motori monocilindrici orizzontali dotati di distribuzione monoalbero, prima di adottare due alberi a camme in testa.
Alla Mondial va il merito di avere lanciato i motori da competizione a quattro tempi, con distribuzione bialbero, nella classe 125. Nei primi anni Cinquanta questa casa ha realizzato ottimi monoalbero per le gare nazionali di seconda categoria e per le maratone stradali, con modelli sia di 125 che di 175 cm3. In particolare sono stati questi ultimi a ottenere più successo, tanto come numeri di produzione (peraltro assai limitati, trattandosi di modelli da competizione) quanto come risultati agonistici.
Dal mitico reparto corse della Mondial sono usciti anche alcuni esemplari di un paio di versioni molto particolari della 175, come il “Bilancierino” (sviluppato dall’ing. Taglioni) e il “Testone”. Quest’ultimo non era altro che un monocilindrico monoalbero nel quale era stata trapiantata una testa differente, sormontata da un castello nel quale erano alloggiati i due alberi a camme e i relativi ingranaggi orizzontali di comando.
Dopo il ritiro della Mondial dai Gran Premi, Giuseppe Pattoni ha effettuato trapianto analogo per realizzare la sua prima 125, su base Mondial monoalbero. Il disegno della nuova testa era in questo caso dovuto a Lino Tonti.
Nel 1955 ha fatto il suo esordio la Ducati 100 GS (Gran Sport), più nota come Marianna, che si è subito imposta nella sua classe sia nel Motogiro che nella Milano-Taranto, gara nella quale la casa bolognese ha schierato pure la versione di 125 cm3, rivelatasi anch’essa vincente.
Il motore, primo capolavoro progettato dall’ing. Taglioni per la casa di Borgo Panigale, era un monocilindrico con distribuzione monoalbero comandata da un alberello (disposto parallelamente al cilindro) e due coppie di ingranaggi conici. Superiormente alla testa era montato un castello nel quale era alloggiato l’unico albero a camme, che azionava i bilancieri a due bracci.
Le molle delle valvole lavoravano allo scoperto. Queste moto erano eccellenti per le gare dei piloti juniores e per le maratone stradali ma non potevano essere competitive nei Gran Premi. Per questi ultimi Taglioni ha realizzato una 125 bialbero, subito seguita dalla celebre 125 desmodromica, immediatamente diventata la punta di diamante della Ducati.
Entrambe queste moto hanno esordito nel 1956. Quella con distribuzione convenzionale, nella quale le valvole venivano richiamate da molle a spillo, è stata costruita per circa tre anni in poco più di quaranta esemplari, destinati ai piloti privati. Sia il cilindro che la testa, sopra la quale era fissato un nuovo castello bialbero, erano uguali a quelli della Marianna. Va comunque detto che la maggior parte dei motori di questo modello sono stati dotati di un basamento diverso da quello della GS. Nel 1956 la potenza della Ducati 125 bialbero, che aveva le stesse misure caratteristiche della 125 GS (55,3 x 52 mm), era di 16 CV a 11500 giri/min.
Nel 1955 è apparsa anche un’altra moto destinata a fare la storia. Si tratta della Morini Rebello 175 che ha subito fatto vedere di che pasta era fatta imponendosi nella sua classe tanto nel Motogiro quanto nella Milano-Taranto, dove è arrivata seconda assoluta, preceduta solo da una Gilera 500 a quattro cilindri!
La Morini disponeva già del famoso Settebello, un eccellente 175 ad aste e bilancieri, strettamente derivata da un modello stradale. Voleva però primeggiare nelle gare per le moto di Formula 2 (assai simili a quelle da Gran Premio) e ha così realizzato il Rebello. Frutto di una progettazione completamente nuova, questo monocilindrico rappresentava assai bene lo stato dell’arte per quanto riguarda la tecnica quattrotempistica dell’epoca. Una caratteristica piuttosto particolare era costituita dall’impiego di una distribuzione del tipo definito monoalbero sdoppiato, impiegata solo in rarissimi casi nella storia del motociclismo ma tipica delle BMW da competizione dell’epoca.
Una catena alloggiata nella cartella posta lateralmente al gruppo testa-cilindro portava il moto all’albero a camme di scarico che a sua volta muoveva quello di aspirazione, ad esso adiacente, mediante una coppia di ingranaggi.
Le valvole venivano azionate tramite bilancieri a due bracci.
Le misure di alesaggio e corsa erano quelle adottate su tutte le 175 Morini: 60 x 61 mm. Il motore del Rebello nel 1955 erogava 22 cavalli a 9000 giri/min. Nella stagione successiva questo stesso monocilindrico è stato dotato di una nuova testa, sopra la quale era montato un castello bialbero ricavato dal pieno.
Nel 1957 su tale testa è stato montato un nuovo castello, sempre bialbero, ottenuto di fusione. Di questa moto sono state anche realizzate due versioni con cilindrata maggiorata, che le consentivano di gareggiare nella classe 250. L’ultima aveva un alesaggio di 69 mm e una corsa di 66 mm ed erogava 29 CV a 10.000 giri/min.