Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su [email protected]
Con tutta probabilità la maggior parte degli appassionati il marchio Sunbeam non lo conosce affatto. Altri se non lo hanno dimenticato ne hanno comunque un ricordo molto sbiadito.
Alcuni non più giovani lo ricordano però bene, per i suoi grandi trascorsi sia in campo auto che in campo moto. Per quanto riguarda quest’ultimo, basta ricordare che negli anni Venti del secolo scorso la Sunbeam si è imposta per quattro volte nella classe regina al Tourist Trophy, ha ottenuto sei vittorie al Circuito del Lario e ha conquistato due campionati d’Europa.
In campo automobilistico nello stesso periodo spiccano alcuni importanti successi nei Gran Premi.
Il marchio Sunbeam rimane però indissolubilmente legato al primato mondiale di velocità, conquistato in ben cinque occasioni diverse tra il 1922 e il 1927. Nelle prime quattro veniva impiegato un motore V12 bialbero con una cilindrata di 4,0 litri, sovralimentato e con una potenza superiore a 300 cavalli.
La speciale vettura da record con la quale Segrave ha superato per primo le 200 miglia orarie, raggiungendo i 328 km/h nel 1927, era invece azionata da due motori aeronautici (sempre Sunbeam), essi pure a 12 cilindri, ma con una cilindrata e una potenza notevolmente maggiori.
La Sunbeam aveva iniziato a produrre automobili nel 1904. Nel 1912 è stata aperta anche una divisione moto, che però è stata venduta dopo breve tempo, mantenendo il marchio. I modelli erano molto apprezzati per l’elevata qualità complessiva e per le eccellenti finiture.
Nel 1937 la divisione moto è passata alla AMC, che due anni dopo ha posto fine alla produzione di modelli con marchio Sunbeam.
Nel 1943 quest’ultimo è stato acquistato dal gruppo BSA che tre anni dopo ha ripreso la produzione di moto Sunbeam con due 500 che si distaccavano nettamente dagli altri bicilindrici paralleli inglesi. Il motore era infatti disposto longitudinalmente, la distribuzione era monoalbero a catena, con valvole parallele, la lubrificazione era a carter umido e la trasmissione finale era ad albero. Le due 500 si differenziavano principalmente per la misura delle ruote, che in uno di essi erano da 16 pollici, con pneumatici piuttosto “panciuti”. Commercialmente è stato un autentico flop: gli esemplari prodotti sono stati infatti poco più di 7000 in totale.
Gli ultimi sono usciti dalla fabbrica nel 1957.
Per quanto riguarda le auto, il marchio Sunbeam è tornato ad avere una buona notorietà nel dopoguerra grazie principalmente alla Alpine, una simpatica due posti che negli anni Sessanta ha avuto una certa diffusione anche da noi. Sono state costruite diverse versioni con motori (sempre a quattro cilindri con distribuzione ad aste e bilancieri) aventi cilindrate comprese tra 1,5 e 1,7 litri. Le potenze andavano da poco più di 50 a oltre 90 cavalli. Dalla Alpine è stata derivata la Tiger, destinata al mercato USA e azionata da un V8 Ford di 4,2 litri da 164 cavalli.
Da diversi anni il marchio Triumph è sinonimo di eccellenti modelli stradali di vario tipo azionati da motori di disegno moderno e dalla tecnologia molto avanzata. Si va dalle sportive e dalle enduro stradali con motore tricilindrico bialbero raffreddato ad acqua alle classiche bicilindriche parallele, molto apprezzate sia per l’estetica che per la versatilità. Pure in passato la Triumph è stata a lungo una grande casa, famosa a livello mondiale e addirittura popolarissima negli USA negli anni Cinquanta e Sessanta.
A portarla alla ribalta era stata la vittoria nel Tourist Trophy del 1908. Ad essa non sono però seguite altre imprese sportive analoghe perché la casa non ha più partecipato in forma ufficiale ad alcun Gran Premio né ai campionati europeo e mondiale. Ormai il suo nome era comunque famoso e del resto i prodotti erano più che validi.
Per molto tempo si è trattato di monocilindrici, tra i quali va ricordato il famoso 500 a quattro valvole dei primi anni Venti progettato da Harry Ricardo.
La scena è cambiata radicalmente con la presentazione, nel 1937, della famosa Speed Twin di 500 cm3, progettata da Edward Turner. Con essa veniva proposta una nuova formula, quella del bicilindrico parallelo compatto al punto da avere un ingombro appena superiore a quello di un monocilindrico di pari cilindrata.
Lo schema era improntato alla massima semplicità: due soli supporti di banco, albero a gomiti con un grosso volano centrale, bielle con testa scomponibile lavorante su bronzine e distribuzione ad aste e bilancieri. Il successo è stato tale che anche gli altri costruttori inglesi si sono rapidamente adeguati, realizzando modelli con una analoga architettura costruttiva.
La AJS/Matchless ha adottato cilindri e teste individuali e ha aggiunto un terzo supporto di banco, ma Norton e BSA hanno seguito fedelmente la strada indicata dalla Triumph (con un solo albero a camme nel basamento invece di due). Nel 1947 ha fatto la sua comparsa un modello destinato ai piloti privati derivato dalla Speed Twin; denominato Grand Prix, disponeva di una quarantina di cavalli e ha ottenuto buoni risultati nelle gare minori.
In seguito i modelli di 500 cm3 sono stati affiancati da quelli di 650 cm3, realizzati con identico schema. Sono così apparse la Thunderbird (6T, presentata nel 1949) e la famosa Bonneville (T 120). La Triumph è stata acquisita dal gruppo BSA nel 1951.
Nel 1962 i bicilindrici sono passati dal cambio separato a quello in blocco con la nascita degli “unit twins”, grandi protagonisti degli anni Sessanta.
Nel 1968 è entrata in scena la Trident (T 150) con motore a tre cilindri dalle misure solo moderatamente sottoquadre (67 x 70 mm). Potente e veloce, era però realizzata con schemi che stavano diventando rapidamente obsoleti e ben presto non è più stata in grado di competere con le più moderne realizzazioni dei costruttori giapponesi e italiani.
La Triumph ha cominciato a costruire automobili nel 1921; ben presto quella che produceva moto è diventata una divisione separata, che nel 1936 è stata venduta a Jack Sangster, che già possedeva la Ariel.
Nel dopoguerra il marchio Triumph è stato a lungo fortemente legato ad alcuni tra le migliori vetture sportive realizzate dall’industria inglese. La serie delle spider TR ha fatto la storia. E la Spitfire è stata per anni il sogno di tanti giovani appassionati. Tra il 1961 e il 1980 ne sono stati costruiti più di 300.000 esemplari, in diverse serie, con motori a quattro cilindri aventi cilindrata comprese tra 1,15 e 1,5 litri.
Una discreta diffusione ha avuto anche la berlina Herald, prodotta tra il 1959 e il 1971. Per un certo periodo, negli anni Sessanta, alcune autovetture Triumph sono state parzialmente assemblate dalla Ducati, che ne ha curato anche la assistenza e la distribuzione dei ricambi con la sua rete.
Negli anni Settanta la Dolomite Sprint ha suscitato notevole interesse per via delle ottime prestazioni e della distribuzione monoalbero a quattro valvole, di schema inconsueto.
Il marchio Triumph è scomparso dalla scena automobilistica nel 1984.