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L’espressione inglese “grease monkeys” indica quei rocker imbrillantinati e con le mani sporche di grasso che negli anni 50 e 60 amavano smanettare in officina. Quello spirito rivive nell’omonimo progetto (tutto italiano) di custom su telai e motori Triumph 500 d’epoca, che possono essere ordinati su misura dal sito www.greasemonkey.it. Preferite un chopper di gran classe come la ’68 Comeback Special, oppure il bobber corsaiolo Boy Racer?
“Easy Rider” e le due Harley-Davidson di Peter Fonda e Dennis Hopper hanno consegnato l’estetica del chopper all’immaginario collettivo. Non sempre il custom è sinonimo di Harley e di forcelle smisurate, però: già negli anni 60 le Triumph erano un’opzione molto popolare nel personalizzare la propria moto. Per chopperizzare una Triumph non serviva molto, anzi: spesso si toglieva, anziché aggiungere. La parola chopper deriva infatti dal vero “to chop”, cioè tagliare a pezzi. Lo spirito di quelle inglesine sfrenate è stato ricatturato da Grease Monkey. Dietro questo curioso marchio si nasconde un progetto custom molto interessante. E tutto italiano. Il fotografo e giornalista Max Trono (che per quindici anni ha ritratto i custom più belli del mondo lavorando per le riviste “Freeway” e “Kustom”) e Gianluca Tiepolo, noto importatore e rivenditore di auto e moto d’epoca, hanno unito il loro enorme bagaglio d’esperienza per fornire “à la carte”, su misura e dietro ordinazione, due Triumph fuoriserie con l’eleganza, lo spirito e il twin verticale autenticamente Sixties.
ma scarta il forcellone di serie per trasformarsi in rigido acquisendo linee nette e sensazioni di guida amplificate dall’assenza degli ammortizzatori posteriori. Anche i nomi sono stati scelti ad hoc. Il chopper bianco e blu, il più classico, si chiama “68 Comeback Special”, che indica sia la data di fabbricazione del bicilindrico, sia il disco che in quel fatidico anno segnò lo storico ritorno sulle scene di Elvis Presley. La “Boy Racer” è invece ispirata alla filosofia dei bobber, cioè le moto spartane e corsaiole che i ragazzi americani sfruttavano per correre “on any sunday”, nelle gare amatoriali del fine settimana. La Boy Racer si sviluppa su una Triumph T100 Tiger del 1971. Il bicilindrico corsa corta da 500 cc è stato completamente smontato e rifatto: ora dimostra una vitalità che dimostra la metà dei suoi quarant’anni. Il telaio “single tube” originale è stato tagliato all’altezza del trave verticale e saldato alla triangolazione rigida posteriore, imbussolata nel perno ruota. La compattezza è il vero marchio di fabbrica Grease Monkey: la forcella anteriore è stata accorciata di 30 mm per accentuare il carico dei pesi sull’anteriore e rendere più agile la guida. Le ruote sono rispettivamente da 19 e 18 pollici, ma possono contare sull’alternativa (omologata) 21/16” per un look più custom e meno sportivo. L’impianto elettrico, che sulle inglesi è sempre stato causa di disperazione, è stato semplificato e portato a 12 Volt, con batteria e accensione elettronica. La verniciatura è anni 50, con grafiche che riprendono quelle dei tattoo tradizionali. Il gioco delle citazioni negli accessori è altrettanto divertente: oltre ai due punti luce vintage, al tachimetro Smiths e la coppia di scarichi bassi, la chicca per veri intenditori è rappresentata dal portacandele in fusione, del tipo utilizzato nelle gare di fuoristrada degli anni 60.
ruota posteriore. È una citazione colta dei telai Triumph della Speed Twin e della Thunderbird, la moto di Marlon Brando nel “Selvaggio”. I corti scarichi 2 in 2 si incrociano davanti per correre alti e paralleli sul lato sinistro, come sulle moto da dirt track. In questa filosofia di chopper che gioca la carta della semplicità, la ricerca degli accessori e lo stile fanno la differenza. E qui si vede, eccome, nella forma triangolare del fanale e del manubrio: qui c’è una storia che Max Trono racconta volentieri. «Avevo notato questo tipo di manubrio visitando l’officina di Chica Custom Cycles, a Los Angeles. Chiesi al preparatore giapponese se poteva realizzarmene uno, ma non aveva tempo. Così mi disse che avrei potuto fotografarlo e rifarlo da me». I dettagli bianchi di manopole, cavi gas e frizione, cavi candele, pedane e sella trapuntata si legano alla bellissima verniciatura bianca e blu “metalflake”, eseguita dal maestro veneziano Captain Blaster. Le Grease Monkey sono il vintage che funziona. E che fa venire voglia di lasciar perdere tutto, infilarsi un giubbotto di pelle e uscire. Per andare dove, in fondo non è importante saperlo.