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Fra meno di due settimane, dal primo marzo, Vito Cicchetti siederà sulla poltrona di direttore generale della divisione motocicli di Honda Motor Europe, in Gran Bretagna, con il ruolo di "General Manager for all European motorcycle operations and Product planning representative for Europe".
Una posizione di responsabilità e prestigio costruita grazie a una carriera trentennale in Honda, iniziata nel 1985 come ispettore vendite di Liguria, Toscana, Umbria e cresciuta fino a proiettarlo responsabile vendite Honda Italia nel 1999. Nella sede di Roma, Cicchetti ha poi scalato tutte le posizioni diventando Commercial Director e responsabile della divisione Power Equipment & Marine, nel 2011, e successivamente General Manager di Honda Motor Europe Italy Branch. Lo abbiamo intervistato mentre sta traslocando in direzione Inghilterra.
Per prima cosa, qual è stato il suo primo pensiero dopo aver saputo del nuovo incarico?
«In realtà la cosa stava maturando da un po', quindi non è stata una vera sorpresa anche perché sono tanti anni che lavoro in strettissima collaborazione con Honda Europa, facendo parte del comitato sviluppo prodotti dal 1999 in poi. Vorrei migliorare il livello di comunicazione tra headquarter e tutte le filiali europee cercando di coinvolgerle di più e sopratutto vorrei che le filiali si sentissero "owners", padrone delle iniziative e dei programmi in quanto coinvolti direttamente laddove sarà possibile. Se ho dei timori? Spero di poter essere operativo al più presto, perché è in corso ancora una ristrutturazione dell'intera organizzazione in Honda Europa e certi ruoli e posizioni del mio staff non sono stati ancora definiti».
Vito Cicchetti è nato a Port Colborne, Canada, nel 1960 e in Nord America ha vissuto fino all'età di 17 anni. Arrivato in Italia ha giocato a basket nelle giovanili della GIS di Roseto degli Abruzzi, per poi indossare la maglia della Fiat Termoli, serie B, nel ruolo di centro. Non c'è da stupirsi vista la sua statura imponente. La sua prima moto è stata una Vespa 125. Poi, ovviamente, una serie di Honda.
Quanto le sarà utile l'esperienza maturata in Italia? Che cosa lascia qui?
«Non mi piace sentire dire che devo "lasciare qualcosa" qui, a parte fisicamente la scrivania, perché sarò ancora responsabile anche dell'Italia, riferimento principale dell'Europa. L'Italia non è "soltanto" la più importante, numericamente parlando, ma anche fra le più efficienti a livello organizzativo e di successi».
L'Italia è il riferimento per l'Europa, ecco perché esiste anche la Divisione R&D in Italia: ci lavorano quasi 40 persone in collaborazione con lo stabilimento di Atessa. Se consideriamo che solo quest'anno lo stabilimento italiano produrrà due nuovi modelli penso che la risposta sia evidente
Qual è il peso di Honda Europa nell'orientare le scelte della casa madre, oggi che si sono modificati i rapporti di forza nei principali mercati?
«L'Europa ha un peso molto importante a livello globale, ho sempre definito l'Europa come il palcoscenico del mondo, da dove partono tutte le tendenze e dove vengono sperimentate tutte le innovazioni. Il problema dell'Europa è che le aziende fanno fatica ad essere competitive a livello produttivo. Anche se a livello qualitativo l'Italia fa invidia persino al Giappone, il costo del lavoro non è sufficientemente competitivo e troppo spesso siamo tutti costretti ad organizzarci con fornitori provenienti dall'oriente. Per i prodotti nella categoria Fun. ovvero moto oltre 125, i clienti sono disposti a pagare l'innovazione e la tecnologia in generale, ma nel segmento scooter, in special modo per i veri commuter cittadini, pochi clienti sono disposti a pagare per quella qualità che è sinonimo di ogni prodotto Honda. L'efficienza globale incide molto sui costi di produzione che ha un effetto negativo sul prezzo di listino di alcuni nostri modelli».
Possiamo parlare di mercato europeo o vivono sempre profonde differenze fra i Paesi dell'Unione?
«Assolutamente sì, le differenze sono sempre meno».
Qual è oggi il ruolo del nostro Paese nelle strategie Honda? Che importanza hanno lo stabilimento e l'R&D italiani?
«L'Italia è il riferimento per l'Europa, ecco perché esiste anche la Divisione R&D in Italia: ci lavorano quasi 40 persone in collaborazione con lo stabilimento di Atessa. Se consideriamo che solo quest'anno lo stabilimento italiano produrrà due nuovi modelli penso che la risposta sia evidente. Qui nascono prodotti per l'Europa e che, grazie allo styling italiano, hanno avuto grande successo anche in oriente. Viceversa non è mai successo».
Vito Cicchetti parla perfettamente l'inglese è questo è stato un altro punto a suo favore nei rapporti aziendali. Per lavoro è stato in Giappone 51 volte, otto in un solo anno.
Continuerà a mantenere il ruolo di consigliere di amministrazione di Honda Italia Industriale. Oltre alle questioni professionali è anche un modo per non perdere i contatti con il nostro Paese?
«Non potrò perdere il contatto con l'Italia perché è una nazione molto importante per l'Europa e, conseguentemente, lo è anche lo stabilimento di Atessa. Il responsabile del business due ruote in Europa è sempre stato membro del consiglio di amministrazione di Honda Italia Industriale Spa. In passato erano sempre giapponesi, oggi ci sono io».
Con il 24% del mercato italiano 2014, e la stessa quota a gennaio (riprendendosi così il primo posto anche nella categoria moto), Honda ha arginato molto bene la crisi delle vendite che stiamo vivendo dal 2007. Facendo una graduatoria di merito quali sono le motivazioni di questa posizione ancora dominante? Gamma, innovazione, politiche commerciali?
«Gamma e innovazione viaggiano sottobraccio, come anche le politiche che vengono stabilite considerando questi due fattori. Honda ha investito molto di più dei competitor in un momento di grande recessione, presentando soluzioni e modelli innovativi perfettamente idonei alle necessità degli utenti. Un esempio è la piattaforma NC750 e quella delle CB500, il DCT per rendere godibile l'uso delle moto perfino a coloro che non sapevano guidare moto con le leve di cambio e frizione, ma che ha entusiasmato anche tanti motociclisti esperti. Gente che non avrebbe mai pensato di apprezzare tale tecnologia. Infine con la nostra gamma di scooter, dove SH primeggia, non solo in Italia, l'innovazione è stata l'introduzione per la prima volta su uno scooter 125 dell'Abs di serie e dello spazio sotto sella per un casco integrale. E la riduzione dei consumi fino ad arrivare a quasi 50 km/l, per concludere con lo Start&Stop, già presente ancor prima sul PCX 125. Penso che questa politica commerciale sia stata veramente azzeccata in un momento cosi difficile di mercato, modelli giusti al prezzo giusto , "best value for money", poi non dobbiamo mai dimenticarci della qualità insuperabile di tutti i nostri prodotti, dell'eccellenza del servizio post-vendita, e dell'incredibile garanzia di 4 anni».
Nella ricerca delle responsabilità della crisi delle vendite penso che Honda come costruttore non ne abbia: sono tanti anni che abbatte i costi mantenendo elevata la qualità
Nella ricerca delle responsabilità della crisi delle vendite che abbiamo vissuto, in particolare quali sono state quelle dei costruttori?
«Penso che la Honda come costruttore non abbia responsabilità, anzi sono tanti anni che è alla ricerca di abbattere i costi mantenendo elevato lo standard qualitativo. Se proprio vogliamo additare i costruttori come responsabili, secondo me sono le politiche dei concorrenti che hanno influito negativamente sull'andamento delle vendite, in special modo nella gestione della rete di vendita. La nostra rete è interamente esclusiva e basa il business sulla customers satisfaction. Sensibilizziamo la rete affinché diventi sempre più professionale nell'approcciare i clienti. La qualità, l'innovazione, l'affidabilità e il rispetto per l'ambiente hanno un costo, che non viene misurato correttamente dagli utenti e quindi va spiegato e dimostrato, per convincerli infine a comprendere che acquistare una Honda è sempre un investimento tangibile e duraturo».
Ha fiducia nelle politiche economiche dei Paesi europei in favore delle due ruote? Che cosa vorrebbe?
«A dire la verità no. Purtroppo le due ruote sono sempre considerate "pericolose", e troppo spesso è incompreso il loro potenziale, i benefici che hanno e che potrebbero dare in più alla mobilità. Vorrei che si prendesse seriamente in esame un nuovo e più economico modo di assicurare le moto e di premiare i modelli più ecologici, perché dietro l'evoluzione e le innovazioni ci sono tempi e costi importanti che nessuno quantifica correttamente. Honda investe molto nella sicurezza e nell'ecologia».
Come prevede andranno le vendite in Europa nel 2015?
«Prevedo che il mercato avrà ancor un lieve incremento di vendite in entrambe le categorie, scooter e moto».
L'Asia meridionale sta crescendo a ritmi impressionanti e là dove si fanno profitti è logico investire. Come vede in prospettiva il confronto fra i mercati emergenti e quelli occidentali e del Nord America?
«I mercati emergenti guardano sempre con occhio clinico l'Europa, che è il palcoscenico del mondo non solo nelle due ruote ma per tutto il resto. I clienti che oggi comprando il Cub in Asia sicuramente sognano di acquistare una moto vera nel futuro, e per questo guardano a Europa e Nord America».
Come stanno evolvendo le nuove moto in funzione di queste due macro aree? Quali tendenze possiamo attenderci?
«Anche la concorrenza si sta organizzando per il futuro pensando allo sviluppo dei mercati emergenti nei segmenti medio alti. Honda lo sta affrontando con la gamma dei CBR 300R e CB 500. Poi ci sono anche le NC 750 e arriveranno altri modelli che pensiamo saranno molto appetibili per quei mercati. Non penso che le tendenze saranno sensibilmente diverse da ciò che è successo già in Europa dieci o quindici anni or sono. Ovviamente i modelli dovranno essere tutti molto "environmentally friendly", con design europeo, consumi ridotti, dovranno essere facili da guidare e in grado di rendere la vita più piacevole».