Yamaha FZR 1000. La Genesis della svolta

Yamaha FZR 1000. La Genesis della svolta
Era il 1987 quando arrivò da Iwata questa possente superbike stradale col motore a 4 cilindri e 5 valvole per cilindro da 135 cv. Costava l'equivalente di 15.800 euro attuali
10 settembre 2014

La seconda prova storica che vi proponiamo riguarda una maxi supersportiva di Yamaha, siglata FZR e dotata del primo motore da un litro di cilindrata a usufuire di testata a 20 valvole, 5 per cilindro: un baluardo tecnico che contraddistinse il modelli più prestigiosi della casa nipponica per alcuni anni.
La FZR1000 apparve in anteprima nel settembre del 1986, all’IFMA di Colonia, e nel novembre successivo si tenne il test internazionale per la stampa specializzata, sul mitico circuito californiano di Laguna Seca, dove provammo anche la sorellina FZR600. La supersport di Iwata venne commercializzata l’anno seguente e nel 1988. Ma già nell’Nell’89, venne sostituita dalla nuova versione con forcella a steli rovesciati, e soprattutto con la valvola parzializzatrice elettronica EXUP (Exhaust Ultimate Power Valve) all’uscita dei collettori di scarico.

La prova completa della prima Yamaha Genesis, che state per leggere, risale al maggio del 1987. E venne completata con un’iniziativa piuttosto impegnativa e, per chi vi partecipò, anche decisamente appagante: una “24 Ore” ininterrotta della moto sul circuito di Misano Adriatico, dotato (per l’occasione solo a metà servizio) di illuminazione notturna, con quattro piloti-tester che si alternarono alla guida: i piloti Enrico Fugardi e Mario Sakamoto, il collega Ugo Passerini ed il sottoscritto. Pronti ai box, per qualunque evenienza, gli ingegneri Merati e Misani di Pirelli, affiancati da altrettanti tecnici addetti al cambio gomme (le radiali MP7S), il tecnico Ambrogio Arzuffi per Yamaha, e alcuni colleghi di redazione a gestire la logistica, capitanati dal compianto Claudio Porrozzi, scomparso pochi mesi fa.
La documentazione fotografica della nostra piccola impresa, invece, venne realizzata da Fabrizio Porrozzi, fratello di Claudio e uno dei fotografi più esperti nel nostro ambiente, in particolare sui circuiti di tutto il mondo.

Per ovvi motivi di spazio, il resoconto dell’affascinante avventura, redatto dal collega Filippo Falsaperla (ormai da anni storico inviato al Motomondiale per la Gazzetta Dello Sport), ve lo proponiamo in formato PDF. Di seguito, ecco invece il testo completo della prova su strada.

GENESIS: UNA PAROLA MAGICA

Tre semplici sillabe che per gli incalliti smanettoni, per gli appassionati della tecnica motociclistica rivolta alla produzione di serie, stanno attualmente a rappresentare una sola cosa: la Yamaha FZR 1000. Per l’R&D di Iwata, però, "Genesis" rappresenta un progetto concretizzato per la prima volta - contrariamente a quanto si pensava - non con la YZF 750 da endurance (a lungo dominatrice alla sua prima apparizione, lo rammentiamo, della 8 Ore di Suzuka de1985 e successivamente del mitico Bol d'Or dello stesso anno), bensì con la ancora splendida FZ 750 che stupì il mondo motociclistico due anni orsono per l'esuberanza delle sue prestazioni globali. Genesis infatti è il nome che i tecnici della Casa giapponese scelsero per la nuova generazione di propulsori a quattro tempi dal design particolarmente avanzato, caratterizzato da un blocco cilindri marcatamente inclinato in avanti, qualunque fosse il numero dei cilindri stessi o delle valvole. Tale disposizione del gruppo termico portò (parlando sempre della FZ 750) a produrre una moto molto bassa e stretta, aerodinamicamente felice (con vantaggi per quanto riguarda prestazioni e consumi) e con una distribuzione dei pesi ottimamente suddivisa, a tutto vantaggio della maneggevolezza e delle caratteristiche di guida in ogni condizione. Senza poi parlare dell'efficienza del riempimento, grazie ai condotti di aspirazione diritti e quasi verticali, e della facilità di manutenzione. Ma allora, perché la FZ 750 non si chiamava già "Genesis"? Semplicemente per questioni burocratiche relative alla registrazione legale di tale denominazione.

Dopo questo preambolo, veniamo a quello che attualmente è oggetto del desiderio di molti appassionati: la FZR 1000. Faceva bella mostra di sé, la nostra reginetta, sulla pedana girevole allestita nello stand Yamaha al Salone di Colonia, nelle due varianti cromatiche a disposizione: bianco/ rossa (con finiture blu) come quella della nostra prova, e bianco/blu (con finiture azzurro e oro), secondo l'ormai noto styling caro all'importatore francese, e che comunque ci avvince maggiormente perché senz'altro più elegante. La Yamaha FZR 1000 è indubbiamente una moto molto bella, anche se, esaminandola bene, ci si accorge che dal punto di vista estetico non introduce novità eclatanti: linee snelle e filanti, molto ben coordinate, con una predominanza di bianco che fa molto racing': del resto, la FZR è decisamente ispirata alla ormai celebre Genesis da endurance. Riteniamo comunque che il suo fascino maggiore la nostra amichetta lo trasmetta una volta spogliata delle sue sovrastrutture: lo spettacolo del motore, con i cilindri così aggressivamente inclinati in avanti e perfettamente incastonato nella stupenda struttura del Deltabox in alluminio satinato, può lasciare veramente a bocca aperta anche il più sprovveduto dei neofiti!

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Ma torniamo a rivestire la nostra FZR, della tecnica vera e propria parleremo più avanti. Aspetto racing, dicevamo: non c'è dubbio, anche osservando il vistoso scarico singolo con terminale in alluminio, le bellissime ruote in lega a 3 razze tangenziali cave (ci ricordano un po' le nostre Marvic, o sbagliamo?), e il possente impianto frenante, specialmente l'anteriore, con quei disconi da 32 centimetri, flottanti e tutti forati, con le pinze a 8 pistoncini dorate come le flange (ci ricordano un po' i nostri Brembo, o sbagliamo?). Poi la bella carena, finalmente dotata  anche da noi di doppio faro (molto efficace), ai cui lati si notano le due bocchette che, attraverso due manicotti in gomma a soffietto, entrano nelle travi superiori del telaio, portando aria fresca nella zona circostante la cassetta del filtro, nascosta sotto al serbatoio: anche a questo sistema i diabolici giapponesi hanno voluto dare una denominazione: si chiama FAI, e sta per Fresh Air Intake. Piacevole il parafanghino anteriore che copre parzialmente gli steli della forcella, mentre esteticamente meno efficace (anche se lo è all’atto pratico, quando piove) il lungo parafango posteriore: ma si tranquillizzino coloro che stanno già pensando al seghetto o al flessibile: la "prolunga" è solo rivettata, quindi non è necessario molto lavoro per rendere all'occhio la sua parte. Niente di esteticamente ricercato per quanto riguarda indicatori direzionali e specchi retrovisori, aerodinamici, ma piuttosto tradizionali. Bella e aggressiva anche la linea del codone, la cui parte posteriore è coperta da una "unghietta" asportabile, anche se non così rapidamente: per far posto al passeggero, infatti, è necessario togliere la sella e armarsi di un cacciavite a croce.

Molto buono il livello delle finiture: le verniciature sono eseguite a regola d'arte, e la consueta cura dei particolari cara alla scuola nipponica è palese osservando minuziosamente la FZR: tappo del serbatoio, pedanine poggiapiedi e perfino una pellicola plastica protettiva sulle travi del telaio sono chiari esempi di quanto affermiamo. Non ci piace proprio per niente, invece, quella specie di "baldacchino" ancorato al cannotto di sterzo, che serve ad impedire inopportuni scuotimenti del cupolino sottoposto alla pressione  delle alte velocità: ci ricordiamo qualcosa del genere nelle realizzazioni artigianali di qualche annetto addietro.
Il discorso relativo allo stazionamento della moto fa capo alla sola stampella laterale, dotata finalmente di un dispositivo di sicurezza: infatti il motore si spegne immediatamente partendo con la stampella stessa divaricata.

Esaminando la strumentazione, ci si accorge che su una moto del genere non poteva essere che concepita in questo modo: 3 strumenti circolari sono incastonati, in posizione asimmetrica, in un bel cruscottino di stampo corsaiolo, ricoperto naturalmente di materiale spugnoso, o neoprene che dir si voglia. A sinistra c'è il tachimetro/contakrn, con lo "0" in basso e il fondo-scala a 280; al centro, un po' più in alto, campeggia il contagiri, tarato fino a 12.000, con zona rossa che inizia a 10.500. In basso a destra è situato l'indicatore della temperatura d'esercizio del motore. Nella parte inferiore sono sistemate 4 spie di servizio: pressione olio, folle, abbagliante e indicatori direzionali. I blocchetti elettrici al manubrio sono quelli già visti sulla FZ 750, col pulsante del lampeggio comodamente azionabile con il dito indice sinistro. Comodo il dispositivo di rientro automatico degli indicatori di direzione. Il comando dello starter, a levetta, è posto a fianco del trave sinistro del telaio, poco sopra al comodo rubinetto della benzina con inserimento della riserva manuale, anziché elettrico come sulla FZ 750.

GUIDA FACILE ANCHE PER I POCO ESPERTI

Ora che l'abbiamo guardata bene, la nostra FZR, saliamoci in sella e, prima di avviarci per vedere finalmente come va, esaminiamone l'assetto. Il rapporto manubrio/pedane ci sembra corretto, almeno per guidare sportivamente: le braccia sono un po' allungate ed il busto proteso moderatamente in avanti - e ciò è dovuto anche ai semimanubri abbastanza aperti - e le pedane sono ben rialzate e non esasperatamente arretrate. Potrebbe sembrare un assetto affaticante, soprattutto per le gambe ma, dopo un bel po' di chilometri, ci si accorgerà che è quello ideale per le caratteristiche di guida della FZR. Piuttosto, anche in questo caso, non sarà contentissimo chi siederà dietro, costretto in una posizione non certamente da poltrona Frau, ma tuttavia non penalizzato da una sella tutto sommato di giusta consistenza. Stando seduti in avanti, i piloti dalle gambe lunghe appoggeranno le ginocchia proprio sulle nervature laterali del serbatoio, e ciò può risultare alla lunga fastidioso, specialmente viaggiando forte e con il passeggero a bordo, quando si tende a stringere bene il serbatoio stesso tra le cosce. Una volta in movimento, constatato che tutti i comandi sono ben a portata di mano e di piede, ci si rende conto dopo poche decine di metri che la Yamaha FZR 1000 è maneggevole almeno quanto una 750: leggera, facile e intuitiva da guidare, vanta una notevole precisione di guida, senza incutere quel timore reverenziale che si ha per esempio al primo approccio con la meno agile Suzuki GSX-R 1100, e questo grazie anche alle differenti caratteristiche di erogazione del motore, del cui comportamento parleremo poi.

Docile e ben bilanciata, la FZR gode anche di un discreto comfort dinamico fornito dalle sospensioni, ovviamente se tarate morbide, e infonde subito una confidenza estrema che si tramuta in vero piacere di guida anche per chiunque ami andarsene a spasso su percorsi sinuosi o su strade di montagna ricche di curve e tornanti. Una guida equilibrata, grazie anche all'ottimo bilanciamento delle masse tra avantreno e retrotreno, e alla relativa leggerezza della moto. Ma bisogna pur provare anche le sensazioni che una 1000 da 135 cavalli sa dare a chi la voglia guidare con un po' di grinta, quindi tanto vale fare qualche giro di pista: e noi ne abbiamo fatti tanti (736!), nel corso della nostra 24 Ore sul circuito di Misano.

Anche in questo contesto la moto è molto agile e appagante, ma richiede ovviamente una guida più decisa, specialmente quando si tratta di scaricare bene la potenza a moto molto inclinata: i nuovi pneumatici radiali Pirelli MP7S sono veramente ottimi, e offrono un'aderenza sempre eccellente in ogni condizione; le notevoli misure di cerchi e pneumatici richiedono però una guida prettamente corsaiola, spostandosi all'interno per contrastare il sottosterzo piuttosto marcato in queste condizioni.
Sempre guidando di buon passo, abbiamo sentito la mancanza di regolazioni supplementari delle sospensioni, in particolar modo per quanto riguarda il freno idraulico dell'ammortizzatore posteriore; soprattutto in accelerazione ed in staccata. Nonostante l'assenza di antidive, una volta caricate le molle della forcella l'assetto nelle staccate più violente non viene compromesso più di tanto (a patto di non abusare del freno posteriore), a scapito però del comfort su asfalto imperfetto. Un'altra cosa di cui abbiamo sentito la mancanza è senza dubbio un ammortizzatore di sterzo: in rettilineo, infatti, la FZR fila dritta come un fuso, ma il manubrio si sente leggerino tra le mani; tale leggerezza si nota parecchio su fondi imperfetti, sugli scollinamenti e lungo i curvoni velocissimi (oltre i duecento orari, per intenderci), specie se non si tiene bene in tiro il motore. È comunque nostro parere che qualche millimetro di avancorsa in più non avrebbe guastato; o quantomeno una maggiore percentuale di peso sull’avantreno rispetto al retrotreno: soluzioni che forse avrebbero inciso in minima parte sulle eccellenti doti di guida, favorendo nel contempo la stabilità sui percorsi velocissimi.

La frenata è da giudicarsi di livello elevato: il doppio disco anteriore è dotato di potenza e modulabilità da vendere per l’utilizzo stradale, mentre la corsa della leva tende ad allungarsi un po’ nella guida al limite, ma senza mai compromettere la potenza frenante. Il freno posteriore invece è da trattare con i guanti: è troppo potente e non tollera abusi, quindi va sollecitato dolcemente anche nelle "staccatone" e su fondi dalle scarse doti di aderenza (asfalto bagnato, etc.).

Tornando un attimo alla voce relativa al comfort di marcia, vogliamo aggiungere che la Yamaha FZR non è rumorosa di scarico né di meccanica, e che la carenatura offre un elevato livello protettivo: i 230 orari indicati si possono mantenere senza difficoltà, mentre superando tale limite è richiesto al pilota di chinarsi almeno un po’dietro al cupolino.
Per quanto riguarda le vibrazioni, si localizzano diversamente su manubrio, pedane e lati serbatoio (altezza cosce) a seconda del regime di rotazione del motore, a partire dai 3.500 giri circa, ma senza mai raggiungere livelli di fastidio vero e proprio: insomma, volendo si notano, ma poi non ci si fa più caso. Molto efficace il doppio faro alogeno, dal fascio luminoso ampio e profondo.

MOTORE POTENTISSIMO E MOLTO DOCILE

Il motore Genesis da un litro di cilindrata è forse quello che finora (non abbiamo ancora provato bene la Honda CBR) ci è piaciuto di più nella sua categoria: giudichiamo validissimi sia il Suzuki GSX-R che il Kawasaki RX, tuttavia il primo vanta talmente tanti cavalli nelle prime fasi di erogazione da mettere a volte in difficoltà, da sembrare addirittura brutale; il secondo, al contrario, elargisce la potenza più pigramente in basso per privilegiare gli alti regimi. Il motore della FZR si avvicina forse maggiormente a quello della Kawasaki, ma rispetto a quest'ultimo vanta un'erogazione più fluida, una curva di potenza più lineare: aprendo il gas in quinta, infatti, appena superata la soglia dei 2.000 giri il tiro si fa dolce e potente fino a quasi quota 7.000, dove l'entrata in coppia diventa vigorosa per raggiungere senza fatica la soglia d'intervento del limitatore di giri, poco oltre gli 11.500 indicati. Un comportamento quindi dissimile da quello della nervosetta FZ 750, ma più pacato e possente. Avallato da un cambio con una prima molto lunga, seconda, terza e quarta più ravvicinate tra loro ed una quinta marcia anch'essa un po' lunghetta (non valeva la pena di usare un "6 marce"?), il potente quadricilindrico Yamaha spinge la FZR rapidamente a raggiungere i 260 di tachimetro, per poi toccare i 270 con un lancio maggiore, dopo aver "tirato" la prima fino a 110, la seconda a 175, la terza a 220 e la quarta a 250! Ma non si spaventi colui che, pur dotato di esperienza motociclistica limitata ma innamorato del mezzo, volesse acquistare la FZR: questo motore che sa essere docile e divertente anche per andare a spasso e, come vedremo, è anche generalmente parco nei consumi.

Nel corso della nostra prova, durata globalmente quasi 6000 km, la frizione ha dato segni di affaticamento solo durante le sollecitazioni imposte dai nostri rilevamenti riguardanti ripresa ed accelerazione sui 400 metri: per il resto, niente da eccepire per quanto riguarda dolcezza e modulabilità d'intervento. Il cambio, dal canto suo, rivela due aspetti: è dolce e preciso se usato ad andatura normale o media, quella di tutti i giorni per intenderci; se sollecitato a fondo in maniera sportiva va invece adoperato con decisione, non "accarezzato" dolcemente, pena imprecisioni e rumori negli innesti, specialmente in scalata.
Avviamento sempre pronto a caldo come a freddo, e raggiungimento della temperatura d'esercizio sufficientemente rapido sono due ulteriori caratteristiche di questo potente propulsore.

PRESTAZIONI NELLA NORMA. CONSUMI RIDOTTI

All'esame pratico, vale a dire quello imposto dai nostri rilevamenti strumentali, la nuova 1000 della Casa di Iwata non ha battuto record di categoria, alcuni dei quali per ora ancora appannaggio, per quanto ci riguarda, della Suzuki GSX-R: la quale, lo rammentiamo, conta però su una cilindrata maggiore di 63 cc ed un'erogazione della potenza senz'altro più favorevole al raggiungimento di tempi record, specialmente per quanto riguarda l'accelerazione da 60 km/h nel rapporto più lungo. E ancora meglio, in questo caso, si era comportata la stessa Yamaha FJ 1200, grazie al suo massiccio motorone da 1.188 cc (che, non scordiamolo, vanta ben 130 cv dichiarati e, soprattutto, 11 kgm di coppia a 7.500 giri!) mette a disposizione nel primo arco della curva di utilizzazione, unitamente ad una quinta marcia piuttosto corta. Anche gli 11,3 secondi impiegati per coprire i 400 metri da fermo (sempre, rammentiamo, con-siderando la presenza della nostra ruota Peiseler e relativi attacchi e strumentazione) sono da considerarsi una buona prestazione: in questo caso dobbiamo anche tener conto della lunghezza della prima marcia, unitamente ai già accennati segni di affaticamento da parte della frizione, duramente sollecitata durante i nostri test.

Per quanto riguarda le prestazioni velocistiche massime, abbiamo rilevato 252 km/h, corrispondenti a 270 indicati al regime di 10.800 giri. Siamo lontanini dai 270 orari un po' ottimisticamente dichiarati dalla Casa di Iwata, ma del resto i conti tornano considerando che gli scarti medi al tachimetro da noi rilevati si attestano sul 7%. In compenso però, come abbiamo già accennato, il motore a 5 valvole si è dimostrato un bevitore ben moderato: se infatti in pista siamo scesi raramente sotto la soglia dei 9 km/litro, in città abbiamo percorso mediamente circa 14 chilometri con un litro di super, per raggiungere spesso i 18 andando a spasso, con un'autonomia di circa 280 km prima di inserire la riserva (4,5 litri). Guidando veloci in autostrada e fuori, invece, il consumo medio da noi rilevato è stato di poco inferiore ai 12 km/litro. Ultima considerazione riguarda gli spazi di frenata: anche qui niente prestazioni record, e ciò è in massima parte da imputare all'esuberanza del freno posteriore, contro la quale poco hanno potuto i due grossi dischi anteriori. Logico che tutto il peso della massa moto/pilota in frenata si concentri sull'avantreno, alleggerendo la ruota posteriore: se a ciò si aggiunge un freno posteriore così potente e non certo modulabilissimo, si comprende che per tenere la moto bene in linea ci si deve praticamente affidare solo ai freni anteriori ed al "grip", in questo caso eccellente, offerto dai pneumatici. Sia ben chiaro, però, che stiamo parlando di condizioni limite, molto difficilmente riscontrabili nell'utilizzo comune.

NIENTE RECORD. PERO' UNICA NEL SUO GENERE

Forse gli utenti più "assatanati" saranno rimasti un po' delusi dal capitolo relativo alle prestazioni massime fornite dalla Yamaha FZR 1000. Tuttavia è doveroso imporre alcune considerazioni: innanzitutto, velocità superiori ai 250 chilometri orari non sono cosa di tutti i giorni, anzi, lo riteniamo un limite oltre il quale non insistere ulteriormente, e questa nota è rivolta alle Case costruttrici, anche considerando che siamo ben oltre ai limiti imposti dal nostro codice della strada. Parlando in particolare della FZR 1000, comunque, la riteniamo un mezzo dalle prestazioni globali eccellenti, soprattutto in termini di guida e di erogazione della potenza, il che rende una moto derivata dalle competizioni perfettamente sfruttabile, anche a livello diciamo "turistico", da chiunque abbia un minimo di dimestichezza con una moto. La rete stradale italiana non comprende solamente curvoni da oltre duecento orari, ma anche dei bei percorsi misti, stretti e veloci, dove è fondamentale, per la gratificazione del pilota, disporre di un mezzo agile, maneggevole, ben frenato e non scorbutico: non impegnativo da guidare, insomma: appunto come la FZR. Chi ama la pista anche a livello di competizione, poi, potrà disporre della FZR 750, una moto praticamente identica alla 1000 anche in termini di potenza, grazie agli appositi kit di elaborazione disponibili. Un'ultima considerazione riferita al prezzo: tredici milioni e mezzo non sono pochi, anche se si tratta di un prezzo abbastanza in linea con la concorrenza. Va considerata però la profusione di tecnologia a larghe mani che la nuova Yamaha 1000 può offrire, unitamente alle già menzionate doti di guida che la rendono per ora unica nella sua categoria. Inoltre non si deve scordare che la Belgarda, importatrice Yamaha per l'Italia, fornisce, compresa nel prezzo, l’ormai famosa polizza di garanzia totale YES, della durata di ben 3 anni: non ci pare poco.

La tecnica e le prestazioni della Yamaha FZR1000:
Scarica il PDF Tecnica e Prestazioni

24 Ore a Misano con la Yamaha FZR1000:
Scarica il PDF del resoconto

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  • Cilindrata 989 cc
  • Potenza 135 cv
  • Peso 204 kg
  • Sella 775 mm
  • Serbatoio 19 lt
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