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Nel lessico enologico, una prova come questa si potrebbe definire una degustazione orizzontale. Si tratta di una degustazione comparativa, destinata a palati fini, in cui si assaggiano vini della stessa denominazione ed annata, ma realizzati da diversi produttori, per capire le varie e diverse sfumature che, per esempio, un Brunello di Montalcino sa esprimere dopo l’uscita dalle varie cantine.
Dalle parti di Monaco di Baviera sono più famosi per la birra che non per i vini, anche se la Franconia esprime ottimi Riesling. Allo stesso modo, pur noti in tutto il mondo per paciose turistiche e tuttoterreno macinadeserti, negli ultimi anni i bavaresi si stanno facendo una solida reputazione nelle supersportive a quattro cilindri. Una reputazione conquistata in breve tempo grazie al titolo Superstock conquistato all’esordio da Ayrton Badovini, e consolidata a suon di titoli nei campionati nazionali, IDM in primis, e con la micidiale serie di vittorie ad opera di Michael Dunlop nelle gare stradali britanniche.
Eccoci quindi sul circuito di Valencia, dove la divisione Motorsport di BMW Motorrad ha “apparecchiato” per noi una degustazione orizzontale da mille e una notte, permettendoci di assaggiare le varie S1000RR schierate da team privati – ma assistiti direttamente dalla Casa madre, in linea con il programma agonistico della Casa di Monaco più volte ribadito dal Presidente Stephan Schaller – nei vari campionati e trofei nazionali (SuperGP Champions Trophy sudafricano, IDM, BSB, Tourist Trophy) ed iridati – Mondiale Superbike e Mondiale Endurance.
Un programma che abbiamo avuto modo di conoscere meglio grazie all’interessante workshop tenutoci da Udo Mark (ex pilota del Mondiale Superbike ed attuale Direttore Marketing di BMW Motorrad Motorsport) e Berthold ‘Berti’ Hauser, Direttore Tecnico di BMW Motorrad Motorsport e di cui vi parliamo in un altro articolo.
Ma veniamo al nostro test: le sei moto sono nei box ad attenderci, pronte a concedersi per tre giri. Ci dovranno aspettare però per circa dieci minuti in più, perché per prendere confidenza con il tracciato di Valencia e con il cambio racing i ragazzi di BMW hanno saggiamente previsto tre tornate sulla S1000RR di serie, modello 2015, a cui è stato montato il cambio rovesciato. Meglio riprendere gli automatismi in anticipo, prima di far uscire una biella con una scalata involontaria ad una delle belve qui presenti…
Il South African SuperGP Champions Trophy è la classe regina del campionato nazionale sudafricano, introdotta nel 2014, con un regolamento ancora più restrittivo di quello della Superstock che conosciamo. Non sono ammesse modifiche al propulsore: è ammessa al massimo la sostituzione del silenziatore con l’eliminazione del catalizzatore, nonché l’uso di moduli aggiuntivi per l’adeguamento di alimentazione/accensione.
Anche le sospensioni devono restare quelle di serie: di fatto, le uniche possibilità di sostituzione per la ciclistica sono molle ed olio (le componenti idrauliche devono restare invariate) e le pastiglie dei freni. Il peso minimo è piuttosto elevato (175kg) e il livello di preparazione quindi è molto basilare, limitandosi di fatto all’adozione di una carenatura da pista e relative soluzioni di sicurezza.
La “nostra” S1000RR è quella portata in gara dal Lance Isaacs, che i più attenti (e forse meno giovani…) ricorderanno nel Mondiale Superbike sul finire degli anni 90: il sudafricano, attualmente in forze al team Black Swan Energy è stato il primo pilota di colore a prendere parte ad un campionato del mondo. L’anno scorso Lance ha chiuso il campionato al secondo posto, e quest’anno si è aggiudicato una vittoria e quattro podi.
Dopo la S1000RR, la versione RSA di Isaacs ci sembra alta e rigida d’assetto – le sospensioni restano quelle elettroniche della moto di serie, modificate solo nella taratura idraulica grazie al Race Calibration Kit 3 – ma con una posizione in sella molto più efficace. Le pedane arretrate offrono il giusto supporto nella guida di corpo, e la correlazione sella-manubrio-poggiapiedi mettono in condizione di guidare con maggior libertà ed efficacia negli spostamenti.
Una conseguenza delle nuove pedane è anche una caratteristica che ritroveremo nelle altre S1000RR che proveremo successivamente: un cambio che d’incanto diventa rapido e preciso dove quello di serie ha il limite di una certa gommosità – soprattutto in scalata – e di innesti a volte non certi se non si agisce con decisione sul comando.
La BMW del campionato sudafricano si dimostra più agile della moto di serie, tanto che sembra decisamente più leggera nonostante il peso non sia molto diverso. La risposta all’acceleratore è sostanzialmente la stessa della versione di serie, forse un pelo più precisa grazie all’adozione dell’HP Race PowerKit, ma qualche cavallo in più agli alti – i tecnici di Isaacs si sbilanciano parlando di circa 197 cavalli alla ruota – si paga con un motore un po’ più vuoto sotto gli 8.000 giri. Un problema da poco, visto che stiamo parlando di regimi che nell’uso in pista si usano solo quando… si sbaglia la curva, e che si attenua molto grazie ad una rapportatura decisamente più corta rispetto alla S1000RR di serie.
In staccata il comando freno è molto modulabile al prezzo di un po’ di potenza – Lance lo vuole così, privilegiando la precisione all’aggressività – con il beneficio collaterale di offrire grande confidenza anche nelle frenate a moto inclinata. La ridottissima entità delle modifiche apportabili alla S1000RR in questa versione, una volta confrontata con i risultati che si ottengono all’atto pratico, è testimonianza della bontà della moto di partenza che, con due ritocchi per liberarla da qualche compromesso necessario all’uso stradale, diventa molto più efficace e addirittura facile da sfruttare rispetto alla S1000RR da cui deriva.
Qui si inizia a fare sul serio, perché la “numero 21” schierata dal team Van Zon-Remeha è la moto con cui Markus Reitenberger si è laureato circa un mese fa campione tedesco Superbike vincendo 11 delle 14 gare disputate nonostante la zavorra di 7kg appioppatagli da regolamento per riequilibrare il campionato. Così zavorrato, per capirci, “Reiti” nella gara di Assen (in cui ha ottenuto due vittorie, pole position e giro veloce) ha girato più forte del team ufficiale del Mondiale SBK. I risultati non sono direttamente paragonabili perché ottenuti in condizioni meteo molto diverse, ma sono comunque un indicazione non banale della velocità di Reitenberger e della sua S1000RR.
Il regolamento dell’IDM Superbike assomiglia molto a quello della Superstock iridata. Sulle sospensioni si può lavorare sostituendo il mono e cambiando le componenti interne della forcella originale, ed è concessa anche la sostituzione o modifica del telaietto reggisella. Sul motore si può intervenire modificando o sostituendo scarico, filtro dell’aria, guarnizione della testa, pompa dell’olio e relativi passaggi nonché albero a camme. E’ possibile anche lavorare su cambio, frizione, serbatoio, radiatore e sostituire la centralina – in questo caso, naturalmente, si adotta la nuova centralina HP Race regolata attraverso il Calibration Kit.
In sella chi scrive non si è trovato troppo a suo agio: Markus è molto più alto, e la posizione di guida è naturalmente studiata per la sua corporatura ed esigenze. Risultato: si sta forse più comodi, ma nella guida aggressiva non è sempre facile trovare la posizione giusta.
La risposta del motore qui diventa un po’ più aggressiva ma allo stesso tempo più piena a tutti i regimi. Il quadricilindrico bavarese spinge come una furia ma non mette mai in crisi, la risposta all’acceleratore è lineare e prevedibile. Un po’ come avviene per la ciclistica, che si rivela molto più diretta nelle risposte agli input del pilota, e con un assetto orientato alla stabilità praticamente perfetto per la pista di Valencia, dove ci possiamo iniziare a permettere confidenze non banali. E’ la moto che tutti gli amatori vorrebbero per girare in pista la domenica…
La maggior parte degli appassionati associa il team Tyco-TAS BMW con le gare stradali e le imprese di Guy Martin, ma la compagine guidata da Philip Neill è impegnata – con successo – anche nella BSB con Tommy Bridewell. E non sta andando affatto male, visto che Tommy è rientrato nei primi sei piloti classificati e ha quindi diritto a partecipare allo Shootout finale che, un po’ come nei play-off degli sport statunitensi, rimette un po’ tutto in gioco.
La BSB, dopo l’esperimento del regolamento EVO di qualche anno fa – con cui ha sostanzialmente ridotto le possibilità di elaborazione delle moto destinate ai privati – ha allargato a tutta la griglia la normativa, dando vita a moto leggermente meno potenti ma anche meno costose. La ciclistica resta sostanzialmente libera, ma le lavorazioni e sostituzioni sul propulsore sono state sostanzialmente ristrette.
La caratteristica più peculiare della BSB è però l’adozione della centralina unica MoTec, che consente alle squadre di regolare le mappature di alimentazione, accensione, freno motore e cambiata assistita, ma non fornisce alcuna assistenza in termini di traction control, launch control o anti-impennata, rendendo il campionato… molto emozionante.
Ammettiamo un po’ di ansia nel salire in sella alla S1000RR di Bridewell. Il cartello appiccicato sul serbatoio ci ricorda come appunto non ci sia traccia di controllo di trazione o di anti-impennata, per cui tutto il potenziale del motore va gestito solo ed unicamente con il polso destro. Un problema, perché fra tutte e sei questa è forse quella con l’erogazione più intimidatoria: prontissima a rispondere all’acceleratore, con una “castagna” ai medi da stendere un toro, la S1000RR del team TAS si fa dare del lei.
Il cambio ravvicinato fa si che si possa – anzi, si debba se si vuole andare davvero forte – usare la prima in diverse curve: la squadra inglese ha previsto l’uso di cinque marce qui a Valencia. Noi, per la già citata assenza di assistenza elettronica, abbiamo preferito non scendere prudenzialmente sotto la seconda: già così la BMW riprende con veemenza, fiondandoci fuori dalle curve con una grinta sconosciuta alle versioni provate finora. E a dire la verità, forse anche a quelle successive.
L’assetto è tendenzialmente agile, preciso ma leggermente nervoso: in frenata la S1000RR BSB si muove un po’ – non c’è assistenza in scalata da parte dell’elettronica, ma sinceramente non se ne sente troppo la necessità – e anche in uscita di curva non regala troppa confidenza quando si deve spalancare il gas. Meglio tirare un attimo il fiato, visto che BMW ha previdentemente pensato ad una pausa a metà test, e prepararsi alla successiva.
La S1000RR del team BMW Motorrad France, gestito dal team Penz13 dell’ex pilota Rico Penzkofer, ha già fatto molto bene al debutto con ottimi risultati, al netto di un po’ di sfortuna e della necessità di conoscere meglio la classe regina della specialità della durata.
Il regolamento del Mondiale Endurance è abbastanza simile a quello della Superbike iridata, con una certa libertà di preparazione che viene sfruttata appieno nel rispetto dell’affidabilità: i motori usati nella durata sono un po’ meno “tirati” per la necessità di salvaguardarne la durata.
Il peso minimo è un po’ più alto rispetto ad altre specialità: si parte dai 170kg per le gare che si corrono solo durante il giorno, per passare a 175 in quelle che si svolgono anche solo in parte in notturna – è necessario che le moto ospitino la fanaleria, per esempio – e il serbatoio arriva a 24 litri di capienza.
In effetti si sale in sella e si nota che la S1000RR del team Penz13 è molto diversa da tutte le altre. Il ponte di comando prevede i comandi per accendere le luci e riscaldare le manopole quando si corre di notte, ma soprattutto la posizione di guida è più rilassata e comoda. La sella è… al piano di sopra, perché il serbatoio maggiorato si allunga sotto la sella, e trattiene moltissimo, rendendo un po’ più lenti ma allo stesso tempo meno faticosi gli spostamenti nella guida di corpo. Il manubrio è un po’ più aperto delle moto provate finora e la posizione è la meno costrittiva, per essere meno faticosa sulle lunghe distanze e anche perché… deve accogliere Reiterberger.
Nonostante il serbatoio grande ci si trova rapidamente a proprio agio sulla S1000RR EWC: tutto è studiato per impegnare il pilota il meno possibile, sacrificando un po’ di prestazione pura in favore della costanza di risultato. Il motore, pur spingendo forte in alto, è meno cattivo nella risposta e non dà mai l’impressione di volervi strappare la moto da sotto, la taratura della ciclistica è stabile più che agile e il freno è modulabile e mai troppo aggressivo. Alla fine è quella che forse ci è piaciuta di più proprio per questo.
C’è bisogno di presentarvela? La S1000RR numero ottantasei di Ayrton Badovini è una vista ormai comune agli appassionati del Mondiale Superbike. Portata in gara dal team BMW Motorrad Italia, a tutti gli effetti una squadra privata anche se assistita con la massima attenzione dal Racing Service BMW Motorrad Motorsport, è regolarmente fra i primi sei, andando ad impensierire i team ufficiali.
Il nuovo regolamento, che ha tagliato un po’ le unghie ai motori, ha però eliminato la centralina unica prevista inizialmente dalla classe EVO, limitandosi a calmierare i prezzi di diverse componenti fra cui quello della gestione elettronica che dev’essere fornita in almeno 50 esemplari e non eccedere gli 8.000 euro di costo. Stesso discorso per la ciclistica, dove pur con diversi price cap i tecnici hanno mano piuttosto libera praticamente ovunque tranne che sul telaio.
Già dai primi metri la BMW di Ayrton – che guarda noi giornalisti partire dalla corsia box con lo sguardo un po’ serio come quello di qualunque appassionato che ha prestato la sua moto ad un amico – trasmette il suo essere massima espressione della S1000RR. E’ difficile da spiegare, ma si ha la netta sensazione di come tutto funzioni un po’ meglio che su tutte le altre. Che tutto sia meglio accordato, integrato, curato. E considerando il livello dei mezzi che abbiamo appena provato, non è cosa da poco.
La posizione di guida è piuttosto costrittiva – Badovini ha la classica taglia da pilota – con le pedane molto alte, e il serbatoio si allunga un po’ più che sulle altre S1000RR che abbiamp provato arrivando a “puntare” sul nostro interno coscia. La sensazione iniziale di fastidio sparisce in un attimo, cancellata con un colpo di spugna da un motore che spinge come un dannato a qualunque regime e da un cambio rapido che tanto in innesto quanto in scalata spara dentro le marce con precisione telepatica.
In staccata si apprezza una grande stabilità, con il freno motore calibrato alla perfezione, tanto che si ha la sensazione di “starci dentro” sempre, anche quando crediamo di essere andati un po’ lunghi, con il contorno di folcloristici scoppi da smagrimento allo scarico. E in percorrenza ci si può quasi rilassare, non fosse per la frustrante sensazione che la S1000RR di Ayrton sia sempre un passo avanti a noi in ogni frangente, grazie alla sua perfezione di allestimento e messa a punto. D’altra parte, non fosse così, faremmo i piloti nel mondiale e non i semplici giornalisti…
E veniamo all’ultima BMW, quella che chiude il meraviglioso giro in giostra che BMW ci ha regalato. Una chiusura col botto, perché la S1000RR che ci aspetta nell’ultimo box è nientemeno se non quella che Guy Martin ha portato in gara al Tourist Trophy, girando sotto il precedente record di Bruce Anstey e stabilendo il primato assoluto per l’ultimo settore. Prima dell’Ulster, dove un’incidente gli è costato la gara e qualche osso, Martin ha dominato la Southern 100.
Il regolamento prevede moto molto vicine a quelle del Mondiale Superbike, con qualche piccola variazione a livello di elettronica: è possibile adottare, a scelta, la centralina MoTeC omologata in BSB, oppure l’unità kit fornita dalla Casa costruttrice ed omologata per la Superstock FIM. Il team TAS/Tyco BMW ha naturalmente scelto la seconda possibilità, lavorando con l’HP Race Calibration Kit 3.
La S1000RR di Martin accoglie bene in sella: la posizione è comoda, ampia (Guy è alto, ma soprattutto al TT deve stare in moto per oltre un’ora e mezza) e garantisce un ottimo controllo della moto. Le pedane non sono altissime, ma soprattutto davanti a noi c’è un manubrio bello aperto fissato ad una piastra di sterzo oversize che offre un ottimo braccio di leva.
E meno male che è così, perché l’assetto è giustamente ultraconservativo: al TT una moto nervosa non fa molta strada, servono tarature per guidare fast and flowing, non certo punta-e-spara. La S1000RR numero 8 è stabile quasi all’inverosimile, con un po’ di sottosterzo (amplificato dalle gomme nuove) se non la si violenta un po’ di manubrio quando si apre il gas. In compenso, grazie al freno motore molto libero, scorre a centro curva che è un piacere.
La frenata è potente ma non aggressiva come sulle due Superbike rispettivamente del Mondiale e della BSB; anche in questo caso, una scelta necessaria per le caratteristiche del TT. Il motore anche qui è davvero potente: la schiena è di quelle da allungare le braccia, anche se la rapportatura molto lunga diluisce un po’ la violenza della risposta e fa si che si sfrutti il motore con più confidenza.
La S1000RR del team TAS non è quella che ci è piaciuta di più, lo ammettiamo, ma forse è quella da cui siamo scesi più a malincuore. Perché avere la possibilità di vivere quello che vive Guy Martin è davvero troppo bello, e tre giri non possono bastare…
Bmw
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