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Dopo l’ondata di due anni fa, quando diverse case hanno rinnovato le loro supersportive inaugurando la nuova generazione, non credevamo che così a breve avremmo visto un’altra invasione di novità nel settore. Un settore in sofferenza di vendite per tante ragioni diverse, capace però di fare sempre breccia nel cuore degli appassionati, che magari acquistano altri modelli ma continuano a sognare la supersportiva da far sfrecciare fra i cordoli o i tornanti del passo preferito.
E invece, l’arrivo dell’Euro-4 ha costretto tutti i costruttori (tranne Ducati, che mantiene l’omologazione Euro-3 sulla Panigale ufficializzando l’arrivo di un nuovo modello per il 2018) ad aggiornare o rivoluzionare i propri modelli, dando vita a modelli 2017 diversi in maniera più o meno sensibile dai precedenti. Approcci diversi, sicuramente dovuti a diverse strategie aziendali, che hanno definito un panorama di varietà e pregio come non vedevamo dai tempi antecedenti la crisi finanziaria di fine anni duemila, principale responsabile del declino del settore.
Non potevamo lasciarci sfuggire l’occasione di riproporvi uno scontro all’ultima staccata fra le sette supersportive 2017, stavolta ambientata nello spettacolare teatro del Paul Ricard. Un circuito completo, con il velocissimo rettilineo del Mistral ma anche una bella selezione di curve di diverse velocità, capace di far emergere in maniera macroscopica pregi e difetti di una maxi sportiva. Un test in cui abbiamo messo tutte le concorrenti a pari livello rivolgendoci a Pirelli per calzarle tutte con le Diablo Supercorsa SC2, la gomma probabilmente più versatile del segmento grazie allo sviluppo effettuato nel Mondiale Superbike con tutte le Case impegnate. Perché non le slick Diablo Superbike, magari quelle SC3 che avevamo provato ad Alcarràs qualche mese fa? Purtroppo una delle Case non ci ha concesso il nulla osta per adottare la misura 200 al posteriore, legandoci di fatto le mani e costringendoci ad “accontentarci” delle scolpite, di cui vi parliamo un po' meglio nell'articolo dedicato.
Visto che però queste moto girano sì sulle piste più belle del mondo (molte delle quali sono qui in Italia) ma si sfogano altrettanto spesso su circuiti meno ambiziosi ma altrettanto probanti e divertenti, abbiamo pensato di metterle alla prova anche al Cremona Circuit dedicato ad Angelo Bergamonti, per verificare le nostre impressioni di guida in un teatro diverso e con la gommatura di primo equipaggiamento.
Completano la nostra prova l’analisi tecnica dei capolavori motoristici che le spingono ad opera del nostro Massimo Clarke, ma anche l’immancabile prova del cronometro. Stavolta, per livellare il campo quanto più possibile, ci siamo rivolti a Pirelli chiedendo l’assistenza del loro collaudatore di punta, Alfio Tricomi (di cui avevamo già verificato la velocità in diverse occasioni…). Chi meglio di lui, che conosce già tutte le moto e ovviamente le gomme, poteva portarle al limite senza soffrire di abitudini consolidate nella pratica agonistica? Andiamo a vedere com’è andata…
Già detto della tecnica motoristica (attraverso il pezzo di Massimo Clarke) passiamo ad una rapida carrellata per rinfrescarci la memoria su dotazione elettronica e ciclistiche dove, a parte la Ducati con il suo monoscocca a motore portante che le garantisce una leggerezza da riferimento, assistiamo ad una certa omologazione tecnica verso lo schema telaistico del doppio trave in alluminio.
Aprilia RSV4RF
Costantemente evoluta dal 2009, l’Aprilia V4 rimane fedele allo schema iniziale inaugurato con la prima Factory. Il telaio è un doppio trave in alluminio con forcellone nello stesso materiale; peculiarità della RSV4 è la regolabilità a livello MotoGP della ciclistica, con la possibilità di variare l’apertura del cannotto, l’altezza del perno forcellone e addirittura la posizione del motore nel telaio.
Il comparto sospensioni full-Öhlins (ammortizzatore di sterzo compreso) si affida ad una forcella rovesciata NIX con steli trattati NIX da 46mm ed un monoammortizzatore TTX, entrambi a funzionamento completamente meccanico e regolabili in tutti gli aspetti. L’impianto frenante, completamente Brembo, viene aggiornato con l’arrivo di una coppia di dischi da 330mm e pastiglie sinterizzate di nuova mescola. Restano invece le (eccellenti) pinze monoblocco M50, con pompa radiale e raccordi ovviamente in treccia aeronautica. Naturalmente presente l’ABS con funzione cornering.
La dotazione elettronica prevede tre mappature per il sistema acceleratore ride-by-wire: T (Track), S (Sport), R (Race). Il pacchetto APRC comprende controllo di trazione (ATC, otto livelli), controllo di impennata (AWC, tre livelli), controllo di partenza (ALC), cruise control (ACC), limitatore di velocità (APT), tutti settabili e disinseribili indipendentemente. Il quickshifter è attivo sia in innesto che in scalata.
BMW S1000RR
La BMW è entrata nel segmento delle supersportive nel 2009 seguendo la collaudata strada del doppio trave in alluminio e del forcellone ad andamento asimmetrico. Favorita dalla struttura del motore, con i cilindri molto sdraiati, la S1000RR offre un collegamento molto rettilineo fra cannotto di sterzo e perno forcellone.
Il comparto sospensioni, nella versione da noi provata, si affida ad una forcella rovesciata con steli da 46mm e ad al classico monoammortizzatore, entrambi Sachs ed entrambi dotati di assistenza elettronica Dynamic ESA con operatività semiattiva (ovvero con gestione dell’idraulica dinamica e di precarico statico). Il comparto freni si affida ad una coppia di dischi da 320mm all’anteriore con pinze Brembo e pompa radiale Nissin; al posteriore c’è un disco singolo da 220. Tutto l’impianto è gestito dal BMW Motorrad Race ABS semi-integrale con diverse modalità ed assistenza cornering.
La dotazione elettronica prevede tre mappe (Rain, Sport e Race) più due con il pacchetto Pro (Slick e User, configurabile dall’utente) ed offre le funzionalità di controllo di trazione (regolabile dall’utente su otto livelli nelle due mappe Pro ed integrante l’anti-impennata, anch’esso regolabile), cruise control e limitatore di velocità in pitlane. Il cambio è dotato di elettroassistenza sia in innesto che in scalata.
Ducati Panigale 1299S
La mosca bianca del gruppo: la Panigale sfrutta il suo motore Superquadro come elemento stressato a cui imbullona direttamente il forcellone monobraccio e il telaietto monoscocca – entrambi in alluminio – che compongono la sua ciclistica.
Le sospensioni anche in questo caso sono realizzate completamente da Öhlins, con forcella a steli rovesciati NIX30 da 43mm e monoammortizzatore TTX36 che però, a differenza di quanto avviene sull’Aprilia, offrono gestione elettronica con modalità semiattiva configurabile dal pilota.
Somiglianze fra le due italiane si riscontrano anche per quanto riguarda l’impianto frenante: anche nel caso della Ducati Brembo mette a disposizione una coppia di dischi da 330mm con pinze monoblocco M50. Al retrotreno c’è un’unità da 245mm, il tutto assistito da ABS Cornering.
L’elettronica è al top. Con il model year 2017 arrivano il controllo di trazione DTC Evo e l’anti-impennata DWC Evo, entrambi mutuati dalla Panigale Anniversario e retrofittabili sui modelli 2015 e 2016. La panoramica continua con il quickshifter DQS attivo sia in innesto che in scalata, il controllo del freno motore EBC e l’acquisizione dati DDA+ GPS.
Honda CBR1000RR Fireblade SP
Fedele alla linea, la Honda Fireblade SP ha lasciato immutato telaio e forcellone (entrambi scatolati in alluminio, ovviamente) in termini di misure esterne, variandone però profondamente la rigidità interna per adattarli al motore rinvigorito. Il comparto sospensioni si affida ad Öhlins con l’adozione di raffinatissime unità NIX30/TTX36 semiattive, con la sola eccezione dell’ammortizzatore di sterzo che resta l’HESD introdotto nel 2004 sulla prima 1000, aggiornato naturalmente nelle funzionalità e nelle logiche.
L’impianto frenante si affida a Brembo per quanto riguarda le pinze monoblocco, ora dotate di pastiglie a diverso coefficiente di attrito rispetto alla precedente Fireblade SP, con dischi da 320mm all’anteriore e un’unità singola da 220 al posteriore. L’ABS cornering non è disinseribile. Già che siamo in tema, raffinatissimo il serbatoio in titanio esclusiva della versione SP.
L’elettronica offre cinque Riding Mode, di cui tre predefiniti e due programmabili dall’utente, il controllo di trazione HSTC su nove livelli, la gestione del freno motore SEB e naturalmente il quickshifter attivo in innesto e scalata.
Kawasaki ZX-10RR
La Homologation Special di Kawasaki resta ovviamente fedele alla base tecnica della versione standard, con telaio perimetrale a doppio trave e forcellone in alluminio che hanno ampiamente dimostrato il loro valore nel Mondiale SBK. Il comparto sospensioni si affida al top di gamma Showa per la produzione di serie, costituito dalla forcella BFF con steli da 43mm e il monoammortizzatore BFRC Lite, entrambi ovviamente completamente regolabili ed entrambi a funzionamento meccanico. Öhlins mette invece a disposizione l’ammortizzatore di sterzo a controllo elettronico.
Il comparto frenante si affida a pompa radiale Nissin con dischi e pinze monoblocco Brembo, queste ultime nella pregiata versione M50 che grazia la “doppia R” Kawasaki. Altra differenza con la versione di serie sta nei cerchi Marchesini alleggeriti che la rendono più agile e reattiva, e ovviamente nella livrea Winter Test che la rende ancora più grintosa. Naturalmente presente l’ABS in versione cornering, disabilitabile per l’uso in pista applicando uno spinotto sotto la sella.
La dotazione elettronica prevede il controllo di trazione S-KTRC su cinque livelli, il launch control KLCM regolabile su tre, l’anti-impennata e il controllo del freno motore KEBC. Sulla versione RR si sblocca la funzionalità del quickshifter anche in scalata, non presente sulla “R”.
Suzuki GSX-R1000R
La novità dell’anno si affida ad uno schema collaudato: anche per lei telaio a doppio trave e forcellone in alluminio, con lo stesso comparto sospensioni utilizzato dalla Kawasaki almeno per la versione “R” – è uno degli aspetti in cui si allontana dalla versione di serie che adotta invece la soluzione BPF. La forcella è la BFF da 43mm, l’ammortizzatore il BFRC, entrambi Showa, entrambi pressurizzati e completamente regolabili.
In zona freni troviamo una pompa radiale Nissin che comanda pinze Brembo monoblocco e dischi della Casa bergamasca in versione T-Drive da 320mm; al posteriore troviamo naturalmente un disco singolo da 220mm. In entrambi i casi il controllo viene affidato all’ABS, con funzione cornering, non disinseribile per l’uso in pista.
Completissima la dotazione elettronica, con le consuete tre mappature per l’acceleratore del sistema S-DMS, il controllo di trazione Motion Track TCS impostabile su 10 livelli con anti-impennata integrato e il quickshifter bidirezionale.
Yamaha YZF-R1M
Difficile aspettarsi variazioni sul tema dalla Casa che ha introdotto il Deltabox, nome che con il passare del tempo è passato ad indicare (scorrettamente) lo schema tecnico del doppio trave scatolato in alluminio. La YZF-R1M si affida quindi ad un telaio perimetrale a doppio trave con forcellone in alluminio, a cui sono vincolate sospensioni semiattive Öhlins NIX30 (forcella) e TTX36 (monoammortizzatore) e l’ammortizzatore di sterzo della stessa marca.
Il comparto frenante si affida invece ad unità Tokico, con pinze monoblocco e dischi da 320mm all’avantreno gestite dall’ABS (disinseribile) con funzione cornering. Al retrotreno troviamo invece un disco singolo da 220mm.
La dotazione elettronica è spettacolare, con Traction Control dotato di slide control separato, Launch Control, ed anti-impennata, tutti regolabili separatamente dal cruscotto o con l’utilizzo di un tablet grazie alla CCU (Communication Control Unit) di serie sulla “M”. Il quickshifter? C’è, ma solo in innesto: la Yamaha è rimasta l’ultima a non offrire sulle sue supersportive l’assistenza in scalata.
Come da consuetudine, abbiamo pesato e messo al banco tutte le protagoniste della nostra prova ad opera del nostro Maurizio Tanca grazie alla collaborazione di Superbike SNC di Novate (MI) ottenendo risultati che grossomodo confermano le dichiarazioni delle rispettive case. Vediamo i risultati uno per uno.
Incredibili i grafici dell'Apriliona. Un po' per il valore di potenza massima, che risulta il più elevato di tutte le concorrenti, ma anche e soprattutto per la meravigliosa regolarità dell'erogazione - vi sfidiamo a trovare un "buco", anche ai regimi più critici. Dimenticatevi i tempi in cui la RSV4 pagava pegno per il motore: ora è il riferimento praticamente indiscusso. Dai 4.500 giri in avanti, la coppia resta sempre superiore agli 8 Kgm!
La BMW S1000RR ha costruito buona parte della sua meravigliosa reputazione (e dei suoi successi in gara) grazie ad un motore che per diverse stagioni non ha avuto alcun rivale. Purtroppo l'avvento dell'Euro-4 l'ha un po' penalizzata, rubandole qualche cavallo in termini di potenza assoluta, ma definendo anche una curva di coppia piuttosto tormentata, con diverse flessioni e l'evidente calo a partire dagli 11.500 che la fanno sembrare un po' a corto di fiato rispetto alle versioni precedenti anche se - va detto - il valore resta sempre molto alto dai 5.000 giri all'intervento del limitatore. La cosa ci offre però lo spunto per una riflessione: siamo arrivati a storcere il naso davanti ad una moto da 192 cavalli...
Il grafico della Ducati Panigale 1299S è probabilmente la miglior carta d'identità che la superbicilindrica bolognese possa presentare. A parte la leggera flessione attorno ai 5.000 giri, il resto è semplicemente impressionante. Autoesplicativo l'aumento della coppia a 7.750 giri, che dà origine alla vertiginosa scalata della potenza - un grafico che preannuncia quello che si è rivelato il comportamento in pista, dove la Ducatona accelera come una furia, risultando incredibilmente efficace ma anche altrettanto impegnativa. A conferma, il valore (mostruoso) della curva di coppia, evidentemente grazie alla cubatura, che oltrepassa i 10kgm all'albero e non scende più fino alla fine dell'erogazione. La rimpiangeremo...
Anche per la Honda, il grafico è la perfetta anticipazione di quello che si riscontra nella realtà. Trascurando il valore di potenza massima - peraltro superiore a quanto dichiarato dalla Casa madre - quello che colpisce è la regolarità dell'erogazione, con un'unica flessione attorno ai 6.200 giri che prepara al successivo lancio verso la potenza massima, con una curva di coppia che procede di pari passo e una bella "schiena" che spinge di slancio fino alla fine. Contenuto infatti il fisiologico calo della coppia dopo il regime di potenza massima, che si stempera piacevolmente agli altissimi regimi dopo un andamento fra i più regolari della compagine.
Eccellente il valore di potenza massima per la Kawasaki, che all'atto pratico in effetti convince tantissimo agli alti, con una spinta e un urlo assolutamente esaltanti. Un po' meno esaltante la curva ai bassi e medi regimi, dove a parte la flessione della coppia è evidente una progressione davvero sottotono fino ai 7.000 giri; l'adozione dell'Euro-4, avvenuta sul modello 2016 della ZX-10R, ha penalizzato tantissimo il quadricilindrico di Akashi, che poi all'atto pratico vede magnificato questo difetto per la scelta di una rapportatura finale davvero troppo lunga.
Se ci fosse bisogno di una dimostrazione in merito all'efficacia del sistema di distribuzione a fasatura variabile adottato da Suzuki sulla GSX-R1000 2017, riterremmo ampiamente sufficiente il grafico delle prove al banco. Impressionante la curva di coppia, che già a 4.500 giri si assesta sopra la soglia dei 10kgm, per poi non mollare niente fino ai 12.000, un pelo prima della potenza massima che, dal canto suo, sfora la soglia dei 200 cavalli e si presenta con un andamento praticamente rettilineo nella scalata prima di raggiungere il picco, e stemperarsi poi in un bell'allungo.
Le curve di coppia e potenza della Yamaha YZF-R1M sono più irregolari di quanto non si noti all'atto pratico, dove il crossplane di Iwata mostra una regolarità in progressione davvero eccellente, probabilmente addolcita da un'elettronica davvero a punto. Interessante l'andamento della curva di coppia, che resta piatta fino ai 7.000 giri per poi impennarsi bruscamente ed assestarsi sopra i 10kgm fino ai 12.000 giri. Più regolare la curva di potenza, che al netto di qualche incertezza spinge bene fino all'intervento del limitatore.
Nota: la YZF-R1M ci è stata consegnata con il silenziatore Akrapovic optional e priva di specchietti, portatarga ed indicatori di direzione, offrendo così valori migliori quanto a peso rispetto alla versione di serie.
I risultati al banco e sulla bilancia
Moto |
Peso in ordine di marcia (a secco) |
Potenza massima all’albero |
Aprilia RSV4 RF |
210,3 (197) kg |
200,7 cv |
BMW S1000RR |
211 (198,4) kg |
192,2 cv |
Ducati Panigale 1299S |
194 (181,7) kg |
198,2 cv |
Honda CBR 1000RR Fireblade SP |
195,5 (183,7) kg |
193,3 cv |
Kawasaki ZX-10RR |
208,5 (196,3) kg |
200,2 cv |
Suzuki GSX-R1000 R |
205,0 (193,5) kg |
200,6 cv |
Yamaha YZF-R1M |
199 (186,8) kg |
199,7 cv |
Vi raccontiamo, per ciascuna delle moto, la valutazione condivisa dal nostro team di tester (che per l’occasione ha coinvolto Francesco Paolillo, Edoardo Licciardello, Maurizio Gissi, Andrea Perfetti, Maurizio Vettor e Luca Frigerio) maturata dopo le prove sul tracciato di Le Castellet.
Aprilia RSV4RF
Ergonomia
La RSV4 è una moto da pista purissima, e la posizione di guida è perfetta per la guida di corpo. Non cercate comodità, anche perché le misure sono davvero minime, e la protezione aerodinamica è studiata solo per le massime prestazioni – il cupolino fa un discreto lavoro, ma solo a patto che vi rannicchiate in posizione raccolta.
Motore
Praticamente impossibile trovare difetti al V4 di Noale, soprattutto adesso che in alto ha trovato una grinta spettacolare. La spinta è presente a tutti i regimi, si apre il gas e il quattro a V vi lancia fuori dalle curve con una progressione esaltante e il sottofondo di una delle colonne sonore più belle del panorama motociclistico mondiale.
Ciclistica
Specialistica e tecnica più di ogni altra, e quindi molto sensibile alle regolazioni, la “nostra” Aprilia RSV4RF ha sofferto per un assetto particolarmente frenato, con il mono che ha mostrato un comportamento poco propenso a far lavorare il pneumatico e conseguente consumo anomalo. Nonostante questo è stata velocissima, ma l’impegno per portarla al limite è stato improbo. Nervosa sul veloce, si è dimostrata la solita saetta nel misto e nei cambi di direzione, nonostante l’assetto migliorabile.
BMW S1000RR
Ergonomia
La BMW è senza dubbio la più comoda del lotto: protettiva, spaziosa – per i canoni di una sportiva – e raffinata, con il suo cruise control e le manopole riscaldate, ha però trovato proprio in questo un limite nell’uso in pista, dove i compromessi stradali l’hanno un po’ penalizzata in termini di posizione di guida. Completa e ben leggibile la strumentazione invece anche nell’uso in pista, dove a nostro avviso la scelta di un contagiri tradizionale premia ancora.
Motore
Il 4 cilindri di Monaco è sempre stato un riferimento per potenza ma anche per corpo nell’erogazione. Questa versione Euro-4 però sembra avere perso parte della carica esplosiva che l’ha resa tanto apprezzata da piloti e smanettoni di tutto il mondo. La tonalità di scarico è cambiata, e a parte la perdita di potenza agli alti (come vedremo al banco) è soprattutto un tiro ai medi un po’ affievolito a penalizzarla. Rimane comunque sempre un gran bel pezzo di meccanica.
Il cambio è rapido e preciso in inserimento, ma perde qualche punto in scalata dove non si percepiscono gli innesti e si è costretti controllare il display per accertarsi che la marcia sia entrata.
Ciclistica
La S1000RR si rivela paradossalmente non particolarmente impegnativa per un pilota esperto quando si resta su ritmi decorosi ma non esasperati, ma diventa meno coerente e intuitiva quando si comincia a spingere, con un comportamento a volte inconsistente delle sospensioni elettroniche e un pacchetto elettronico migliorabile. Il limite maggiore è però nei freni, che perdono mordente, allungano la corsa e iniziano a vibrare già dopo pochi giri tirati su un tracciato esigente da questo punto di vista come il Paul Ricard.
Ducati Panigale 1299S
Ergonomia
Assieme all’Aprilia, la Ducati Panigale è la più corsaiola e pronto pista, con tutto quello che ne consegue in termini di pregi e difetti. In pista la posizione di guida è semplicemente perfetta, con pedane correttamente arretrate a cui ancorarsi in uscita di curva e semimanubri aperti che ne valorizzano l’agilità e sostengono anche nelle staccate più micidiali di cui è capace. Ma anche senza considerare il comportamento stradale, la Panigale si rivela impegnativa anche in circuito: scalda, trasmette le risonanze del motore e in generale affatica molto il pilota, complice una protezione aerodinamica decisamente limitata. Strumentazione completissima e ben leggibile, anche se è necessario prendere confidenza con il sistema di menu e sottomenu per cucirsela addosso.
Motore
Il Superquadro da 1299cc è semplicemente mostruoso, travolgente, debordante. Grazie anche ad una rapportatura del cambio azzeccatissima, spara fuori dalle curve con una grinta pazzesca e sembra non esaurire mai la spinta, anche a regimi che sembrerebbero del tutto fuori luogo per due pistoni come quelli della Panigale. Il motore alla fine domina e definisce lo stile di guida richiesto dalla moto, perché con tanta schiena diventa difficile guidare puliti, di percorrenza, dovendo invece spigolare molto sfruttando le doti di frenata ed accelerazione.
Il cambio è rapido e preciso in scalata, mentre in innesto a volte appare qualche incertezza soprattutto ai medi regimi, quando si anticipa la cambiata per sfruttare il tiro del motore.
Ciclistica
Spettacolare in fase di frenata e inserimento, la Panigale è molto rapida anche nei cambi di direzione. Moto molto fisica, chiede tanto al pilota ma viene premiata dal cronometro se si hanno la determinazione e lo stile guida richiesti da una moto tanto estrema, che rispetto alla precedente 1199 – ma anche, paradossalmente, alla Panigale R che vanta la stessa potenza ma medi regimi meno esplosivi – non risponde bene alla guida pulita. Elettronica allo stato dell’arte sia per quanto riguarda il controllo motore che per l’impianto frenante/ABS da riferimento nelle prestazioni.
Honda CBR1000RR Fireblade SP
Ergonomia
La Fireblade si presenta con una posizione di guida che carica abbastanza i polsi ma lontana da centri estremismi corsaioli, con semimanubri aperti il giusto e pedane comode che però poi, in pista, risultano un pelo troppo avanzate ed impediscono di spingere come si vorrebbe con i piedi. Francamente un po’ sconcertante l’omologazione monoposto, viste le doti di raffinatezza anche su strada della Blade, mentre da un punto di vista aerodinamico va registrata la protezione ridotta ai minimi termini. Strumentazione completissima e molto raffinata, ma dalla leggibilità solo sufficiente.
Motore
Il propulsore della CBR1000RR 2017 manca un po’ dell’aggressività, della cavalleria di alcune delle concorrenti, ma ricambia il pilota con un’erogazione piacevole ed estremamente sfruttabile e comunque una grinta di tutto rispetto agli alti. E poi la voce allo scarico è davvero gasante, con gustosissime “fucilate” dallo scarico quando si snocciolano le marce in rettilineo.
Ottimo il cambio, rapido e preciso sia in innesto che in scalata.
Ciclistica
Agile e precisa, poco affaticante, rappresenta una sintesi perfetta fra caratteristiche spesso discordanti. Merito della leggerezza – l’omologazione monoposto l’aiuta, data l’assenza di pedane passeggero e l’alleggerimento del telaietto reggisella – ma anche di quote ciclistiche ben studiate e sospensioni semiattive dal comportamento impeccabile, il tutto perfettamente coerente con quel “total control” che da sempre è il punto di forza della Fireblade.
Tutto il pacchetto però meriterebbe un miglior supporto da parte dell’elettronica, che la limita un po’ nell’uso estremo. Un po’ perché non è possibile modificare separatamente alcuni aspetti (sarebbe molto utile poter sfruttare il controllo di trazione ai livelli più bassi mantenendo però un controllo dell’impennata più restrittivo) ma anche e soprattutto perché l’ABS si rivela molto intrusivo e con un comportamento a volte poco prevedibile, con variazioni di pressione nell’arco della frenata che rendono difficile tenere ritmi elevati.
Kawasaki ZX-10RR
Ergonomia
Relativamente comoda, molto raccolta, come spesso accade con le giapponesi è più votata all’uso sportivo stradale che non a quello in pista. Le pedane sono avanzate e non troppo rialzate, limitando il pilota nella guida di corpo. In compenso, la protezione è buona anche alle massime velocità. La strumentazione oggi appare datata e non esaltante per leggibilità.
Motore
Potente, ma con una netta predilezione per gli alti regimi: il quadricilindrico Kawasaki spinge come un dannato quando il contagiri è quasi tutto illuminato mentre ai bassi e medi regimi dopo il passaggio all’Euro4 appare la più pigra del gruppo, complice anche una rapportatura davvero troppo lunga. Ed è un peccato, perché quando il quattro di Akashi gira alto è davvero esaltante per spinta e ringhio allo scarico.
Ottimo il cambio, rapidissimo e preciso e con un quickshifter da riferimento.
Ciclistica
Stabile ed equilibrata, non raggiunge gli apici di efficacia toccati da Honda/Aprilia/Ducati ma in compenso aiuta il pilota senza risultare quasi mai eccessivamente impegnativa. Ha un avantreno incredibile per precisione, sicurezza e feeling, ma paga un po’ quote ciclistiche improntate alla stabilità e un interasse un po’ troppo importante pagando qualcosa in inserimento e nei cambi di direzione. Ottimi i freni, potenti e modulabili.
Suzuki GSX-R1000 R
Ergonomia
Comoda, tenendo conto della tipologia di moto, ma quando si spinge si vorrebbe un assetto più spinto. La protezione aerodinamica è ottima, e in generale la Suzuki si guida senza particolare impegno fisico. La strumentazione è ricca e completa, ma complice un contrasto non troppo elevato risulta un po’ difficile da interpretare al colpo d’occhio.
Motore
Davvero bellissimo il nuovo quattro cilindri in linea Suzuki, che grazie al sistema di distribuzione a fasatura variabile sa coniugare tiro ai bassi, spinta ai medi, potenza massima ed allungo. Un motore dall’erogazione pulita e corposa, raffinato nelle sue curve caratteristiche che trova riscontro all’atto pratico rivelandosi davvero gustosissimo da guidare – non crediamo di esagerare nel definirlo il riferimento per lo schema del quattro in linea.
Se qualche pecca c’è la troviamo nella risposta (perfettibile) in fase di chiudi/apri. Il cambio è discreto: non brilla per rapidità e si rivela anzi discretamente contrastato, soprattutto in scalata.
Ciclistica
Brillante nei cambi di direzione, la Suzuki GSX-R1000R si rivela anche molto stabile e precisa sul veloce, con una ciclistica davvero azzeccata pur se contraddistinta da un assetto di base tendenzialmente morbido per le prestazioni che è in grado di ottenere – lavorandoci siamo sicuri che sia possibile migliorare molto nell’uso più estremo.
Eccellente il comparto frenante in termini di componentistica ed azione dell’ABS, ma la solita, scellerata scelta dei costruttori giapponesi di affidarsi a raccordi in gomma invece che in treccia aeronautica si paga nell’uso più spinto, limitando potenza e precisione nelle staccate più furibonde e facendo perdere rapidamente tono idraulico all’impianto dopo qualche giro tirato. Peccato, perché si intuisce che il potenziale ci sarebbe.
Yamaha YZF-R1M
Ergonomia
Pronto gara, in tutto e per tutto. La Yamaha YZF-R1M è contraddistinta da una triangolazione sella-manubrio-pedane ottimale, anche se continuiamo a trovare davvero troppo chiusi i semi manubri, che a lungo andare tendono ad affaticare il pilota, anche se ad onor del vero su questo tracciato il problema non è apparso particolarmente rilevante. Buona la protezione dall’aria.
Motore
Bello e sfruttabile, il quadricilindrico crossplane si adatta bene sia ai tratti guidati sia a quelli veloci o velocissimi come troviamo su questo tracciato. Meno a punto il cambio, migliorabile nella precisione degli innesti e soprattutto ancora privo di quell’assistenza elettronica in scalata a cui, lo ammettiamo, abbiamo fatto molto rapidamente l’abitudine. E rimane anche un po’ di fastidioso on-off, che penalizza un po’ nelle ripartenze dalle marce basse e perturba un po’ l’assetto se si “telegrafa” con l’acceleratore in percorrenza.
D’altro canto l’elettronica, allo stato dell’arte, funziona bene ed è completissima.
Ciclistica
La Yamaha vanta una dotazione top che determina un comportamento molto sportivo ed efficace. Non brilla nei cambi di direzione, penalizzata dall’inerzia dovuta alla larghezza del motore e nello specifico dell’albero: è quella che richiede il maggiore sforzo rispetto a tutte le altre concorrenti. In compenso scende in piega in maniera rapida e lineare, oltre ad essere davvero stabile e precisa quando si spinge forte.
Il comparto frenante è il reparto che meno ci ha convinto: la leva risponde in maniera “gommosa” e la potenza sembra un gradino sotto la migliore concorrenza. Ci si trova a frenare prima, con una scarsa precisione in inserimento. In generale però, nonostante non sia certo perfetta, è quella che ha convinto più di tutte su questo tracciato.
La nostra comparativa non sarebbe ovviamente completa senza un riferimento cronometrico che aiuti a stilare una classifica fra le sette regine della categoria 2017. Stavolta, per avere un confronto il più possibile equanime e libero da preferenze o abitudini del pilota, ci siamo rivolti a Pirelli che ci ha prestato Alfio Tricomi, collaudatore della Casa milanese e pilota di livello nazionale.
Alfio, oltre ad essere velocissimo, conosce alla perfezione le gomme utilizzate e ha una buona esperienza sul circuito francese. Dopo una mattinata per riprendere i riferimenti sul velocissimo Paul Ricard (che abbiamo utilizzato nella configurazione più veloce, sfruttando il tracciato lungo 5,8km e con l’intero rettilineo del Mistral da 1,8km) Alfio è uscito con tutte e sette le moto. L’ordine d’uscita è stato sorteggiato, e per ciascuna Tricomi ha effettuato un giro di lancio, tre passaggi cronometrati e il giro di rientro, rilevati attraverso l’acquisizione dati BrainDose, dalla quale abbiamo estratto i dati più interessanti per le prime tre classificate. Abbiamo tenuto solamente il giro migliore per ciascuna, stabilendo la classifica che potete leggere qui sotto.
Moto |
Best Lap |
|
1 |
Yamaha YZF-R1M |
2’08”76 |
2 |
Aprilia RSV4RF |
2’09”99 |
3 |
Ducati Panigale 1299S |
2’10”63 |
4 |
BMW S1000RR |
2’11”36 |
5 |
Suzuki GSX-R1000R |
2’11”87 |
6 |
Honda CBR 1000RR Fireblade SP |
2’12”86 |
7 |
Kawasaki ZX-10RR |
2’13”42 |
Come nelle nostre precedenti comparative, ci teniamo a sottolineare come questo risultato abbia sì valore, ma come l’importanza sia relativa. Un altro pilota, magari su un circuito diverso per caratteristiche, potrebbe sovvertire l’ordine di questa classifica. E ci preme sottolineare anche come le caratteristiche del Paul Ricard, molto lungo e con tratti molto veloci, abbiano creato una forbice di tempi fra la prima e l’ultima molto ampia, giustificata dal fatto che pregi e difetti o semplicemente caratteristiche comportamentali qui vengono amplificati – i distacchi, su un altro tracciato, sarebbero stati decisamente più contenuti.
Tutte le moto sono state utilizzate con l’assetto con cui ci sono state consegnate e con la mappa/riding mode più prestazionale, con livello d’intervento del Traction Control scelto dal pilota.
Vi presentiamo qui alcuni dei dati raccolti dall’acquisizione dati Brain Dose, che abbiamo utilizzato nella nostra comparativa. Essendo basata su GPS ma dotata di quella che in effetti è una piattaforma inerziale a tutti gli effetti, è in grado di registrare anche i valori di angolo di piega, accelerazione e diversi altri dati molto interessanti per capire meglio il comportamento delle moto.
Valori che hanno confermato le nostre impressioni di guida relativamente al comportamento delle singole moto, e che ci hanno aiutato a capire meglio dove ciascuna delle moto ha guadagnato o perso – vi proponiamo una breve sintesi dei valori delle prime tre classificate. Interessante come l’angolo di piega sia molto simile, legato alle caratteristiche di efficacia della gomma e allo stile di guida del pilota, ma anche come le forti differenze in velocità massima, su un rettilineo lunghissimo come quello del Paul Ricard, non si riflettano comunque in superiorità nei tempi sul giro.
Moto |
Best Lap |
Velocità massima |
Angolo di piega massimo |
|
1 |
Yamaha YZF-R1M |
2’08”76 |
293 km/h |
48,49° |
2 |
Aprilia RSV4RF |
2’09”99 |
290 km/h |
49,3° |
3 |
Ducati Panigale 1299S |
2’10”63 |
302 km/h |
49,04° |
Un po’ di curiosità della nostra comparativa, che ha richiesto un impegno – come potete immaginare – immane in termini di schieramento di mezzi, persone ed impegno. Eccovi, per darvi un’idea, qualcuno dei numeri più significativi.
Iniziamo da quello che non ci stancheremo mai di ripetere: tutte e sette queste supersportive sono dei veri e propri gioielli. Nel nostro lavoro abbiamo la fortuna di provarle più volte, nei vari eventi di presentazione, nei test di gomme e nelle nostre prove comparative. E regolarmente, quando le mettiamo a confronto, ci rendiamo conto di come emergano differenze che non avevamo colto quando avevamo provato ciascuna di queste singolarmente.
Il motivo è molto semplice: il livello è talmente elevato che, senza confrontarle direttamente e in ambiente probante come quello di un circuito di primissimo livello, sono tutte moto eccellenti, capaci di esaltarci e gratificarci con un comportamento dinamico e prestazioni che qualche anno fa sarebbero state più che sufficienti per essere competitivi in gare mondiali.
Quindi, più che il tempo sul giro, vi invitiamo a scegliere la vostra prossima compagna di scorribande – se siete fra quelli che possono ancora permettersi una supersportiva per questioni economiche, di forma fisica e… condizioni ambientali – sulla base delle caratteristiche dinamiche, perché non abbiamo il minimo dubbio sul fatto che ciascuno di voi possa avere preferenze (speriamo maturate sulla base delle nostre informazioni) non necessariamente coincidenti con le nostre. Che, per la cronaca, sono risultate estremamente varie, con preferenze espresse che vanno a coprire quasi l’intera gamma delle proposte: nessuna delle sette protagoniste è stata giudicata come noiosa o scarsa, e anche quelle che hanno pagato dazio in termini di tempo sul giro recupererebbero facilmente il distacco con pochissime modifiche – qualcuna forse anche solo con un dente in meno di pignone. Mai come quest’anno, visto il livello raggiunto dalle supersportive oggetto della nostra prova, è una questione davvero di gusti personali.
Maggiori informazioni:
Moto: Aprilia RSV4RF, BMW S1000 RR, Ducati Panigale 1299S, Honda CBR1000RR SP, Kawasaki ZX-10RR, Suzuki GSX-R1000R, Yamaha YZF-R1M
Meteo: Sole, 28°
Luogo: Circuit Paul Ricard (Francia)
Terreno: pista
Foto: Fabio Principe
Video: Luca Catasta, Stefano Berg, Antonio Mulas
Acquisizione dati: Brain Dose
Telecamere giroscopiche onboard: MicroGimbal
Sono stati utilizzati:
Caschi
Tute
Alpinestars GP Pro for Tech Air
Guanti
Stivali
Aprilia
Via G. Galilei 1
30033 Noale
(VE) - Italia
041 5829111
https://www.aprilia.com/it_IT/
Aprilia
Via G. Galilei 1
30033 Noale
(VE) - Italia
041 5829111
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