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Il Monster 696 ha aperto la strada, mostrando al popolo Ducatista quale fosse la nuova via, la strada da percorrere negli anni a venire. Con il nuovo 1100, la famiglia si allarga e offre oltre ad un’immagine più convincente, anche prestazioni da dura.
Iniezione di steroidi
Esteticamente le differenze con la sorella minore sono limitate, ma di grande impatto. Faro, serbatoio, telaio e codino, praticamente tutti gli abiti della Monster, sono in comune con la sorella minore, ma la coppia di cerchi in lega d’alluminio a cinque razze ad Y, dimensionati per accogliere gomme maggiorate, 120/70 anteriore e 180/55 posteriore (la 696 si ferma rispettivamente a 120/60 e 160/60) e soprattutto il monobraccio posteriore, sono esclusivi della 1100.
Il forcellone, oltre ad alleggerire notevolmente la vista laterale e a rendere più attraente il trequarti posteriore, sulla bilancia fa segnare un peso di 5 kg, decisamente pochi per un pezzo di ingegneria che oltretutto offre un rapporto peso-rigidità migliore addirittura del cugino che equipaggia la sportivissima 1098.
Sempre rimanendo in ambito di bilancia e chilogrammi, va segnalato che pur marcando un record di cilindrata all’interno della gamma Monster (1078 cc per essere precisi, cilindrata mai raggiunta dalla naked bolognese) questo ultimo 1100 fa calare l’ago della bilancia di ben 8 chili rispetto al precedente S2R 1000, 169 kg a secco, un record per la categoria. Se poi si prende in considerazione la versione “S” dotata di elementi in fibra di carbonio (parafango, coperchi copri - cinghia e paracalore dei terminali di scarico) oltre alle flange dei dischi anteriori in alluminio, il peso complessivo scende di un altro chilo. Mentre il prezzo sale, 13.200 € invece di 11.200 € della base. Questo è dovuto oltre alla già citata dotazione in pregiato tessuto, anche al reparto sospensioni griffato Ohlins, mentre i cerchi color oro sono solo estetici, niente forgiature o leghe speciali.
Uno sguardo da vicino
Saliamo in sella, ed ecco viene fuori un'altra differenza, che si vede poco ma si sente molto. Più 40 mm in altezza della sella da terra, da 770 a 810 mm, che non sono raggiunti grazie ad una diversa conformazione della sella, bensì ad un innalzamento di tutta la moto, con la corsa della forcella aumentata di 10 mm e l’attacco monoammortizzatore più lungo. Questi cambiamenti modificano, oltre all’aspetto generale, soprattutto la luce a terra e di conseguenza le capacità di piega.
Tutto come da programma
A prima vista nulla cambia nel ponte di comando, il piccolo cruscotto digitale è il medesimo del 696. Contagiri a barre ben leggibile, tachimetro e contachilometri un po’ meno, ma non c’è da perderci la vista. Mediante un tasto di selezione sul blocchetto sinistro si possono visualizzare oltre alla temperatura dell’olio e dell’aria, anche gli avvisi di manutenzione e il cronometro. Le spie di servizio peccano di visibilità in caso di luce intensa ed un maggiore dimensionamento sarebbe gradito, giusto per evitare di distogliere lo sguardo dalla strada quando le si guarda.
Addio fascette
Il livello di finitura è migliorato in maniera tangibile. Finalmente è tutto ok. Rispetto alle serie precedenti, niente più fascette a stringere cavi elettrici sul telaio a traliccio, niente più cablaggi e tubi di gomma a vista. Saldature e verniciature sono esenti da critiche, così come la scelta dei materiali, in particolar modo quelli plastici.
Cuore pulsante
Il lavoro svolto dagli ingegneri di Borgo Panigale sul bicilindrico raffreddato ad aria non ha riguardato solamente l’ordine e la pulizia esterni, bensì un approfondito sviluppo generale.
Il primo passo è stato quello di rivedere il basamento del motore, totalmente nuovo e realizzato applicando la tecnologia Vacural (utilizzata già per i modelli 848) attraverso la quale si effettua la pressofusione sotto vuoto, con un miglioramento del getto, che permette di eliminare le porosità del metallo. Questa tecnologia ha permesso di incrementare la precisione dimensionale e quindi di ottimizzare gli spessori delle pareti del basamento. In poche parole si sono riusciti a risparmiare 3 kg di peso rispetto ai precedenti propulsori da 1000 cc.
La gestione elettronica è cambiata radicalmente, l’applicazione del sistema speed-density ha permesso di ottimizzare la carburazione, e di conseguenza l’erogazione, in corrispondenza delle piccole aperture di gas. Novità anche per l’impianto di scarico, grazie all’adozione di un valvola di scarico, controllata elettronicamente.
Per assecondare al meglio le caratteristiche di agilità e leggerezza del Monster 1100, gli ingegneri hanno puntato sulla disponibilità di coppia ai medi regimi, piuttosto che al raggiungimento di potenze elevate. Sebbene 95 CV (69,8 KW) a 7.500 giri/min siano una bella quantità di cavalli per una naked stradale (soprattutto se dotata di un bicilindrico raffreddato ad aria e due valvole per cilindro) il dato su cui riflettere sono i 10,5 Kgm (103 Nm) a 6.000 giri/min di coppia, in gran parte disponibili sin dai 4.000 giri/min. Questo conferisce al Monster 1100 un carattere decisamente vivace, come vedremo più avanti.
In sella e via
Il primo approccio con il nuovo Monster 1100 è positivo, in primo luogo per la posizione di guida che, abbandonata la postura anni settanta, sdraiata in avanti, si è avvicinata ai canoni attuali che vogliono una posizione di guida più raccolta. Il busto risulta ancora un po’ caricato in avanti, d’altronde questa è una caratteristica che i Monsteristi apprezzano, per cui non è stata cancellata del tutto. Buono il posizionamento delle pedane, alte il giusto e ben centrate rispetto al baricentro del guidatore. Meno bene l’ingombro trasversale dei supporti pedana del passeggero. Questi intralciano un poco il guidatore, costringendolo a poggiare lo stivale solo sulla parte esterna della pedana. Nessun problema nella guida turistico - brillante, qualche fastidio in più nella guida estrema, nel qual caso si è costretti a tenere i talloni aperti.
Il primo approccio con il nuovo Monster 1100 è positivo
L’assetto standard delle sospensioni, è stato ottimizzato per rendere al meglio su asfalto liscio, non che lo sconnesso non gli vada a genio e la metta in crisi, ma in questo caso sarebbe meglio mettere mano alla regolazione della forcella Showa a steli rovesciati da 43 mm. Il mono posteriore Sachs regolabile nel precarico e nell’estensione, pur privo di leveraggi, filtra sufficientemente le asperità, garantendo un comfort apprezzabile al guidatore. Ci mette del suo anche la sella ben conformata ed ottimamente imbottita, che smorza i colpi provenienti dalla ruota posteriore.
Una saetta
La taratura delle sospensioni tendente al rigido, unita alla leggerezza della 1100, sulle prime lascia perplessi. La reattività e la leggerezza dell’avantreno nei cambi di direzione alle basse velocità, farebbe supporre che il Monster possa essere troppo nervoso nel misto medio - veloce, suo territorio di caccia. Nulla di più sbagliato. Il 1100 anche se predilige la guida fluida e rotonda, con il motore che frulla tra i 4.000 ed i 6.000 giri, regime dove mostra un tiro ed una capacità di ripresa notevoli, anche se forzato e guidata “sporco” non si scompone. Pif-paf senza tanti complimenti, correzioni di traiettoria anche a centro curva, sono digeriti senza tanti patemi, mentre la velocità nei cambi di direzione è talmente rapida che verrebbe da paragonarla a quella di una motard. La diminuzione di peso, piuttosto che l’innalzamento delle potenze è un percorso che andrebbe seguito con più convinzione, anche da altri costruttori.
Rapido e preciso
Anche se la coppia e le capacità di ripresa del bicilindrico bolognese, permettono di limitarne l’uso, il cambio del Monster 1100 si merita un voto alto. Rapido e preciso, oppone un po’ di resistenza negli inserimenti dei rapporti (i chilometraggi relativamente modesti delle moto in prova, fanno presagire un miglioramento della manovrabilità con il passare dei chilometri) mentre la rapportatura asseconda lo spirito e le prestazioni della moto.
Avendo a che fare con un peso piuma, l’impianto frenante difficilmente va in crisi. La terna di dischi, doppio da 320mm anteriore e singolo da 245 mm posteriore, sono controllati da una coppia di pinze radiali a 4 pistoncini davanti e una a doppio pistoncino dietro. L’innalzamento delle prestazioni del 1100 rispetto al 696 ha suggerito l’adozione di un pompa radiale che ha incrementato notevolmente la potenza frenante dell’impianto.
L’attacco della frenata è tutt’altro che brusco, caratteristica che la mette al sicuro da bloccaggi indesiderati, mentre forzando sulla leva l’impianto si dimostra potente e gli spazi d’arresto decisamente buoni. Ottima la resistenza alla fatica. Il freno posteriore, si merita un buon voto per la precisione con cui si riesce a dosare, ed anche per la buona potenza frenante.
Game over
Le splendide curve che caratterizzano le strade del Massiccio dell’Esterel, sono state il terreno ideale per mettere alla frusta l’ultima nata in casa Ducati, peccato che il tempo a disposizione sia finito e ci sia l’obbligo di tornare alla base. Game over, il gioco è finito. Peccato.
Ducati
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