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Bentornata Ducati Scrambler, ti sei fatta attendere parecchio. L’azienda bolognese aveva infatti in casa un nome perfetto – Scrambler per l’appunto – per diventare protagonista di un segmento sempre più vivo e ricco di proposte, quello delle moto classiche. Piacciono ai giovanissimi, ma anche ai motociclisti esperti che oggi più che mai sognano moto divertenti e umane nel prezzo come nelle prestazioni. L’italiana Ducati mancava all’appello, ma crediamo che con la Scrambler abbia oggi l’arma giusta per colmare il divario che la separa (commercialmente) dalla Triumph e dalla Moto Guzzi.
La nuova Scrambler convince nel design (l’avete detto anche voi nel nostro sondaggio) e nella dotazione tecnica, e ha un prezzo in linea con le concorrenti (la versione base costa infatti 8.240 euro franco concessionario).
Ci sono poi le prestazioni gustosissime del motore desmo di 803 cc, che in questo caso fanno la differenza rispetto alle rivali italiane e straniere. La Ducati ha sì proposto una moto vintage, ma l’ha fatto a modo suo, senza azzoppare i cavalli.
Lo vedremo nel dettaglio più avanti, vi anticipiamo che il bicilindrico desmo raffreddato ad aria ha la migliore erogazione mai provata su questo tipo di motore; è regolare anche ai regimi più bassi e ha una bella spinta ai medi.
Siamo volati in California, a Palm Springs, per provare la Scrambler in versione base, denominata Icon e proposta in due colorazioni (rossa a 8.240 euro o gialla a 8.340 euro). Gli altri allestimenti costeranno 9.640 euro e arriveranno in un secondo tempo, mentre le prime Icon saranno disponibili già da gennaio.
Perché una presentazione negli USA? È presto detto: la Scrambler nasce negli anni 60 su espressa richiesta dell’importatore Ducati per gli Stati Uniti. La prima moto fu prodotta nel 1962, inizialmente con motori di cilindrata contenuta in 250 e 350 cc, poi nel 1969 fu la volta della apprezzata 450.
La Scrambler di oggi cresce nella cilindrata e nel numero dei cilindri (due al posto di uno), ha una dotazione tecnologia di prim’ordine (con ABS, iniezione elettronica, strumentazione digitale, forcella a steli rovesciati), ma non rinnega affatto lo spirito ribelle della Scrambler di 40 anni fa.
È ancora lei. Una moto essenziale, bella da guardare (anche fuori dal bar, che male c’è?), divertentissima da usare dove capita. In città si guida col pensiero, tra le curve non ci si annoia e se c’è un bello sterro, spalancate il gas come si fa nel flat track.
La Scrambler Icon, disponibile in giallo e rosso, è affiancata da tre versioni: Urban Enduro, Full Throttle e Classic, che danno una interpretazione stilistica e funzionale differente.
La Urban Enduro è fatta per chi ama lo stile enduro, la Full Throttle per chi è affascinato dal mondo delle corse flat track e la Classic per chi apprezza l’eleganza anche nei dettagli nascosti. Ogni moto ha il logo dedicato sulle pance in alluminio del serbatoio. Il parafango alto, la colorazione verde, la griglia di protezione del faro anteriore e il traversino del manubrio e le ruote a raggi sono la dotazione che contraddistingue la Urban Enduro. Con la sua coda corta, la Scrambler Full Throttle richiama le moto che corrono sugli ovali statunitensi e australiani. È equipaggiata con uno scarico Termignoni omologato per l’uso stradale. Il manubrio basso è a sezione variabile. La Classic è destinata a chi ama i dettagli e lo stile degli anni 70, ha i parafanghi in lamiera, il porta targa tradizionale e i cerchi a raggi, nelle stesse misure di quelle in lega, ovvero 3,00’’ x 18’’ all’anteriore e 5,50’’ x 17’’ al posteriore. La sella marrone ha il disegno a rombi.
Derivato da quello della Ducati Monster 796, il bicilindrico longitudinale a V di 90° ha un alesaggio di 88 mm e una corsa di 66 mm. Il motore Desmodue dello Scrambler ha i carter del motore e delle cinghie in alluminio, realizzati con lavorazioni a macchina. L’iniezione elettronica ha un corpo farfallato singolo da 50 mm di diametro con due iniettori sotto la farfalla. Pistoni e albero motore sono gli stessi del propulsore della Monster 796 e dell’Hypermotard 796, mentre gli alberi a camme sono stati studiati per garantire una erogazione lineare grazie all’adozione dell’incrocio a 11°. Lo scarico 2 in 1 con silenziatore in alluminio è dotato di para calore in alluminio per garantire la giusta protezione a gambe e piedi del pilota e del passeggero. Il cambio è a sei rapporti, mentre la frizione è APTC multidisco in bagno d'olio con comando a cavo. Inoltre è dotata di sistema anti saltellamento.
La potenza massima è di 75 cavalli a 8.250 giri, mentre la coppia è di 68 Nm a 5.750 giri. Gli intervalli di manutenzione sono richiesti ogni 12.000 chilometri.
Il telaio in tubi di acciaio ha un interasse di 1.445 mm, la forcella è una Kayaba rovesciata da 41 mm, mentre il forcellone bibraccio di alluminio impiega l’ammortizzatore inclinato (privo di leveraggi). I grandi pneumatici Pirelli MT 60 RS (specifici per la Scrambler) hanno dimensioni 110/80 R18 e 180/55 R17. L'impianto frenante, con il disco anteriore da 330 mm (come la Panigale) e quello posteriore da 245, è dotato di ABS e questo è facilmente escludibile quando si aprono le danze in fuoristrada. La larga e comoda sella è a 790 mm da terra e come accessorio è disponibile quella abbassata a 770 mm.
Il serbatoio contiene 13,5 litri e il peso a secco è dichiarato in 170 kg, che diventano di 186 kg in ordine di marcia. Basta coi numeri ora, proviamo a dare fiato alle emozioni, venite con noi.
A Palm Springs piove cinque giorni all'anno, dicevano. Uno l'abbiamo beccato noi. Sposa bagnata, sposa fortunata: saranno contenti in Ducati. Ce l'abbiamo messa tutta per conoscere a fondo la Scrambler e, a fine giornata grazie anche a un timido sole, pensiamo di esserci fatti un'idea chiara e precisa di come va la nuova classica italiana.
La Ducati Scrambler è fatta con cura, non ci sono dettagli stonati, soprattutto tenendo conto del prezzo di acquisto. La plastica è davvero poca e colpisce il contrasto tra i dettagli estetici retrò e quelli tecnico-funzionali moderni. Il serbatoio è in metallo, il motore sfoggia la sua bella alettatura di raffreddamento e i collettori di scarico sono spessi; sul fronte opposto c'è la strumentazione digitale tonda, facilmente leggibile e davvero ben fatta. I blocchetti elettrici sono minimalisti e vanno bene così, mentre sono un po' troppo moderni gli specchi retrovisori. Ma il catalogo accessori della Scrambler, non a caso, è molto ben fornito.
L'ergonomia è studiata con cura e accoglie senza problemi anche gli spilungoni come il sottoscritto. La Scrambler è bella comoda, ha un sellone basso, con una imbottitura esagerata. Si tocca facilmente terra e anche il passeggero si trova a suo agio, a patto che non sia troppo corpulento: la sella infatti è larga e morbidosa, ma il suo sviluppo longitudinale è limitato. In compenso ha due maniglie integrate nella parte bassa e ospita un discreto vano (adatto per una tuta antipioggia e un blocca disco). Sotto la sella si trova anche una comoda presa USB.
Il manubrio ci porta indietro nel tempo, alle enduro anni 80. E' alto e bello largo. Con la Scrambler si può stare in sella diverso tempo senza stancarsi, basta non superare i 120 km/h. Oltre, il collo inizia a ballare la rumba. Le vibrazioni sono pari a zero e il calore del collettore non si sente proprio (ma ci riserviamo di riprovare la moto con temperature più alte, negli States eravamo vicini allo zero).
Il bicilindrico desmo è sicuramente artefice del piacere di guida della nostra Scrambler gialla. E' uno dei migliori motori due valvole ad aria della Ducati, grazie all'incrocio a 11° infatti l'erogazione ai bassi è diventata burro. A 2.000 giri spalanchi l'acceleratore - bellissima la sua corsa ultra corta - e la Ducati prende velocità anche con le marce lunghe senza un sussulto. Nel chiudi-apri può sembrare brusco, ma non c'entra la mappatura, è colpa del nostro polso. Il comando del gas ultra rapido richiede infatti dolcezza nel dosare la potenza. La progressione è piena e gustosa fino a 6.000 giri, oltre c'è poi un bell'allungo che porta al regime di potenza massima e serve a chiudere rapidamente i sorpassi. Peccato per il rumore di scarico, soffocato dalla normativa Euro3. Chiariamoci, la Scrambler non ha un brutto timbro, anzi. E' però troppo silenziosa, educata. Anche qui, come per gli specchi, consigliamo di sbirciare il catalogo accessori. La frizione a cavo è morbida e appena lenta nella sua azione, mentre il cambio a sei marce è ben rapportato e molto sportivo: ha innesti secchi e precisi, con una corsa della leva brevissima. In scalata però richiede sempre un bel colpetto di gas, altrimenti tende a impuntarsi. Basta farci il piede.
Nel panorama sempre più affollato delle moto classiche la Scrambler porta alta la bandiera della Ducati e vince la palma d’oro di moto con le prestazioni più brillanti. In questo viene assecondata anche dall'ottimo comportamento del telaio e delle gomme Pirelli con ampia tassellatura.
La Ducati Scrambler è infatti molto maneggevole anche a bassa velocità, perfetta quindi per un pubblico giovane e per le ragazze meno muscolose. All'aumentare dell'andatura non delude nemmeno gli esperti, che anzi sulla Scrambler riscoprono il bello dell'andare in moto senza tanti fronzoli. Ci sono le prestazioni giuste e c'è soprattutto un bel feeling di guida. L'elettronica è quella che serve e di cui non possiamo fare a meno (leggi: iniezione e ABS), il resto rimanda a un contatto diretto tra la moto e il pilota: basta un giubbotto di pelle e un paio di jeans (con le protezioni, ovvio) per partire alla ricerca di una bella strada, senza troppa fretta. La Scrambler te lo dice in faccia: non è una semplice mossa di marketing, ma è la risposta giusta alla crescente voglia di cose semplici ed essenziali, sempre più viva anche tra i motociclisti.
La frenata è ottima e rinuncia all'attacco brusco del freno anteriore tipico di molte Ducati sportive; inoltre è poco incline al bloccaggio. Le sospensioni sono tarate sul morbido e regalano un buon confort. La forcella tende al fondo corsa nelle buche più pronunciate. Buche? Eh già, la Scrambler col suo peso lillipuziano invita a giocare come bambini esagitati non appena si abbandona l'asfalto.
E' bastato l'invito del fotografo (grazie Simone!) a fare due derapini sulla terra battuta per scoprire l'altra faccia della Ducati. La cattiva ragazza non indossa le Hogan, ma due begli anfibi Timberland che le consentono di disegnare tondi perfetti sulla terra battuta. E' ovvio, non ci faremo mai del sano enduro, ma sugli sterrati la nuova moto italiana diverte un casino.
C'è poco da stupirsi: non fosse stata così, non si sarebbe chiamata Scrambler.
Ducati
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40132 Bologna
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