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Per un paio d’anni la famiglia Dyna è stata orfana della Wide Glide, temporaneamente giubilata con la versione 105th Anniversary del 2008, mai importata in Italia. Quest’anno, però, questa l’accattivante chopper dalla forcella slanciata e con le piastre di sterzo molto larghe – e di conseguenza con gli steli altrettanto distanti tra loro: da qui il nome Wide Glide – è stata reinserita in gamma, in tre colorazioni (tutte con cerchi ruota neri) per altrettanti prezzi: la Vivid Black, chiaramente tutta nera, costa 15.400 Euro; la rossa Red Hot Sunglo ne costa 15.700, e la fiammeggiante Vivid Black with Flames della nostra prova arriva ai 16.000 tondi tondi. Giusto per la cronaca, i prezzi delle WG 2007 erano rispettivamente di 18.200, 18.500 e 18.900 Euro. Una bella differenza, quindi, dovuta più che altro alla svalutazione del Dollaro rispetto all’Euro, ma anche a qualche cromatura in meno.
Vale la pena di ricordare che la prima Harley-Davidson siglata FX risale al 1971. Si trattava della Super Glide 1200, moto decisamente bruttina con quel suo ardito codone biposto in fibra di vetro denominato “Boat Tail” (coda da barca), della quale appunto vennero venduti solo 4.700 esemplari. Tant’è che dall’anno seguente, una volta modificata radicalmente l’estetica del posteriore, la FX Super Glide iniziò ad avere successo. Al di là di tutto, in ogni caso, quella fu la prima “Factory Custom” della Casa di Milwaukee (in pratica un’antenata delle specialissime CVO di oggi), costruita utilizzando parti di due modelli di punta di allora - la FL, che montava appunto un motore Big Twin Shovelhead da 74 pollici cubi, e la XL Sportster 900 – e alla quale fu dunque affibbiata quella sigla tecnica FX che dava quindi vita ad una nuova generazione di Harley-Davidson. Una delle caratteristiche della FX stava nel fatto che, per alleggerire la moto ed abbassarne il baricentro, era stato eliminato il motorino di avviamento, e di conseguenza si usava una batteria più piccola, sistemata sotto la sella in un apposito scatolotto a vista. Particolare, quest’ultimo, che contraddistingue tutt’oggi la Harley Dyna.
Lo stile della nuova WG ricorda più o meno quello della moto di Hopper, naturalmente con due ammortizzatori al posto del telaio rigido posteriore, ma comunque con avantreno Wide Glide e ruota da 21”
Quanto agli scarichi, la precedente WG montava impianto gemellato Slingshot, qui sostituiti da un sistema “2-1-2” Tommy Gun con silenziatori sovrapposti. Meno evidente il fatto che il serbatoio, per enfatizzare ulteriormente il profilo chopper della moto, sia stato rialzato anteriormente di un paio di centimetri, oltre che aver perso per strada un paio di litri di capacità, ora di 17,3 litri.
Il nero lucido dei cerchi ruota lo troviamo anche sui supporti del parafango stesso, in parte sulla scatola della batteria, sulla calotta del piccolo faro anteriore, sui retrovisori, sui raiser da 10 centimetri del manubrio drag-bar (che ora all’interno nasconde i cablaggi elettrici), sull’inedito sissy-bar – un po’ miserino, ma tutto sommato non ci sta neanche male - e anche sulla classica console piazzata sul serbatoio, dove le cromature sono limitate alla cornice del tachimetro e alla classica manopola di contatto per l’avviamento. La quale, come sempre, sotto allo sportellino superiore nasconde la serratura di blocco: la chiave, a mappa, serve anche per il bloccasterzo, sulla destra del cannotto. Quanto al motore, sulla WG è quasi tutto nero opaco, con alettature dei cilindri, coperchi valvole e scatola del filtro aria cromati.
Confermati, naturalmente, i classici comandi elettrici separati per gli indicatori direzionali (a rientro automatico), che personalmente apprezzo moltissimo; non apprezzo,per contro, la cronica assenza del pulsante di lampeggio. Ai lati del serbatoio sono piazzati due tappi di rifornimento: a destra c’è quello vero quello vero, a vite (la serratura è optional), mentre il sinistro in realtà ospita il piccolo indicatore analogico del livello benzina.
La sella è un classico: parte anteriore corta, tipo “voglio vivere da solo”, e strapuntino posteriore asportabile (appunto…). Chi ami viaggiare in coppia deve sapere che le pedane posteriori sono fissate al forcellone, di conseguenza sono sensibili a qualsiasi imperfezione del fondo stradale. E anche che per migliorare l’estetica della WG si possono sostituire i due sellini separati con una bella sella biposto “Two-Up Sidekick”; i solitari ad oltranza, invece, potrebbero optare per una Browler monoposto. In entrambi i casi, le selle sono personalizzabili.
Dell’ormai arcinoto bicilindrico Twin Cam 96 a iniezione elettronica da 1.584 cc, raffreddato ad aria e montato elasticamente nel telaio, ricordiamo la potenza di 70 cv a circa 5.000 giri, con una coppia di 12,8 kgm (126 Nm) a soli 3.500, erogata con estrema dolcezza tramite la mai troppo lodata trasmissione finale a cinghia. Il cambio è stato dotato di ingranaggi elicoidali anche sulla quinta marcia, per ridurne la rumorosità.
Il povero disco anteriore da 300 deve pur sempre contrastare la spinta di tre quintali di moto più il pilota e, magari, anche il passeggero
Non si può nemmeno sostenere che la WG, lunga e bassa com’è, sia un fulmine sui tornanti montani, da affrontare dolcemente e senza fretta, certamente non come molti di noi sono abituati a fare. Meglio quelli a sinistra, dove si può piegare un po’ di più, che a destra, dove lo scarico limita parecchio: i primi a consumarsi sull’asfalto, in ogni caso, sono i tacchi delle calzature. Ma quando la strada si fa un po’ meno tortuosa viene molto facile tenere un’andatura molto disinvolta, complici la buona solidità ciclistica di questa Dyna, che rimane composta anche sui curvoni veloci, e la forza del motore, che oltre a riprendere fluidamente in sesta da 60 orari dimostra anche una verve mica male nello spingere fuori dalle curve ai medi regimi, e senza mai affliggere con vibrazioni degne di nota. Per quanto riguarda frizione e cambio, la prima è piacevolmente morbida, una meraviglia rispetto a qualche anno fa. Il cambio è discretamente scorrevole anche usandolo senza l’aiuto della frizione, ma non sempre è silenzioso, in particolare inserendo la prima per partire: il suo classico “clonk” dipende dalla fretta e non è inevitabile, basta tirare la frizione un po’ prima di inserire la marcia (per dare tempo ai dischi di staccarsi) e magari dare un colpetto di gas, e l’innesto sarà inavvertibile.
Quanto ai freni, la tradizione vuole che i posteriori Harley siano sempre piuttosto potenti, spesso fin troppo. In effetti anche qui è così, ma la modulabilità è buona, e solo sul bagnato è meglio non esagerare. Il povero disco anteriore da 300 deve pur sempre contrastare la spinta di tre quintali di moto più il pilota e, magari, anche il passeggero: per farlo lavorare solo dignitosamente, quindi, bisogna usare molta forza. Oppure aiutarlo sfruttando ad hoc il freno-motore. Noi abbiamo percorso circa 2.000 chilometri con questa moto, e abbiamo verificato che oltre i 3.000 l’impianto anteriore ha iniziato a “mordere” molto meglio.
La nuova Wide Glide, in definitiva, mi è piaciuta molto, e anche un passeggero non troppo invadente, che ho avuto occasione di trasportare per un breve tragitto cittadino, non si è per nulla lamentato. Fermo restando che le pedane posteriori sul forcellone, specie sulle strade spesso disastrate di Milano, non sono sicuramente il massimo. Però promuovo le sospensioni, in particolare gli ammortizzatori posteriori, dolci anche sullo sconnesso e poco inclini a picchiare a fondo corsa, perlomeno viaggiando da soli. Ma anche la forcella non lavora male, grazie anche alla sua accentuata inclinazione che aiuta molto ad attenuare i colpi ai polsi del pilota.
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20139 Milano
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