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La bella figlioccia della leggendaria flat-tracker XR750 si presenta in questa nuova veste Black Denim completamente nera opaca, motore e scarichi compresi, con pochi, discreti tocchi del classico arancione a gratificare ancor più il colpo d’occhio: in particolare si tratta dei filetti sui cerchi ruota, dei fregi sul serbatoio e delle molle degli ammortizzatori.
Davvero very cool, direbbero senz’altro oltreoceano. Stiamo ovviamente parlando della nuova XR1200X, in listino a 12.700 Euro, contro gli 11.500 della XR standard color Vivid Black e gli 11.700 delle versioni color Brilliant Silver Denim e Mirage Orange Pearl, che mantengono motore e scarichi “sabbiati” anziché neri.
Ma il prezzo maggiorato della XR1200X è giustificato soprattutto dall’avvento delle sospensioni totalmente regolabili e con tarature di base più sportive. Inoltre gli ammortizzatori sono più lunghi: in tal modo, la sella si alza di 30 mm (da 765 a 795), e sotto al motore ci sono 5 mm in più da sfruttare in curva.
Con le XR, com’è noto, ci si può divertire a piegare mica male
Un aggiornamento che certamente era dovuto all’Harley-Davidson stradale più sportiva e “piegatrice” di sempre (la XR750, dominatrice degli ovali in terra battuta da oltre quarant’anni a questa parte e probabilmente la racer più vincente di sempre, appartiene ovviamente ad un altro mondo), divertente su strada e capace, con i dovuti aggiustamenti, di viaggiare forte anche in pista, come peraltro ha ampiamente dimostrato l’anno scorso nel corso dell’XR1200 Trophy.
Dal quale è stato appunto estrapolato, espressamente per il mercato europeo, un bel kit di trasformazione che, una volta montato, avvicina esteticamente la XR1200X alle protagoniste del combattutissimo challenge. Si tratta di un allestimento tecnico/estetico che comprende i seguenti componenti: due silenziatori tondi Termignoni omologati, con foderi in fibra di carbonio e dbkiller estraibili, che danno al motore una voce un po’ più baritonale e senz’altro sono anche più leggeri degli originali; dischi Braking tipo Wave – i due anteriori sono flottanti, a nove nottolini – serviti da pastiglie tipo racing e tubazioni in treccia metallica e Teflon; codino monoposto con tabelle porta numero bianche e sottopancia con grafiche bianco-rosse (in entrambi i casi realizzati in fiberglass da Plastic Bike) e poggiapiedi fissi in lega leggera Valter Moto. Il tutto comporta un aumento di prezzo di 2.400 Euro, manodopera esclusa, ed è disponibile presso i concessionari che aderiscono a questa iniziativa.
Per il resto la moto è immutata, a partire dal cruscotto analogico/digitale (privo di indicatore di livello carburante)ai classici blocchetti elettrici con frecce a rientro automatico con comandi indipendenti e - peccato – senza pulsante di lampeggio in zona indice sinistro. Tutto rigorosamente nero, compreso il manubrio “low-rise” largo e comodo. Il bloccasterzo, con chiave tonda a mappa, è inglobato nel blocchetto di accensione, sulla destra del cannotto. La moto monta di serie anche l’antifurto elettronico Harley-Davidson Smart Security, con immobilizzatore e sirena.
Il motore è montato elasticamente nel classicissimo telaio a doppia culla in tubi d’acciaio, con misure decisamente improntate alla stabilità sul veloce: interasse di 1.515 mm, avancorsa di ben 130 mm e cannotto di sterzo inclinato di 29,3°. Come anticipato, sia la forcella a steli rovesciati da 43 mm che gli ammortizzatori – Showa in entrambi i casi – su questo nuovo modello sono completamente regolabili. Sulla prima, precedentemente priva di qualunque possibilità di taratura, ora si può regolare il precarico delle molle tramite due registri a brugola posti ai lati dei piedini, mentre su ciascuno dei due tappi in cima agli steli troviamo una coppia di vitine a taglio che regolano l’idraulica sia in estensione che in compressione. Gli ammortizzatori, mossi da un forcellone pressofuso in alluminio e già in precedenza regolabili in precarico tramite una ghiera superiore a scatti, hanno alla base la rotellina per la taratura dell’idraulica in estensione, e un pomellino sopra al serbatoio separato che gestisce il freno in compressione. Per la cronaca, l’escursione delle ruote è di 125 mm davanti ed 89 dietro. Invariati i freni Nissin da 292 mm davanti e 260 dietro (stesse misure sui Braking della versione kit), con pinze anteriori radiali a quattro pistoncini, mentre la posteriore è a pistoncino singolo.
Le ruote, da 18 pollici davanti e 17 dietro, montano radiali Dunlop D209 Qualifier da 120/70 e 180/55.
Anche se a prima vista non sembrerebbe, e nonostante la pur minimale carrozzeria sia in plastica, le Harley XR pesano i loro bravi 250 chili a secco, che diventano 260 col pieno di soli 13,3 litri.
Gita a lago
Ho avuto il piacere di gironzolare per una giornata intera con le due XR1200X, normale e “kittata”, su e giù per le belle strade intorno al lago d’Orta, al confine tra Lombardia e Piemonte.
Con le XR, com’è noto, ci si può divertire a piegare mica male - pratica pressoché sconosciuta in precedenza agli utenti Harley – e soprattutto senza brasare sull’asfalto materiale metallico pregiato, tipo marmitte e via dicendo: a patto, naturalmente, che non si pretenda da esse la dinamicità di una Honda CB1000R o dell’ultima Kawa Z1000, giusto per citare due delle grosse naked di riferimento attuali.
Di vibrazioni degne di tal nome non se ne avvertono se non in decelerazione, ma per quanto mi riguarda son poca cosa, e comunque appartengono allo spirito di una moto del genere
La posizione di guida è molto caratteristica, con il busto eretto e le braccia comodamente appoggiate al manubrio, mentre le pedane arretrate consentono alle gambe un’angolatura poco affaticante, però con le ginocchia un po’ basse rispetto al serbatoio che, essendo molto affusolato, è difficile stringere tra le cosce: stile Superbike americane degli anni settanta/ottanta, insomma, quando i piloti correvano senza carena e con i manubri alti. La sella non è un mostro di comfort come imbottitura, tuttavia offre una buona base d’appoggio che non massacra anzitempo i glutei (e qui gioca anche l’autonomia media non certo da granturista, compresa tra i 150 ed i 200 km).
La dinamicità dell’ XR1200 è da rapportare a una moto piuttosto lunga, che quindi rende al meglio sulle curve dove la si può lasciar correre che non sui tornanti, affrontabili comunque senza fatica grazie al baricentro favorevole e alla buona leva garantita dal manubrio. Il quale aiuta molto anche nelle manovre strette e nelle inversioni, favorite anche dal buon angolo di sterzata: 40° a sinistra, 39° a destra.
Le XR1200X dovrebbero essere anche più maneggevoli, proprio per via degli ammortizzatori allungati (per la cronaca, sulle moto del trofeo il retrotreno è più alto addirittura di 6 cm). Comunque sia, guidarle mi ha divertito molto, come in precedenza fu con la XR standard. Del resto, il fatto di potersi regolare le sospensioni a piacimento – prima la forcella era morbidotta e gli ammortizzatori per contro erano piuttosto secchi: buona stabilità sul liscio, quindi, ma qualche pompatina anteriore sugli avallamenti non mancava – non può che essere migliorativo, a ulteriore vantaggio della piacevolezza nella guida. Ripeto, il manubrio in questo aiuta molto: quando c’è da correggere una traiettoria e ributtare giù la moto per poi tenerla lì quando c’è da chiudere una curva, basta un minimo sforzo e il gioco è fatto; che poi la reattività di questa moto nelle “esse” non possa essere paragonata a quella di una compatta naked pluricilindrica con la ruota anteriore da 17”, è quasi inutile sottolinearlo: per non trovarsi con l’avantreno che “scrolla” nei cambi di direzione, la XR non va maltrattata, ma guidata e assecondata con naturalezza. La sua ciclistica è solida e generalmente stabile, le Dunlop Qualifier sono gomme affidabili, e la frenata davvero efficace: molto bene davanti, dove bastano due dita per ottenere decelerazioni più che soddisfacenti, ma in particolare ho apprezzato molto il lavoro del freno posteriore, che trovo sia uno dei migliori in circolazione per il feeling che sa comunicare.
Bella guida, insomma, e pieghe a volontà con questa naked decisamente fuori dal coro, capace peraltro di sfiorare i suoi bravi 200 orari. Chiaro che i piolini sulle pedane, dai e dai, avranno vita breve… Complice del divertimento globale è anche il motore, naturalmente, cui magari una sesta marcia non farebbe male, giusto per poter scalare rapidamente senza far saltellare troppo la ruota motrice quando scatta l’embolo della staccata birichina. Si tratta pur sempre di uno Sportster, è chiaro, e anche se questa versione allunga un migliaio di giri in più rispetto ai fratelli più tranquilli il limitatore taglia sui 7.000 giri indicati, che non è certo un regime da guerre stellari. Però ha una coppia molto generosa e un’erogazione dolce ma robusta, tanto da poter riprendere in quinta da 2.000 giri senza strappi e muoversi brillantemente anche senza dover superare i 5/6.000 giri, né tantomeno andare per forza a stuzzicare il limitatore.
Di vibrazioni degne di tal nome non se ne avvertono se non in decelerazione, ma per quanto mi riguarda son poca cosa, e comunque appartengono allo spirito di una moto del genere. Da sottolineare la morbidezza della frizione, e il classico cambio delle Sportster, dignitosamente scorrevole quando ci si muove ma sempre duretto a basse velocità nel traffico.
Passando alla XR/X col kit, beh, la tonalità di scarico è certamente più cupa, piacevole, non certo fastidiosa (lasciando i dbkiller al loro posto, of course…), e alla prima apertura del gas l’impressione immediata è quella di godere di uno spunto più vigoroso – in effetti si può aprire il gas in quinta anche da meno di 2.000 giri - che fa venire ancora più voglia di andar via di bassi e medi regimi a passo rapido e in scioltezza. E la frenata è più pronta ed incisiva, ma senza diventare troppo impegnativa per la guida su strada, dove un impianto troppo “presente” può anche diventare un limite: questo invece rimane molto ben bilanciato, e anche il corposo freno-motore aiuta notevolmente quando si guida in scioltezza.
Per il resto, il comportamento dinamico della moto col kit chiaramente non cambia, se non per il fatto che qui la “pancia” carenata striscia fastidiosamente a terra con molta più facilità.
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