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Lui si chiama Giorgio Sandi, e ideologicamente mi ricorda abbastanza un caro amico scomparso nell’ormai lontano 2002, in sella a una delle sue moto: si chiamava Carlo, e si divertiva un sacco ad importare in Italia, con tanta passione e meritato successo, le Harley-Davidson e le Triumph.
Come Carlo, Giorgio Sandi – per gli amici The Soul , l’Anima – opera nel centro di Milano in un elegantissimo atelier che ospita motociclette custom, stavolta marchiate Headbanger, oltre agli accessori e all’abbigliamento per coloro che con quelle motociclette vogliono entrare in simbiosi, vestendosi, e “vestendole”, secondo i propri gusti.
“Le solite special americane….” penserà subito qualcuno. Naaaaa. Anzi, ni. Le Headbanger infatti nascono in Italia, precisamente a Rovato, vicino a Brescia, nell’officina di Luciano Andreoli, uno dei più noti guru del settore, pluripremiato in svariati bike show e concorsi nazionali e internazionali per le sue creazioni, inizialmente estrapolate da prodotti giapponesi e oggi focalizzate principalmente su basi Harley-Davidson. Proprio grazie all’intraprendenza di Sandi, ragazzaccio sessantenne con la passionaccia per le moto, che nel maggio del 2008 aveva lasciato il suo precedente incarico dirigenziale dopo oltre diciott’anni, per intraprendere questa nuova, certamente appassionante, ma anche coraggiosa avventura: ovvero costruire in Italia delle specialissime, affascinanti custom e bobber rigorosamente spinte da motori V2 raffreddati ad aria di costruzione americana (Rev Tech e TP Engineering, ma anche S&S). Moto fatte a mano una per una in piccola serie, naturalmente personalizzabili a piacimento già al momento dell’ordine e che, pur essendo omologate Euro 3 – udite, udite! – sono alimentate tramite carburatori, per la gioia dei puristi inguaribili. Che sicuramente apprezzeranno anche la trasmissione finale a catena, altro tassello passionale da abbinare rigorosamente a una massiccia dose di quelle che nell’ambiente vengono affettuosamente denominate “good vibrations”.
Moto per le quali Sandi ha creato il marchio Headbanger, un aggettivo che ha origini molto lontane, risalenti a un giorno di tanti anni fa. Quel giorno, girovagando in moto lungo la West Coast americana, in un emporio Giorgio venne attratto da un vecchio libro dedicato alla mitica “tre giorni” musicale tenutasi a Woodstock nel 1969. Libro in cui l’autore citava anche il primo concerto tenuto dai Led Zeppelin negli States, durante il quale il foltissimo pubblico scuoteva all’unisono le teste al ritmo dei leggendari assoli di chitarra di Jimmy Page, della graffiante voce di Robert Plant, del martellante basso di John Paul Jones, della micidiale batteria dello scomparso John Bonham; e denominava appunto “headbanger” quella marea di teste ciondolanti al ritmo dell’hard rock.
Moto fatte a mano una per una in piccola serie, naturalmente personalizzabili a piacimento già al momento dell’ordine
Guardacaso, il quartier generale milanese di Sandi, inaugurato il 19 marzo del 2009, si chiama Good Vibrations (Beach Boys, 1966, ricordate?), mentre una delle Headbanger si chiama Foxy Lady, come il celeberrimo pezzo dell’immenso Jimy Hendrix. Giusto per sottolineare, nel caso fosse necessario, che anche la musica è una grande passione di questo ex figlio dei fiori che all’alba della terza età ha deciso finalmente di coronare il sogno della sua vita dedicandosi al lancio del suo nuovo marchio.
Ma da Good Vibrations, dove «vivono l’artigianato di qualità ed il design d’autore», oltre all’attuale gamma Headbanger (Hollister, High Flyin’ e, appunto, Foxy Lady sono quelle che abbiamo provato, ma ora c’è anche la nuova Gipsy Soul presentata all’Eicma milanese) e alla collezione permanente di Sandi sono esposti anche i chilometrici chopper americani Big Bear, importati e omologati in Europa dall’elvetica Midland Choppers.
Tra l’altro, le Headbanger hanno già varcato anche l’oceano, per partecipare allo storico mega-raduno di Sturgis di metà agosto, ricevendo peraltro una lusinghiera accoglienza nel tempio assoluto degli harleisti e dei più noti preparatori del mondo. Al contest ad essi dedicato, la incredibile, specialissima Morning Sunrise si è classificata all’11° posto della categoria “freestyle”.
La Headbanger Hollister brilla chiaramente per il suo minimalismo estetico. Semplicissima da descrivere, la sua “carrozzeria” è costituita dal caratteristico serbatoio tipo “Peanut” da soli 9 litri, dai risicatissimi parafanghi e dal serbatoio tondeggiante dell’olio per la lubrificazione separata del motore, piazzato sotto la bellissima sella vintage monoposto: in pratica, un elegante foglio di cuoio ben lavorato con sotto due bei molloni cromati di diametro differenziato. Il tutto in veste nero opaco, in questo caso, ma è sottinteso che una Headbanger la si possa ordinare con i colori e le grafiche che più si addicono alla propria personalità, o all’estro del momento. Quanto alla strumentazione e ai comandi di bordo, il “cruscotto” iper-minimalista è costituito da un piccolo tachimetro analogico scalato a 200, e piazzato sulla piastra superiore della forcella in mezzo ai due raiser che reggono il manubrio drag-bar nero. Sul quale campeggiano rutilanti comandi elettrici e massicce leve Harley-style (quindi con i comandi separati delle frecce e senza il pulsante del lampeggio) e sfiziose manopole in para marrone. Il peso a secco dichiarato della Hollister, in questa configurazione, è di soli 235 kg. Dopodiché tutto è possibile. Si, perché questa bella bobber, così come la vedete, costa 21.300 euro, su strada. Tanti? Certo, anche se non siamo sicuri che per trasformare una moto usata in una special con queste caratteristiche si riesca a spendere meno.
Dicevo che uno la sua Headbanger se la può far assemblare come vuole, e non solo a livello di grafica. Ecco di seguito, a titolo di esempio, come si potrebbe modificare questa Hollister: con una bella forcella tipo springer, tanto per iniziare, magari cromata piuttosto che nera; e magari anche con due ammortizzatori progressivi, lì, sotto al motore; poi possiamo scegliere due belle ruote cromate TTS, svariati particolari di Performance Machine, ovviamente manubri di ogni tipo, dai drag-bar agli ape hanger, con relative manopole. E anche vari tipi di selle, oltre al kit di pedane posteriori per chi da solo non vuol proprio andarci in giro. Scarichi? Of course (e pure le nastrature paracalore sui collettori, che fanno sempre la loro porca figura), omologati o meno: tipo il 2-in-1 della Super Trapp, piuttosto che i Jesse James LBC, o i tedeschi BSL tipo Shotgun o Top Chopp “regolari”. Ma non è tutto, anzi: la Holli infatti si può richiedere anche con un RevTech 100” Xzotic Knucklehead, o un S&S 110”, sempre omologati Euro 3.
In buona sostanza, la moto che abbiamo provato non è che una delle versioni base, ma al momento dell’acquisto ognuno può decidere come la vuole, colorazione compresa, naturalmente. Tra le foto della nostra Gallery, della Hollister troverete anche la simpatica versione “Kiss Me Baby”, esemplare unico realizzato in occasione dell’inaugurazione di un Play Boy Club italiano. E troverete anche una delle nuove grafiche 2011, presentate sempre allo show milanese.
Le Headbanger hanno già varcato anche l’oceano, per partecipare allo storico mega-raduno di Sturgis di metà agosto, ricevendo peraltro una lusinghiera accoglienza nel tempio assoluto degli harleisti e dei più noti preparatori del mondo
Scendiamo in sella.
Ma veniamo al sodo. Come va, questa special di serie tanto bella quanto essenziale, sulla quale il pilota sembra sedere sospeso in aria? Prese le misure con le inevitabilmente limitatissime capacità di piega, la Hollister in effetti si guida con piacere e di sicuro verrà molto apprezzata da chi ama questo genere di moto fortemente passionali, dove si siede con i piedi appoggiati tutti in avanti, ma, in questo caso, con un manubrio che non rende la postura invivibile dopo dieci metri a chi non sia dotato di braccia da quadrumani. E anche se la sella praticamente non ha imbottitura, comunque è ben sagomata, e non mi ha dato l’impressione di massacrare il fondoschiena, quantomeno a medio termine. Piuttosto, i comandi al manubrio sono abbastanza duri da azionare, a maggior ragione in questo caso, con i freni non ancora ben rodati, quindi tutt’altro che al massimo dell’efficacia. Ottimausta la spinta del V2 yankee, robusta e perentoria già alla primissima apertura del gas. Spinta naturalmente accompagnata dalla più volte citata dose di vibrazioni, chiaramente variabile con l’aumentare del numero di giri, che alla fine diventa anche sopportabile se si entra nello spirito di questo genere di moto. Ben più noiosa la ruvidezza del cambio a bassa velocità – ad andature normali migliora abbastanza - pur considerando che stiamo parlando di mezzi nuovi di zecca, o quasi.
Headbanger
Via L. Solera Mantegazza, 7
20121 Milano
(MI) - Italia
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