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Si volta pagina
CB1000R è la moto che mancava dal listino Honda. Leader nel segmento delle nude di media cilindrata con Hornet 600, la casa giapponese aveva lasciato spazio all’avanzata della concorrenza – giapponese e non – a partire dal 2006, anno di fine commercializzazione di CB900F, meglio nota come Hornet 900.
Il calabrone di maxi cilindrata non ha mai raggiunto l’alto indice di gradimento della sorella di 600 cc, soprattutto a causa di proporzioni estetiche poco aggressive, poco in sintonia con la moda imperante delle streetfighter, autentiche mattatrici del mercato.
Per sottolineare la marcata differenza che sta alla base di questo progetto, la nuova moto riceve un nome di battesimo inedito.
Sul vestito succinto non troverete la scritta "Hornet", ma solo CB1000R. Un modello di svolta, la prima streetfighter di grossa cubatura costruita da Honda.
Le rivali sono avvisate. Triumph Speed Triple, Kawasaki Z1000 e Yamaha FZ1 dovranno confrontarsi anche con il prezzo allettante della CB, che sarà proposta a 10.200 Euro franco concessionario in 4 colorazioni (Candy Olive Green, Pearl Nightstar Black, Pearl Cool White, Sword Silver Metallic).
La giapponese che parla italiano a meraviglia CB1000R adotta un propulsore che necessita di ben poche presentazioni. Deriva infatti dal motore Fireblade 2007, campione in carica della Superbike col pilota inglese James Toseland.
È debitamente rivisto nella termica, nella mappatura della centralina elettronica e nella rapportatura del cambio al fine di privilegiare le doti di ripresa. Che, come vedremo, sono a livello delle migliori bicilindriche.
Il compatto quattro cilindri a iniezione elettronica arriva pre-assemblato dallo stabilimento giapponese di Hamamatsu e viene incastonato nel telaio monotrave in alluminio pressofuso nella fabbrica di Atessa.
I natali della streetfgihter di Honda sono infatti italiani, come italiano è il gruppo di lavoro che ha definito le linee guida del progetto e ha dato alla moto un’impronta aggressiva e dinamica come mai si era visto sulle naked con l’ala dorata sul serbatoio.
Il fanale a "V" è l’unico elemento che rimanda alla Hornet 600, il resto è inedito.
CB1000R è la moto che mancava dal listino Honda
A partire dalla spettacolare zona posteriore, dominata dallo scarico basso, che accentra le masse, e dalla grande novità del forcellone monobraccio Pro-Arm realizzato in alluminio.
Il lato destro di Hornet cattura lo sguardo, quasi a ipnotizzare gli amanti delle naked sportive il richiamo è a certe café racer estreme, di derivazione Honda RC45 (anch’essa dotata di monobraccio) in voga negli anni ’90.
Con la differenza che CB1000R si presenta così nel suo abitino originale e si candida a conquistare una posizione di rilievo nel settore del tuning (i maggiori produttori di after market e la stessa Honda Italia hanno già in catalogo numerosi accessori dedicati a CB).
Il faro anteriore multireflector sfoggia una particolare luce di posizione a Led dalla forma circolare e vanta una piccola unghia aerodinamica, dietro la quale trova posto il cruscotto digitale. I 3 display evidenziano tutte le informazioni necessarie bello e immediato il contagiri elettronico a barre, meno efficace la lettura del tachimetro (una pecca di un certo rilievo, vista l’esuberanza del 16 valvole jap).
I blocchetti elettrici sono di fattura classica e robusta, il manubrio – finalmente anodizzato – si sviluppa in larghezza nella migliore tradizione streetfighter e le pedane si presentano ottimamente rifinite, oltre che leggere.
Il panciuto serbatoio contiene 17 litri di benzina (4 sono di riserva) e presenta una protezione plastica che prosegue senza soluzione di continuità nella sella biposto. Il codino minimal sportivo dona la massima visibilità alla dotazione tecnica, a partire dal cerchio pressofuso in alluminio a 4 razze. Il passeggero, vista l’indole combattente della moto, trova un’accoglienza accettabile, in linea con quanto offerto dalla concorrenza.
Tecnica sopraffina
CB1000R è di manica larga, basta scorrere rapidamente la sua dote tecnica per averne la percezione.
Detto della provenienza del propulsore, queste sono le sue credenziali: 125 cavalli a 10.000 giri/min (con la possibilità di allungare sino a circa 10.500 giri, per una velocità massima di oltre 230 km/h), e 10,3 kgm di coppia a 8.000 giri/min.
Le notevoli prestazioni sono tenute a bada dall’impianto frenante dotato di pinze ad attacco radiale (le stesse di Fireblade 2008) e dischi anteriori da 310 mm di diametro. Nei prossimi mesi arriverà in optional il sistema di frenata combinata ABS-CBS.
I cerchi ospitano pneumatici rispettivamente 120/70-17 all’avantreno e 180/55-17 al retrotreno. Il loro contatto con l’asfalto è tenuto sotto controllo dalla forcella rovesciata con steli da 43 mm (interamente regolabile nell’idraulica e nel precarico) e dal mono ammortizzatore HMAS (regolabile nel precarico e nel ritorno idraulico).
Chiudiamo la scheda tecnica con il cambio a 6 marce servito dalla frizione in bagno d’olio con comando idraulico e accendiamo il motore.
Ciambella col buco
Compatta, maneggevole e fulminea. Questi sono i 3 aggettivi che meglio descrivono il comportamento dinamico della nuova CB.
Honda ha centrato il bersaglio con tutte le frecce del suo arco. Ve lo diciamo subito: motore e ciclistica non prestano il fianco a nessuna critica, con il rischio concreto – per chi scrive – d’essere tacciato di parzialità.
Vi potremmo dire che la protezione aerodinamica è scarsa, ma sarebbe fuori luogo tanto quanto attribuire un limitato comfort a una moto da cross.
La missione di CB1000R è un’altra, regalare divertimento e piacere di guida in dosi massicce. E ci riesce a meraviglia.
Il motore conquista da fermo con un sound personale e pieno. Ma è in movimento che arriva a stupire il pilota.
È vero, non vanta la cavalleria di certe concorrenti, ma si rifà – e con gli interessi – ai bassi regimi, dove sfodera una progressione da maxi bicilindrico.
A partire dai 2.000 giri si può contare su di una schiena consistente che rende quasi superfluo l’utilizzo del cambio (comunque impeccabile nella precisione e rapidità degli innesti).
A 6.000 giri l’andatura è già brillante (in sesta siamo a circa 140 km/h), ma il bello deve ancora arrivare. Il rumore di aspirazione si fa cupo in vista degli 8.000 giri/min, quasi a preannunciare l’impeto di rabbia del quattro cilindri Fireblade nella scalata verso i 10.000 giri.
Bene ha fatto Honda a non puntare sul sensazionalismo con valori di potenza massima iperbolici, puntando invece sulla curva di coppia ai medi regimi.
Ne guadagna enormemente la ripresa, la prima responsabile del piacere di guida di CB sulle strade di tutti i giorni.
Non importa il rapporto inserito, basta dosare l’acceleratore per sentire la streetfighter Honda reagire con una prontezza sconosciuta alle rivali a 4 cilindri.
Il peso contenuto (217 kg in ordine di marcia, con il serbatoio pieno) rende facile l’approccio con la moto nel traffico e permette di guidare con disinvoltura sui percorsi tormentati.
CB1000R ha una qualità per nulla disprezzabile. Non richiede un lungo apprendistato per entrare in sintonia con la sua ciclistica. Merito delle quote del telaio e della bontà delle sospensioni, che trasmettono fedelmente il comportamento degli pneumatici (Bridgestone Bt-015 sulla nostra moto).
La discesa in piega è rotonda, armoniosa. Basta pensare alla traiettoria per ritrovarsi al punto di corda. Immediati anche i cambi di direzione, favoriti – a detta degli ingegneri Honda – dall’accentramento e abbassamento delle masse. In primis lo scarico.
Buoni voti raccoglie anche la frenata, che non impressione per incisività nella fasi iniziali, ma offre la potenza e, soprattutto, la modulabilità adatte all’uso stradale della moto.
L’allieva Honda CB1000R chiude la prova con una pagella irreprensibile, da autentica secchiona. Ma la prima della classe non era goffa e impacciata?
Honda
Via della Cecchignola, 13
00143 Roma
(RM) - Italia
848846632
https://www.honda.it/motorcycles.html
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