Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su [email protected]
Negli ultimi anni le Case costruttrici sembravano aver abbandonato gli amanti delle sport-touring con semimanubri. Con un segmento ridotto al lumicino, cannibalizzato da enduro/crossover e dalle semicarenate di derivazione naked, gli appassionati erano rimasti orfani di quelle proposte di media cilindrata che avevano fatto la felicità di tantissimi motociclisti negli anni novanta.
La mancanza si sentiva in particolare nella gamma Honda. Perché se è vero che in quel di Tokyo avevano continuato a produrre la CBR-F, è altrettanto innegabile che quel modello – semplice ed economico come si conveniva ad una moto pensata per sopravvivere alla tremenda crisi economica che ha colpito il settore sul finire dello scorso decennio – non avesse né il fascino né il miracoloso equilibrio del cocktail di versatilità e prestazioni dell’omonimo modello del millennio precedente.
La lacuna è stata colmata con questa nuova generazione di quadricilindriche sei-e-cinquanta, che segna un netto miglioramento tecnico e caratteriale rispetto a quella precedente delle 650F, e che Honda ci ha invitato a provare sulle strade andaluse.
Se la base tecnica è evidentemente condivisa con la sorella naked CB650R, l’ispirazione estetica è altrettanto chiaramente quella della CBR1000RR Fireblade. Dall’ammiraglia supersportiva, la sei-e-mezzo prende le linee di carenatura e cupolino, mentre dal serbatoio alla coda prevale l’impostazione tecnica, con scelte più umane e sfruttabili.
Il colpo d’occhio è dominato fin dal primo sguardo dal frontale, dove il gruppo ottico a doppio faro Full-LED (stessa tecnologia per il faro posteriore e gli indicatori di direzione) trasmette il carisma di una sportiva vera. La zona posteriore stempera un po’ l’entusiasmo per la totale identità con la CB-R, ma il codino corto, il silenziatore tronco e la finitura di pregio del propulsore hanno comunque una bella personalità sportiva e dinamica.
La posizione di guida cambia nettamente rispetto alla CBR 650F, con i semimanubri che passano sotto la piastra di sterzo come sulle sportive dure e pure, ribassati e avanzati di 30 mm. Più sportive anche le pedane, che arretrano di 3 mm e si alzano di 6 come sulla naked. Stessa altezza anche per la sella, posizionata a 810 mm da terra.
Identico anche il (raffinato) quadro strumenti LCD a retroilluminazione negativa, che nel passaggio da “F” ad “R” guadagna l’indicatore del rapporto inserito e la spia che segnala il momento di cambiare la marcia.
Il propulsore è di fatto identico a quello utilizzato sulla CB650R: il "quattro cilindri" in linea bialbero a 16 valvole capace di 95 cavalli a 12.000 giri (valore che consente la derivazione di una versione depotenziabile a 35 kW guidabile con patente A2) e 64 Nm a 8.500 giri. Valori decisamente migliori rispetto a quelli espressi dalla precedente CBR-F, ottenuti grazie ad una profonda revisione della termica, con un rapporto di compressione che passa da 11,4 a 11,6:1, pistoni e camere di scoppio completamente ridisegnati, e una distribuzione adeguata sia in termini di tecnica che di fasatura.
Sul lato aspirazione troviamo un nuovo airbox pressurizzato attraverso due prese d’aria che passano lateralmente al serbatoio, a differenza di quanto avviene sulla CB 650R: Honda non quantifica il guadagno di potenza, ma dichiara un vantaggio prestazionale agli alti regimi nei rapporti più elevati, quando la velocità crea pressione. Sul lato scarico il collettore passa da 35 a 38,1 mm, per accordarsi all’aspirazione e dotare la CBR di una voce più accattivante e grintosa. Nuovi anche la frizione servoassistita antisaltellamento, asservita al cambio verticale a sei rapporti, e il controllo di trazione disattivabile HSTC.
Come per il motore, anche la ciclistica è pressoché identica a quella della naked CB 650R: il telaio è un doppio trave a diamante in acciaio abbastanza simile al modello precedente, ma profondamente rivisto nelle sue componenti interne per l’adozione della forcella rovesciata che ha cambiato i rapporti di rigidità fra le varie componenti. L’unità è quindi stata irrobustita in zona cannotto e resa più flessibile nelle sezioni discendenti, con misure caratteristiche più improntate verso agilità e sport: il cannotto è inclinato in avanti di 25,5° e definisce un’avancorsa di 101 mm e un interasse di 1.450 mm.
Cambiano anche le piastre su cui si impernia il forcellone, ricavate per stampaggio e non per forgiatura, che contribuiscono ad un alleggerimento di poco meno di 2 kg. Il peso complessivo in ordine di marcia si attesta a 207 kg, con un guadagno di ben 6 kg rispetto alla precedente CBR 650F ottenuto attraverso tanti piccoli risparmi su serbatoio e pedane, e per i cerchi, che rispetto alle precedenti unità diventano da sei a cinque razze. Gli pneumatici sono Dunlop D 214, nelle misure 120/70-ZR17 all’anteriore e 180/55-ZR17 al posteriore; i dischi freni anteriore sono da 310 mm, con pinze radiali a 4 pistoncini; al retrotreno troviamo invece un’unità singola da 240 mm.
Le sospensioni sono anch’esse del tutto identiche, al netto di qualche adeguamento nella taratura interna, con la già citata forcella Showa SFF (Separate Fork Function, con frenatura idraulica separata) a steli rovesciati da 41 mm e monoammortizzatore posteriore regolabile nel precarico, montato senza leveraggi.
La distribuzione dei pesi sulla CBR è più marcata sull’avantreno rispetto alla CB, a causa dell’adozione della carenatura e della già citata posizione di guida con semimanubri sotto la piastra, che sposta il carico in avanti definendo una ripartizione percentuale di 51,8/48,2.
La CBR 650R arriva in Italia nelle colorazioni Grand Prix Red e Mat Gunpowder Black Metallic, ad un prezzo di 8.900 euro. Come per la sorella CB-R, ampia la disponibilità di accessori: quickshifter (naturalmente solo in innesto), inserto paraserbatoio, presa 12 V, manopole riscaldabili, codino monoposto, filetti adesivi per i cerchi, borsa serbatoio e borsa per la sella del passeggero.
Sportiva ma comoda: ci eravamo dimenticati di quanto possa essere accogliente anche una moto con i semimanubri sotto la piastra di sterzo. C’è un po’ di carico sui polsi rispetto alle più rilassate sport-touring con il manubrio largo, ma niente di intollerabile: la posizione è davvero un bel compromesso fra lo sport e il comfort. Niente paura per chi ha le gambe più corte, perché la sella – comoda – è bella svasata nel raccordo con il serbatoio, e si tocca bene terra praticamente sempre. Il passeggero è accolto meno bene, ma è anche vero che in questo segmento la situazione raramente è molto migliore.
La nuova strumentazione gratifica il colpo d’occhio, anche se nel 2019 fa un po’ storcere il naso il dover togliere le mani dai blocchetti (a proposito, belli e curati) per scorrere le informazioni, e la visibilità, quando c’è molta luce, non è eccellente.
Ma ci stiamo lamentando di dettagli, perché basta accendere il motore perché un bel sorriso ci si stampi in faccia. Vivace al richiamo dell’acceleratore, caratterizzato da una bella voce allo scarico, il quadricilindrico Honda si fa subito voler bene. Quel filo di on-off, che si portano dietro gli Euro-4 a freddo, sparisce rapidamente, e si apprezza subito un propulsore fluidissimo ai bassi regimi e con un’erogazione ampia e gustosa. E’ vero, sotto i 4.000 non c’è molto – siamo ormai assuefatti a frazionamenti più contenuti, che offrono tutto subito – ma dopo, la spinta si fa piacevole, robusta dopo altri 2.000 giri e piacevolmente grintosa dagli 8.000 in avanti: anche perché, soprattutto con i rapporti dalla terza in avanti, qui si può godere di una progressione nettamente più efficace rispetto alla sorella naked. Penetrazione aerodinamica o pressurizzazione dell’airbox? Non lo sappiamo, fatto sta che all’atto pratico… si va più forte.
Purtroppo si sentono di più anche le vibrazioni: il motore è identico, ma la carenatura amplifica un po’ il fenomeno con una fastidiosa risonanza, e i transitori fra gli 8 e i 9.000 giri guastano la festa. Meglio cercare di girarci attorno – visto che a tutti gli altri regimi non c’è traccia di vibrazioni – magari usando il cambio elettroassistito, impeccabile agli alti regimi anche se non pensato per un uso prettamente sportivo, ma tarato con un occhio all’affidabilità e al comfort.
La guida è agile, dinamica ed equilibrata, grazie anche alla classica intuitività delle Honda. Le sospensioni, al netto della non regolabilità, sono davvero ben tarate (per un peso del pilota fra i 70 e gli 80 kg) e di qualità superiore alle aspettative: scorrono bene, pur offrendo il sostegno che ci si aspetta da una moto di questa tipologia, tanto che chi volesse concedersi qualche scappata in pista probabilmente non si troverebbe granché a disagio. Anche se, e lo diciamo a lode delle qualità dinamiche della CBR e non come critica, in qualche estemporaneo commento ci siamo trovati a pensare come basterebbe cambiare sospensioni e sovrastrutture per avere una moto adattissima a un trofeo monomarca…
Una volta rifatta l’abitudine alla guida con i semimanubri – che definiscono una maggior stabilità e confidenza in percorrenza, ma richiedono evidentemente un po’ più di decisione in inserimento – ci si trova a divertirsi come matti sul misto, chiedendosi perché mai il mercato abbia deciso di affossare e abbandonare queste piccole belvette. Come la sorella nuda, la CBR è nettamente più divertente del modello che l’ha preceduta: divertente e peperina – non ce ne vogliano gli amici di Honda – come da tempo non trovavamo una media della Casa di Tokyo.
Capitolo freni: bene su tutta la linea, c’è la potenza che serve senza un’aggressività che sarebbe fuori luogo per una moto di questo segmento. Bene anche il controllo di trazione, pensato però per l’uso stradale: agisce sugli iniettori, quindi è piuttosto prudenziale e “toglie” rapidamente, ma aspetta un po’ prima di “ridare”. Occhio nelle manovre a bassa velocità, insomma.
Stavolta è sicuramente molto facile identificarne l’acquirente tipo, proprio in virtù dell’unicità dello schema motoristico ma anche dell’impostazione generale del modello: la CBR 650R è l’unica media quadricilindrica sport-touring di media cilindrata dotata di semimanubri. Difficile trovarle rivali che non costino sensibilmente di più, o che non abbiano un'impostazione nettamente più pistaiola.
Il motore a quattro cilindri la caratterizza e, più di quanto non avviene sulla sorella naked, è da considerarsi elemento valorizzante, e non penalizzante. Certo, è un motore meno immediato nella guida rispetto ai bicilindrici che vanno per la maggiore in questa categoria: ma allo stesso tempo, farlo urlare regala un gusto dimenticato. E anche quando si va rilassati, la CBR sa coccolare e divertire il suo pilota – il passeggero forse un po’ meno – come non ci aspetterebbe.
C’è ancora posto per le sport-touring di questa estrazione su strada? Secondo noi si, soprattutto se riuscite come questa CBR 650R. E abbiamo il sospetto, per tanti motivi, che ne vedremo un rifiorire nel futuro più o meno prossimo…
Moto: Honda CB650R
Meteo: sole, 16°
Luogo: Almeria (Spagna)
Terreno: extraurbano
Foto: Zep Gori/Honda
Honda
Via della Cecchignola, 13
00143 Roma
(RM) - Italia
848846632
https://www.honda.it/motorcycles.html
Honda
Via della Cecchignola, 13
00143 Roma
(RM) - Italia
848846632
https://www.honda.it/motorcycles.html