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Se leggete moto.it con una certa assiduità sapete bene come le cruiser, soprattutto se quelle più tradizionali e statunitensi, per capirci, non siano esattamente il mio pane quotidiano. Ma sono anche dell’idea che, con le moto così come con la cucina, lo sport, il cinema, le letture e la musica (e mi fermo qui, prima che mia moglie inizi a guardarmi troppo in cagnesco) non cambiare mai genere appiattisca il gusto, chiuda la mente e porti quasi inevitabilmente a… perdersi qualcosa.
Non è necessario farsi piacere tutto, ma rifiutarsi di esplorare segmenti nuovi è quantomeno riduttivo. Anche perché, se poi non piacciono, almeno si sa dire il perché. Insomma, forte di questa convinzione, di un po’ di esperienza nel settore (perché comunque nel corso degli anni le mie bagger le ho guidate) e della curiosità che nasce dal sapere che ci sarà - o meglio, ci sarebbe dovuta essere, visto che questo test è stato realizzato prima della pandemia di COVID-19 - una classe Bagger a Laguna Seca, ho scelto di provare io la nuova Indian Challenger Limited. Curiosi? Anch’io.
Tutta nuova, la Challenger colpisce per una linea elegante ma al tempo stesso muscolosa. Protagonista, ovviamente, è lo scolpitissimo motore bicilindrico PowerPlus 108, che definisce il look della bagger Indian: con le sue dimensioni contraddistingue lo stile in maniera inconfondibile e personale - anche perché le lavorazioni sono davvero bellissime.
Elemento originale della Challenger è evidentemente la massiccia carenatura, molto estesa in senso longitudinale, dominata da un gruppo ottico Full-LED inedito nel disegno e dal grintoso parabrezza a taglio basso, regolabile elettricamente su un’escursione totale di 7,5 centimetri. Le verniciature sono semplicemente impeccabili: lucenti e spesse, danno un’impressione di qualità come si addice a una moto di questo livello. E le cromature non sono da meno.
Insomma, finiture promosse con lode, visto che ovunque si guardi non si riesce a scorgere un solo pezzo di plastica che rovini l’estetica - bisogna infilarsi dentro la carenatura, sul lato pilota, per trovare le due paratie che aprono o chiudono il… sistema di ventilazione.
Il serbatoio, capiente ma slanciato, ha capienza di 22,7 litri, e naturalmente - trattandosi di una bagger - non mancano le borse laterali rigide. Strette e alte, permettono di sistemare agevolmente e in ordine il bagaglio (perfette per metterci un computer, per dire) ma lo stile detta un compromesso dimensionale piuttosto fastidioso: non riuscite a metterci un casco.
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Bellissima e molto comoda la sella a due piani per pilota e passeggero, e naturalmente stupendi pedane e relativi comandi. Il ponte di comando integra due strumenti circolari misto analogico/digitale (configurabili in miglia o chilometri mantenendo la stessa scala - sistema davvero ingegnoso) con tachimetro e contagiri, mentre al centro del manubrio troviamo il bellissimo display TFT touchscreen da ben 7” sul quale si trova il completissimo computer di bordo Ride Command con navigatore satellitare integrato e la gestione dell’impianto multimediale che può contare su due casse acustiche alloggiate all’interno della carenatura frontale.
Due gli sportellini sulla parte bassa della carenatura; in quello di destra è presente anche una presa USB per caricare o collegare cellulare o dispositivi multimediali. Ovviamente, i dispositivi che ne sono dotati possono comunicare con il sistema di infotainment attraverso protocollo Bluetooth. In basso, sulla destra, c’è anche il comando di chiusura centralizzata, necessario visto il sistema di avviamento keyless.
Molto belli i comandi a manubrio: sul destro troviamo il pulsante di avviamento/massa, il comando del cruise control e quello del parabrezza elettrico. Sul sinistro, naturalmente, clacson, devioluci, lampeggiatori e joystick per il controllo del sistema infotainment.
Il propulsore PowerPlus (preannunciato addirittura da un video teaser) è un bicilindrico monoalbero a camme in testa con tendicatena idraulici a V di 60° e quattro valvole per cilindro, raffreddato a liquido e con lubrificazione a carter semisecco.
Le misure caratteristiche parlano di un propulsore superquadro, con alesaggio e corsa di 108 x 96,5 mm (cilindrata totale 1.769 cc) rapporto di compressione attestato a 11:1 e alimentazione affidata a corpi farfallati a doppia valvola da 52 mm controllati da un sistema ride-by-wire a tre mappature: Rain, Standard, Sport.
I dati prestazionali parlano di 122 cavalli, ma soprattutto di un valore di coppia di ben 178 Nm a 3.800 giri, con una curva particolarmente piatta e sostenuta nel valore medio. La trasmissione conta su cambio a 6 marce (con sesta overdrive) e frizione a cavo in bagno d’olio.
Il pacchetto elettronico è da riferimento per il settore, con il sistema Smart Lean Technology che grazie al già citato sistema ride-by-wire e alla piattaforma inerziale Bosch gestisce ABS e controllo di trazione con funzionalità cornering, nonché il controllo del freno motore in rilascio.
Cuore della ciclistica è un telaio in alluminio pressofuso, a cui troviamo vincolati una forcella a steli rovesciati da 43 mm e un monoammortizzatore FOX regolabile nel precarico; escursione di 103 e 114 mm rispettivamente ad avantreno e retrotreno, su cui troviamo rispettivamente due cerchi da 19 e 16” calzanti pneumatici Metzeler Cruisetec nelle misure 130/60 all’anteriore e 180/60 al posteriore.
L’impianto frenante è completamente Brembo, con due dischi flottanti da 320 mm all’avantreno e un’unità singola da 298, lavorati rispettivamente da due pinze radiali a quattro pistoncini e da una a doppio pistoncino.
Il peso a secco si attesta a 365 kg (381 con il pieno) ma rimane particolarmente gestibile grazie a una sella posta a soli 672 mm da terra.
La Indian Challenger è disponibile da marzo 2020 in due versioni di colore. La Dark Horse, offerta nelle colorazioni Thunder Black Smoke, Sandstone Smoke e White Smoke, con parti in nero opaco. La Limited è invece proposta nelle livree Thunder Black Pearl, Deepwater Metallic (quella della nostra prova) e Ruby Metallic. Prezzo per entrambe 31.490 euro.
In sella ci si trova comodi, accolti divinamente da una sella degna di un divano casalingo, su cui anche i più bassi riescono a toccare bene terra, e con un manubrio non troppo alto o lontano. Solo le pedane, se non superate il metro e settantacinque, sono un po’ avanzate e richiedono qualche aggiustamento in sella - finché non ci fate l’abitudine - per avere a portata di piede cambio e freno posteriore. E a proposito del cambio: vista la pedana piatta, ci starebbe bene un bel bilanciere…
Le manovre da fermi riescono abbastanza facili grazie a sella e baricentro bassi - basta fare attenzione ai fondi sdrucciolevoli e non ci sono problemi nemmeno se… non siete Schwarzenegger. Un po’ più complicate, inizialmente, quelle a bassa velocità. Massa e dimensioni della Challenger intimidiscono: d’altra parte è stata pensata e definita nelle quote ciclistiche per gli spazi statunitensi, dove il concetto di curva stretta è associabile ad uno svincolo dell’A1. Ma niente di drammatico, significa semplicemente che invece della proverbiale manciata di chilometri serve… una manciata di ore per prendere confidenza.
Ad un certo punto ci si rende conto che le manovre in cui si era timidi e impacciati sono diventate naturali, perché comunque la ciclistica è sana, e si tratta solo di ritarare la propria guida sui parametri della Challenger. E in quel momento si scopre una moto piacevolissima, equilibrata e rotonda nella guida, che paradossalmente dà il suo meglio nell’extraurbano mosso. Siamo lontani dai concetti di agilità associati a una sportiva, è chiaro, ma guidando tondi e senza stressare l’impianto frenante si trova una luce a terra molto superiore alle aspettative. Tanto di cappello alla gommatura, tra l’altro, che valorizza le doti di guida di un mezzo molto più dinamico di quanto anche il sottoscritto non si aspettasse.
Il motorone è spettacolare, e condiziona naturalmente in maniera importante - e positiva - la guida. Con la coppia che si ha a disposizione, ci si può davvero dimenticare del cambio: il bicilindrico spinge con un vigore pazzesco a ogni regime e a prescindere dal rapporto inserito, tanto da rendere quasi superfluo il contagiri.
Ma fin qui non vi diciamo probabilmente nulla di inaspettato, vista la cubatura. Quello che invece sorprende positivamente è la differenza di risposta al cambio del riding mode, che addolcisce o rende davvero grintosa e piacevole la risposta del propulsore. In Sport si accelera davvero forte: se la potenza massima non fa gridare al miracolo, la spinta - dolcissima e pastosa - è notevole. La percezione è attutita dalla massa, ma basta vedere quanto rapidamente si muove la lancetta del tachimetro e si ha la misura di quanto si stia prendendo velocità.
Gli altri riding mode si comportano esattamente come ci si aspetta, e anzi, lode per lo Standard, che anche scendendo a regimi non del tutto consoni a un bicilindrico di questa cubatura, mantiene una regolarità davvero esemplare.
Capitolo freni: anche in questo caso è necessario un minimo di rodaggio. Per il pilota, non per i freni, perché la massa è importante, e anche con un impianto al top non si possono pretendere staccate da MotoGP. Vista la distribuzione dei pesi, si può però contare molto anche sul freno posteriore, che offre un contributo notevole quando si tratta di fermarsi in tempi brevi, quindi abituatevi a usarlo e non avrete problemi di sorta.
La comodità è ovviamente al di sopra di qualunque critica: sia pilota che passeggero (a cui però magari farebbe comodo un maniglione) sono accolti nel massimo comfort - anche dopo diverse ore in sella non si accusano indolenzimenti o scomodità di sorta. Rimane però la precisazione fatta all’inizio: la Challenger accoglie al meglio persone di taglia… statunitense, se siete sotto il metro e ottanta mettete in conto qualche aggiustamento.
Se non siete altissimi, però, vi prendete la rivincita quanto a protezione aerodinamica, perché il plexi, anche in posizione rialzata, protegge volutamente il minimo indispensabile: la Challenger è una moto da godersi a velocità media, non certo nelle veloci sparate autostradali. Dove comunque è comoda e protettiva, al netto di qualche imprecisione direzionale se si sfora dal limite nazionale di velocità: meglio non esagerare con l’acceleratore, usare il cruise control (a proposito: comodissimo e funzionale) e godersi comodità e paesaggio. D’altra parte, ad andare forte sul dritto che gusto c’è?
Eccessiva. Enorme, traboccante cromature, pesantissima, troppo vistosa, con una cilindrata inutilmente elevata. È fin troppo facile valutare una moto come la Indian Challenger limitandosi alla scheda tecnica. Solo che è sbagliato. Perché così facendo non si capirebbe niente di una moto come questa.
Se siete già familiari con mezzi di questo tipo - bagger nello specifico ma anche semplicemente maxicruiser touring all’americana - non ho bisogno di convincervi: la Challenger è semplicemente spettacolosa e spettacolare. Dovunque si posi lo sguardo non c’è verso di trovare una verniciatura, una cromatura, un dettaglio fuori posto; il mio ricordo della rivale “Made in Milwaukee” è un po’ appannato, lo ammetto, ma a spanne mi sentirei di concedere alla Indian anche il vantaggio della dinamica. Anche se le gomme, in questo caso, fanno molto.
Ma moto del genere si scelgono con il cuore, ed è facile farselo conquistare dalla Indian. Se non siete familiari con il segmento non fatevi spaventare dalle sensazioni iniziali: serve un po’ di perseveranza, poi si prende confidenza con il mezzo e ci si stupisce di quanto risulti gestibile. Viceversa, se siete esperti, vi basterà poco per capire quanto la Challenger possa fare per voi.
I difetti che sono riuscito a trovare, lo ripeto, sono pochi e veniali anche se l’assenza di manopole riscaldabili, su una moto di questo prezzo, è difficilmente perdonabile ma rimediabile. Meno simpatica la questione valige, ma pare che molte bagger ne soffrano, più o meno.
La stabilità in autostrada ha qualche limite, è vero, ma la Challenger non è certo nata per sfidare le Hayabusa su distanze continentali. Provatela, scoprirete che forse nemmeno a voi piace correre sempre…
Moto: Indian Challenger Limited
Data: 19 febbraio 2020
Meteo: Sole, 16°
Luogo: Modena e provincia
Terreno: Extraurbano
Foto: Stefano Malagoli
Casco Caberg Freeride
Giubbotto Alpinestars Hoxton v2
Guanti Alpinestars Honda Rayburn
Pantaloni Alpinestars Victory Jeans
Stivali Alpinestars Oscar Twin Drystar
Indian
Via Filippo da Desio, 49/51
20832 Desio
(MI) - Italia
https://www.indianmoto.it/
Indian
Via Filippo da Desio, 49/51
20832 Desio
(MI) - Italia
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