Indian Chieftain

Indian Chieftain
Insidiare un mostro sacro come la H-D Street Glide è l'ambizione della Chieftain. E' la prima hard bagger di Indian, vanta un V-twin 1.800 di carattere, buon comfort e si guida bene
9 luglio 2014

Ci fu un tempo in cui le Indian guardavano a viso aperto le Harley-Davidson e, nelle vendite come nello sport, le superavano. Ma si parla di molto, molto tempo fa. Per tutti, dagli anni Cinquanta in avanti come minimo, la moto americana è quella che arriva da Milwaukee e le altre sono solo imitazioni. Da quando la Polaris ha rilevato il marchio Indian, nel 2011, le cose stanno però cambiando un poco: la Harley resta sicura sul piedistallo, irraggiungibile per chissà quanto tempo ancora, ma si sta facendo avanti una solida concorrenza.

La Indian Chief è stata presentata l'anno scorso al raduno di Sturgis, nella tana del lupo, e all'inizio del 2014 ne è cominciata la vendita. Si tratta di tre modelli sviluppati attorno a una base comune di motore e telaio. Principalmente attorno all'inedito bicilindrico Thunder Stroke da 111 pollici cubi – che diventano 1.811 tradotti in centimetri cubi – costruito dalla Polaris. Le tre nuove Indian sono la cuiser Chief Classic, la touring Chief Vintage e la bagger Chieftain, quella che abbiamo provato. Da poco sono distribuite anche in Italia ai prezzi base di 24.190, 25.590 e 26.790 euro.

Il capo indiano


Quando George M. Hendee e Carl Oscar Hedström, due appassionati ciclisti di Springfield, Massachusetts, misero in vendita la loro prima Indian era il 1901. Nello stesso periodo, a Milwaukee, gli amici William Harley e Arthur Davidson stavano iniziando a lavorare alla medesima idea di bici motorizzata, la prima della serie H-D che avrebbero messo in produzione due anni più tardi. Alla Indian spetta dunque il primato di più antico costruttore americano in attività, sono state celebri le sue Scout - costruite dal 1920 al 1949 – e le più grosse Chief – vendute dal 1922 al 1953 – che dai 1.000 salirono fino ai 1.300 cc; meno diffuse ma significative furono le Four a quattro cilindri. Tuttavia la Indian, a pari di altri costruttori americani, conobbe la crisi e chiuse i battenti nel 1953, mentre la Harley-Davidson seppe attraversare meglio i periodi critici e crebbe fino a diventare il riferimento nell'immaginario degli appassionati, quando si parla di custom e cruiser, e leader nei numeri di vendita nel mondo.

A partire dal 1960 si è visto più di un tentativo di rilancio della Indian, tentativi che sono però finiti tutti malamente e anche con strascichi legali. Un'ultima rinascita ci fu nel 2004, quando la risorta Indian di Stephen Julius e Steve Heese presentò una nuova Chief. Ma senza successo anche quella volta e l'operazione finì ingloriosamente. Fino appunto al 2011 quando la Polaris, che già possedeva la Victory, rilevò il marchio Indian mettendo le basi per il nuovo progetto Chief.
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Il piano Polaris


Avere alle spalle un colosso come Polaris, tre miliardi di dollari di fatturato, significa poter contare su risorse tecniche importanti oltre che economiche, ma non si può sciupare tutto inseguendo lo stile H-D. Il design della Chieftain si deve al team guidato da Greg Brew, responsabile del design industriale di Polaris, e nello specifico a Gary Gray. «Quasi involontariamente - ha raccontato Gray - le linee frontali della Chieftain hanno avuto una sorta di ispirazione dai treni streamliner, e dal Super Chief in particolare», ovvero la locomotiva diesel che negli anni Quaranta e Cinquanta copriva la linea Chigago-Los Angeles. «In fondo - ha aggiunto Gray – oltre alla ricerca estetica e dinamica volevamo avere riparo dall'aria in velocità e potenza dai fari».

Sulla Chieftain gli agganci con il passato del marchio non mancano: il logo Indian riprende quello originale del 1910, il War Bonnet sul parafango (il fregio illuminato a foggia di copricapo Pellerossa) è del tutto simile a quello montato sulla Chief del 1947 e lo stesso vale per i parafanghi, che carenano le ruote da 16 pollici, e per la forma del serbatoio sormontato dalla consolle cromata. Inedite sono invece le borse rigide laterali, che ne fanno la prima bagger della storia Indian.
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La strumentazione dal sapore vintage
La strumentazione dal sapore vintage


La strumentazione dal sapore vintage prevede due classici elementi circolari per tachimetro e contagiri (nel quadrante di quest'ultimo c'è l'indicatore del livello carburante), e al centro un display multifunzione con illuminazione rossa, ma di lettura poco chiara sotto la luce del sole. Fra le varie informazioni non mancano quelle relative alla marcia inserita, a consumi, autonomia, pressione gomme e avviso manutenzione.
Il metallo regna sovrano, del resto il peso della Chieftain è dichiarato in 385 kg con il pieno, in acciaio sono i parafanghi avvolgenti e il copri filtro dell'aria. C'è ovviamente abbondanza di cromature e questo permette di mascherare la presenza di alcuni dettagli di plastica come l'ampia calandra attorno al faro, la consolle sul dorso del serbatoio o i profili del parafango.

La verniciatura della carrozzeria e la finitura del motore sono molto curate, i cavi passano all'interno del manubrio e la sella, dotata di frange fissate con del velcro, è in morbida pelle cucita ad arte. Le borse rigide da 32 litri non sono ingombranti nel traffico e si possono togliere velocemente quando non servono. Sono abbastanza capienti ma, come del resto sulla concorrenza, sono troppo strette per riporre i caschi: del resto in molti Stati americani l'uso del casco non è obbligatorio. La lunga serie di accessori spazia dai terminali di scarico al parabrezza alto, dai coperchi delle borse con altoparlanti posteriori e portapacchi integrati alle manopole riscaldabili, dagli schienalini anteriore e posteriore ai manubri di foggia differente. Sono tre le colorazioni disponibili: rosso Indian, blu Springfield e nero Thunder.

Due cilindri che si fanno notare


Il 111 Thunder Stroke è frutto di un nuovo progetto, per cui anche se esteticamente ricorda il V-twin Indian degli anni Quaranta nella forma delle testate, nell'alettatura e conserva la distribuzione ad aste e bilancieri, beneficia di soluzioni costruttive moderne che ne condizionano positivamente il rendimento e l'utilizzo.
E' un corsa lunga (101x113 mm le misure di alesaggio e corsa) con imbiellaggio su unico perno di manovella e V tra i cilindri di 49°. I tre alberi a camme comandati da ingranaggi sono nel basamento (quello centrale aziona le valvole di aspirazione, da ben 51,3 mm di diametro, di entrambi i cilindri), e quattro aste muovono le due valvole per cilindro. L'alimentazione è naturalmente a iniezione, con corpo farfallato da 54 mm e gestione Bosch, e la trasmissione primaria è a ingranaggi. Per cui il cambio a sei marce non è separato come nel caso di H-D. La voluminosa frizione in bagno d'olio ha il merito di richiedere poco sforzo alla leva al manubrio, mentre la trasmissione finale è affidata a una cinghia dentata in Kevlar, priva di manutenzione e silenziosa. Vi consigliamo di guardare il video qui sotto perché mostra in maniera molto originale com'è fatto il nuovo “111” Indian.
 


Il telaio della serie Chief è una struttura superiore in lega di alluminio ottenuta per fusione e stampaggio. La forcella non è regolabile e offre 119 mm di escursione; il mono posteriore, a regolazione pneumatica e con articolazione progressiva, garantisce una corsa ruota di 114 mm. L'impianto frenante a triplo disco, dotato di Abs, ha le pinze anteriori a quattro pistoncini. Le ruote integrali da 16” calzano pneumatici di sezione 130/90 e 180/65.

Motore che piace


Un leggera pressione sul pulsante d'avviamento e il Thunder Stroke comincia a pulsare, senza incertezze, senza scossoni nel telaio o brutti rumori meccanici. Il sommesso tintinnio della distribuzione è sovrastato dalla voce decisa dello scarico, un tono energico e personale che piace. La mole della Chieftain si sente tutta in manovra e serve attenzione anche solo nel parcheggiare se c'è la minima pendenza. Aiutano nell'approccio la sella veramente bassa, appena 660 mm dal suolo per cui i piedi appoggiano sempre sicuri, e il manubrio largo che garantisce il controllo necessario. Tutti i comandi sono al posto giusto, persino quelli a pedale davanti alle ampie pedane che in altri casi obbligano a movimenti innaturali.

Dentro la prima, con un leggero clack a motore caldo, e poi le altre marce entrano spedite e precise. Nonostante la cilindrata sia superiore a 1,8 litri c'è una bella pulizia di erogazione anche poco oltre i mille giri: in sesta – e la rapportatura è lunga – si può riprendere senza strappi da 1.300 giri, che sono circa 55 orari. La coppia è tanta come ci si aspetta da un motore con questa impostazione, arriva presto e cresce in maniera costante con il suo picco di 16.5 kgm a soli 3.000 giri: in sesta si viaggia a 130 orari.

In fatto di erogazione e funzionalità della trasmissione questo V2 non teme confronti con il 110 pollici cubi H-D


Con tutta questa coppia ai bassi non viene mai voglia di tirare le marce oltre 3.500-4.000 giri (anche se la potenza massima di 74 cv è a 4.500 giri) e si finisce per giocare con il gas fra i 1.500 e i 3.500 giri. C'è un picco di vibrazioni a quota 2.500 sulle pedane, quasi nulla sulla sella e sul manubrio che è montato elasticamente, poi le pulsazioni crescono al salire di regime ma senza infastidire. In fatto di erogazione e funzionalità della trasmissione questo V2 non teme confronti con il 110 pollici cubi H-D.
Capitolo consumi. Usando a dovere la coppia è facile arrivare a percorrenze medie di 18 km al litro, significa poter contare su un'autonomia di circa 350 km, mentre usando il gas con più decisione raramente si scende sotto i 15-16 km/l.

In autostrada la semi carenatura ripara bene e si viaggia rilassati, sono però esposte le gambe – si sente soprattutto quando piove - e oltre ai 130 orari si crea qualche turbolenza attorno al casco con il parabrezza sollevato del tutto: ha un'escursione di 100 mm e il motore elettrico lo solleva in cinque secondi.
Il calore del cilindro posteriore e dei collettori di scarico, entrambi sul lato destro, si fa sentire solamente nel traffico e quando la temperatura diventa estiva, ma va detto che ci sono tante moto stradali che scaldano di più. Il comfort di guida è molto buono, grazie al sellone ben sagomato e alle sospensioni che non sono mai brusche. Ma il passeggero se la passa meno bene del previsto: trovando la sella bassa finisce per avere le pedane un po' troppo avanzate e alte. E se il passeggero ha le gambe lunghe, con le sue ginocchia intralcia le braccia del pilota nelle svolte strette.
 

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Guida che non delude


In rapporto a peso a dimensioni importanti -  l'interasse è di 1.668 mm - la Chieftain mostra una buona guidabilità, contando sull'appoggio sincero delle panciute gomme da 16 pollici, e ha una tenuta di strada in curva altrettanto tranquillizzante ben oltre i 150 orari. La velocità massima supera i 170 km/h. 
Lo
sterzo è solido (29° di inclinazione e 155 mm di avancorsa) e sincero, ma la Street Glide ce la ricordiamo più precisa. Le possibilità di inclinazione in curva della nuova Indian, specie nello stretto, sono in compenso davvero buone e non si strisciano gli scarichi al minimo accenno di piega. In città l'elasticità ai bassi, il baricentro favorevole e la dolcezza dei comandi facilitano la vita anche nel traffico dell'ora di punta. 


La Chieftain ha insomma un buon equilibrio dinamico, non accusa lo sterzo gommoso di altre cruiser ed è docile considerato quanto è lunga e pesante. Nel misto la dolcezza e la pienezza di erogazione trova il giusto contraltare nella ciclistica ben armonizzata. Non ci vuole molto a comprendere che l'andatura giusta, quella capace di offrire le migliori sensazioni, va dagli 80 e i 120 orari. Che è poi la più consona al tipo di moto e all'uso normale nel turismo. Dove la precisione cala è sui fondi ondulati e già a velocità di poco superiore ai cento orari, perché le sospensioni faticano a tenere a bada quattro quintali di peso affrontando avvallamenti a moto inclinata e a smorzare le oscillazioni in un istante.

Sull'asciutto si può andare più forte senza che qualche movimento del manubrio o del retrotreno crei problemi, affidandosi al lavoro extra delle Dunlop di serie che ci mettono una pezza. Ma se piove occorre abbassare molto il ritmo anche perché le Elite non brillano in fatto di grip sul bagnato. In frenata c'è sempre la potenza necessaria però i comandi sono relativamente modulabili, tutto bene nell'uso normale ma quando serve attaccarsi ai freni occorre spremere a fondo il comando anteriore. L'Abs fa il suo dovere, anche se al retrotreno l'intervento è poco graduale e anticipato.

Pregi


Finiture e dotazione | Motore ed erogazione ai bassi | Guida bilanciata

Difetti


Precisione sospensioni su sconnesso veloce | Modulabilità freni | Comfort passeggero
Indian Chieftain (2014 - 16)
Indian

Indian
Via Filippo da Desio, 49/51
20832 Desio (MI) - Italia
https://www.indianmoto.it/

  • Prezzo 28.490 €
  • Cilindrata 1.811 cc
  • Peso 370 kg
  • Sella 660 mm
  • Serbatoio 21 lt
Indian

Indian
Via Filippo da Desio, 49/51
20832 Desio (MI) - Italia
https://www.indianmoto.it/