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A distanza di quattro anni dalla sua presentazione la Kawasaki ZX1000SX riceve una serie di migliorie che ne esaltano il carattere sport-tourer. Rimangono saldi i concetti di base che rendono questa moto estremamente piacevole da guidare e che gli consentono di spaziare dal turismo a lungo raggio, anche in coppia, alle cavalcate solitarie affrontate con piglio sportivo.
Eclettica e con un look aggressivo che ha risentito poco del passare degli anni, la Z1000SX fa parte di quel ristretto gruppo di moto che strappano, o per meglio dire hanno strappato, meno consensi di quanto non meritassero in Italia, ma che in alcuni paesi hanno avuto un successo insperato, come dimostra il fatto che in Gran Bretagna la Z1000SX è la Kawasaki più venduta.
Con questi presupposti la sport-tourer Kawasaki si presenta per il 2014 con tutta una serie di migliorie non tanto estetiche, in quanto il look rimane praticamente inalterato, quanto tecniche, soprattutto dal punto di vista elettronico.
L’impianto frenante si è arricchito di due nuove pinze monoblocco Tokico ad attacco radiale (come radiale è la pompa freno), che lavorano su una coppia di dischi a margherita da 300 mm, mentre viene riconfermato il disco da 250 mm, sempre a margherita, con pinza a singolo pistoncino. Tutte le ZX1000SX importate in Italia saranno fornite di impianto antibloccaggio ABS, che in un solo chilo di peso aggiuntivo, racchiude tanta sicurezza in più.
Anche in sesta marcia, la Z1000SX è capace di passare in pochi istanti da una tipica andatura da passeggio, a una veemente accelerazione degna di una supersportiva
Bastano pochi chilometri per entrare in sintonia con la sport-tourer di Akashi, prima si rimane affascinati dalle caratteristiche del motore, che spinge a qualsiasi regime e che è capace di riprendere in maniera furiosa sin dai bassi regimi e con qualunque rapporto. Anche in sesta marcia, la Z1000SX è capace di passare in pochi istanti da una tipica andatura da passeggio, a una veemente accelerazione degna di una supersportiva.
Le strade di montagna protagoniste del nostro test hanno evidenziato le doti di bilanciamento della Z1000SX, che è stata oggetto di una approfondita ricerca per quanto concerne la centralizzazione delle masse, e anche la presenza delle borse laterali non ha creato alcun problema in termini di guida e bilanciamento. Che i tecnici siano riusciti a garantire un comportamento che rappresenta un giusto compromesso tra la guida sportiva ma senza intaccare il comfort di guida è evidente, anche dopo pochi chilometri. La Zeta, pur mantenendo un assetto controllato che permette di togliersi più di una soddisfazione anche guidando in maniera brillante un po’ sopra le righe, dimostra di poter garantire un comfort più che buono anche quando l’asfalto non è dei migliori. Le sconnessioni non sono un problema, e le sollecitazioni vengono filtrate in maniera più che buona, sia sul dritto che in percorrenza di curva, situazione in cui la Zeta non perde mai “il filo del discorso”. Dove non arrivano le sospensioni, arriva la sella, giustamente imbottita e dal profilo a prova di critica (anche dopo duecento chilometri di strade di montagna non si sente la necessità di provare la versione in gel che è presente nella lista degli accessori). Le vibrazioni rimangono su livelli più che accettabili, complici anche i supporti pedana montati elasticamente (con addirittura dei contrappesi che limitano ulteriormente le risonanze) e solo a velocità autostradali iniziano a farsi sentire sulla sella, ma senza infastidire più di tanto il guidatore.
La protezione aerodinamica, scende a compromessi con il design e la linea filante e aggressiva. Il plexiglass, che ricordiamo è regolabile manualmente in altezza grazie a un pulsante di sblocco posizionato sulla destra sotto al cruscotto (operazione che si può fare anche in movimento con qualche difficoltà), in posizione di riposo lascia scoperta parte del busto e le spalle, mentre alzandolo completamente lascia esposto al flusso d’aria il casco e la parte superiore delle spalle. L’intervento del controllo di trazione, una delle novità più importanti che troviamo su questa moto, è tutt’altro che invasivo, anche selezionandolo su “3”, il livello che sulla carta dovrebbe essere più conservativo, difficilmente entra in funzione (merito anche dell’ottimo comportamento della Bridgestone Battlax S20 di primo equipaggiamento). L’accensione della spia gialla sul cruscotto, che ne indica l’entrata in funzione, è davvero da cercare con il lanternino. Quando si guida in maniera brillante, e maneggiando la manopola del gas come un minatore maneggia un piccone, allora sì che il lanternino si accende, ma l’intervento è talmente lineare che se non ci fosse la spia sul cruscotto ad indicarne l’entrata in funzione, sarebbe davvero difficile accorgesene. Spostando la selezione a livello “1”, la ruota posteriore è lasciata libera di disegnare in uscita di curva delle coreografiche virgole nere sull’asfalto, e permette anche dei prolungati monoruota sotto la spinta dei 142 cv (questi si riescono a fare anche impostando il secondo livello …). Nessun taglio repentino dell’alimentazione è percepibile dal pilota, la Zeta fa strada e basta, mantenendo l’assetto ottimale della moto.
Il comportamento dell’ABS ricalca quello del controllo di trazione, e cioè limita i suoi interventi alle sole situazioni di emergenza, che noi abbiamo volutamente cercato di replicare forzatamente, mentre sconnessioni e tombini vari, difficilmente lo chiamano a rapporto. Davvero un antibloccaggio equilibrato e che merita un plauso, così come l’impianto frenante che si è dimostrato potente e modulabile, con una nota di merito al freno posteriore, potente quanto basta, ma soprattutto corposo e gestibile nell’azione.
Kawasaki
Via Luigi Meraviglia, 31
20020 Lainate
(MI) - Italia
848 580102
https://www.kawasaki.it
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