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Non sarebbe corretto dire che non ce l’aspettavamo, la Kawasaki Z900RS. Anzi, l’anno scorso, dopo aver visto qualche foto circolare fra social networks e testate giapponesi, ci aspettavamo quasi che al posto dell’attuale Z900 arrivasse proprio questa affascinante neoretrò che, invece, ha tenuto banco ad EICMA 2017 come, invece, davvero non ci aspettavamo. Avvicinarsi allo stand Kawasaki era piuttosto difficile, arrivare a portata di sguardo della RS – anche nelle giornate riservate ad operatori e stampa – era impresa degna di Indiana Jones.
La 900 Retro Sport – questo il significato della sigla RS, in caso non lo sapeste ancora – è in effetti una delle moto esteticamente più riuscite del suo segmento, composto da interessanti rielaborazioni estetiche ma anche di tante riproposizioni poco fantasiose di modelli storici, stilemi e concetti del passato. La Z 900RS azzecca invece in pieno l’equilibrio fra l’antico e il moderno, tanto da aver suscitato davvero tanta curiosità anche fra noi in redazione. E passando per un momento alla prima persona, posso assicurarvi di aver suscitato tanta invidia quando ho deciso che a questa presentazione ci sarei dovuto proprio andare io…
Kawasaki può attribuirsi a pieno titolo il merito di essere stata la prima Casa a riproporre un modello classico quando, al volgere del millennio, ha reintrodotto in gamma la W650 poi divenuta 800. Un grande successo di pubblico e critica, come si usa dire in termini editoriali, la cui dismissione – dovuta all’arrivo dell’Euro-4 – ha gettato nello sconforto tantissimi fan in tutto il mondo.
Non è certo la Z900RS a poter costituire l’erede della classica che ha riaperto un filone, ma la nuova sport-classic di Akashi possiamo considerarla il termine (speriamo provvisorio) di un percorso che ha visto appunto il recupero di un modello molto interessante, la rielaborazione di una piattaforma moderna in chiave classica con la serie limitata Vulcan 70 realizzata con Mr.Martini su base ER-6, fino appunto a questa “ErreEsse”, modello maturo, completo ed appunto di fortissimo appeal sul pubblico.
L’ispirazione è dichiaratamente la leggendaria 900Z1 del 1972, modello da cui ha preso vita tutta la gamma “Z” Kawasaki, rinata poi in versione completamente moderna con l’epocale Z1000 del 2002. Al di là della connotazione estetica, la base tecnica rimane naturalmente quella dell’attuale Z900 sopra citata, ma dobbiamo ammettere che il lavoro dei designer Kawasaki è andato davvero molto in profondità per reinterpretare un’estetica Sugomi che più moderna non si può in chiave neoclassica.
Insomma, se da un lato scappa qualche mugugno per lo scarico singolo invece di quattro – una soluzione sulla falsariga della prima Z1000 ci sarebbe stata benissimo – dall’altro non si può se non restare ammirati per il magnifico serbatoio a goccia, il rastremato codino, le snelle fiancatine e la sella a due piani, che sacrifica un po’ il passeggero offrendogli solo la classica cinghia invece dei maniglioni posteriori. Ma volete mettere la coerenza estetica?
Le citazioni continuano con il doppio strumento tondo del cruscotto, il manubrio cromato e il faro, a LED ma ovviamente tondo e unico. E anche lo scarico, pur appunto non offrendo i quattro terminali, è di una linearità quasi commovente in quest’epoca di catalizzatori, compensatori e presilenziatori…
Non cambia invece nella sostanza il quadricilindrico in linea bialbero con distribuzione plurivalvole da 948cc, prelevato pari pari dalla Z900 e a sua volta derivato in linea molto diretta da quello dell’attuale Z1000. Sono però nuovi i carter e la testata, sulla quale i tecnici di Akashi hanno riportato una meravigliosa alettatura che, pur non svolgendo una reale funzione di raffreddamento – sono poste esattamente dietro il radiatore – costituiscono un proseguimento dell’elaborazione estetica di cui abbiamo parlato sopra.
Al suo interno il propulsore è stato rivisto in diversi dettagli per renderlo più adatto all’applicazione meno… performance-oriented della RS. Arrivano quindi un diverso albero a camme, con fasatura addolcita (aspirazione e scarico sono state accorciate), un minor rapporto di compressione – che passa da 11,8 a 10,8:1 – un albero motore più pesante del 12%.
Cambia naturalmente anche l’alimentazione, rivista nell’airbox, negli iniettori e nella relativa mappatura per accordare il tutto ad un motore pensato per spostare in basso il valore di coppia massima – invariato, 10kgm, ma posto a 6.500 invece che a 7.700 giri – sacrificando qualcosa in termini di potenza agli alti, perché i 125 cavalli della Z900 diventano 111 qui sulla RS.
Vale anche la pena di sottolineare come la destinazione più tranquilla della Z900RS abbia visto l’adozione del controllo di trazione (disinseribile) K-TRC su due livelli progressivamente più invasivi. A livello 1, il sistema è pensato per fare da rete di sicurezza nella guida sportiva, e consente quindi un certo sollevamento dell’avantreno e un limitato slittamento del posteriore, mentre a livello 2 – studiato per fondi infidi o la guida più rilassata – il sistema è decisamente più intrusivo e sicuro.
Simile ma diversa: la ciclistica della RS si basa sul traliccio in acciaio della Z900, variato però nella zona sella con una seduta nettamente più alta – da 795mm si passa ad 835. La posizione di guida risulta però meno carica sull’avantreno, perché il manubrio è in posizione rialzata rispetto a quello della naked sportiva da cui deriva e più aperto, coerentemente con la vocazione più rilassata della Z 900RS che, per inciso, pesa 215kg in ordine di marcia, ovvero 5 in più rispetto alla Z900.
All’avantreno il comparto sospensioni può contare su una forcella rovesciata con steli da 41mm completamente regolabile in precarico, estensione e compressione (al posto dell’unità non regolabile della Z900 standard) mentre al posteriore troviamo un monoammortizzatore, dotato delle stesse regolazioni, con leveraggi montati secondo lo schema Horizontal Back-Link divenuto ormai tradizionale per le stradali di Akashi.
L’impianto frenante – completamente Nissin – conta su un’inedita coppia di dischi da 300mm all’avantreno, lavorati da pinze radiali monoblocco a 4 pistoncini e pompa radiale al manubrio; al posteriore c’è un disco singolo da 250mm, naturalmente tutto governato dall’ABS.
La coppia di cerchi in lega, con stile espressamente studiato per richiamare le unità a raggi grazie alla lavorazione di macchina che mette in bella vista il metallo a contrasto con il nero, calzano pneumatici Dunlop GPR-300 nelle misure 120/70 e 180/55.
Naturalmente ampia la lista di accessori disponibili per la Z900RS. Si parte dalla sella ERGO-FIT, che riduce l’altezza della seduta di 35mm, e si arriva alle manopole riscaldabili e al cavalletto centrale piuttosto che ai maniglioni per il passeggero e alla maniglia laterale per facilitare la messa sul cavalletto. Passando per tutta una serie di accessori di caratterizzazione estetica come stemmi sul serbatoio e protezioni, diversi coperchietti per gli indicatori di direzione, per gli strumenti e i tappi forcella, un plexi più esteso e protezioni per ruota anteriore e telaio.
La Z900RS è disponibile nelle tre livree Candytone Brown/Candytone Orange (quella della nostra prova), Metallic Spark Black oppure Matte Covert Green/Flat Ebony con tanto di “900” sui fianchetti a mo’ di portanumero. Arriva prestissimo: già a dicembre ad un prezzo di partenza 11.790 euro per la colorazione nera. Si devono aggiungere 200 euro (11.990) se la volete in ebano/verde, ed altri 100 (12.090) per la più classica arancio/marrone. Volete la versione CAFE? Allora vi tocca aspettare marzo, e prepararvi a sborsare 12.290 euro.
Pronti-via: si sale e… si torna agli anni 70. Si, perché la sella – alta e larga nella versione di serie, ma ampiamente alla portata di chi supera il metro e settanta – è ampia e accoglie bene persone di tutte le taglie, con pedane relativamente avanzate e un manubrio invece arretrato e facilmente raggiungibile. Detta così sembrerebbe la ricetta perfetta per una moto un po’ ostica da guidare su bei ritmi, ma la sella trattiene bene e, nonostante la coppia del motore e pedane su cui è difficile spingere a dovere, non si ritrova a scivolare indietro quando si apre il gas.
Il motore è una vera favola. Gira pulito, rotondo e completamente scevro da vibrazioni, con una schiena che normalmente si associa a frazionamenti più ridotti. A qualunque regime, grazie anche ad una rapportatura piuttosto corta, il motore spinge con un meraviglioso vigore, a tal punto che potrebbe intimidire i meno esperti. Anche perché – maledetto Euro-4 – il motore soffre di un marcato on-off che nei rapporti più bassi, complice la coppia del motore, produce qualche accelerazione indesiderata. Ma dopotutto, si tratta della riedizione moderna della moto da rapina per antonomasia, quindi… cosa sarebbe senza un po’ di emozioni?
Basta uscire dalla città ed inserire i rapporti superiori perché il problema si attenui sensibilmente; peraltro, vista la personalità del propulsore, viene abbastanza naturale guidare sfruttando le marce lunghe e la coppia del motore, pratica che nel giro di pochi secondi stampa un bel sorriso sul volto del pilota. Non vale la pena insistere troppo in alto – la spinta si stempera un po’ passati i 7.000 – ma anticipando le cambiate si viaggia in un batter d’occhio nella seconda metà del tachimetro…
La ciclistica sembra molto ben disposta ad assecondare i pruriti sportivi. Diciamo sembra perché la temperatura molto bassa (quasi sempre ad una cifra) e una gommatura di primo equipaggiamento non all’altezza delle prestazioni della moto non ci hanno permesso di spremere la “RS” come avremmo voluto, anzi, ci ha fatto benedire più di una volta il controllo di trazione che, al livello 1 – il più basso fra i due disponibili – non risulta intrusivo nella guida dinamica ma interviene solo quando serve. Si ha appena il tempo di percepire la perdita di aderenza che il sistema entra in funzione, tagliando dolcemente le unghie al motore senza levare grinta al motore.
Quello che però emerge con certezza è un comportamento molto coerente della ciclistica: la taratura è abbastanza sostenuta, senza sconfinare in rigidità fuori luogo per un mezzo di questa estrazione, e soprattutto non sia ha mai l’impressione che forcella e monoammortizzatore agiscano ognuno di testa propria come succede su mezzi meno equilibrati. Si guida rotondi e armonici, sfruttando buone possibilità di piega – le pedane strisciano solo a gomma posteriore “finita” – e una bella agilità nei cambi di direzione, grazie anche alla posizione e al manubrio largo. E poi, quando si inizia a divertirsi, si può contare su un impianto frenante irreprensibile: potente e modulabile, offre tutta la sicurezza di cui si ha bisogno con tanto motore a disposizione.
Capitolo consumi: se si spreme un po’ il motore, complice la già citata rapportatura corta, si superano agevolmente i 6 litri per 100km. Se invece ci si accontenta di un discreto passo, sfruttando la coppia, si riesce a restare sotto i 5. Non avendo comunque ambizioni turistiche, il dato ci sembra poco significativo…
A giudicare dall’entusiasmo con cui è stata accolta ad EICMA la nuova neoretrò Kawasaki, verrebbe da dire veramente per tanti se non per tutti. Difficile trovare qualcosa che non vada nell’estetica, capace di mettere d’accordo chi ha vissuto il periodo della Z1 con chi, più giovane, resta comunque affascinato dalle linee anni 70.
Dal punto di vista della sostanza, la Z900RS è però gustosa ma dinamicamente non alla portata di tutti: per capirci, chi cerca una classica tranquilla forse farebbe meglio a guardare altrove. Le prestazioni sono importanti, e anche se ben tenute a bada da ciclistica ed elettronica, possono intimidire chi non ha una certa pratica alle spalle.
D’altra parte, come abbiamo anticipato nella descrizione dinamica, la Z900RS vuole essere un omaggio a quella Z1 che, nel 1972, ha definito un’epoca per prestazioni e cattiveria, sia dinamica che dell’immagine, e sarebbe stato davvero ingeneroso – se non addirittura irrispettoso da parte di Kawasaki – creare una moto moderna con la stessa immagine ma prestazioni troppo diluite.
I difetti? Ne abbiamo davvero trovati solo due, e veniali. Con l’on-off si può tranquillamente convivere, una volta fatta l’abitudine, e la gommatura di primo equipaggiamento è facilmente sostituibile. Il prezzo, è vero, non è contenuto in senso assoluto, ma francamente fatichiamo a trovare rivali a cui paragonarla. E poi le doti dinamiche, ma anche quelle estetiche e qualitative, a nostro avviso giustificano ampiamente l’esborso richiesto. Anche perché, dateci retta, moto con una personalità del genere è davvero difficile trovarle in giro…
Maggiori info:
Moto: Kawasaki Z900RS
Meteo: sole 10°
Luogo: Barcellona
Terreno: Città, extraurbano
Foto: Kawasaki
Sono stati utilizzati:
Casco Arai Axces III
Giubbotto Dainese HF D1 Leather
Guanti Alpinestars Corozal Drystar
Pantaloni Ixon Owen Flash
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