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I tecnici Kawasaki non hanno mai amato troppo i vincoli di cilindrata imposti dalle categorie di mercato. La storia degli ultimi trent’anni di motociclismo o giù di lì è piena di esempi di modelli sviluppati in quel di Akashi che… giocavano sporco – secondo i detrattori – salendo di qualche centimetro cubico per ottenere gli obiettivi prestazionali (di potenza ma anche di resa del propulsore ai medi regimi) designati dai tecnici in verde.
Una scelta tutto sommato sensata e giustificabile, a tal punto da aver più di una volta fatto proseliti alzando i confini di cilindrata delle varie categorie, migliorandone la resa globale. La KLR 570, ma anche la GPz 600R o la Z750 sono ottimi esempi. La ZX-6R, che nel 2002 per la prima volta sforò dal limite regolamentare del Mondiale Supersport (in cui correva nella versione RR, naturalmente a cilindrata “tonda”) arrivando appunto alla cilindrata di 636cc, non ha avuto seguaci da parte della concorrenza, ma grazie al suo vantaggio di cilindrata si è conquistata nel tempo una folta schiera di seguaci fra i motociclisti sportivi.
Una schiera di appassionati che ne ha sempre apprezzato le doti dinamiche nell’uso estremo ma anche la “schiena” in più nell’uso stradale e in quello disimpegnato, lasciando la purezza della cilindrata regolamentare a chi doveva usare la Ninja nelle competizioni con il modello RR.
Dopo un periodo in cui la piccola Ninja era tornata ad un solo modello da 600cc, ad Intermot 2012 Kawasaki ha resuscitato la 636. Che per il 2019 si è rifatta un po’ il look, ha rifinito qua e là qualche dettaglio, e si è ripresentata per andare a solleticare l’appetito degli amanti delle 600 sportive, orfani da ormai troppo tempo di novità da sognare. E quindi, Kawasaki ci ha portato in quel di Modena, fra Autodromo e quella via Giardini che unisce il capoluogo al Passo dell’Abetone, per provare la nuova 636.
La nuova 636 – pur non cambiando in profondità rispetto al modello precedente – è riconoscibile fin dal primo sguardo, grazie a linee più affilate e più vicine a quelle dell’ammiraglia ZX-10R. Cambia il cupolino, più appuntito e affilato, e cambiano i gruppi ottici, ora full-LED e diversi nel design. Ed è diverso anche il codino, più movimentato ed elaborato e anch’esso più vicino a quello della sorella maggiore.
Non cambia invece la posizione di guida, che mantiene la triangolazione del modello precedente, mentre diversi affinamenti riguardano la sella, più corta (per fare sì che la porzione di sella del passeggero funga da “cuscino” in accelerazione) e rastremata nella zona di raccordo con il serbatoio, sia per ridurre l’apertura delle gambe del pilota che per facilitare l’appoggio del piede a terra per i… diversamente alti.
Nuovo anche il plexiglass, più alto e protettivo, e arriva anche una leva frizione regolabile su cinque posizioni. E spostandosi indietro, cambia anche lo scarico, con una finitura più raffinata e un diverso fondello, così come i paratacchi sulle pedane del pilota.
E’ diverso anche il cruscotto, che pur simile a quello del modello precedente, aumenta la funzionalità riposizionando alcune componenti (l’indicatore della marcia inserita si sposta al centro, per facilitare la lettura al colpo d’occhio) e pensa anche all’uso stradale, offrendo l’indicatore del livello carburante, l’indicatore di guida economica e l’autonomia residua nel pannello multifunzione LCD sulla destra, oltre alle indicazioni più comuni.
Inoltre, il segnalatore di cambiata può ora essere programmato su qualunque regime fra i 5.000 e i 16.000 giri (prima non si poteva scendere sotto i 10.000) e l’ago del contagiri segnala l’approssimarsi del regime programmato: a 500 giri dal limite la luce inizia a lampeggiare e l’ago passa da bianco a rosa, al limite la luce lampeggia con frequenza più rapida e l’ago diventa rosso. E sempre in ottica stradale, dietro il cruscotto si trova un pre-cablaggio per ospitare una presa di corrente 12v.
Il propulsore, ora omologato Euro-4, è il canonico quadricilindrico in linea da 636cc con alesaggio e corsa rispettivamente di 67 x 45, 1mm, pistoni con mantello trattato al molibdeno per una maggior scorrevolezza e fori di ventilazione fra i cilindri per ridurre le perdite di pompaggio. L’airbox è pressurizzato per aumentare la potenza massima (si passa da 130 a 136 cavalli dichiarati con l'airbox in pressione).
I condotti hanno andamento differenziato fra cilindri esterni e interni per ottimizzare l’erogazione; lo scarico è stato ovviamente ridisegnato per rispettare le normative mantenendo invariati i valori di potenza e coppia del modello precedente.
La frizione è la classica antisaltellamento servoassistita, il cambio a sei rapporti è estraibile (raffinatezza rara se non unica per la categoria) e la rapportatura finale è stata accorciata (il pignone perde un dente) per migliorare l’accelerazione e la brillantezza nell’uso stradale.
A livello elettronico la Ninja 636 mantiene il controllo di trazione KTRC regolabile su tre livelli: 1 e 2 sono riservati alla guida sportiva e puntano ad offrire le massime prestazioni in accelerazione, mentre il 3 è pensato per garantire stabilità della moto anche in condizioni di aderenza precaria. Il sistema è capace di agire su accensione e iniezione, rendendo più dolce e progressivo l’intervento.
Il pacchetto elettronico comprende anche l’ABS intelligente KIBS, senza funzionalità cornering ma pensato per la guida sportiva anche in pista, e la possibilità di scegliere fra due Power mode che offrono rispettivamente potenza piena o ridotta a circa il 65% del totale per… quando si vuole guidare tranquilli.
Novità 2019 il quickshifter KQS, attivo solo in innesto e sopra i 2.500 giri, di tipo contactless per migliorare l’affidabilità rispetto ai sistemi tradizionali.
La Ninja ZX-6R non offre grandi novità a livello ciclistico: rimane il telaio perimetrale a doppio trave in alluminio stampato con forcellone nello stesso materiale che equipaggia la ZX-6R utilizzata in Supersport, con telaietto reggisella pressofuso, sempre in alluminio, scomponibile in due pezzi. Il cannotto di sterzo è inclinato di 23,5°, con avancorsa di 101mm e interasse di 1.400mm. Il peso in ordine di marcia è dichiarato in 196kg, con un serbatoio da 17 litri.
All’avantreno troviamo una forcella Showa SFF-BP (Separate Function Fork – Big Piston) con funzioni appunto separate: il precarico si regola sullo stelo sinistro mentre l’idraulica sul destro, tanto in compressione quanto in estensione, attraverso i registri posti sulla testa di forcella. Al retrotreno troviamo un monoammortizzatore a gas completamente regolabile con leveraggi progressivi Bottom Link Uni-Trak.
L’impianto frenante offre un doppio disco da 310mm lavorato da pinze monoblocco all’avantreno comandate da una pompa radiale, mentre al retrotreno troviamo un disco singolo da 220mm. I cerchi in lega da 17” calzano nuovi pneumatici Bridgestone S22 nelle misure 120/70 e 180/55.
La nuova Kawasaki Ninja ZX-6R 636 è già disponibile in concessionaria nelle due colorazioni Lime Green / Ebony / Metallic Graphite Gray (sostanzialmente la classica verde/nera delle ultime Kawasaki, a 12.090 euro) oppure nella total black (11.890 euro) giocato sul contrasto lucido opaco Metallic Spark Black / Metallic Flat Spark Black.
Gli optional comprendono l’ammortizzatore di sterzo Ohlins, protezioni telaio e perno forcella, coprisella passeggero e paraserbatoio, oltre alla borsa morbida da sistemare sulla sella del passeggero.
Kawasaki, dicevamo, crede molto nelle doti stradali della ZX-6R, e – come non avveniva forse da più di un decennio per una 600 supersportiva – ha integrato la classica prova in pista con una bella presa di contatto su strada. Una prova ancora più significativa perché svolta su un percorso con discreto dislivello e asfalto spesso imperfetto: forse il teatro peggiore per una 600SS degli ultimi anni.
E invece, la 636 ne è uscita davvero bene. Fatta la tara alla posizione di guida (non estrema come quella delle rivali grazie a una sella relativamente bassa, ma comunque sportiva) che sulle prime richiede un po’ più di concentrazione, e al classico on-off da freddo degli Euro-4, la ZX-6R è agile, leggera e amichevole nella guida. Ci si va a spasso in relativa serenità, con una triangolazione pedane/sella/manubri ben fatta e accogliente per tutte le taglie.
Insomma, ci saranno sicuramente mezzi più accoglienti e meno impegnativi su strada, ma se non si pretendono comportamenti del tutto fuori contesto per una 600 supersportiva, la Ninja è una buona compagna anche lontano dai cordoli e anche per l’uso disimpegnato: la dolcezza dei comandi, uniti all’erogazione del motore (e al dente in meno di pignone) fanno dimenticare le immagini di pigrizia e nervosità dei quadricilindrici SS ai bassi e medi regimi. E poi le sospensioni lavorano bene senza essere fiacche, con il giusto mix di controllo e comfort.
Non vi aspettate la spinta dirompente di una maxi, ma paradossalmente è quasi meglio così, perché ci si diverte con più serenità – non si deve temere di perdere la patente se si tira la seconda in autostrada, e anche fare grosse stupidaggini diventa più difficile. E soprattutto, non si ha mai quella frustrante sensazione di avere sotto il sedere un’enorme riserva di potenziale inespresso come avviene con le maxi; al contrario, anche su strada ci si può togliere lo sfizio di guidare sportivi senza essere sul filo del rasoio e rischiare conseguenze… fisiche e amministrative.
La Ninja però è stata pensata prima di tutto per l’uso sportivo, ed è naturale che in pista risulti ancora più a suo agio. La ciclistica qui offre il meglio, risultando già a suo agio con l’assetto di serie e gomme pensate per uso misto strada-pista. E’ bastato scendere un po’ di pressione per ottenere un grip sincero e costante, e un comportamento molto equilibrato e prevedibile anche dopo una mezza giornata su una pista tormentata come l’Autodromo di Modena.
Belle le sospensioni, che sostengono bene pur copiando altrettanto bene le piccole asperità: per l’uso più spinto ci sarà da precaricare le molle e chiudere l’idraulica, ma sinceramente non pensiamo che il giudizio possa cambiare. E l’avantreno è indiscutibilmente Kawasaki, visti appoggio e comunicativa che è in grado di offrire. Buono anche l’impianto frenante, che allunga un po’ la corsa nell’uso in circuito (ma bastano raccordi in treccia per risolvere il problema) e soprattutto bene anche l’ABS, che solo nelle staccate più violente si rivela un po’ prudenziale. Tutto è naturalmente da rivedere nel caso di gomme in mescola, ma le caratteristiche di base parlano di una moto sana nei fondamentali e molto, molto divertente.
Il motore è davvero brillante: il dente in meno di pignone e la cilindrata “rubata” si rivela un’ottima soluzione anche in pista, dove la guida non ha rivali nella categoria delle 600 in termini di accessibilità. In un circuito tortuoso e tormentato come quello di Modena la concorrenza in almeno due punti si troverebbe con la classica “mezza marcia in meno” mentre la 636 esce vivace e brillante dalle curve anche se non siete perfetti nella traiettoria.
Bene anche il controllo di trazione, che nonostante l’assenza della piattaforma inerziale si rivela progressivo e mai troppo intrusivo. Si sente invece un po’ la mancanza del blipper in scalata, non tanto per pigrizia quanto perché, nelle staccate più decise, aiuterebbe la coerenza nell’assetto anche perché, quando si frena forte, l'abitabilità tanto lodata su strada rende un po' più difficile ancorarsi con le gambe al serbatoio. Dovremo attendere una prossima 636 con ride-by-wire. Perché la farete, vero Kawasaki?
Facile e allo stesso tempo difficile identificare l’acquirente tipo della Ninja “di mezzo”. La 636 piacerà, naturalmente, a chi l’ha apprezzata anche in passato per doti di versatilità certamente maggiori alle 600 “vere” che le permettono di essere goduta anche su strada, ma anche a chi desidera una vera media pronto pista e non disdegna un motore un po’ più robusto ai medi regimi per non perdere una pagina di calendario alla minima sbavatura in percorrenza.
La 636 ci è piaciuta molto sia fra i cordoli che su strada, e non possiamo che raccomandarvela in entrambi i casi. Certo, vibra un pochettino e – al di là della comunicazione della Casa madre – non è da considerarsi una sport-touring ma è una sportiva vera e propria. Detto questo, è l’unica a saper unire l’affilatezza di una 600 alla versatilità di una moto di cubatura superiore, un po’ come riuscì ad inizio anni 80 alla GPz 900R, che unì 750 e 1000 in una sintesi di prestazioni ed elasticità. Vi pare poco?
Moto: Kawasaki ZX-6R 636 2019
Meteo: Sole, 17°
Luogo: Autodromo di Modena
Terreno: pista, misto di montagna
Casco AGV Pista GP R
Tuta Dainese D-Air Racing Misano
Guanti Dainese Full Metal D1
Stivali Dainese R Axial Pro In
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