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Scomode, ormai del tutto fuori contesto sulle nostre strade, troppo potenti, costose ed impegnative. Bellissime, affascinanti, velocissime, capaci di regalare emozioni che nessun altro tipo di moto sa elargire a chi abbia manico ed attributi sufficientemente sviluppati da saperne trarre il meglio. Sono le supersportive, culmine prestazionale del motociclismo moderno, basi per la partecipazione delle Case al Mondiale Superbike ma soprattutto croce e delizia di tantissimi appassionati in tutto il mondo, che nonostante la logica “tiri” sempre di più verso altri modelli più razionali ed efficaci su strada continuano a restare fedeli ai semimanubri.
Con la Kawasaki Ninja ZX-10R nel ruolo di unica novità per il 2016 (in attesa di un 2017 che si preannuncia caldissimo con l’arrivo di Honda e Suzuki, e forse di qualche altra “rinfrescatina”) abbiamo pensato di farle sfidare la Yamaha YZF-R1M, suo riferimento diretto per contenuti tecnici e provenienza, in maniera tale da aiutarvi – se il vostro cuore batte a quattro cilindri – a scegliere quale delle due faccia per voi.
Poi però abbiamo pensato che ci potesse stare anche una guest star come la Panigale. L’anno scorso, a Monza, ha fatto faville nelle mani del nostro tester specializzato Francesco Paolillo, ma la sua affermazione è stata un po’ particolare. Avendo scelto Monza come teatro della nostra sfida, molti aspetti (di tutte le moto) sono emersi solo fino ad un certo punto, e la Yamaha ad esempio ha pagato un impianto frenante più adatto alla strada, che ha faticato a mantenere le sue prestazioni anche nella seconda giornata, quando abbiamo effettuato i rilevamenti cronometrici. E allora ce la siamo ripresa anche quest’anno, la Ducati Panigale 1299S, per usarla come termine di paragone nella sfida fra le due quadricilindriche giapponesi. E come l’anno scorso, abbiamo chiesto al nostro Massimo Clarke di analizzarle a fondo da un punto di vista tecnico, per offrirvi una disamina completa ed autorevole di quelle che sono, a tutti gli effetti, le regine del panorama motociclistico mondiale.
Anche il teatro è cambiato. Abbiamo infatti svolto il nostro test su due giornate: una prima su strada, su per il passo della Futa, per vedere quanto queste sportive siano effettivamente pesci fuor d’acqua o se invece siano ancora utilizzabili anche su strada, e una seconda durante una giornata di prove libere organizzata da Promoracing all’Autodromo del Mugello, per vedere come si comportano questi tre gioielli nel loro ambiente naturale, fra i cordoli di una pista – e che pista! Naturalmente abbiamo previsto una gommatura adeguata per entrambi gli scenari, scegliendo Pirelli come nostro partner. Abbiamo calzato le nuove Diablo Rosso III nell’uso stradale, per poi verificarle nel primo turno in pista e passare poi alle Supercorsa in versione SC2 per fare un po’ più sul serio.
Non vi parleremo di tempi proprio perché abbiamo girato in prove libere, con traffico sia veloce che lento, e perché come l’anno passato crediamo che il giudizio su tre moto tanto sfaccettate, complesse ed affascinanti non possa limitarsi ad una prestazione singola in pista, peraltro figlia di tantissime variabili impossibili da azzerare. Se volete un riferimento del genere, le classifiche dei vari campionati stock fanno al caso vostro. Cominciamo!
☻☻☻☻ Kawasaki ZX-10R Ninja
Se poteste salire bendati in sella alla nuova ZX-10R, avendo un minimo di esperienza con le supersportive, forse non azzecchereste al primo colpo di che moto si tratta ma certamente sapreste, solo poggiando mani e piedi su manubri e pedane, di essere in sella ad una moto giapponese.
La posizione è accogliente (secondo i canoni delle sportive), con una sella relativamente morbida e non altissima, manubri correttamente angolati e pedane alte ma non troppo arretrate ma soprattutto… leve al manubrio troppo alte, fortunatamente facili da regolare. Onestamente non capiamo molto l’ostinazione tutta giapponese nel proporre pedane tanto avanzate su moto di questa categoria, ma sicuramente nei lunghi trasferimenti aiutano a sostenere il peso del busto senza gravare troppo sui polsi. Per l’uso in pista sostituiremmo immediatamente le pedane.
Il passeggero? Scordatevelo: il posto c’è (è l’unica del terzetto) ma l’esperienza è mortificante per chiunque vesta taglie da adulto.
☻☻☻☻ Yamaha YZF-R1M
La posizione di guida è la più corsaiola che abbiamo mai provato su una giapponese, escludendo le serie speciali. Alta di sella e di pedane, con queste ultime relativamente arretrate, è riconoscibile facendo il gioco già citato per la Kawasaki dai semimanubri molto chiusi e spioventi, un po’ come sulle moto da Gran Premio.
Una posizione che può spiazzare di primo acchito ma che si rivela più che sensata nell’uso spinto, quando si guida di corpo: è decisamente più sportiva rispetto a quella della Kawasaki e paga dividendi quando si vuole fare sul serio. Per contro, naturalmente, è più impegnativa nei trasferimenti e rende più impacciati nelle manovre ma rispetto alla Ninja si usa con soddisfazione anche nella guida spinta, in circuito, dove le pedane permettono di spingere bene con i piedi e innestare una marcia in curva, con il corpo fuori dalla sella, non è un’impresa impossibile come con la Kawasaki.
☻☻☻☻☻ Ducati Panigale 1299S
Sportiva senza compromessi, non esiste altra definizione per la posizione della superbike di Borgo Panigale. Paradossalmente, però, questa impostazione risulta una delle più accoglienti per piloti di tutte le taglie: i manubri sono aperti e poco spioventi, quasi da Streetfighter più che da sportiva, e le pedane, pur se alte, sono correttamente arretrate e ben distanti dalla sella.
L’anoressia della supersportiva Ducati fa si che nella guida sportiva, quando con il corpo si salta da un lato all’altro della moto, la Panigale si comporti a meraviglia; purtroppo nell’uso disimpegnato si rivela però scomoda ed ostica, perché le ridotte superfici di contatto fra la moto e la zona cavallo del pilota non fanno nulla per mascherare la natura di una moto che nasce per farsi tirare il collo fra i cordoli di un circuito. Insomma, come tutti gli altri aspetti della Ducati, è pensato per aiutarvi a trarre il 100% della moto con addosso una tuta di pelle, e non certo per farvi stare comodi.
☻☻☻☻☻ Kawasaki ZX-10R Ninja
La nuova verdona è la più nuova ma anche la più economica, con un cartellino del prezzo di 17.890 euro. In cambio dei vostri sudati risparmi vi verrà consegnata una “verdona” tutta nuova, già in regola con le normative Euro-4 e rimodernata in diversi aspetti rispetto alla già competitiva versione precedente ma soprattutto dotata, prima in tutto il panorama mondiale, di forcella Showa pressurizzata. Il suo propulsore, il “solito” quattro cilindri in linea a fasatura regolare, si fregia di 200 cavalli tondi tondi, ed è quindi necessaria una gestione elettronica allo stato dell’arte per sfruttarli a fondo.
Il pacchetto della Ninja 2016 prevede tre diverse mappature motore, launch control KLCM, gestione del freno motore KEBC, anti-impennata, controllo di trazione a cinque livelli, ABS KIBS sviluppato in collaborazione con Bosch e finalmente il quickshifter. Vale la pena segnalare come la “piena potenza” della centralina si sblocchi solamente con l’adozione del kit racing, che oltre ad un nuovo impianto di scarico prevede anche boccole per la regolazione dell'inclinazione del cannotto di sterzo e dell'altezza del perno forcellone, molle forcella alternative, chiave elettronica per la modifica dell'intervento dell'ABS (disinseribile completamente o solo sulla ruota posteriore) guarnizioni motore, cuscinetti di biella e per albero motore di 4 differenti spessori. Il kit permette inoltre di sfruttare il cambio elettronico anche in scalata, e di regolare il freno motore in ogni singola marcia.
☻☻☻☻ Yamaha YZF-R1M
Il prezzo è salato (la versione R1M costa 23.490 contro i 18.490 dell’allestimento base) ma vi portate a casa una moto davvero allo stato dell’arte. Il cuore resta il quadricilindrico in linea a fasatura crossplane nato per la MotoGP YZF-M1 nel 1994, qui capace di ben 200 cavalli dichiarati ed assistito da una ciclistica incentrata sul “solito” telaio Deltabox perimetrale in alluminio ma soprattutto dalle sospensioni semiattive Öhlins ERS, con forcella, monoammortizzatore e ammortizzatore di sterzo gestiti dalla centralina in modalità manuale o automatizzata grazie al contributo della IMU (antipatico nome delle piattaforme inerziali) a sei assi.
Il pacchetto elettronico offre quindi controllo di trazione, controllo di deriva (in sostanza la centralina coglie la differenza fra la tendenza della moto a pattinare o a mettersi di traverso), launch control su due livelli, anti-impennata e quickshifter. Non potevano mancare naturalmente tre mappature per la risposta all’acceleratore (A, B e C) e i quattro Yamaha Ride Control System, sostanzialmente dei riding modes che offrono combinazioni preimpostate di tutti i sistemi sopra citati.
Da notare come tutto questo sia impostabile anche da tablet o smartphone interfacciati con il meraviglioso cruscotto TFT. Cosa chiedere di più? Ah, si: il quickshifter attivo anche in scalata.
☻☻☻☻ Ducati Panigale 1299S
Le Ducati supersportive in allestimento pregiato (S o SP che fossero) si sono sempre pagate care. La Panigale 1299S vince il (poco ambito) titolo di moto più costosa di questo test, con 25.990 euro. Una cifra indubbiamente elevatissimo, compensata però ampiamente da una dotazione di sostanza. I 205 cavalli della Panigale – il valore dichiarato più elevato del test – vengono imbrigliati dall’ormai nota ciclistica basata su telaio monoscocca con motore a svolgere il ruolo di elemento stressato, con sospensioni Ohlins semiattive sia all’avantreno che al retrotreno.
Il pacchetto elettronico è completissimo, e prevede controllo di trazione su otto livelli, anti-impennata, quickshifter attivo sia in innesto che in scalata, ABS cornering, gestione del freno motore oltre naturalmente a tre diversi tipi di erogazione del propulsore, il tutto mixabile grazie ai quattro Riding Mode previsti di serie, che naturalmente prevedono anche diverse tarature per le sospensioni. Tutti sono ovviamente personalizzabili e… riportabili ai valori di default in caso si esageri con i pasticci.
☻☻☻☻ Kawasaki ZX-10R Ninja
E’ l’unico aspetto in cui la Kawasaki mostra un pochino di sudditanza rispetto alle rivali. Il cruscotto è il più povero dei tre, con un’unità LCD compatta ma affollata e un po’ poco leggibile con luce forte e non sempre di immediata lettura nell’uso sportivo. Bene l’interfaccia utente, che con due pulsanti fa praticamente tutto.
Plastiche e verniciature sono di qualità sia alla vista che al tatto, anche se un po’ meno rispetto alle raffinatissime rivali; comandi al manubrio e pedane non si distaccano troppo dagli standard giapponesi. Da notare come la Ninja sia l’unica a non offrire la doppia omologazione 200/190 per il pneumatico posteriore, ormai standard per tutte le rivali di ultima generazione.
☻☻☻☻☻ Yamaha YZF-R1M
Semplicemente spettacolare: non c’è un aspetto nell’ammiraglia Yamaha che non sia curato nel minimo dettaglio. Tutte le superfici, lucide oppure opache che siano, sono curate con verniciature spesse e plastiche di qualità. Completa il quadro lo spettacolare cruscotto TFT, leggibile praticamente in ogni condizione di luce, da cui è possibile controllare praticamente qualunque aspetto della gestione elettronica. Relativamente intuitiva la sua gestione, anche se si fa meglio con l’app separata, da installare ed accoppiare con la propria R1M.
Splendido anche lo scarico Akrapovic in titanio (di serie sulla R1M) che grazie al presilenziatore si permette un look impudente – corto ed aperto – valorizzando la voce della Yamaha senza renderla troppo incivile.
☻☻☻☻☻ Ducati Panigale 1299S
Difficile trovare un qualsivoglia difetto qualitativo alla Panigale. Dovunque si posi lo sguardo si notano particolari tecnici e finiture di livello assolutamente eccelso: le verniciature sono spesse e brillanti, le plastiche raffinate alla vista e al tatto, le fusioni pregiate e abbondano ovunque materiali e componenti di altissimo livello – vi basta posare l’occhio sull’impianto frenante o sul forcellone monobraccio per restare ammaliati dall’ammiraglia Ducati.
Lode anche qui per il cruscotto TFT a colori, brillante e leggibile, che offre tutte le informazioni utili in ogni condizione, comprese chicche come l’angolo di inclinazione in piega per gratificare i maniaci del gomito a terra. Insomma, la Panigale costa cara ma la sostanza c’è tutta.
☻☻☻☻ Kawasaki ZX-10R Ninja
La Kawasaki Ninja ZX-10R è oggetto di manutenzione dopo i canonici 1.000km, poi a 6.000 ed ogni 6.000km; Kawasaki non comunica ufficialmente i prezzi degli interventi.
La Ninja è oggetto della promozione “50% su tutta la gamma”, che offre un finanziamento di metà del valore della moto a tasso zero, senza costi accessori e con prima rata dopo tre mesi. Dopo due anni di rate a TAN fisso 7,95% TAEG 8,25% si può decidere se estinguere il finanziamento o rifinanziare i successivi due anni a tasso zero (TAN 0,00% e TAEG 0,00%) e senza costi accessori.
☻☻☻☻☻ Yamaha YZF-R1M
I tagliandi per la R1M cadono a 1.000 km e poi ogni 10.000 oppure ogni anno. I costi dei tagliandi sono 195 euro (1.000km), 215 euro (10.000), 350 euro (20.000), 215 euro (30.000), 450 euro (40.000). L’intervento annuale, in caso non si superino i 10.000km di percorrenza, si attesta a 165 euro.
Al momento Yamaha non effettua promozioni sulla YZF-R1M, né offre al cliente finanziamenti “ufficiali”; naturalmente, ogni concessionario può proporre soluzioni concordate su misura con il cliente.
☻☻☻☻☻ Ducati Panigale 1299S
I tempi in cui le Ducati richiedevano una manutenzione delicata e continua sono ormai roba da preistoria: dopo il primo tagliando a 1.000km, gli interventi di assistenza richiesti dal Superquadro sono a cadenza di 12.000km per gli interventi più semplici (denominati Oil Service, che comprendono appunto il cambio olio e del filtro) e di 24.000 per quelli principali, denominati Desmo Service, in cui viene controllato e registrato il gioco valvole. Anche per Ducati non esiste un tariffario fisso, ma il costo dipende dai vari interventi secondari che può essere necessario effettuare.
La Panigale 1299S, come tutta la gamma Ducati, è disponibile con un finanziamento TAN 0% fisso e TAEG 1,31%, come potete leggere sul sito ufficiale Ducati.
☻☻☻☻ Kawasaki ZX-10R Ninja
La Ninja tiene fede alle dichiarazioni della casa, con una potenza massima che sfiora i 200 cavalli: il banco Fuchs ha registrato ben 198,7 cavalli all’albero a 13.100 giri nella mappatura a potenza piena, con un valore di coppia di 11,7 kgm a 11.300 giri.
L’andamento del grafico riflette la personalità percepita alla guida, con una curva regolare ma poco vivace fin poco sopra i 6.000 e poi una netta entrata in coppia, seguita da un’ulteriore aumento della spinta attorno ai 10.000 giri e uno stemperarsi graduale prima dell’intervento del limitatore. 208,5 i chili rilevati dalla bilancia con il pieno di benzina.
☻☻☻☻☻ Yamaha YZF-R1M
Il responso del banco prova conferma le percezioni alla guida: una leggera flessione, quasi impercettibile, fra i 6 e i 7.000 giri e poi una spinta da jet in decollo che si arresta bruscamente poco dopo il regime di potenza massima, che si attesta a 197,4 cavalli a 13.680 giri. Il quadricilindrico crossplane Yamaha del resto non è mai stato un mostro d’allungo, e la spinta che sa esprimere a quasi tutti i regimi compensa ampiamente.
Il valore di coppia è curiosamente coincidente con quello espresso dalla Kawasaki ZX-10R, con 11,7kgm rilevati però ben più in basso, appena sopra i 9.200 giri. Il peso con il pieno è di 195kg.
☻☻☻☻☻ Ducati Panigale 1299S
Il diagramma al banco della Panigale 1299 riflette appieno la personalità della Ducatona: sale con prepotenza viscerale ma con qualche irregolarità che, all’atto pratico, si supera di slancio e non viene percepita se non nella marcia a bassissima velocità. Rimane il riferimento per potenza massima, perché passa di misura i 200 cavalli all’albero, e scusate se è poco.
Notevole anche il valore di coppia, che si attesta a 14,2 chilogrammetri – due e mezzo in più delle rivali. Sulla bilancia la Ducati fa segnare 197,5kg con il pieno di benzina.
☻☻☻☻ Kawasaki ZX-10R Ninja
La Kawa su strada non se la cava male grazie ad una posizione di guida un po’ più accogliente, una sella vagamente degna di tale nome e sospensioni efficaci e scorrevoli ma non “inchiodate”, ed un motore dall’erogazione estremamente lineare, una volta superato il momento di incertezza ai bassi regimi. Dal minimo fin verso i 4.000 giri, infatti, il propulsore risponde con un ritardo importante e poi scarsa grinta alle richieste dell’acceleratore causando qualche situazione d’imbarazzo alle basse velocità, ma basta superare il punto critico perché la situazione si normalizzi.
Il problema è ancora più sensibile a causa della rapportatura molto lunga, che costringe a vincere le remore psicologiche ed utilizzare anche la prima in frangenti della guida in cui “fa strano” scendere fino al primo rapporto. Ma non vi preoccupate: l’unica vera situazione in cui la Ninja può trovarsi in difficoltà è sul misto stretto, dove il mix di interasse importante, rapportatura lunga e acceleratore vago ai bassi regimi rende un po’ scoordinata l’azione.
Insomma, evitate i tornanti e vivrete felici, perché una volta entrati nel vivo dell’azione – diciamo dai 5.000 in avanti – la Ninja spinge come una dannata, con un ringhio allo scarico esaltante e una ciclistica composta anche su strada. Solo nelle accelerazioni più prepotenti alle alte velocità si può percepire un leggero nervosismo dell’avantreno: le irregolarità del fondo stradale possono innescare ondeggiamenti poco rassicuranti che però, ad onor del vero, non si tramutano mai in sbacchettate vere e proprie. E la posizione di guida (una volta abbassate le leve…) è quella più adatta all’uso stradale disimpegnato, permettendovi di passare la giornata in sella senza sentirvi troppo frustrati quando non guidate di corpo…
☻☻☻ Yamaha YZF-R1M
Qui la situazione si fa più complessa. La Yamaha YZF-R1M mette un po’ in soggezione al primo approccio a causa di una posizione di guida decisamente più specialistica – manubri molto chiusi, sella alta e rigida, pedane piuttosto sportive nella posizione – e di un marcato effetto on-off alla riapertura dell’acceleratore, accentuata dalla grinta che il quadricilindrico Crossplane è in grado di offrire ai bassi e medi regimi.
Serve qualche chilometro per farci l’abitudine, anche perché la rapportatura finale è lunga quasi quanto quella della Kawasaki; paradossalmente però, pur costringendo a riparametrarsi in termini di rapporti da utilizzare, qui la si soffre di meno per la coppia taurina che il motore Yamaha è in grado di esprimere.
Se andare a spasso sulla Kawasaki è possibile, qui la pratica è abbastanza mortificante e da riservare ai trasferimenti (più brevi possibile) da casa al percorso preferito, meglio se di montagna: la Yamaha qui sa offrire una guidabilità notevole grazie alle già citate doti del propulsore, e grazie alle sospensioni semiattive più azzeccate del lotto – a nostro giudizio – per taratura e reattività riesce ad adattarsi relativamente bene all’uso sportivo stradale. Davvero notevole come il sistema sia in grado di gestire fondi irregolari, errori del pilota e naturali sollecitazioni della guida sportiva (a volte anche contemporaneamente…) e ricomporre l’assetto della R1M in un batter di ciglia, senza nemmeno dare il tempo al pilota di “prendersi uno spaghetto”. Tutti coloro che continuano a sostenere a priori la superiorità delle sospensioni tradizionali dovrebbero provarne una.
☻☻☻ Ducati Panigale 1299S
Appena seduti in sella la situazione non promette benissimo: la sella rasenta l’inesistente e le sospensioni sono molto rigide in qualunque taratura – tranne forse la rain – prevista dai riding mode preconfigurati. Poi però si mettono mani e piedi al loro posto e si scopre una posizione di guida azzeccatissima per la conduzione sportiva ma soprattutto relativamente accogliente per diverse taglie di piloti. Il motore è fantastico, ricco di coppia a tutti i regimi ma un po’ burbero ai bassi: spara fuori dalle curve con una grinta inusitata accentuata da una rapportatura più corta rispetto alle concorrenti, ma è altrettanto vero che è talmente diretto che è difficile guidare puliti in un contesto come quello stradale.
Le risposte dirette sono il filo conduttore della Panigale: pensata solo ed esclusivamente per farvi andare più forte possibile, reagisce nella maniera più immediata e pronta possibile a qualunque vostro comando. Indole gratificante per lo sportivo, ma anche piuttosto impegnativa su strada, soprattutto quando il fondo è sporco o imperfetto. Se conoscete bene il percorso e l’asfalto è liscio, la Panigale si rivela efficace anche su strada, ferma restando l’impossibilità di sfruttarne il potenziale in percentuale rilevante, ma non appena vi trovate ad improvvisare, o a guidare su fondi imperfetti la situazione si fa molto più impegnativa che sulle rivali di questa prova.
Una considerazione finale: premesso che nessuna di queste supersportive è particolarmente fresca, la Panigale – come ha detto il nostro Perfetto nel video in maniera colorita – sembra uno strumento di tortura. La configurazione tecnica fa si che il calore arrivi sulle caviglie del pilota ma che si diriga anche verso la zona del cavallo, arrostendo letteralmente inguine ed interno cosce. Impraticabile senza una tuta di pelle. Detto questo, nessuno (o quasi) compra una Ducati Superbike per andarci a spasso…
☻☻☻☻ Kawasaki ZX-10R Ninja
Le ottime caratteristiche di guida espresse dalla Ninja durante il test su strada non ne sminuiscono il carattere e le prestazioni in pista. Il confronto con due mostri sacri quali Ducati e Yamaha non la mette in imbarazzo, ma in configurazione standard è anche la meno racing del gruppo. Non per niente Kawasaki ha pensato a un Kit Racing specifico per esaltarne le caratteristiche prettamente pistole, allestimento che abbiamo avuto modo di provare durante la presentazione stampa di quest’inverno in Malesia, e che ci aveva letteralmente esaltati.
L’ergonomia è buona per l’uso stradale ma, se confrontata a quella di Ducati e Yamaha, in pista andrebbero quantomeno arretrate le pedane. Al contrario, il motore Euro 4 (le concorrenti sono entrambe Euro 3) non sembra in debito di cavalli, anzi, spinge come un ossesso chiamando a un superlavoro il cambio elettronico, purtroppo privo di assistenza in scalata.
L’interasse lungo non sembra essere un problema: la Ninja entra in curva e cambia direzione con estrema naturalezza; un pelo meno rapida di Ducati, ma decisamente più reattiva di Yamaha soprattutto nei cambi di direzione a velocità medio alte come le due Biondetti, tanto per fare un esempio. Precisa e rigorosa, con un avantreno che non molla mai, la Verdona è forse la più amichevole delle tre, come del resto ha sottolineato nel video anche il nostro Perfetto, il meno avvezzo dei tre tester alla guida delle superbike moderne.
La Kawa è anche l’unica anche ad avere sospensioni tradizionali, quindi prive di gestione elettronica, ma con la spettacolare forcella Showa pressurizzata. Su indicazione dei tecnici Kawasaki abbiamo ritoccato leggermente quello che era il settaggio delle sospensioni per uso stradale e lo abbiamo configurato per l’uso in pista aggiungendo un mezzo giro di frenatura in compressione al mono e mezzo in estensione alla forcella. Il risultato è stato davvero ottimo, l’assetto composto e rigoroso della Ninja ci ha permesso di divertirci e soprattutto è risultato in perfetta sintonia con la gestione elettronica, che prevede oltre al controllo di trazione, anche quello del freno motore e dell’ammortizzatore di sterzo. Il pacchetto elettronico non sarà ricco come quella della costosissima italiana e non sarà “predittivo” come quello della quattro cilindri di Iwata, ma il suo comportamento è privo di sbavature e mette al riparo da eventuali “esuberanze di guida”!
L’impianto frenante Brembo, il medesimo fornitore della Ducati Panigale, si è guadagnato solo elogi – come sull’italiana d’altronde – grazie anche ad un ABS funzionale e che mette al riparo da eventuali errori, nostri o altrui. Un vero angelo custode.
☻☻☻☻☻ Yamaha YZF-R1M
Con il senno di poi, la superbike di Iwata meriterebbe una mezza stella in più rispetto alla bicilindrica bolognese; non tanto per le prestazioni, quanto per la capacità di metterle a disposizione anche dei piloti meno esperti. Nell’uso in pista la R1 si è trovata più a suo agio rispetto alla Kawasaki ZX-10R, forte di un assetto più raccolto e adatto alla guida d’attacco (anche se i semimanubri ci sembrano sempre troppo chiusi) ma meno estremo rispetto alla Panigale pur se comunque bello sportivo.
Il fatto che la nostra R1 fosse la versione “M”, dunque dotata di sospensioni Öhlins ERS (Electronic Racing Suspension), ci ha messo subito nelle condizioni di entrare in pista con la moto settata al meglio senza dover mettere mano alle sospensioni attraverso chiavi varie o cacciavite. Giri la chiave, entri nell’infinito mondo della sua avveniristica strumentazione, e con due colpetti al pulsante di selezione sei pronto a gettarti tra i cordoli. Il motore è la prima cosa che apprezzi, spinge forte in basso, come il bicilindrico italiano, e di più rispetto al quattro cilindri di Akashi; diventa muscoloso ai medi e poi allunga con un gran bel carattere.
Certo la Panigale sembra spingere più forte ma, giro dopo giro, la pastosità del 4 cilindri a scoppi irregolari risulta essere meno affaticante per il corpo e per la mente, e se non fosse per quel chiudi-apri sempre più brusco del dovuto, meriterebbe una lode. Purtroppo le caratteristiche di questo propulsore, con il suo albero motore bello “spesso”, le fanno pagare pegno in alcune situazioni. In inserimento la R1 è svelta e precisa, ma nei cambi di direzione è quella che richiede maggior fisicità, dove Ducati entra con il solo uso del pensiero, e Kawasaki con uno sforzo minimo, questa Yamaha richiede un maggior impegno.
Fatica ripagata ampiamente quando si va a riprendere in mano il comando del gas, con il motore che spinge e cerca di mandare in crisi il pneumatico mentre l’elettronica mette entrambi d’accordo per il bene del pilota! Elettronica sopraffina, al pari di quella in dotazione alla bicilindrica di Borgo Panigale, che però vanta il comando del cambio elettro assistito anche in scalata, accessorio non disponibile sulla moto dei tre diapason.
La fase di frenata, che lo scorso anno aveva messo leggermente in crisi la R1M a Monza, qui al Mugello è sembrata tutt'altro che un problema. Le terribili staccate del circuito brianzolo sono altra cosa, ma nel complesso la moto si è comportata bene, eguagliando gli spazi di frenata delle due avversarie.
☻☻☻☻☻ Ducati Panigale 1299S
Delle tre è quella da considerarsi maggiormente come “pronto pista”, una moto che come esce dal concessionario, è perfetta per affrontare un track day senza che si debba desiderare di più in termini di guida e allestimento, davvero completo (e ci mancherebbe, visto il prezzo di acquisto!).
Rispetto alle concorrenti di questa comparativa la Panigale è quella che richiede maggior mestiere per essere sfruttata al meglio. Kawasaki e Yamaha sono più facili, se ci consentite il termine sapendo che stiamo parlando di moto da 200 cv con prestazioni imbarazzanti.
Precisa, reattiva e potentissima, la 1299 si dimostra un’arma totale solo se guidata con convinzione. Chi le monta in sella deve avere ben chiaro nel casco cosa sta facendo e quello che vuole fare: le incertezze vengono ripagate al pari di uno sgarbo, con risposte secche e immediate. Velocissima e precisa come una lama di coltello, la bicilindrica si approccia a qualsiasi curva come un falco sulla preda, punta dritto dove dice lo sguardo del pilota e fende letteralmente l’asfalto, con un avantreno che asseconda l’impianto frenante in maniera perfetta. All’occorrenza si stacca fin dentro la curva senza che l’assetto si scomponga, e in questo il dialogo tra le sospensioni e la centralina elettronica è fondamentale, mentre l’attenzione del pilota si può spostare sulla traiettoria ottimale da percorrere in attesa di poter riprendere in mano il comando del gas, azione quest’ultima, che fa percepire senza filtri l’esuberanza del motore Ducati e la bontà dei controlli di trazione e anti-wheeling. La scalata assistita è efficace e rapidissima (delle due giapponesi solo la Kawasaki può esserne dotata ma solo se dotata del kit Racing) così come il controllo del freno motore, che evita qualsivoglia sbandierata del posteriore anche quando si arriva un pelo lunghi per eccesso di entusiasmo!
La fisicità della Panigale si sente, soprattutto quando le temperature dell’aria oltrepassano allegramente i 30° come è successo a noi durante la comparativa. Una fisicità determinata non certamente dal peso della moto o dalle quote ciclistiche, ma dalle prestazioni elevatissime e dal carattere racing.
Lo ripeteremo ancora una volta, anche se rischiamo di suonare come dischi rotti: queste tre supersportive, ma potremmo ampliare il giudizio anche alle loro… colleghe di altre marche, su strada sono ormai al limite dell’insensato. Sempre più aggressive e specialistiche, pur se tenute a bada dall’elettronica, impongono compromessi piuttosto pesanti su qualunque percorso non abbia un asfalto quasi perfetto, e a meno di non applicarsi con concentrazione e determinazione da guida in pista, sono frustranti e impegnative sia fisicamente che psicologicamente. Nonché facili prede di moto teoricamente meno veloci e prestanti ma più adatte alle disastrate strade della nostra penisola.
Detto questo, una bella serie di curve su un percorso conosciuto e ben tenuto, per non parlare di un bel “turno” in pista regalano gusto e soddisfazioni fuori dalla portata di qualunque altro genere di moto. Certo, non che diventino di colpo facili, semplicemente… i benefici offerti riescono a compensare i sacrifici richiesti: 200 e passa cavalli, tenuti a bada da ciclistiche ed elettroniche di questo livello creano pacchetti che qualche stagione fa avrebbero popolato i sogni bagnati di molti piloti del Mondiale Superbike.
Una volta chiarito il contesto vediamo più in dettaglio le nostre… due più una concorrenti. Iniziamo dalla Kawasaki: per diversi motivi è la migliore nell’uso su strada, e in generale è un po’ meno affilata rispetto alle concorrenti pur risultando altrettanto efficace in pista. Ha un avantreno spettacolare, una forcella divina e diventa impegnativa solo quando si inizia a dare gas davvero forte, con qualche accenno di nervosismo da sportiva vera. E’ quella da scegliere se vi piace usare la supersportiva anche su strada, ma fatevi un piacere: procuratevi anche il kit scarico/centralina per quando la portate in circuito, e date un’accorciata ai rapporti.
200 e passa cavalli, tenuti a bada da ciclistiche ed elettroniche di questo livello creano pacchetti che qualche stagione fa avrebbero popolato i sogni bagnati di molti piloti del Mondiale Superbike
La Yamaha è semplicemente spettacolare: una volta fatta la sua conoscenza, superato il breve sconcerto iniziale dato dalla posizione di guida – pedane a parte sembra di stare su una GP – e dall’on/off dell’acceleratore si scopre una moto perfettamente sinergica fra motore e ciclistica, con un’elettronica (e ci mettiamo anche le sospensioni) quasi soprannaturale nella sua efficacia. Su strada è più impegnativa, e anche in pista richiede un po’ più di impegno sia fisico che psicologico, soprattutto se volete (e sapete) andare davvero forte, ma ripaga con un equilibrio generale difficile da trovare altrove. Restano un on-off antipatico e una posizione di guida che potrebbe non piacere a tutti: problemi di poco conto quando il pacchetto è di questo livello.
E veniamo alla Ducati. Inutile girarci attorno, su strada è veramente impegnativa da un punto di vista fisico. Scalda, risponde con grinta piacevolmente ignorante ad ogni apertura d’acceleratore, e pur vantando la posizione più accogliente e logica è talmente diretta nelle sue risposte da risultare brutale e richiedere dedizione e sacrificio, oltre a concentrazione in ogni frangente. Ma vi basta varcare i cancelli di un autodromo perché tutto inizi ad avere senso: resta impegnativa e diretta, ma l’intensità nelle reazioni che spesso si rivela eccessiva su strada, in pista serve a farvi andare più forte. E bisogna essere del tutto insensibili per non sentire accelerare il battito cardiaco ogni volta che vi lanciate su un rettilineo con il Superquadro che vi ruggisce sotto…
Maggiori informazioni:
Moto: Kawasaki ZX-10R Ninja, Yamaha YZF-R1M, Ducati Panigale 1299S
Meteo: Sereno, 30°
Luogo: Autodromo del Mugello, Passo della Futa
Tester: Edoardo Licciardello, Francesco Paolillo, Andrea Perfetti
Terreno: Misto montagna, pista
Rilevamenti al banco prova: Superbike Snc, Novate Milanese (MI)
Foto: Stefano Berg, FotoEventi
Video: Stefano Berg, FotoEventi
Testo: Edoardo Licciardello, Francesco Paolillo
Ringraziamenti: Fratelli Moro Gomme, Promoracing
Sono stati utilizzati:
Caschi Arai RX-7V, Icon Airframe Pro Halo,
Tute Ixon Mirage, Alpinestars GP Pro for Tech-Air, Dainese
Guanti Alpinestars GP Tech, Alpinestars GP Plus.
Stivali Alpinestars SuperTech R, TCX RS2 Evo
Ducati
Via C. Ducati, 3
40132 Bologna
(BO) - Italia
051 6413111
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