KTM, la sfida impossibile

KTM, la sfida impossibile
Una giornata al Mugello per ragionare, a mente calda e fredda, sulle differenze fra una supersportiva e una supernaked. Dall'impostazione, alla difficoltà di guida, dalle emozioni, al rendimento
27 agosto 2014

Non fate quelle facce. Non fate quelle facce, dai, davvero: questa prova, o meglio – per chiamare le cose con il proprio nome – questo confronto impossibile, nasce proprio dai vostri commenti. Tutte le volte che ci siamo trovati a provare una delle ultime supernaked ci siamo infatti accorti di come queste sportive estreme ma prive di carenatura abbiano la capacità di dividere i cuori degli appassionati. Perché se da un lato risultano sempre più prestanti e gustose nell’uso in circuito, dall’altro stanno diventando sempre più impegnative e specialistiche nelle strade aperte al pubblico.

La derivazione sempre più diretta da modelli supersportivi ha infatti trasformato il segmento delle naked sportive da brillanti moto stradali ad alternative alle supersportive con manubrio largo e senza carenatura. Una situazione che ci ha più volte spinto a consigliare ai possessori di questi missili senza carenatura di dare libero sfogo ai loro pruriti sportivi solo in circuito, affermazione che ha portato ad un’ulteriore radicalizzazione delle posizioni degli appassionati: da chi le celebra come alternative comunque più godibili e versatili alle supersportive, ai detrattori che ne criticano il loro essere adatte ad entrambi gli usi (strada e pista) ma il non eccellere in nessuno dei due.

 

Abbiamo quindi pensato di sfruttare la gentile ospitalità di KTM ad una delle date del suo Track’N’Test per dare vita ad una sfida. Mettere l’una contro l’altra la RC8R, punta di diamante supersportiva della Casa di Mattighofen, e la Super Duke R 1290. Un confronto impossibile, lo sappiamo, pieno di se e di ma. La differenza generazionale fra i due mezzi, che in comune hanno praticamente solo la marca sul serbatoio e lo schema di base del propulsore, introduce diverse variabili che ci impediscono di dare un verdetto decisivo in merito alla questione iniziale. Ma il poter disporre di due mezzi tanto efficaci (perché sull’efficacia e il gusto di guida offerti tanto sulla Super Duke R quanto dalla RC8R non ci possono essere dubbi) nello stesso teatro di un circuito come quello del Mugello, vario ed impegnativo, ci offre la possibilità di confrontare sensazioni e comportamenti e trarre qualche conclusione un pochino meno scontata di quanto non si possa fare nelle chiacchiere a bocce ferme.

 

Le nostre protagoniste

Non staremo a descrivervi ancora una volta le due KTM oggetto del nostro scontro, di cui vi abbiamo parlato diffusamente nelle prove dell’epoca (trovate qui quella della Super Duke R e qui quella della RC8R); ci limitiamo ad inquadrarle per contestualizzare meglio la situazione.

La RC8R è l’ultima evoluzione della sportiva con cui KTM ha esordito nel segmento Superbike nel 2008. A parte qualche lamentela su cambio e vibrazioni, la Casa di Mattighofen ha fatto centro al primo colpo, definendo una moto rivelatasi subito estremamente efficace ed accessibile anche ai meno esperti – non certo per carenza prestazionale, ma perché la ciclistica sana e l’erogazione lineare rendeva comunque gestibile la mandria di cavalli di cui era dotata. Dall’anno dopo è arrivata la RC8R oggetto del nostro confronto, più potente (175 cv) e leggermente più raffinata in alcune componenti fra cui il comparto sospensioni ovviamente fornito da WP. Una leggera revisione nel 2011 (motore a doppia accensione, inerzie interne riviste, qualche affinamento ciclistico, ma niente elettronica) l’ha resa ancora più efficace, in attesa che KTM decida quando proseguire nel progetto Superbike con un modello completamente nuovo.

 

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Ha lasciato tutti di stucco, perché in fondo nemmeno gli addetti ai lavori pensavano che KTM avrebbe potuto creare una moto tanto folle

La Super Duke 1290 è invece nata l’anno scorso. Ha lasciato tutti di stucco fin dalle prime immagini, perché in fondo nemmeno noi addetti ai lavori pensavamo che KTM avrebbe potuto creare una moto tanto folle. Lo stupore è successivamente aumentato – con l’aggiunta di quell’euforia normalmente associata all’uso di alcolici o sostanze psicotrope – quando l’abbiamo potuta provare. La 1290 è una moto allo stesso tempo folle e incredibilmente sensata, ma di questo ne parleremo più avanti; qui ci limitiamo ad inquadrarla meglio dicendo che la sua vena di pazzia prestazionale viene tenuta a bada da un’elettronica allo stato dell’arte ma soprattutto che, nel contesto della categoria Supernaked, è più vicina alle proposte più stradali che non alle superbike senza carenatura e con manubrio largo (o streetfighter se preferite) come Aprilia Tuono o BMW S1000R.

 

Assetto di guida

La KTM RC8R forse è la moto meno adatta ad evidenziare le scomodità tipiche della supersportiva, perché la bicilindrica arancione è quasi certamente la più accogliente del segmento. Compatta ma spaziosa, offre tanto spazio alle gambe e ampia libertà nella guida di corpo; trova nella linea di sella un po’ alta l’unica… barriera architettonica per i meno dotati verticalmente. Il carico dei polsi è marcato ma non eccessivo, e i semimanubri sembrano offrire sempre quel magico compromesso fra sostegno in staccata e appiglio quando si sposta il corpo all’interno in piega.

 

Comoda e naturale, la posizione della Super Duke 1290 R asseconda anche nella guida in pista
Comoda e naturale, la posizione della Super Duke 1290 R asseconda anche nella guida in pista

Certo, anche così la Super Duke 1290R resta indiscutibilmente più comoda; la posizione di guida è fra le più azzeccate del settore, con manubrio ben conformato, un ragionevole carico sull’avantreno e pedane anche qui lontane da eccessi – in un verso o nell’altro – che spesso affliggono la concorrenza. Si guida bene tanto con un’impostazione stradale quanto con gli spostamenti del corpo tipici della pista, e anche quando la mostruosa coppia del bicilindrico KTM fa di tutto per farvi scappare la moto da sotto non ci si trova mai a doversi attaccare al manubrio a tutti i costi. L’unica lamentela va ad un cambio con un puntale della leva molto corto, probabilmente per evitare di fresarlo sull’asfalto viste le pieghe concesse dalla ciclistica: in scalata ce la si cava, mentre in innesto il piede deve ruotare verso l’interno, movimento poco naturale quando si forza un po’ il ritmo.

 

Differenze in rettilineo

Potrebbe sembrare ozioso paragonare il comportamento delle due moto in rettilineo, ma i comportamenti sono talmente diversi che vale la pena di raccontarvi nel dettaglio cosa succede a bordo delle due KTM sulle rette – lunghe e brevi – del tracciato toscano.

Partiamo dalla RC8R: in assenza di qualsivoglia forma di gestione elettronica, la deformazione mentale derivante dall’abitudine ci fa usare un po’ di prudenza nello spalancare il gas, ma non ce ne sarebbe bisogno. La Superbike di Mattighofen è dotata di una ciclistica sana e di tanta trazione, e srotolare l’acceleratore porta a vedere rapidamente velocità importanti. La RC8R fa tanta strada ad ogni accelerazione senza causare inutili innalzamenti delle pulsazioni: efficace e progressiva, l’erogazione della KTM è quella che si vorrebbe su qualunque sportiva.

La posizione in sella è comoda e il cupolino offre protezione più che adeguata, tanto che in fondo all’importante rettilineo del Mugello si arrivano a vedere velocità riservate qualche tempo fa ai mezzi da gara. Mettiamola così: in caso non lo sapeste, diversamente da quanto accade su alcune concorrenti, il tachimetro della RC8R continua imperterrito a funzionare anche oltre i 300 all’ora. Si fila comunque dritti come fusi, senza avvertire precarietà degne di nota, e quando si richiamano i freni la RC8R decelera con decisione – si ferma, come dicono i piloti – e senza scomporsi nonostante l’assenza della frizione antisaltellamento.

 

Molto diversa la storia sulla Super Duke R. Spalancare il gas sulla 1290 è un’esperienza che dovrebbe far parte del curriculum di qualunque motociclista sportivo: quale che sia il rapporto inserito e il regime il bicilindrico di Mattighofen spinge come un dannato, causando gustosissimi alleggerimenti dell’avantreno. I brevi rettilinei che collegano le curve del Mugello si divorano con la ruota anteriore che pela l’asfalto senza che però la Super Duke perda mai precisione. Basta evitare di fare troppo affidamento sullo sterzo e usare il peso del corpo per puntare la KTM dove si desidera, per il resto si tratta solo di prestare un minimo di attenzione al pedale del cambio.
 

 

La rapportatura corta, azzeccatissima per l’uso stradale ma poco adatta all’uso in circuito, porta infatti a dover usare il cambio un po’ più del necessario; poco male, perché alla fine godere della progressione del motore che riprende ad ogni innesto è un’esperienza davvero esaltante, ma si paga un po’ in rendimento. Il problema nasce quando le velocità si fanno importanti, frangente in cui è necessario conciliare la necessità di spiattellarsi sul serbatoio, perché la protezione aerodinamica va segnalata come inesistente, con quella di allentare il più possibile la presa sul manubrio per evitare di innescare ondeggiamenti.

In fondo al rettilineo del Mugello, raccogliendosi il più possibile abbiamo visto costantemente velocità superiori ai 280 all’ora (non li vedrete nel video a causa dalla posizione leggermente rialzata imposta dalla telecamera montata sul serbatoio, NdR), raggiunti con una spinta che per una naked ha dell’incredibile: pensate che se non si alleggerisce l’acceleratore lo scollinamento successivo al traguardo porta l’avantreno a sollevarsi di netto. Insomma, sulla RC8R la vita in rettilineo è molto più facile. Sulla 1290, che per inciso vanta la stessa efficacia in staccata della cugina supersportiva, l’arrivo del momento di attaccarsi ai freni diventa quasi un sollievo.

 

Comportamento in curva

In moto però quello che conta sono le curve, e sotto questo aspetto ci sentiamo di tranquillizzare tutti: quale che sia la vostra preferenza, supernaked e sportiva regalano grandi emozioni e soddisfazioni anche se con comportamenti molto diversi.
Sulla Super Duke R l’inserimento esalta: il manubrio largo rende l’inscrizione in traiettoria una formalità. Se avete il manico e la decisione giusti il passaggio fra la verticale e la massima piega avviene in un tempo infinitesimale senza che mai lo sterzo della supernaked KTM dia l’impressione di potersi chiudere o comunque tradirvi. Se non siete piloti con tanto di pedigree forse non sfrutterete appieno la rapidità della Super Duke ma potrete comunque apprezzarne l’agilità, tanto in strada che in pista tanto più che – appunto – non se ne pagano mai le conseguenze. Non si riscontrano sottosterzi o criticità degne di nota, anche se è evidente come al salire delle velocità di percorrenza (provate a pensare alle due Arrabbiate) il feeling sul “davanti” diventi un po’ meno solido rispetto alle supersportive.

 

Il segreto della Super Duke R sta proprio qui, nella capacità di coniugare un comportamento da moto da gara con una sicurezza e una solidità capaci di rassicurare anche chi non ha doti di guida da superman. L’unica lamentela che si può muovere alla supernaked (non la KTM, ma tutte) è che il manubrio largo toglie ovviamente un po’ di feeling al massimo della piega, e che le pedane relativamente basse arrivano presto a fresarsi sull’asfalto oltre al fatto che la posizione è evidentemente ottimizzata per la guida stradale, dove i movimenti del corpo sono decisamente più limitati che in pista. Una situazione che ha però i suoi vantaggi nei cambi di direzione, dove basta un bel colpo sullo sterzo per raccordare in un fazzoletto d’asfalto anche la più rapida delle varianti.

 

I semimanubri della RC8R sono molto più comodi nella classica posizione in piega e il feeling in percorrenza è decisamente superiore

La RC8R non può vantare la stessa telepatica rapidità nell’inserimento in traiettoria, ma i suoi semimanubri risultano molto più comodi nella classica posizione in piega e il feeling in percorrenza, soprattutto sul veloce o dove è necessario raccordare due curve è decisamente superiore. Perdonateci l’abuso di un ormai stantio luogo comune, ma dove la Super Duke mostra qualche limite, la RC8R infonde una sicurezza eccezionale dando l’impressione di avere i semimanubri fissati direttamente sul perno ruota anteriore.

La posizione più caricata sull’avantreno conferisce alla supersportiva una maggior sicurezza (psicologica ma entro certi limiti anche oggettiva) al massimo della piega e anche nei cambi di direzione, pur non potendo vantare l’agilità della cugina nuda, i semimanubri rendono più semplice spostare il corpo da una parte all’altra della moto senza attaccarsi al manubrio perturbando così meno l’assetto del mezzo.

 

…e allora alla fine?

Come era facile immaginare non possiamo – nessuno può – trarre una conclusione realmente oggettiva sulla diatriba relativa alle supernaked e al conseguente confronto fra la naked e la superbike. Quello che possiamo dirvi è che sì, certo, il livello prestazionale di entrambe è tale da fare sì che ce le si possa godere al meglio – per non dire cercarne il limite, ma in questo caso bisogna essere ottimamente dotati in fatto di manico – solamente in pista, ma la cosa non significa che si comportino allo stesso modo o che su strada siano altrettanto godibili.

A prescindere da insindacabili gusti personali, la discriminante nella scelta fra le due è facilmente individuabile nel numero di uscite in pista che si fanno. Se vi limitate a due/tre giornate l’anno è difficile giustificare i sacrifici in termini di versatilità ed efficacia stradale imposti dalla natura stessa della supersportiva, mentre se la pista è la ragion d’essere della vostra passione motociclistica, e anche quando uscite su strada amate guidare di corpo e vi limitate ad asfalti lisci come biliardi la superbike diventa una proposta più sensata.

 

Semplificando molto il concetto: la Super Duke R – ma il discorso vale, pur con diversi caveat, per tutte le supernaked – richiede la pista per essere sfruttata appieno perché le sue prestazioni motoristiche sono semplicemente fantascientifiche, ma anche per strada sa dare grandi soddisfazioni. Non è infatti pensabile scaricare a terra la cavalleria di cui è dotata nel normale uso stradale a meno di non volersi giocare la patente o le ossa una volta per chilometro ma allo stesso tempo, pur con tanto potenziale, la supernaked KTM è comunque godibilissima anche lontana dai cordoli.

Con la Super Duke si può andare in giro ad un ritmo infernale anche con il gas aperto a metà senza provare quel senso di frustrazione sempre più presente quando le mani stringono due semimanubri sulle sempre più disastrate e pattugliate strade di casa nostra. E quando si varcano i cancelli di un autodromo è possibile giocarsela con le supersportive quasi ad armi pari. Scusate se è poco.

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