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triangolo, con l’inferiore affiancato dalle lucine di posizione; la coppia superiore invece si occupa di garantire un poderoso fascio di profondità, e ai suoi lati sono incorporati gli indicatori direzionali multi-led. Ma un trionfo di sfavillanti lucine led domina letteralmente anche l’ampio codone, sovrastato dal gruppo portapacchi e maniglioni in lega leggera. Bello anche lo scarico a sezione ovale.
La strumentazione di bordo verte su un cruscotto quasi identico a quello del fratellino Downtown 300: quindi con tachimetro (che qui però ospita anche il termometro per il liquido refrigerante) e contagiri analogici con lancette retro-illuminate, separati da un display a cristalli liquidi discretamente completo: orario, indicatore di livello benzina, chilometraggio totale e due parziali e indicatore di settaggio degli ammortizzatori. Dato il lignaggio del mezzo, un indicatore di consumo istantaneo e medio con calcolo del chilometraggio residuo in riserva sarebbe stato certamente ben accetto.
Una finestrella a sinistra del tachimetro ingloba le piccole icone luminose che segnalano la riserva, la pressione e l’intervallo di sostituzione dell’olio, ed eventuali malfunzionamenti dell’ABS. Nella finestrella gemella di destra compare invece la spia della batteria.
I comandi elettrici al manubrio sono tradizionali e ed ergonomicamente soddisfacenti, mentre le leve dei freni sono regolabili, ma già nella posizione più vicina alla manopola per qualcuno potranno risultare comunque troppo distanti. Discretamente ampi ed efficienti i retrovisori cromati.
Esaminando il retro- scudo, al centro troviamo il blocchetto multifunzione con protezione meccanica tipo Suzuki (che se ricordo bene lo ha praticamente inventato con il primo Burgman, nel 1998): il sistema keyless con trasponder, presente sul veicolo esposto in fiera, e presumibilmente anche su quelli destinati all’estero, è stato dunque abbandonato, probabilmente per motivi di costi. La classica chiave di avviamento, quindi, comanda anche la serratura della sella e l’apertura a scatto del tappo di rifornimento, comodamente sistemato in alto, sulla destra del retro-scudo stesso. Una volta estratta, la chiave stessa è sagomata in modo da far scattare una ghigliottina che blocca l’accesso alla fessura del blocchetto. Appena sotto il quale troviamo un comodo gancio porta borse fisso. A destra, più in basso, troviamo invece la leva sollevando la quale si inserisce il freno posteriore di stazionamento; l’operazione di sblocco richiede però un discreto sforzo.
Da notare anche la leva piatta perfettamente inglobata a sinistra del blocchetto di accensione: tirandola con l’indice, si aprono a scatto le belle pedane del passeggero, ben inglobate nella carrozzeria . Ancora più a sinistra figura un cassettino con coperchio a scatto (senza serratura), che sul pavé più tenace a volte si apre da solo.
Sotto al faraonico sellone, dotato di supporto lombare (purtroppo non regolabile) per il pilota, e di un
piccolo cassettino portaoggetti in punta, l’opulento MyRoad offre un vano di notevole capienza, visto che può ospitare tranquillamente due caschi integrali a magari anche un paio di tutine impermeabili: il ripostiglio, rivestito internamente in tessuto sintetico, ha però il bordo leggermente più stretto posteriormente, quindi sistemare il casco lì dietro è più laborioso. Naturalmente nel sottosella non mancano la sempre benvenuta presa a 12 Volt né la lucina di cortesia, che però è posizionata in basso, quindi la sua utilità viene vanificata quando il vano è pieno. Un appunto alla serratura della sella, sovente un po’ ostica da sbloccare sul mezzo da noi provato.
Le ruote, 3,00x15” davanti e 3,50x14” dietro, sono equipaggiate con radiali Maxxis da 120/70 e 160/60. Quanto ai freni, abbiamo due dischi anteriori da 280 mm e posteriore da 240 (con pinza separata per il freno meccanico di stazionamento), dotati di pinze flottanti a due pistoncini paralleli, ed ABS Bosch a doppio canale con sistema di autodiagnosi dei vari componenti elettronici ed idraulici.
Ha un ruggito rauco e grintoso che mi ricorda un po’ (non sobbalzate sulla sedia, dai…) quello da macho delle MV Agusta
disponendo di un comodo bauletto come appoggio.
Vediamo il motore. Il Kymco KKE-5 non è certo un esempio di silenziosità meccanica, e si fa sentire con un ruggito rauco e grintoso che mi ricorda un po’ (non sobbalzate sulla sedia, dai…) quello da macho delle MV Agusta… Il MyRoad, insomma, si esprime con un vocione cupo che dai e dai diventa perfino coinvolgente, a corollario di prestazioni decisamente gratificanti, pur se accompagnate da qualche vibrazione sulla pedana. Lo spunto da fermo paga naturalmente pegno alla stazza del mezzo, quindi c’è bisogno di dar tanto gas per schizzare via di fretta (e il consumo ovviamente ne risente), ma non è che partendo normalmente l’accelerazione sia propriamente morta, tutt’altro… Il grosso bicilindrico regala dunque buone soddisfazioni, con una progressione che inizia a farsi decisamente vigorosa quando la lancetta del contagiri valica quota 4.000 per poi schizzare in avanti con una rapidità esaltante, che porta molto in fretta ben oltre i limiti autostradali consentiti.
Questo elegante maxi GT automatico non ha sicuramente alcun problema a macinare tappe di centinaia di chilometri in autostrada (autonomia media circa 220 km, prima della riserva). Ma, una volta prese le sue misure e imparato a conoscerne carattere e reazioni - nello specifico compensando la sua tendenza ad allargare un po’ nelle svolte strette: del resto la lunghezza è quella che è… - è veramente divertente usarlo anche sul misto, dove sfodera doti di piegatore ben superiori alle aspettative. E anche nei frequenti cambi di direzione tipo Valtrebbia non serve chissà che impegno per condurlo ad andatura allegra, con l’appoggio di gomme che definirei più che oneste. Quanto alla guida sul veloce, il MyRoad fila dritto come un fuso anche al massimo, curvoni compresi, magari innescando qualche pendolamento di avantreno nel caso si chiuda il gas in curva, per poi recuperare riaccelerando.
E qui subentra il discorso sospensioni. La forcella ha una buona scorrevolezza, ma purtroppo soffre parecchio il pavé spesso severo del centro cittadino rimbalzando fastidiosamente, se non marciando lentamente. Quanto agli ammortizzatori, diciamo che la taratura minimale non fa certo onore alla definizione Soft, mentre la Hard è davvero troppo rigida, anche viaggiando in coppia. La soluzione ottimale, per quanto mi riguarda, sarebbe disporre di una taratura di base veramente soffice per muoversi in città e sullo sconnesso, promuovere l’attuale Soft a Middle, per la guida normale da passeggiata e, ovviamente, denominare Hard l’attuale Middle, con la quale divertirsi a guidare sui bei percorsi lisci e curvilinei, anche veloci.
I freni, dal canto loro, hanno una potenza decelerante effettivamente notevole, e anche provando la classica staccatona alla Joe Bar lo scooter non si scompone più di tanto, fermo restando che l’Abs, come quasi sempre accade, posteriormente si fa sentire molto prima e più frequentemente che davanti, specialmente in caso di rapido trasferimento di carico sulla ruota anteriore. E quindi anche, e soprattutto, in discesa. Resta il fatto che la prima parte di corsa delle leve in effetti non sortisce granché, quindi bisogna imparare lavorare d’anticipo - cosa che, giocoforza, con l’abitudine vien presto naturale – e usare tanta forza per ottenere il meglio.
Kymco
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25080 Molinetto di Mazzano
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