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Se non sapete chi sono Mariano Fioravanzo e Claudio “Caio” Pellizzon è facile che vi siate persi qualcosa di importante nella storia del motociclismo italiano. I due – uno nella veste di ingegnere, l’altro in quella di collaudatore – hanno dato vita ad alcune delle moto più riuscite a cavallo di fine millennio, firmando i progetti di una nota casa italiana particolarmente rinomata per l’equilibrio generale di ciclistiche e motori.
Bisogna fare i complimenti a Valerio Da Lio, fondatore (anzi, lasciateci dire inventore) di Ohvale, che ha pensato bene di aggiudicarsi due elementi del genere quando ha pensato di creare un mezzo che fino ad allora – parliamo del 2012, quando l'abbiamo provata in anteprima – ancora non c’era. Perché sarebbe facile battezzare la GP-0 come una minimoto o una pitbike, ma non si coglierebbe affatto il punto di questo mezzo diverso da tutti gli altri. La Ohvale non è una minimoto da corsa, è una piccola moto da corsa. Vi assicuriamo che c’è un mondo di differenza, e vi spiegheremo dopo il perché.
Con le parole di Valerio stesso, la volontà era quella di creare una moto che stesse alla MotoGP come il kart sta alla Formula 1. E ne è uscita una moto nata per gli adulti, per essere divertente ed istruttiva, ma che si è poi rivelata estremamente accessibile anche per i più giovani: i ragazzini diventano matti e vanno subito forte. E li si può far correre ovunque, perché basta una macchina con un bagagliaio degno di tale nome e la GP-0 la si porta ovunque, sui kartodromi ma anche sulle piste vere, senza bisogno di allenamento, preparazione fisica e di… aspettare la bella stagione, perché sugli impianti più piccoli si gira tutto l’anno. Un mezzo che si presta alla guida estrema, su cui si può giocare, osare un po’ senza dover avere cinque centimetri di pelo sullo stomaco: il “numero” riesce facile come avviene con il kart rispetto all’auto. Non vediamo l’ora di provarla.
Siamo a Cremona, sul circuito intitolato qualche mese fa al compianto Angelo Bergamonti, per scoprire le novità di una gamma che si fa sempre più completa contando ormai 4 versioni. Tutte quante condividono dettagli di grande pregio, dal telaio a traliccio fino a tutte le parti ricavate di fresa – supporti pedane, attacchi pinze freno, piastre di sterzo con forature di alleggerimento/flessibilità che sembrano prelevate dalle MotoGP attuali. E come orgogliosamente recita l’adesivo sulle sovrastrutture, con tanta attenzione ai fornitori italiani, perché già ora carenature, telai e tutte le parti fresate sono Made in Italy. E l’obiettivo è di arrivare al 100%.
Soluzioni nate per la grande attenzione alla qualità, scegliendo componenti con criterio. Sospensioni che funzionano veramente, un motore a 4 tempi più sfruttabile e che aiuta nelle fasi di percorrenza, gomme vere. D’altra parte se dietro ci sono persone come Pellizzon e Fioravanzo è difficile aspettarsi alcunché di diverso…
E’ lo stesso Pellizzon a raccontarci cosa c’è di nuovo, perché la GP-0 è oggetto di un costante sviluppo su tutto il pacchetto nonostante fin dall’inizio sia stata contraddistinta da una base globalmente molto riuscita. Non è stato certo facile ottenerla, partendo di fatto senza riferimenti della concorrenza e dovendo effettuare lo sviluppo di un mezzo che pesa quando – se non in certi casi meno – del pilota, che quindi ha un’influenza incredibile in termini di dinamica della guida.
La descrizione tecnica sembra quella di una supersportiva attuale: telaio a traliccio in acciaio, forcella rovesciata, monoammortizzatore completamente regolabile (ed è anche disponibile un kit Ohlins sviluppato in collaborazione con Andreani, con cartucce e mono naturalmente tutti completamente regolabili), freni a disco con pinze radiali – le pastiglie sono state evolute nella mescola per migliorare la tenuta a caldo – e raccordi in treccia aeronautica, forcellone in alluminio a sezione variabile. I dettagli di qualità servono anche ad avere un “effetto fusibile”: quando si cade è normale che si consumino una piastra, una pedana, un supporto. Perché devono rovinarsi quei dettagli da pochi euro, non un telaio: una caduta non deve costare quanto una stagione.
Le gomme sono “vere”, realizzate appositamente per i cerchi da 10”, una scelta nata per sfruttare la possibilità di accedere a più impianti che limitano a quella misura di cerchi l’accesso per motivi assicurativi. Ma non immaginatevi le ruotine degli scooter dei tempi che furono, perché i cerchi a tre razze nascono da progetto Ohvale, sono realizzati completamente in Italia e sono il frutto di uno studio preciso per massimizzare la rigidità e la velocità d’inserimento. Proprio le gomme sono oggetto di un lavoro costante con il produttore: Pellizzon e Da Lio vorrebbero migliorare costantemente per seguire l’evoluzione della moto e dello stile di guida dei piloti, e stanno spingendo sempre di più per evolverle.
I motori, da 110 a 190 centimetri cubici (con l’arrivo del nuovo 160, equilibrata via di mezzo fra i due estremi della gamma) sono realizzati da Zongshen, colosso cinese da 16.000 dipendenti da cui ogni anno escono quattro milioni di propulsori. “Prima o poi arriveremo al Made in Italy anche qui” spiega Da Lio, che però giustamente fa un distinguo fra i prodotti cinesi da due soldi e quelli realizzati secondo specifiche occidentali, per non parlare poi di quello realizzato dalla giapponese Daytona.
C’è comunque tanta Italia non solo nel progetto, ma anche nelle componenti: il nuovo impianto di scarico è realizzato da Arrow, che ha dovuto lavorare durissimo per rientrare nelle nuove normative anti-rumore soprattutto sul 190 Daytona. L’obiettivo è stato comunque raggiunto, con una riduzione dai 3 ai 6dB senza sacrificare le prestazioni.
La gamma 2017, in breve, offre quindi il 110 automatico da 8cv ad un prezzo di 3.850 euro, che diventano 3.990 per la versione a marce da 11cv. La new entry 160, da 15cv, vi costa 4.150 euro mentre c’è un bel salto per arrivare al 190 Daytona, con motore a 4 valvole da 24cv che vi “porta via” 5.100 euro. E poi ci sono tutti gli accessori, a partire dal servizio di consulenza per le grafiche della moto (potete avere la vostra Ohvale con la livrea che preferite: Valerio, che di mestiere “vero” ha un’azienda di design che lavora da anni su blasonatissimi progetti moto, la disegnerà con voi), particolari in carbonio, slick PMT in varie mescole (e ci sono anche le rain, perché la GP-0 è fantastica per allenare la sensibilità sul bagnato), radiatori olio, carburatori Mikuni o Keihin da 26 o 28mm, cambio estraibile, termocoperte e leva per il cambio rovesciato.
Difficile mettersi in casa una Ohvale e resistere alla tentazione di andarci a correre. Per questo l’impegno della Casa veneta si è suddiviso subito fra la parte tecnica e quella sportiva, arrivando alla realtà di quest’anno, quando i risultati in termini di partecipazione e riconoscimento sono andati ben oltre le aspettative grazie anche alla lungimiranza del regolamento incentrato su motori bloccati e sigillati per evitare l’ingresso di preparatori che possano far lievitare i costi e valorizzare i mezzi più dei piloti.
Le moto vengono consegnate con propulsori sigillati, in maniera che i proprietari possano effettuare solo la manutenzione di routine come il cambio dell’olio (ogni 10 ore, per la cronaca) mentre gli interventi più importanti sono riservati alla rete di assistenza estesa ormai in tutta Italia, unica autorizzata a riapporre i sigilli sul motore validandone quindi la partecipazione alle gare. La differenza la deve fare il pilota, non il mezzo.
L’attività sportiva è stata organizzata dal CNV MotoASI attraverso naturalmente una categoria riservata monomarca, entrata quest’anno nel circuito del CIV Junior corso su piste come Vallelunga, Franciacorta, Varano. E’ stato bello vedere i giovanissimi nelle piste vere, su cui possono prepararsi alle moto più grandi e dove tra l’altro hanno a volte messo in difficoltà qualche categoria più blasonata: vi basti sapere che informalmente qualcuno ha preso tempi molto interessanti, e che a Varano le Daytona 190 facevano segnare 155/160km/h in fondo al rettilineo…
Roberto Pini, responsabile CNV MotoASI, ci ha raccontato brevemente la storia dell’impegno agonistico. Ohvale è partita con 6 piloti, ed è arrivata ad avere oggi un campionato nazionale con sei selettive distribuite fra nord, centro, sud e isole. Obiettivo? Offrire a due tipi di piloti molto diversi (giovani da crescere, adulti che vogliono correre senza ipotecare la casa…) il miglior servizio. Oggi ci sono 140 Ohvale (che rappresentano il 30% delle vendite, fate voi i conti) iscritte alle selettive, di cui circa 100 al nord; domenica scorsa si è corsa la finale a cui hanno partecipato i primi cinque di ogni selettiva.
Il futuro è ancora più brillante, con nuove classifiche e categorie per chi non è competitivo come i primi, perché l’accessorio più importante, come ricorda Roberto, è divertirsi. Se poi volete provare, attraverso l’organizzazione di Santi De Luca Ohvale ha messo a punto il TORM (Trofeo Ohvale Rental Master) basato sul servizio di noleggio: con 100 euro ci si può presentare direttamente in circuito e trovare lì la moto, pronta per correre. Quest’anno è partita la sperimentazione, nella zona del centro Italia ha riscosso grande successo raccogliendo adesioni per 110 persone su 7 tappe. Scusate se è poco.
Salgo, anzi scendo in sella alla GP-0, e il primo impatto è traumatico anche se non come su una minimoto. La posizione di guida replica in piccolo quella di una sportiva, ma non ci si trova a cercare di evitare le botte fra gomiti e ginocchia, costretti in una posizione univoca e fissa come sulle minimoto: una volta che il corpo si è abituato alle proporzioni del mezzo ci si trova a guidare di corpo esattamente come su una moto da corsa. Anzi meglio, perché con un rapporto fra le masse della moto e del pilota quasi paritarie, ogni minimo spostamento del proprio peso ha effetti macroscopici rispetto a quello a cui siamo abituati sulle “normali” sportive.
Il primo turno in pista è sconcertante, e mi trovo a guidare contratto, con tutti i sensi allertati a mille per l’incredibile agilità della GP-0. Il peso (o meglio la sua mancanza) e l’inerzia giroscopica ridotta a zero dei cerchi da dieci pollici fanno si che basti girare lo sguardo per dirigere la moto proprio lì, esattamente dove sto guardando. Il mio stile di guida, atrofizzato da anni in sella a quelle maxi che ci perdonano movimenti bruschi, scattosi e un po’ scomposti è disastroso sulla Ohvale, che reagisce con un collegamento quasi neurale ai miei comandi, volontari o involontari.
Il primo impatto sulla 110 si rivela quindi traumatico, e pur avendo intuito il potenziale di divertimento racchiuso dalla più piccola delle GP-0 a cambio manuale (a proposito, non cercate la prima in basso: il cambio segue un’inusuale schema folle-1-2-3-4) non posso dire di essermela goduta. Va già meglio sulla 190 Daytona. Un po’ perché le masse – volaniche e generali – del motore sono un po’ superiori e la rendono un filo più stabile e meno reattiva, un po’ perché la potenza del motore fa si che si guidi un po’ più come una moto “grossa”, con più staccate e riaperture dell’acceleratore che aiutano a ritrovare gli automatismi che conosco, fatto sta che inizio a divertirmi davvero e a capire cosa volevano dire Mariano, Caio e Valerio quando in conferenza stampa ci hanno parlato di un mezzo che ha tutti i comportamenti tipici di una moto vera.
Mi trovo più sciolto ed inizio a guidare di corpo come farei su una moto da corsa. La GP-0 mi ripaga con un’efficacia incredibile, figlia di un equilibrio generale non semplice da trovare nemmeno su sportive “normali”. Una volta ricalibrati i miei movimenti sulle masse della Ohvale scopro che ogni minimo movimento ha una conseguenza esattamente uguale a quella che avrebbe su una moto da corsa.
Bisogna caricare bene l’avantreno sul veloce, sfruttare un (frazionale) spostamento del peso all’indietro per cambiare di direzione ancora più rapidamente – ma attenzione, perché come avverrebbe su una vecchia 125GP non è difficile trovarsi a farlo in leggera impennata, e quindi bisogna stare molto attenti a non attaccarsi al manubrio. Quando si tratta di staccare si resta impressionati dalla potenza dell’impianto e da quanto la forcella sia capace di copiare le asperità, e si resta sbalorditi anche quando si tratta di correggere qualche piccolo errore. Si può entrare in curva con i freni in mano senza che il davanti prenda sotto, o correggere qualche traiettoria approssimativa senza problemi: basta mantenere il sangue freddo e si recuperano situazioni incredibili, magari con una spinta di ginocchio. Una giornata in sella alla GP-0 e capirete molto meglio cosa succede quando guardate le gare in TV.
L’unico problema viene dalla trasmissione: in scalata bisogna essere molto cauti con la frizione, perché la Ohvale è cortissima e tende a saltellare portandovi lunghi se non mollate la leva con le cosiddette mani della festa. Ci starebbe bene un’antisaltellamento, ma niente paura: arriverà a breve – tenete d’occhio lo stand ad EICMA.
A parte il divertimento folle, il vero pregio della GP-0 sta proprio nel suo valore educativo. Fa crescere i giovani piloti insegnandogli la correlazione fra azione e reazione, li abitua alla precisione nella guida e gli permette di sbagliare e recuperare l’errore. O magari di cadere, facendosi poco male perché nonostante velocità di tutto rispetto le altezze sono molto ridotte e anche se si finisce sbalzati di sella si è subito a terra, evitando i voli spaccaclavicole delle moto più grosse. E ai… diversamente giovani reinsegna a guidare precisi, agili, leggeri, concentrati, recuperando tutti quegli automatismi che la pigrizia e le maximoto di oggi ci hanno permesso di dimenticare.
Ciliegina sulla torta, i ragazzi di Ohvale hanno una quasi sorpresa per noi. Una garetta fra giornalisti su due manche, con tanto di partenza stile Le Mans, sulla 110 e la 190 Daytona con la formula Cronosport – una via di mezzo fra regolarità e velocità. Abbiamo a disposizione due turni di prova in cui realizzare il nostro miglior tempo su ciascuna delle due moto, che dovremo poi replicare in gara. La velocità conta, perché ogni sorpasso ci vedrà penalizzati con qualche punto, ma sarà la nostra capacità di girare il più possibile vicino al nostro ideal time a determinare il migliore, perché ogni decimo di scostamento farà fioccare punti di penalità.
Purtroppo la sindrome dello smanettone mi fa buttare via gara-1, in sella alla 110. In prova resto imbottigliato dietro ad un pilota più lento che non riesco a passare, mentre in gara rompo gli indugi e mi libero in un paio di tornate dei più lenti e… invece di cercare di uguagliare il mio passo delle prove finisco per girare molto più veloce, accumulando punti su punti di penalità. Va meglio in gara-2, dove in sella alla 190 fin dal primo giro forzo un po’, giro a pista libera e mi aggiudico la pole position. In gara azzecco lo scatto – con partenza di corsa, stile Le Mans – e prendo il largo, aggiudicandomi quindi pole, vittoria in gara e il miglior punteggio in termini di penalità, anche se la somma dei risultati delle due manche mi vede giustamente relegato nelle zone basse della classifica.
In realtà non sono esattamente il primo a tagliare il traguardo neanche in gara-2, perché con noi girava Pellizzon. Che parte ultimo, poi ci macina uno ad uno e arriva a prendere anche me. Mi passa come fossi fermo e mi regala lo show di un giro nella sua scia. Sono incredibili scioltezza e velocità con cui “Caio” guida la Ohvale: gli anni di 125SP gli hanno regalato uno stile precisissimo, pulito e redditizio. Ancora magro come un’acciuga, Claudio riesce ad appiattirsi sulla GP-0 fin quasi a sparire, e in curva usa spostamenti millimetrici per disegnare traiettorie con il compasso. Dopo qualche curva mollo, perché preferisco tornare a casa con tutte le ossa al posto giusto. Ma se ancora avevo qualche dubbio sulle doti della GP-0, Pellizzon me li ha dissolti in un attimo: se la sviluppa uno così non c’è da aspettarsi meno che la perfezione.
Chi vi scrive è padre di un bambino di sette anni. Appena sceso dalla seconda sessione di prova – la prima si è rivelata un po’ troppo confusa perché l’entusiasmo mi prendesse davvero – ho iniziato a pensare all’idea di mettermene in casa una ed iniziare a girare per kartodromi e piste assieme al mio cucciolo, alternandoci in sella. Forse, ripensandoci, la cosa non funzionerebbe perché dopo qualche mese finiremmo a litigarci la GP-0…
La Ohvale è un’oggetto a cui sinceramente fatichiamo a trovare rivali con cui confrontarla, perché ci sono proposte che si possono incanalare nello stesso segmento, anche a prezzi forse inferiori, ma nessuna che possa vantare la stessa raffinatezza costruttiva né la stessa utilizzabilità in gara vista l’organizzazione che l’azienda veneta sta mettendo in piedi: un sistema agonistico che permette praticamente a tutti di correre al proprio livello di competitività e ragionevolmente vicino a casa.
Per chi è, quindi? Per chiunque voglia affinare (o ri-affinare) le proprie doti di pilota divertendosi, usandola magari come strumento di allenamento e preparazione ad altre attività agonistiche – ci sono diversi piloti del Mondiale SBK e MotoGP (Davies, Laverty, Petrucci) che ne hanno comprata una – ma anche per chi voglia semplicemente divertirsi nella guida in pista spendendo cifre umane. Per chi vuole crescere un pilotino in erba o magari, viste le dimensioni adatte a piccoli come a grandi, condividere una passione meravigliosa. Provatela, date retta.
Maggiori informazioni:
Moto: Ohvale GP-0
Meteo: Sereno, 18°
Luogo: Cremona Circuit Angelo Bergamonti
Terreno: Pista
Foto: Photo House
Sono stati utilizzati:
Casco Arai RX-7V
Tuta Ixon Mirage
Guanti Alpinestars GP Tech
Stivali Alpinestars SuperTech R
Ohvale
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