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Il celebre colosso statunitense Polaris Industry, fondato nel 1954 nel Minnesota e ormai da tempo una vera potenza mondiale nel campo dei veicoli tutto terreno (Atv, quad e via dicendo, per uso sia civile che militare, anche a trazione elettrica) e delle motoslitte, a metà degli anni 90 iniziò a pensare anche alle motociclette, con l’evidente obiettivo di andare a confrontarsi con i signori di Milwaukee. Tant’è che nel 1997 nacque il marchio Victory - “The New American Motorcycle” - e nell’aprile dello stesso anno lo stabilimento di Osceola (Winsconsin…) sfornò la neonata V92C, che debuttò al famoso megaristorante Planet Hollywood di Minneapolis. In sella c’era il leggendario Al Unser Jr, due volte vincitore alla 500 Miglia di Indianapolis: un testimonial d’eccezione per quella che l’anno seguente – manco a dirlo – venne decretata “best cruiser of the year” dal mensile Cycle World.
Oggi la Victory Motorcycles - che dal 2010 ha sede a Spirit Lake, nell’Iowa - è ormai una realtà consolidata, diffusa negli States, in Europa ed Australia/Nuova Zelanda tramite le tredici filiali di quel Gruppo Polaris che recentemente ha acquisito anche il leggendario marchio Indian, e che nel 2005, lo ricordiamo, aveva iniziato a preparare la scalata verso la KTM, acquisendone circa il 25% delle azioni e siglando con Mattighofen un accordo biennale, poi decaduto. Più recente la sinergia instaurata a fine 2011 con la Brammo, l’ormai famosa azienda dell’Oregon leader nel campo delle motociclette elettriche.
In Italia, le Victory vengono distribuite dalla Egimotors, importatore Polaris con sede a Desio, alle porte di Milano, che ci ha dunque fornito la Cross Roads HB della nostra prova. Si tratta ancora di un modello senza ABS, che però è presente di serie su tutta la gamma 2012. Il prezzo della “nostra” Cross Roads sarebbe dunque 17.636 euro, contro i 18.990 della HB di quest’anno, che è disponibile in blu o in rosso. HB sta per Hard Bags (“borse rigide”), ma su questo modello è di serie anche il parabrezza “lock and ride” (a sgancio e riaggancio rapido) di misura intermedia, disponibile però anche più alto o più basso di 75 mm.
Chi volesse risparmiare un bel millone può invece ripiegare sulla Cross Roads SB, che monta borse semirigide (peraltro molto eleganti) e non ha il parabrezza.
Con l’andare dei chilometri ci si affeziona sempre più a questa Victory, che da guidare è proprio gustosa
La Cross Roads sfoggia uno stile piacevolmente moderno, e alcune soluzioni tecniche inconsuete per moto del genere, quali la robusta forcella a steli rovesciati e la struttura in alluminio pressofuso del telaio, che sporge anteriormente da sotto il serbatoio - idealmente completata dal lungo faro stile nacelle – e si completa verso il basso a contornare il radiatore dell’olio. Tutto è assemblato con precisione, e sono molto belli anche il motore ed i particolari che lo circondano. Come i caratteristici scudi cromati e “butterati” incastonati nella V tra i cilindri: il sinistro ospita la chiave di accensione, mentre il destro riporta la cilindrata in pollici cubi. Ma anche l’impianto di scarico secondo noi è molto bello, con terminali lunghi e abbastanza rialzati, al pari delle pedane, per poter guidare con maggior soddisfazione tra le curve senza farli fuori sull’asfalto.
Al centro del serbatoio a goccia da 22 litri non figura alcun cockpit cromato, ma semplicemente il tappo di rifornimento in lega leggera, non sporgente. Sopra la piastra di sterzo, satinata come i lunghi raiser ricurvi dell’ampio manubrione che si protende verso il pilota, campeggia invece il tachimetro analogico/digitale, tutto cromato e con base bianca. Oltre ad indicare la velocità (in km o miglia), lo strumento ospita una serie di spie luminose che segnalano l’inserimento del cruise control (impostabile sulla destra del manubrio), pressione dell’olio, folle, abbaglianti, indicatori direzionali (a rientro automatico), spia della riserva e check dell’iniezione.
E poi c’è il display Lcd, che informa sul livello del carburante, a barrette, sulla marcia inserita, sull’ora e, ovviamente, sui chilometraggi totale e parziali. Utilizzando quello che normalmente sarebbe il pulsante del lampeggio (quindi usando l’indice sinistro), è però possibile commutare alcune funzioni, sostituendo per esempio i contachilometri con il contagiri cifrato. Astuta la collocazione della serratura dell’antifurto sul bordo posteriore della piastra di sterzo, comoda da raggiungere stando seduti in sella.
Molto ben stilizzate ed aerodinamiche le motovaligie, che posteriormente vanno a raccordarsi all’elegantissimo supporto delle frecce, simile a quello collocato sotto al faro anteriore, ma con al centro il lungo fanalino a led.
Le due borse sono discretamente capienti (niente caschi, però) e anche facilmente smontabili, una volta sollevati i coperchi, grazie ai nottolini interni a sgancio rapido tipo racing. Va sottolineato che le motovaligie non hanno maniglie che le rendano comodamente trasportabili, e che comunque lo stile elegante della moto soffre davvero molto della loro assenza…
non sia propriamente un palestrato, non è la cosa più agevole del mondo, specie nelle manovre in retromarcia. Come non può essere rapidissima la classica inversione ad U, soprattutto per la lunghezza del manubrio che costringe a tendere completamente il braccio esterno e reclinare il busto in avanti.
Bisogna prenderci la mano, insomma, ma queste non son certo novità per chi conosce e utilizza abitualmente motone del genere. Detto ciò, una volta tirata la leva della frizione (morbida e abbastanza modulabile), inserita la prima (operazione inesorabilmente rumorosa) e rilasciata nuovamente la leva, si scopre abbastanza presto che muovendosi con la Cross Roads - come con molte altre muccone del genere - la vita tutto sommato è tutt’altro che spiacevole, perfino in città. Calore del motore a parte, naturalmente, man mano che il clima inizia a diventare meno rigido.
Con l’andare dei chilometri ci si affeziona sempre più a questa Victory (perlomeno così è stato per me), che da guidare è proprio gustosa: a patto, però, di poter guardare al di sopra del parabrezza, altrimenti quando piove la visuale diventa scarsa, specie la sera. Questa moto è proprio un’ottima passista, sempre molto stabile e divertente anche sulle belle strade ricche di curve, come per esempio quella della Val D’Arda, (da noi usata come set fotografico) che porta da Castell’Arquato a Vernasca, tra il piacentino ed il parmense, che fu teatro di una celebre gara in salita dal dopoguerra ai primi anni 70, mentre attualmente ospita manifestazioni di regolarità per auto d’epoca.
Anche su percorsi del genere, dunque, ci si può godere la matronale Victory piegando anche più di quanto si possa pensare, e senza nemmeno bisogno di strisciare per forza a terra per tenere un’andatura soddisfacente. Si sente che sotto c’è un telaio bello solido, perché la moto si lascia condurre facilmente tra una curva e l’altra, l’avantreno segue la strada preciso come un vomere, e le sospensioni funzionano a dovere, assorbendo a dovere sconnesso e pavè senza mai sembrare flaccide piuttosto che rimbalzare o rumoreggiare fastidiosamente.
La mancanza dell’Abs però si fa sentire, in particolare dietro, dove l’azione del freno è progressiva ma in condizioni d’emergenza arriva troppo presto a bloccare la ruota, e sul bagnato certamente non è bello; mentre davanti i due dischi ne hanno a sufficienza per far fronte alle esigenze di una moto così, e si lasciano gestire molto meglio.
Questa moto è proprio un’ottima passista, sempre molto stabile e divertente anche sulle belle strade ricche di curve
Le Dunlop E3 di primo equipaggiamento mi sono sembrate affidabili, con un profilo omogeneo e piacevolmente agile; e sono sufficientemente a loro agio anche sul bagnato, pur non essendo proprio amicissime delle strisce bianche e dei passaggi pedonali, che comunque sia vanno affrontati sempre con la massima diffidenza. Anche perché il motorone che c’è sotto al serbatoio è bello tonico, e non è che manchi di coppia fin dai regimi più bassi, anzi: l’accelerazione è notevole e la ripresa è sempre pronta, tant’è che già da 1.500 giri si può dare gas anche in sesta per sentirlo spingere subito forte, e immagino che se l’aerodinamica (vedi parabrezza) lo aiutasse un po’ di più si potrebbero anche superare i 180 orari effettivi (circa 190 indicati, col contagiri a 4.350, mentre i 50 indicati sono 48,5 effettivi, e i 90 sono 87). Ma va più che bene anche così, per ovvii motivi legali ma anche perché il fatto di consumare poco oggi come oggi è un pregio molto ben accetto: e con questa Victory, con la quale abbiamo percorso in totale circa 1.700 chilometri, meno della metà dei quali in autostrada, abbiamo rilevato consumi compresi tra i 17,5 ed i 20 km/litro. Non male, per una pesante millesette, che oltretutto, viaggiando a velocità autostradali codice, cioè sui 3.000 giri, non affligge certo con vibrazioni intollerabili, salvo poi aumentare progressivamente andando su di giri, per trasformarsi in una sorta di benefico massaggio per le caviglie salendo verso i 5.000.
Il “nostro” motore in effetti era dotato di scarichi di serie, ma solo da vedere, tant’è che sfoggiava un bel vocione baritonale che enfatizzava anche la corposissima spinta ai bassi, scoppiettando poi folcloristicamente in rilascio. Il cambio, sempre rumoroso inserendo la prima, poi si salva invece abbastanza bene, e se in mezzo al traffico può essere abbastanza ruvido, nella guida scorrevole cambia carattere per diventare sufficientemente scorrevole (e silenzioso) a sua volta, ancor di più scalando le marce.
Victory
Via Filippo da Desio 49/51
20033 Desio
(MB) - Italia
0362 6316-01
Victory
Via Filippo da Desio 49/51
20033 Desio
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