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Vi ricordate EICMA 2014? Sembrava di essere tornati agli anni novanta, o forse anche a quel magico periodo di inizio millennio in cui ogni anno usciva qualche delizia supersportiva capace di accendere entusiasmi quando non prestiti in banca per finanziare una passione che sembrava inestinguibile.
Lo scenario è cambiato molto: è arrivata la crisi economica, il panorama si è trasformato con uno spostamento del baricentro delle iperprestazioni pistaiole verso la vecchia Europa, ma la passione è rimasta quella. Perché sarà anche vero che ora le best seller non sono più le supersportive, schiacciate da maxienduro, naked e crossover, ma è innegabile che mai come quest’anno gli occhi – luccicanti – erano tutti per loro. Eccessive, impegnative, forse insensate. Ma come le supercar, innegabili oggetti del desiderio di qualunque appassionato dal sangue caldo.
Ma veniamo ad oggi. E prendiamo quattro supersportive, senza affidarci alla casualità nel nostro criterio – mai come oggi la scelta è facile: basta scegliere le quattro novità supersportive del 2015, fiore all'occhiello di quattro grandi marchi. Chiamiamole a raccolta in quel di Monza, un tracciato anche detto “il tempio della velocità”, e vediamo cosa succede! Non è un sogno quanto piuttosto la ricetta della felicità di tanti motociclisti, “banda bassotti” di Moto.it compresa.
Monza è oramai una mosca bianca nel panorama degli autodromi italiani ed europei; un tracciato dove si viaggia per diversi secondi a gas spalancato e con velocità medie sul giro sconosciute ad altri tracciati. Un posto dove la cavalleria e il bilanciamento della moto contano tanto. Qui però, non è solo la potenza a giocare un ruolo fondamentale, serve anche la stabilità sul veloce. E poi, in fondo al rettilineo, se non hai i freni buoni le posizioni s’invertono in men che non si dica.
Aprilia RSV4 RF, BMW S1000 RR, Ducati 1299 Panigale S e Yamaha YZF-R1M, questi gli ingredienti di una ricetta a base di adrenalina. Tutte quante sono da poco state lanciate sul mercato, con motori tutti attorno ai 200 cv e quindi con numeri pressappoco equivalenti, rapporto peso/potenza compreso. Le differenze prestazionali sono quindi meno clamorose di quanto si possa pensare, è piuttosto il come queste prestazioni vengono raggiunte a differenziarle, e anche parecchio.
C'è quella più stabile che però fatica maggiormente nei cambi di direzione, e quella che frena davvero forte e permette di entrare in curva con una rapidità imbarazzante. Se però mettiamo insieme il tutto, e agitiamo bene come un vodka Martini di James Bond tanto per intenderci, il risultato è esplosivo. E i tempi sul giro si differenziano per uno sbadiglio. Questo significa che tutte le protagoniste della prova sono delle gran moto, tecnologia applicata alle due ruote ai massimi livelli, con prestazioni elevatissime e potenzialità che solo piloti esperti possono sfruttare a fondo.
Le considerazioni sul comportamento delle varie moto emerso nel corso del test di Monza nascono dall’incrocio delle nostre sensazioni con quelle raccolte durante le singole presentazioni stampa dei vari modelli protagonisti della comparativa, oltre quelle maturate durante una recente presentazione stampa pneumatici effettuata al Mugello, su un tracciato ben diverso da quello brianzolo, dalle caratteristiche diametralmente opposte, e che ha messo in evidenza altri aspetti delle moto protagoniste.
Se per le ciclistiche il panorama è piuttosto omologato allo schema del doppio trave in alluminio, con la sola Ducati 1299S a farsi vanto del suo monoscocca, il panorama motoristico denota invece un ben diverso livello di… biodiversità. E’ raro che un confronto riesca a riunire sotto lo stesso tetto una bicilindrica a V, una V4 e due quattro cilindri in linea anch’esse comunque profondamente diverse, perché la soluzione Crossplane conferisce al motore Yamaha caratteristiche molto particolari.
Abbiamo quindi chiesto al nostro Massimo Clarke di analizzare per noi i quattro propulsori in oggetto, illustrandocene i dettagli per delinearne il carattere, e quindi i pregi e i difetti. Trovate la sua analisi in un pezzo separato, per i più ansiosi di conoscere aspetti e retroscena tecnici delle quattro novità supersportive del 2015.
Per quanto riguarda invece le ciclistiche, dicevamo, c'è una sostanziale omologazione. Prevale infatti lo schema a doppio trave perimetrale in alluminio per il telaio adottato da Aprilia, BMW e Yamaha (che del resto è quella che l'ha introdotta nella produzione di serie, con il Deltabox della FZR 1000) mentre Ducati sceglie la soluzione adottata e successivamente abbandonata in MotoGP, con monoscocca a motore portante.
Sottili differenze - ma di grande impatto - in campo sospensioni. Le versioni oggetto della nostra prova sono le più raffinate disponibili, e tutte dispongono di materiale di primissima scelta, sia pure anche in questo caso con due diverse direzioni. BMW, Ducati e Yamaha si affidano infatti ad unità semiattive (Sachs per la tedesca, Öhlins per Ducati e Yamaha) mentre Aprilia resta fedele alla funzionalità tradizionale, pur con unità Öhlins di altissimo livello.
Gli impianti frenanti prevedono per tutte un triplo disco, con unità anteriori da 320 mm (la sola Ducati si affida a dischi da 330) e pinze monoblocco radiali. Comparto elettronico di spettacolare completezza per tutte, che sono dotate di anti-impennata, controllo di trazione (che nel caso di Yamaha si divide fra controllo del pattinamento e controllo della deriva), ABS calibrato per l'uso in circuito. Tutto naturalmente impostabile in tempo reale e connesso con sistemi di acquisizione dati optional.
La nostra prova si è svolta come già detto sul tracciato di Monza, ormai uno dei pochissimi che consenta di valutare come si deve queste millone. Rettilinei scannamotore si alternano a curvoni veloci e varianti da retromarcia: il leggendario tracciato brianzolo (su cui Dorna progetta di riportare la Superbike già dal prossimo anno) è considerato semplice da un punto di vista della guida. Vi invitiamo però a farci qualche giro, poi ci saprete dire…
Due righe per spiegarvi la metodologia del nostro test, che abbiamo pensato per dare riscontri tanto soggettivi (impressioni di guida, maturate sui giudizi dei tester) quanto oggettivi (tempi sul giro, velocità di percorrenza e rilevamenti al banco e sulla bilancia) per dipingere un quadro il più possibile completo sull’attuale panorama delle supersportive.
Innanzitutto ci siamo dotati di una strumentazione professionale (datalogger GPS Solo, prodotto da AIM) per “mettere pari” tutte le moto, ma anche per dare vita ad un articolo che mettesse a confronto quanto offerto dai sistemi ormai presenti su tutte le moto oggetto della comparativa e un’apparecchiatura di altissimo livello. Non solo, per mettere tutte le moto a pari condizioni ci siamo anche serviti dell’appoggio di Metzeler, che ci ha fornito le coperture Racetec RR (trovate qui la nostra prova) in versione K3 (per la prima fase della prova) e K2 (per i giri veloci).
Già che c’eravamo ci siamo serviti anche dell’essenziale contributo di un tre volte iridato: Luca Cadalora, che ci ha affiancato nella valutazione delle moto. Luca non corre più da diversi anni ma come ben sa chi lo ha incontrato in pista, dove gira come amatore (e possiede almeno due delle moto presenti in questo test…) non ha perso troppo smalto, ed è soprattutto ancora dotato di quella sopraffina sensibilità che lo ha reso uno dei piloti più stimati per doti di collaudatore negli anni 90. Anche per quanto riguarda Cadalora, i suoi giudizi sono risultati tanto interessanti e circostanziati da meritarsi un pezzo tutto per sé, che trovate a corredo del testo principale.
In una prima fase i quattro tester si sono alternati alla guida delle quattro moto cercando di comprendere al meglio le personalità dei mezzi ed offrendo una valutazione al termine di ogni sessione. Successivamente, tre tester di diversa velocità (dal tre volte campione del mondo, al tester professionista fino all’amatore) hanno spremuto a fondo ognuna delle moto montando l’acquisizione dati secondo una formula che prevedeva tre giri lanciati.
Purtroppo ogni progetto complesso ha qualcosa che va storto. Nella fattispecie, durante la prima giornata siamo stati afflitti da problemi di configurazione dell’acquisizione dati che ci ha impedito di svolgere la nostra comparativa con il format previsto. Abbiamo comunque provveduto a rilevare tempi manualmente grazie alla generosa assistenza dei tecnici Metzeler (la cui precisione, lo diciamo per la cronaca, è stata stimata il secondo giorno fra il centesimo e i quattro centesimi rispetto all’acquisizione AIM) per dare il giusto valore alle prestazioni dei collaudatori.
Nella seconda giornata, risolti fortunatamente i problemi con l’acquisizione dati, abbiamo provveduto a ripetere la prova con il nostro tester Francesco Paolillo, che ha effettuato i giri lanciati con tutte e quattro le moto. Un test che ha rimescolato le carte in tavola, ma che a nostro avviso è stato svolto in condizioni ottimali. Il tester ha potuto contare sulla giusta conoscenza di moto, pista e pneumatici, dando vita ad una classifica molto più corta in termini di distacchi che riflette molto meglio l’equilibrio che emerge dalle valutazioni “a ruota libera” dei tester.
Quello che ci preme precisare è il valore relativo dei tempi sul giro – considereremmo molto riduttivo valutare quattro moto così complicate, affascinanti e gratificanti sulla sola base dei tempi sul giro, peraltro relativi ad un singolo tracciato. Se così fosse potremmo smettere di fare i giornalisti e passare il testimone ai piloti, che purtroppo hanno un grande difetto. Vanno molto più forte dei clienti di queste moto. Crediamo che il nostro mestiere di giornalisti stia nel descrivervi con precisione ed autorevolezza personalità, peculiarità e caratteristiche di guida di queste moto, motivo per cui… i tempi, di entrambe le giornate, ve li daremo alla fine.
Ma adesso veniamo a noi. Naturalmente in rigoroso ordine alfabetico.
Il deficit di cavalli della precedente versione è storia vecchia, il motore spinge forte e lo fa senza arroganza, con una linearità che permette di mettere tutti i cavalli a terra e fare strada anche sui lunghi rettilinei di Monza. La piccola di Noale è un'arma totale nel misto, dove l'unica a tenergli la scia è la Panigale. Come abbiamo avuto modo di appurare al Mugello, la bicilindrica però richiede un pelo di mestiere in più, mentre Yamaha e BMW cedono più di qualche metro a causa di una minor propensione a cambiare direzione rapidamente, e a una fisicità maggiore richiesta quando si chiede tutto ai loro potentissimi quattro cilindri in mezzo alle curve.
Quando in sella all'Aprilia pensi a un'azione in pratica la stai già compiendo, inoltre la posizione di guida è “pronta gara”. Niente compromessi stradali, sella rigida (che trasmette senza filtri quel che combina la ruota posteriore), posizione raccolta e pedane alte che mettono a proprio agio il pilota in pista. Le staccate furiose che solo a Monza si possono trovare mettono in evidenza una leggera propensione ad alleggerirsi del posteriore, reazione che si contrasta semplicemente caricandolo maggiormente con il peso, ma sottolineano anche la potenza di un impianto frenante instancabile e dalla modulabilità eccellente.
Precisione e rapidità nel prendere la corda sono ai massimi livelli, e solo la bicilindrica del gruppo riesce a tenergli testa in questo frangente. Inoltre la trasmissione si è dimostrata una delle migliori del gruppo; anche qui la sola a tenergli testa è di fabbricazione bolognese, grazie a un cambio rapido e preciso, con un quick-shift perfetto, e alla frizione robusta e ben modulabile. La RSV4 RF è davvero un gioiello. Se poi ci fosse la scalata assistita saremmo davvero al top.
La RSV4 ha fatto scuola sia per quanto riguarda dimensioni e quote ciclistiche, ma soprattutto per il “pacchetto elettronico” sviluppato appositamente per questa moto, punto di riferimento per tutta la concorrenza negli ultimi anni, e che ancora adesso si fa apprezzare per la sua funzionalità che permette di sfruttare al meglio le potenzialità della moto. Anche qui a Monza l'efficienza dell'elettronica è stata fondamentale, soprattutto per quanto riguarda il controllo di trazione messo a dura prova soprattutto alla curva Biassono e durante tutta la percorrenza del curvone prima del rettilineo d'arrivo, mentre l'antiwheeling ha dovuto lavorare sicuramente meno rispetto ai precedenti test a Misano e Mugello, e comunque la sua funzionalità è ancora da prendere ad esempio. Futuristico il sistema V4-MP che permette di interfacciare lo smartphone con i sistemi di controllo della moto, e di regolarne il funzionamento a seconda di quale parte del tracciato si stia percorrendo.
Le sospensioni della V4 veneta sono tradizionali, senza elettronica di controllo. Un particolare che la rende meno immediata nell'uso in pista rispetto a Yamaha, Ducati e BMW che permettono di girare la chiave ed entrare in pista potendo contare su un assetto ottimale (soprattutto la giapponese e l'italiana); Aprilia richiede una messa a punto tradizionale, che non tutti sono in grado di raggiungere rapidamente. Certo è che una volta sistemata la RSV4 RF è davvero un brutto cliente per tutti, nessuno escluso!
Messa al banco, la RSV4 RF ha mostrato un valore di tutto rispetto, con ben 196,8 cavalli all’albero che, riportati alla ruota, danno una potenza massima un filo superiore ai 180. Un valore peraltro stimato un po’ per difetto, perché a causa della caparbietà del riferimento slittamento pneumatico (che continuava a staccarsi, invalidando le letture) abbiamo dovuto ripetere il lancio più volte, effettuando quello valido con una temperatura un po’ superiore alle altre che ha sicuramente rubato qualche cavallo alla quadricilindrica veneta.
Valore massimo a parte, vale la pena di far notare la spettacolare regolarità della curva di potenza dell’Aprilia che si traduce nelle sensazioni notate da tutti i tester in pista. Purtroppo non abbiamo potuto verificare strumentalmente il peso, che abbiamo dunque inserito stando al valore dichiarato a secco dalla Casa madre calcolato con il pieno di benzina.
Il grafico conferma quelle che sono le impressioni di guida, con velocità di punta un filo inferiori alle migliori rivali ma percorrenze alla corda da riferimento. Impressionante la superiorità in Parabolica, con un margine di 5km/h sulla migliore delle rivali.
La S1000 RR 2015 è ancora un brutto cliente sui tracciati veloci. Il potenziale del suo quattro cilindri è incredibile e la dotazione ciclistica di tutto rispetto. I punti deboli che avevamo riscontrato nelle precedenti prove, e cioè una certa inerzia nei cambi di direzione e una propensione al sottosterzo in uscita di curva qui a Monza sono stati dissimulati da una stabilità notevole in percorrenza curva, grazie anche all'ottimo bilanciamento dei pesi, e dalla spinta vigorosa del motore in uscita di curva. Insieme a Yamaha, la BMW è quella con maggiore vocazione stradale ma questo la penalizza in pista. Il posizionamento delle pedane, piuttosto avanzate, e lo spazio longitudinale offerto dalla seduta obbligano il pilota ad aggrapparsi ai semi manubri in uscita di curva.
Nella due giorni di Monza la tedesca è stata poco costante dal punto di vista dei freni, i turni consecutivi del primo giorno hanno evidenziato una scarsa resistenza alla fatica, con fenomeni di fading dell'impianto e fastidiosi allungamenti della corsa della leva. Il secondo giorno, vuoi per le temperature meno elevate, vuoi per i tempi più lunghi tra un'uscita e l'altra, l'impianto si è comportato a dovere. Rispetto a Ducati e Aprilia, i freni della tedesca hanno un attacco più brusco, caratteristica che oltre a scomporre maggiormente l'assetto innescano spesso l’intervento dell'ABS. La funzionalità di quest'ultimo è perfettibile rispetto a quelli montati dalle avversarie, e “sporca” l'ingresso curva nelle staccate più impegnative; va però detto che una volta inserita in curva la S 1000 RR scorre sui binari.
Le sospensioni garantiscono un assetto ottimale, a differenza di quanto percepito sia al Mugello che sul tracciato di Monteblanco durante la presentazione ufficiale, due occasioni durante le quali le risposte, soprattutto della forcella a controllo elettronico, non sono sempre state costanti. Un confronto diretto con la Panigale sul tracciato del Mugello ci ha permesso di coglierne aspetti positivi e negativi in “presa diretta”.
L'allungo del motore determina un vantaggio sul rettilineo di partenza, dove si guadagnano metri alla bicilindrica italiana, che però poi si rifà in fase di staccata e inserimento per poi sopravanzare nel volgere di poche curve. Anche in uscita di curva l'italiana sembra averne di più, ma solo nelle prime fasi di apertura gas, poi la spinta del quattro cilindri si fa sentire come il rabbioso sound di scarico!
L'impegno richiesto dalla superbike tedesca, fin tanto che la si sfrutta al cinquanta per cento è decisamente alla portata di molti, caratteristica fra le più apprezzate della S 1000 RR. Se però si cerca di sfruttarne appieno le prestazioni l'impegno fisico cresce in maniera esponenziale, così come aumentano le reazioni di sottosterzo in uscita di curva e lo sforzo nei cambi di direzione nelle curve in sequenza. A Monza tutte queste sensazioni sfumano, diventando quasi dei punti di forza.
Il cambio della tedesca ci è piaciuto per quanto riguarda gli innesti aiutati dal quick-shift, mentre la scalata assistita ha bisogno di un piccolo periodo di rodaggio a causa della sensibilità del comando, che rifiuta il passaggio al rapporto inferiore se il comando del gas non è perfettamente chiuso. Inoltre la risposta della leva è alquanto gommosa, priva di gradini o resistenze che confermino al pilota l'avvenuto passaggio di rapporto. L'unica soluzione è allora quella di buttare un occhio al display sul cruscotto, che nelle fasi concitate di una staccata, magari da sesta/seconda, non è proprio il massimo della vita!
Molto belle anche le curve di potenza e coppia della BMW S1000RR – la migliore sulla carta dopo quella dell’Aprilia RSV4 ed anzi, per certi versi, addirittura migliore. Se infatti il V4 di Noale si ferma poco dopo l’erogazione della potenza massima, il quattro in linea della BMW non solo cresce regolare superando di slancio la flessione attorno ai 7.500 giri, ma si produce anche in un allungo spettacolare: pur erogando la potenza massima a 12.300 giri, il propulsore permette di insistere fino ad oltre i 14.000 senza evidenti cali.
L’impostazione più stradale della BMW, che coccola il suo pilota con dimensioni più abitabili e tanti piccoli accorgimenti (è l’unica supersportiva del panorama mondiale con cruise control e manopole riscaldate) la penalizza però sulla bilancia, dove risulta la più pesante delle quattro con i suoi 201,5kg in ordine di marcia.
Anche nel caso della BMW il grafico delle velocità rilevate dall'acquisizione dati rispecchia le impressioni dei tester: la progressione del motore la porta a staccare velocità rilevanti e abbastanza in linea con le avversarie, ma in diverse curve paga qualcosa in termini di percorrenza rispetto alle rivali progettualmente più giovani o più pistaiole nell'impostazione.
Ci è piaciuta parecchio la bicilindrica di Borgo Panigale, capace di conquistarci sia durante la presentazione ufficiale sia nei test successivi. Il salto di qualità rispetto alla 1199 è tangibile, le prestazioni del motore sono incredibili e non nascondiamo che quel 30% di cilindrata in più aiuta parecchio in termini di coppia e potenza massima; è però l'insieme che ci ha affascinato tanto da conquistarci.
Ciclistica, elettronica e motore sono accordati al meglio per il raggiungimento delle massime prestazioni in pista; insieme all’Aprilia RSV4 RF la 1299 Panigale S è la moto che si avvicina di più a una moto da schierare su una griglia di partenza virtuale. Plug&Play: giri la chiave, selezioni il settaggio elettronico appropriato (Race) e sei pronto ad affrontare qualsiasi tracciato in condizioni ottimali. Posizione in sella, compattezza e volumi rastremati ne fanno un'arma perfetta su qualsiasi genere di tracciato.
A Monza ci ha esaltato la compostezza in frenata, frangente in cui emerge una modulabilità e una potenza dell'impianto frenante che la pone sul gradino più alto del podio grazie ad una precisione dell'avantreno in inserimento che permette di impostare traiettorie millimetriche e una rapidità nei cambi di direzione semplicemente fantastica, con la sola Aprilia che sembra essere leggermente più rapida in questo frangente. Il controllo di trazione permette di riprendere in mano il gas senza patemi, e il suo funzionamento è davvero encomiabile, fluido e lineare. L'impostazione di guida è ottima, ma una sella meno scivolosa sarebbe auspicabile, anche perché complice la forma anteriore molto rastremata a volte ci si sente scappare via la moto da sotto le gambe, complice la spinta dei tanti cavalli...
Come per l'Aprilia, anche la bicilindrica bolognese richiede al pilota trasferimenti di carico e spostamenti in sella mirati pena l’innesco di ondeggiamenti fastidiosi in fase di accelerazione. D’altronde quelle stesse dimensioni ultracompatte e le quote ciclistiche molto spinte che la rendono un’arma pressoché imbattibile nel misto hanno un rovescio della medaglia nella reattività.
La trasmissione è apparsa in gran forma sia a Monza sia al Mugello, ma sul circuito brianzolo la Ducati è sembrata avere la rapportatura più idonea, con una sesta corta che ha permesso di sfruttare al meglio i lunghi rettilinei. Se questo non bastasse, il cambio della Panigale è perfetto sia per quel che riguarda il quickshifter, rapido e preciso, sia nell'assistenza in scalata, perfettamente accordata e a prova di errore. Come scritto sopra, la 1299 Panigale S ci è sembrata particolarmente performante anche tra le curve e i saliscendi del Mugello, dove ha dimostrato di sentirsi a suo agio e di essere una pessima cliente per le concorrenti dirette.
Il diagramma al banco della Panigale 1299 è forse quello meno “bello” del gruppo: la curva presenta qualche gibbosità qua e là che riflette il carattere viscerale del bicilindrico bolognese all’atto pratico. Ma il V2 di Borgo Panigale, e questo è quello che conta, spinge come un dannato con pendenze ripidissime della curva di potenza, che – unica del gruppo – sfonda, sia pure di mezzo punto, il tetto dei 200 cavalli all’albero.
Impressionante anche il valore di coppia, con 14,2 chilogrammetri – oltre due in più della più vicina delle inseguitrici. In contrasto con le dichiarazioni della Casa invece i rilevamenti della bilancia, che vedono la Ducati attestarsi a 197,5kg con il pieno di benzina, cedendo così lo scettro della reginetta di leggerezza alla Yamaha.
I rilevamenti in pista riservano invece qualche sorpresa per Ducati: emergono l'incredibile grinta del suo propulsore e la correttezza della rapportatura, che la portano a far segnare le velocità più elevate in fondo ai rettilinei, ma anche riferimenti in percorrenza leggermente inferiori alle rivali, indici di una guida più spigolata e meno rotonda.
La YZF-R1M rappresenta un salto epocale per Yamaha. Si tratta di una moto che non ha più nulla – schema motoristico a parte – a che vedere con le R1 precedenti, e che proietta il costruttore di Iwata dritto ai piani alti dell'Olimpo delle superbike stradali. Potente, compatta e con una dotazione elettronica degna di Star Trek, la R1M ci è piaciuta sin dalla presentazione di pochi mesi fa in Australia.
Una volta però messi i piedi – pardon, le ruote – in Europa, e messa a confronto diretto con le migliori concorrenti ha dimostrato un margine di miglioramento in alcuni aspetti. Il fatto che sia appena nata, a differenza delle contendenti che sfruttano le esperienze fatte sui modelli precedenti, fa ben sperare per il futuro anche perché già adesso la R1M dimostra di essere una grandissima moto.
A Monza si è rivelata estremamente bilanciata, precisa e composta sul veloce, e con un'elettronica che la tiene letteralmente su un binario immaginario in percorrenza di curva. L’anti-wheeling è un po’ meno lineare nel contrastare le impennate di potenza rispetto a quelli montati sulle moto italiane. Il motore poi, spinge fortissimo e si dimostra particolarmente in forma nelle aperture di gas ai medi regimi, mentre paga qualcosa in allungo soprattutto nei confronti del quattro in linea BMW. Il cambio è buono ma risulta perfettibile nella precisione degli innesti, non tanto in scalata dove si dimostra rapido e preciso, anche senza l'aiuto della scalata assistita, quanto nell'innesto dei rapporti, che ogni tanto mostra qualche incertezza. Come per la rossa di Bologna, anche la grigia di Iwata è dotata di sospensioni a controllo elettronico dal funzionamento encomiabile: giri la chiave e vai, e se proprio qualche cosa non ti convince, prendi smartphone o notebook, e ti interfacci direttamente con l'elettronica di controllo!
L'impostazione di guida, a dispetto delle dimensioni compatte, si avvicina più alla BMW che non alle due italiane, e come sulla tedesca, anche la R1M soffre un'impostazione più stradale, con pedane poco arretrate e decisamente basse, tanto che è facile sentirle graffiare l'asfalto, e non permettono di spingere tanto quanto si vorrebbe in uscita di curva. Le impressioni ricavate dal test del Mugello hanno evidenziato un comportamento pistaiolo ricco di luci e con poche ombre.
Stabile sul veloce, e bilanciata nelle reazioni, con un freno motore limitato al minimo indispensabile che la rende particolarmente scorrevole in ingresso curva, ha altresì qualche problema nel cambiare traiettoria tanto rapidamente quanto le rivali italiane. I cambi di direzione vanno accompagnati con il corpo e questo alla lunga può affaticare, almeno sui tracciati come quello toscano, meno su quelli veloci come quello brianzolo, dove però abbiamo apprezzato i semi manubri chiusi che aiutano a rannicchiarsi sui velocissimi rettilinei.
Un altro comparto che potrebbe essere migliorato, senza particolari alchimie è quello frenante, che ha mostrato i suoi limiti nelle impegnative staccate di Monza. La potenza è buona, così come la risposta della leva che però al pronto e perentorio “attacco” non fa seguire un incremento della forza frenante man mano che si aumenta la pressione sulla leva. Il problema non sembrano essere i dischi né la pompa e tanto meno le pinze, quanto le pastiglie di estrazione stradale, una scelta fatta dai tecnici giapponesi poco condivisibile in un’ottica europea, ma perfettamente in linea con la filosofia giapponese.
Il fatto di essere costretti ad anticipare le staccate e di non sapere bene come si sarebbe affrontato l'inserimento, soprattutto in prima e seconda variante, ha penalizzato la spettacolare giapponese che avrebbe meritato un giudizio complessivo migliore. Anche se poi, a testimonianza della sua validità complessiva, è lì a giocarsela con le migliori!
Il responso del banco relativo alla YZF-R1M conferma le impressioni di guida: dopo la leggera flessione attorno ai 6/7.000 giri il propulsore inizia a spingere con una veemenza impressionante, con una progressione che porta alla potenza massima letteralmente in un fiato, come se – parole di un tester – ci fosse un turbocompressore in azione.
Complice una rapportatura piuttosto lunga, all’atto pratico però si percepisce molto la mancanza d’allungo: superata la potenza massima la curva crolla bruscamente, ma soprattutto, come si evince dal diagramma di coppia la R1M, pur migliorata rispetto alla precedente R1, non si è liberata da quella tendenza del quattro in linea con fasatura Crossplane a calare un po’ agli alti regimi. Lode invece alla voce peso: il verdetto della bilancia incorona la YZF-R1M come la più leggera del gruppo.
Anche nel caso della YZF-R1M il diagramma delle velocità sul giro riflette in maniera abbastanza fedele le impressioni del tester. Le velocità di punta sul rettilineo box e alla staccata dell'Ascari confermano la potenza del propulsore Yamaha; balza all'occhio l'interpretazione completamente diversa delle due Lesmo - la Yamaha incassa buona parte del suo svantaggio dalla Ducati proprio alla "seconda", recuperando poi però brillantemente nell'allungo al Serraglio.
E siamo arrivati ai tempi, ad una sorta – se questa fosse una gara e non una comparativa, lo ribadiamo – di classifica finale. Una classifica che presenta un equilibrio incredibile, se si pensa a quattro moto tanto diverse nella personalità e nel comportamento dinamico: dalla prima classificata, la Ducati 1299 Panigale, all’ultima, la BMW S1000RR, non c’è più di un secondo e due decimi, a conferma del livello d’eccellenza raggiunto da queste… moto da corsa scappate dalla pista.
Iniziamo dai tempi realizzati in condizioni ottimali dal nostro Francesco Paolillo. Un po’ a sorpresa, almeno rispetto alle aspettative iniziali, la Ducati esce vincitrice forte della miglior potenza massima e da una frenata incredibile che le permette di ritardare la staccata e sfruttare il suo potenziale velocistico. Tra le quattro, inoltre, si è dimostrata quella con la rapportatura più adatta al veloce tracciato brianzolo. Seconda arriva l’Aprilia, staccata di un pelo, forte delle sue doti di agilità cui si aggiungono un'elettronica sopraffina e freni racing da sportiva pura, con un motore finalmente all'altezza delle migliori contendenti.
Yamaha si deve accontentare del terzo posto. Un piazzamento che non riflette il reale valore della YZF-R1M, che su un tracciato come Monza paga cara la scelta di pastiglie freno in mescola stradale, meno performanti e resistenti alle sollecitazioni. Quarta chiude la BMW S1000RR, che pur forte di un propulsore vigorosissimo fatica un po’ a tenere la scia delle ultime arrivate sul guidato. Ma guardando i tempi è evidente come alla minima distrazione possa fregarvi subito: è sempre lì a soffiare sul codino delle rivali…
Durante la prima giornata Luca Cadalora ha però ottenuto prestazioni diverse. Alla luce delle considerazioni che trovate espresse nel pezzo che vi presentiamo è evidente come le moto si comportino in maniera differente nelle mani di un pilota della sua esperienza e velocità.
La Yamaha YZF-R1M, con Luca in sella, si dimostra la più veloce (1'54"22), anche e sicuramente per il minor affaticamento delle pastiglie freno (che aveva però già mostrato qualche limite) che le ha permesso di sfruttare al meglio una potenza massima seconda alla sola Ducati. Allo stesso modo, la BMW arriva seconda (1'55"31) grazie alle sue doti motoristiche e ad una ciclistica estremamente stabile e valida nei cambi di direzione delle varianti più strette.
Viceversa, l’Aprilia (1'56"45) paga la necessità di messa a punto fine dovuta ad una ciclistica forse più estrema delle altre: non disponendo di sospensioni semiattive, che riescono a fornire fin da subito un assetto molto a punto, richiede un lavoro più preciso e dedicato al singolo pilota per permettere di sfruttare le sue potenzialità. Un aspetto che ha influito pesantemente nel momento in cui si è dovuta trovare una taratura di compromesso fra i 69kg di Cadalora e gli 80 di Paolillo. Ultima chiude Ducati (1'57"56), che paga lo scarso feeling dichiarato dal pilota con l’impostazione generale nonostante i tanti pregi evidenziati da Cadalora stesso.
Rovescio di pronostico invece durante la prima giornata di test per Maurizio Vettor: le sensazioni sono state smentite dal cronometro. Ovvero: solo quattro giri in sella alla Yamaha R1 gli hanno permesso di staccare il suo miglior tempo (1'57"04) nonostante la non completa soddisfazione dell’impianto frenante (unico con pinze non ricavate dal pieno) e dell’erogazione che ha definito troppo “appuntita”. Tanto inaspettato il giro veloce quanto invece il quarto tempo ottenuto con l’Aprilia (2'01"38), con la quale ha dichiarato di aver invece percepito un ottimo feeling sin dai primi giri. Della supersportiva veneta ha elogiato l’estrema confidenza d’impiego, la reattività nei cambi di inclinazione, l’erogazione “elettrica” del propulsore, la precisione del cambio, la posizione in sella, così come la conformazione e imbottitura di quest’ultima.
Maurizio ha sgranato gli occhi anche quando il timer ha congelato BMW e Ducati parimerito (1'59"73). La 1299 è stata quella con la quale ha faticato maggiormente a entrare in confidenza per via di un’impostazione che, sul veloce tracciato di Monza, ha prestato il fianco a qualche critica per via dei semimanubri molto, troppo aperti. Poi, un certo nervosismo dell’avantreno in accelerazione forse per via di un eccessivo precarico, avvertibile nettamente alla curva del Serraglio e un livello di vibrazioni fisiche e sonore piuttosto consistenti, sembravano promettere un tempo sul giro non particolarmente brillante. Così non è stato, con un ritardo di meno di due secondi da Luca Cadalora. Merito di un motore impressionante in quanto a potenza e di un impianto frenante Brembo eccellente.
Buone sensazioni in sella alla sportiva dell’elica, la più umana delle quattro. Sembra quasi figlia di un’altra epoca ma va forte e il baricentro basso è garanzia di buone sensazioni da parte del pilota nei cambi lenti e nei curvoni in appoggio. Per Maurizio voto insufficiente al cambio BMW: troppo silenzioso e soffice, tanto da non avere una conferma dell’innesto immediata soprattutto in scalata.
Luca Cadalora
Nico Cereghini
Edoardo Licciardello
Francesco Paolillo
Andrea Perfetti
Maurizio Vettor
Caschi: HJC RPHA
Tute, guanti, stivali: Alpinestars, Dainese, Ixon, Rev'it, TCX
Moto: Aprilia RSV4RF, BMW S1000RR, Ducati Panigale 1299S, Yamaha YZF-R1M
Meteo: sole 25°
Luogo: Circuito di Monza
Terreno: Pista
Foto: Alessio Barbanti
Aprilia
Via G. Galilei 1
30033 Noale
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