Prendete una Hayabusa e privatela di ogni protezione aerodinamica. Otterrete la B-King, una naked da 183 cavalli che accelera come una furia e non rinuncia al piacere di piegare
Un bufalo impazzito che soffia dalle narici, con i muscoli in tensione. Pronto alla carica. La Suzuki B-King 1300 ci impressiona anche a motore spento, mentre ostenta le sue forme strabordanti e lascia presagire quel che sarà durante la nostra prova su strada.
Fedele al design della concept mostrata dalla Casa giapponese al Motor Show di Tokyo del 2001, la B-King nasce da un’idea tanto semplice, quanto – a prima vista – folle.
La sua meccanica è figlia, nemmeno troppo ingentilita, di quella della Suzuki Hayabusa. Il 4 cilindri con 16 valvole di 1.340 centimetri cubici, forte in origine di 197,2 cavalli a 9.500 giri/min, si accontenta sulla versione nuda e cruda di 183,6 cavalli allo stesso regime. La coppia raggiunge un picco massimo di 146 Nm a 7.200 giri/min.
Tutta la ciclistica è stato oggetto di una profonda rivisitazione, a partire dal nuovo telaio bitrave in alluminio.
Perché un conto è domare la belva a 300 km/h e correre via con la massima penetrazione aerodinamica offerta dalla carenatura a “uovo”; altra faccenda – ben più spinosa – è aggrapparsi al manubrio di una naked da 180 cavalli e contrastare la spinta furibonda del suo “quattro” in piena accelerazione.
La moto vuole essere una vera icona della potenza applicata alle due ruote ed esprime questa iperbole ostentando muscoli fuori dall’ordinario
Gli ingegneri giapponesi, con la consueta pignoleria che contraddistingue il loro approccio al lavoro, hanno preso molto sul serio la missione e sono riusciti nell’impresa di addomesticare il bufalo. Non hanno invece addolcito i tratti della B-King, né l’idea di farlo li ha mai sfiorati. La moto vuole essere una vera icona della potenza applicata alle due ruote ed esprime questa iperbole ostentando muscoli fuori dall’ordinario. Il frontale è dominato dal faro sfaccettato e dall’immenso serbatoio (in realtà contiene solo 16,5 litri: un po’ pochi visti i consumi non certo contenuti). Nella parte bassa della moto il nero del motore e del telaio è messo in risalto dalle cromature del carter e delle tubazioni del liquido refrigerante. Lo sguardo sul sedere della B-King viene rapito dai due spropositati cannoni dell’impianto di scarico: sono ingombranti e rubano la scena a quelli che, invece, sono gli elementi meglio riusciti nella vista posteriore della Suzukona. Pensiamo all’esile codino col profilo all’insù e al bellissimo forcellone in alluminio, rinforzato da una pregevole capriata. D’altra parte anche in Suzuki devono aver pensato che il loro Re stesse meglio con uno scarico più leggero alla vista, e hanno introdotto la versione Hyaku(che in giapponese significa “cento”), offerta in edizione limitata al prezzo di 14.500 euro (contro i 13.990 euro della versione standard).
Un’ammiraglia senza vestito
La B-King è sicuramente l’ammiraglia della gamma naked della Suzuki. Lo testimonia la cilindrata e lo dimostrano le ottime finiture che abbracciano ogni singolo componente della moto.
I comandi sono ben fatti, le leve si regolano in un battibaleno e la strumentazione digitale si rivela completa. C’è l’indicatore della marcia inserita, quello della benzina e quello della temperatura dell’acqua; i “precisini” potranno anche verificare il tempo di funzionamento del motore e la scadenza degli interventi di manutenzione. Un tasto, che invece va preso molto sul serio, è quello che permette di calmare i bollenti spiriti del quattro cilindri, selezionando la mappatura B al posto della esagitata A. Un dettaglio? No, una necessità. Guidare la B-King a briglie sciolte sull’asfalto bagnato richiede infatti una concentrazione mentale che alla lunga risulta stancante. Meglio selezionare la mappatura B e troncare di netto l’esuberanza del propulsore, rinunciando così anche alle facili perdite di aderenza dell’enorme pneumatico posteriore (200/50-17 la sua misura).
Il cambio ha 6 rapporti, mentre la frizione a comando idraulico adotta il sistema di assistenza SCAS che limita il saltellamento della gomma posteriore durante le scalate.
Al monoammortizzatore posteriore è abbinata la forcella a steli rovesciati sui cui piedini si ancorano le pinze ad attacco radiale a 4 pistoncini. I dischi anteriori hanno un diametro di 310 mm, quello posteriore si accontenta dei canonici 260 mm.
La maxi cilindrata, unita a una lunghezza di ben 220 centimetri, fa presagire un peso da lottatore di Sumo. La B-King ci smentisce, fermando l’ago della bilancia a quota 235 kg, un valore accettabile se soltanto pensiamo alla cilindrata oversize di 1.340 cc. La sella dista 805 mm da terra, ma salire a bordo richiede comunque una certa agilità; il codino del passeggero è infatti posto al terzo piano e obbliga il pilota a una bella spaccata per raggiungere il ponte di comando. Il secondo è accolto bene in sella, ma lamenta la totale assenza di appigli per le mani: una lacuna di un certo peso, viste e considerate le prestazioni della nostra maxi.
La prova. Pronti al decollo?
La B-King arriva in redazione linda e luccicante, pronta per essere messa sotto torchio (noi- lei o lei-noi? Bel quesito). La sua scheda tecnica fa volare la fantasia: ci aspettiamo una risposta esuberante del motore, ma anche un comportamento piuttosto impacciato della moto dove iniziano le curve. La prova dinamica dirà che c’abbiamo preso al 50%.
In sella si sta bene, sebbene il serbatoio ci obblighi a tenere le gambe piuttosto divaricate. In compenso le pedane sono alla giusta altezza e non affaticano le articolazioni. I comandi sono morbidi e la strumentazione è di lettura immediata, almeno fintantoché non si stuzzicano i cavalli, perché poi hai voglia di guardare gli strumenti!
La prima grande sorpresa viene dall’ottima guidabilità della B-King, che si lascia guidare in punta di gas anche nel traffico cittadino, ronfando beata tra i 1.000 e i 3.000 giri/min. No, non abbiamo sbagliato a digitare i numeri: in quel range la maxi naked procede già spedita, lasciandosi alle spalle le auto e gran parte delle creature a due ruote che popolano la metropoli. Roba da non credere. La coppia motrice e la regolarità del “quattro” permettono di inserire la quarta o la quinta (!) e di procedere come se si fosse alla guida di una moto automatica, contando all’occorrenza su una progressione fulminea.
Basta però superare i 3.000 giri e spingersi fino alla soglia dei 5.000 per viaggiare forte e iniziare a comprendere di che pasta è fatto il bialbero a 4 cilindri realizzato dalla Suzuki.
Il rumore allo scarico si fa gutturale e il display digitale del tachimetro mostra una progressione schizofrenica: 0 – 35 – 80 - 130 (e ci fermiamo qui prima di ricevere un meritato cazziatone da Nico… prudenza, sempre!).
La capacità della B-King di accelerare da fermo o di riprendere velocità è qualcosa di eccezionale, che obbliga a considerare con attenzione gli spazi a disposizione e a tenere due dita sempre pronte sulla leva del freno anteriore.
Oltre i 5.000 giri/min la naked ricorda al pilota la nobile progenie e toglie la maschera; sotto il vestito c’è lei, sua maestà l’Hayabusa.
La risposta al comando del gas è brutale, furiosa e tale da portare la gomma posteriore a pattinare nei primi due rapporti sull’asfalto asciutto. La tendenza all’impennata è limitata – ma non troppo – dal lungo interasse e consente di accelerare forte con un ottimo controllo della moto. La B-King si produce in un allungo impetuoso fino ai 10.000 giri/min che stira le braccia del pilota e toglie il respiro per lunghi attimi di pura adrenalina.
Sono emozioni da assaporare solo in condizioni di massima sicurezza, lontano dal traffico e in spazi aperti. Meglio ancora se in pista. Ma da sole valgono il biglietto e giustificano l’esistenza di una moto così eccessiva.
Tanto più che la maneggevolezza della B-King si fa apprezzare anche sui percorsi tortuosi dove si è svolto il nostro test. Una Suzuki GSR 600 è certamente più agile, ma la maxi naked all’occorrenza - proprio come un bufalo - sa cambiare direzione con una buona rapidità e, soprattutto, con una grande solidità.
I brevi allunghi hanno messo in luce l’ottimo comportamento dell’impianto frenante, dotato di una buona potenza e di una grande modulabilità. Il mordente dei due dischi anteriori non è immediato, ma mette al riparo da indesiderati bloccaggi.
Pregi
Motore dolce ai bassi ed esplosivo una volta superati i 5.000 giri | Ottima guidabilità | Frenata
Difetti
Doppio silenziatore un po’ troppo ingombrante | Autonomia ridotta
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