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Il Suzuki Burgman 400 è una vera e propria icona del segmento. La cilindrata 400 l’ha di fatta inventata lui già sul finire del secolo scorso, quando non c’era praticamente via di mezzo fra i 250 e i maxi, che oscillavano già fra i 500 e i 650 centimetri cubici. Una cubatura intermedia che si addice perfettamente alla filosofia dello scooter Suzuki, per il quale la metafora automobilistica che lo avvicina a (certe) coupé - magari a quattro porte - calza alla perfezione.
Sportivo ma senza eccessi, con la comodità del pilota sempre in primo piano, il Burgman è da sempre fedele a sé stesso. I detrattori lo accusano di essere troppo uguale, più che fedele, a sé stesso, certo, ma lo scooter Suzuki - pensiamo noi - ha ancora abbastanza frecce al proprio arco da potersi permettere un po’ di… conservatorismo.
La versione 2022 fa parte di una serie di nuovi modelli presentati da Suzuki, che sembra finalmente scuotersi da quel torpore che l’avvolgeva dall’inizio della crisi finanziaria di inizio millennio.
A dispetto di una linea virtualmente immutata, il Burgman 400 di quest’anno ha subito tutta una serie di piccole evoluzioni che lo riportano al livello della concorrenza mantenendo comunque quelle caratteristiche - la sospensione posteriore e il fatto di essere completamente prodotto in Giappone - che lo rendono unico nel suo settore. Anche se, come vedremo, la cosa ha le sue ripercussioni sul prezzo.
Dopo qualche ritardo dovuto alle difficoltà logistiche che hanno colpito tutto il mondo in questi ultimi anni, il Burgman 400 da qualche settimana è finalmente arrivato in concessionaria. E noi siamo corsi a Bologna per metterci le mani sopra, in città e fuori.
Come abbiamo detto, il Suzuki Burgman 400 mantiene in gran parte la sostanza del precedente soprattutto dal punto di vista della ciclistica e della linea, cambiando però nelle finiture. La linea del frontale rimane quella di sempre, con gruppi ottici full-LED; cambiano però le livree, con una nuova colorazione (silver matte) che va ad aggiungersi alle due già presenti. E arrivano, per tutte, ruote blu - colorazione ripresa dalla doppia impuntura della sella - che fanno il verso alle moto più sportive della Casa di Hamamatsu.
La sella, già che siamo in tema, ha imbottitura spessa 78,5 mm e altezza da terra di 755 mm (per i meno alti, si tocca bene grazie alla sciancratura della pedana in zona centrale); lo schienalino del pilota, che separa i due piani, è regolabile su tre posizioni a scatti di 15 millimetri.
Il vano sottosella ha capienza di 42 litri (contiene un integrale e un demi-jet) ed è coadiuvato da due cassettoni nel retroscudo da 2,8 e 3,5 litri di capienza; il destro offre una presa 12v - purtroppo non USB. Fra le novità va segnalato l’Easy Start System, che Suzuki ha introdotto ormai da diversi anni su diverse moto: basta toccare il pulsante d’avviamento, avendo l’accortezza di tirare il freno, e il motorino gira fino all’avviamento del motore. Lo stesso pulsante serve anche a disattivare il controllo di trazione (il motivo per cui potreste volerlo fare ci sfuggono, ma tant’è) anch’esso novità del modello 2022.
Il cruscotto si completa con la spia del già citato traction control, con l’indicatore “Eco Drive” che si accende quando si sta guidando all’interno dei parametri di massima efficienza, e con l’allarme ghiaccio, che si accende quando la temperatura esterna scende sotto i 3° e si spegne quando questa risale oltre i 5°.
La ciclistica è sempre basata su un telaio in acciaio, con comparto sospensioni che si affida a una forcella telescopica da 41 mm e soprattutto un monoammortizzatore regolabile nel precarico su 7 scatti montato su leveraggi progressivi, soluzione molto raffinata ma inevitabilmente costosa.
I cerchi sono la solita accoppiata 15-13” (con pneumatici 120/70 e 150/70) con freni a doppio disco anteriore da 260 mm e disco singolo da 210, gestiti da ABS attraverso una nuova, più leggera centralina elettronica. Il peso in ordine di marcia è di 218 kg, la capienza del serbatoio è di 13,5 litri.
Per quanto riguarda il propulsore, il monocilindrico a quattro tempi da 399 cc è dotato di distribuzione plurivalvole bialbero a camme in testa su cui debutta la doppia accensione con candele all’iridio, un nuovo iniettore con flauto a 16 fori invece dei precedenti 10, un impianto di scarico con doppio catalizzatore a nido d’ape nonché un diagramma della distribuzione che riduce l’incrocio fra le valvole migliorando l’efficienza.
Il risultato è ovviamente il rispetto della normativa Euro-5 con una limitatissima perdita prestazionale (29,2 cavalli contro i 31 del modello precedente) compensata peraltro da un’erogazione un po’ più sostenuta in allungo che consente un aumento della velocità massima (da 133 a 135 km/h) e con un valore di coppia massima che rimane di tutto rispetto, con 35 Nm. I consumi rimangono molto contenuti, con 25 km/l nel ciclo WMTC, valore che migliora nel test a velocità costante.
Salire sul Burgman 400 è come ritrovare un vecchio amico. La posizione è naturale, comoda, distesa ma comunque non scevra da una certa sportività: si ha sempre il controllo del mezzo. E la prima cosa che colpisce è il classico bilanciamento del Burgman, quell’equilibrio non comune che si ha già a velocità minime, quasi da surplace, che permette di manovrare con la massima disinvoltura nel traffico urbano senza (quasi) mai mettere il piede a terra.
La risposta all’acceleratore è ottima, pastosa e progressiva ma soprattutto perfettamente accordata alla risposta della trasmissione automatica: non si hanno mai “stacca-attacca” inattesi che possono cogliere di sorpresa o sbilanciare il pilota. La risposta è sempre, inevitabilmente, quella che ci si aspetta: l’Euro-5 non ha intaccato minimamente la piacevolezza del propulsore Suzuki.
Restando in città, colpisce come al solito la capacità di assorbire qualunque asperità da parte della sospensione posteriore. Nessuna proposta della concorrenza vi fa viaggiare sul velluto come il Burgman anche sui fondi più disastrati. Unico limite nei centri urbani, se volete, è quella stabilità che lo penalizza un pochino negli slalom più stretti in zona semaforo. Niente di grave, ma ci sono avversari più “guizzanti”. E già che ci siamo, anche l’assenza di un cicalino sugli indicatori di direzione: è fin troppo facile dimenticarseli inseriti finché lo sguardo non scende a guardare il cruscotto e nota la spia lampeggiante. In compenso, poggiare il piede a terra è operazione perfettamente fattibile anche per i meno alti, e in generale la raffinatezza delle finiture è sempre un piacere per la vista e per il tatto.
Non si vive però di sola città, soprattutto con il Burgman, che si dimostra perfettamente all’altezza della situazione anche quando ci si allontana dai centri urbani. In tangenziale la stabilità riscontrata sopra diventa un pregio impagabile: lo scooter Suzuki si rivela sempre preciso e rassicurante, e si fa guidare con impegno psicologico pari a zero. Tra l’altro, la protezione aerodinamica - almeno per i “diversamente alti” come chi scrive - è pressoché assoluta fino alla velocità autostradale, con solo qualche pressione di rientro su schiena e spalle.
L’autostrada si affronta però senza troppo entusiasmo, perché se anche la velocità massima viene tenuta dal Burgman (che fila peraltro dritto come un fuso anche su fondi non perfetti) con invidiabile tranquillità, manca quella riserva di allungo per trarvi d’impaccio in situazioni complicate. Inoltre, al regime massimo si percepisce qualche leggera vibrazione che a lungo andare probabilmente infastidirebbero.
Sul misto extraurbano, invece, il Burgman si guida in maniera piacevole e divertente. La maneggevolezza non è quella delle proposte più sportive del segmento, ma la ciclistica è piacevole ed equilibrata, anche qui grazie alla sospensione posteriore che lo rende capace di sintetizzare sostegno e gestione delle asperità. Bene i freni, ottima la posizione di guida, ed eccellente anche la coppia del motore, che risponde bene anche su dislivelli molto marcati. Non sarà certo il mezzo che non vi fa rimpiangere la moto, ma se una volta, usciti dall’ufficio, volete raggiungere direttamente la famiglia nella casa di vacanza oppure… fare il giro lungo per tornare a casa, gustandovi un paio di curve, scoprirete il lato divertente o turistico del Burgman 400.
Lo scooter Suzuki è sul mercato ormai da tanto tempo - come dicevamo in apertura, la classe 400 l’ha di fatto creata lui - che si è creato una clientela ormai fidelizzata. Una clientela che ama la sua filosofia, quella di scooter sportiveggiante senza mai dimenticare l’eleganza, lontano da eccessi in un senso o nell’altro.
La risposta alla domanda è quindi in un certo senso un po’ scontata: buona parte dei possessori del nuovo Burgman verranno da modelli precedenti, anche se pensiamo che ci sarà comunque una quota di nuove acquisizioni che apprezzeranno la sostanza di uno scooter ormai davvero completo, per il quale affidabilità e qualità delle finiture (e quindi durata nel tempo, e quindi tenuta del valore…) sono al di sopra della media del segmento, pur con qualche piccola caduta di tono come i pulsanti di gestione del display LCD sul cruscotto invece che sui blocchetti a manubrio.
Purtroppo anche il prezzo, però, è al di sopra della media: il Burgman 400 ha il triste primato di essere di gran lunga il più costoso degli scooter del segmento, anche se la promozione in atto - che verrà quasi sicuramente prorogata - lo riallinea alla concorrenza. Il fatto che a differenza di tutta la concorrenza, il Burgman 400 sia 100% Made in Japan conta sicuramente qualcosa, ma restiamo dell’idea che un piccolo restyling avrebbe fatto digerire meglio il “cartellino”…
Moto: Suzuki Burgman 400
Meteo: sole 28°
Luogo: Bologna, Passo della Futa
Terreno: Urbano, extraurbano
Suzuki
C.so Fratelli Kennedy, 12
10070 Robassomero
(TO) - Italia
011 9213711
https://moto.suzuki.it/
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C.so Fratelli Kennedy, 12
10070 Robassomero
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