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Il celebre Suzuki Burgman 400, capostipite indiscusso della categoria maxiscooter, compie tredici anni - uno in meno dell’omonimo 250 - e da quest’anno perde la celebre sigla “K”, che si esaurisce quindi con la versione K9 dell’anno scorso, per diventare L0 (L Zero). Era il 1998 quando Suzuki lanciò la sfida del motore da 400 cc (385 effettivi, per l’esattezza) montato su uno scooter. Il che, manco a dirlo, scatenò un gran scalpore tra il popolo a due ruote, che si esibì nell’immancabile florilegio di noiosissimi commenti: «Ma sono matti, ma dove andremo a finire, è pur sempre uno scooter…» e via dicendo. Salvo poi, come abbiamo visto, smentirsi spudoratamente: tant’è vero che il mercato italiano divenne subito quello di assoluto riferimento – ancora oggi lo è - per tutti i costruttori che seguirono la Casa di Hamamatsu nella corsa al maxiscooter: fu infatti il Burgman 400 il più venduto tra il 1999 ed il 2001. A tutt’oggi, il nostro mercato ne ha assorbiti ben 104.000 esemplari, 1.421 dei quali da gennaio a maggio di quest’anno, periodo in cui l’elegante “tatami a due ruote” figura ancora tra i primi 20 in classifica.
Tuttavia il bassottone piaceva, perché era elegante, innovativo, molto ben fatto e ricco di accorgimenti utili, che nel corso degli anni sono stati implementati. oltretutto andava pure forte. Tra le altre cose, fu anche il primo scooter con la pedana svasata ai lati, inventata da Suzuki per facilitare la vita ai meno alti nel di poggiare i piedi a terra, specie nel casino delle città. Inoltre godeva della frenata combinata anteriore/posteriore, e della sospensione posteriore progressiva, con ammortizzatore orizzontale sotto al motore.
Nel 2001 venne realizzata la versione Martini Racing in edizione limitata, poi arrivò l’allestimento Business, cui seguirono i vari restyling ed aggiornamenti tecnici, in particolare per adeguare il motore alle sempre più severe restrizioni riguardanti le emissioni nocive: in primis l’iniezione elettronica abbinata al catalizzatore a due vie, unitamente al primo restyling generale, introdotti con il model year 2003.
Nel 2005 venne importata anche la grintosa versione Type S, caratterizzata dal manubrio stile moto - tutto cromato, con tubazioni e tutto il resto a vista – un piccolo plexiglas scuro, ruote e foderi forcella completamente neri e carrozzeria anch’essa “all black”, oppure blu. Questo tipo di scooter era il prodotto di una moda molto in voga tra i giovani giapponesi, che chiaramente privilegiava l’estetica alla praticità: la protezione dall’aria, infatti, era chiaramente piuttosto carente, anche se un plexiglas più alto era comunque disponibile come optional.
Le sospensioni sono davvero eccellenti e chi quotidianamente usa lo scooter su lunghi tratti di pavé molto sconnesso, o comunque su asfalto devastato dalle intemperie, non potrebbe che votarle con un bel 10
Una rivisitazione piuttosto profonda, quella che ha portato al K7, che oltre all’estetica ha riguardato anche motore e ciclistica, enfatizzando ulteriormente il già elevato livello costruttivo del patriarca dei maxi scooter. A partire ovviamente dal design, radicalmente rinnovato pur mantenendo quell’inconfondibile stile che identifica il Burgman 400 come il classico scooterone da granturismo, dove il pilota siede da pascià (a soli 710 mm da terra), con la facoltà di guidare a gambe in avanti oppure in posizione normale, e col passeggero pure comodamente seduto ma al piano rialzato, con una completa visione del panorama.
Il nuovo motore, omologato Euro-3, vanta prestazioni globalmente superiori, grazie anche alla cilindrata maggiorata a 399 cc allungando la corsa del pistone, ma anche alla nuova testata bialbero e al più sofisticato sistema di iniezione a doppia farfalla. Tutti interventi volti a ottimizzare la combustione e quindi migliorare i consumi. Tra l’altro, la capacità del serbatoio è stata maggiorata da 13 a 14 litri, aumentando a maggior ragione l’autonomia. Per il nuovo motore vengono dichiarati 34 cv (25 kW) a 7.300 giri e una coppia di 3,7 kgm (36,3 Nm) a 5.800, contro i 32 cv (23,5 kW)/7.500 e 3,26 kgm (35 Nm)/6.000 del prededente.
Rifatto anche lo scarico, diventato a sezione ovale per meglio accordarsi al nuovo look.
Il telaio stesso è stato alleggerito ma nel contempo irrobustito, utilizzando tubi di diametro maggiorato ma con pareti più sottili, e reso anche più agile riducendo l’angolo del cannotto di sterzo da 27° a 25°20’, e l’avancorsa da 106 a 102 mm.
Inoltre, la ruota anteriore è diventata da 14 pollici anziché 13, aumentando così anche l’angolo di piega. Ma sono anche aumentate le misure delle gomme, passate da 110/90 a 120/80 davanti e da 130/70 a ben 150/70 dietro.
La forcella mantiene gli steli da 41 mm, ma l’escursione utile è aumentata da 100 a 110 mm, mentre dietro rimane la sospensione progressiva, con ammortizzatore orizzontale regolabile in precarico. Ma non è tutto. L’impianto frenante stesso è stato modificato sensibilmente, eliminando la frenata combinata e raddoppiando il disco anteriore da 260, mentre al posteriore rimane un’unità da 210 mm, ora però dotato di una seconda pinza (meccanica) che funge da freno di stazionamento, azionata dall’apposita manopola sul retroscudo.
Ancora più giù, sul largo tunnel centrale, c’è lo sportello a pulsante che cela il tappo di rifornimento (con serratura).
Sotto al sellone, sostenuto da un ammortizzatore, è stato ricavato un ampio vano da 62 litri, rivestito di “moquette” e in grado di contenere due caschi integrali, con due piccoli scomparti laterali chiusi da sportellini, per i documenti, gli attrezzi di bordo e che altro. Tra i suddetti attrezzi c’è anche quello per regolare il precarico dell’ammortizzatore, cosa non facilissima, vista la posizione dello stesso. Il vano è dotato di luce di cortesia con relativo interruttore (per non far fuori la batteria dimenticandosi la sella sollevata nel box): la lucina è proprio sotto la sella, a fianco della levetta che serve per sbloccare il supporto lombare del pilota, regolabile in avanzamento su 5 posizioni, per altrettanti centimetri, in modo da soddisfare anche i bassi di statura.
Lo scooterone Suzuki è piacevolmente brillante e veloce e beve abbastanza poco: il consumo medio del nostro test è variato dai 20 km/litro circa nel normale girovagare cittadino
Nel misto ci si può divertire: la ciclistica è sufficientemente agile e permissiva - sulle prime sembra anche troppo, bisogna farci la mano – si riesce anche a piegare decentemente, e, soprattutto, si può contare su un ottimo impianto frenante.
L’ultima volta che avevo usato un K7 avevo trovato il doppio disco anteriore fin troppo aggressivo per un “ruote basse”, e propenso al bloccaggio con eccessiva facilità. Ora l’impianto è senz’altro migliorato, probabilmente anche grazie all’ABS: molto buona la potenza anteriore, con l’antibloccaggio che in condizioni normali interviene solo quando lo pneumatico inizia a stridere; ma non è male nemmeno il posteriore, che come spesso accade può subentrare più frequentemente, a maggior ragione senza passeggero a bordo e in discesa, quando il retrotreno si alleggerisce di più.
Per concludere, ricordo che per il Burgman esiste una nutrita gamma di accessori (alcuni molto costosi, però, tipo le manopole termiche: 287,5 €, e un portapacchi cromato: ben 476 €!) e abbigliamento dedicato, che potete trovare sul sito Suzuki.
E che il modello L0 con ABS, disponibile tutto bianco o grigio metallizzato, costa 6.790 Euro, cioè 500 Euro più del modello standard, che è disponibile anche in nero metallizzato.
Fino al 30 giugno, inoltre, la versione con ABS gode di una promozione che prevede il finanziamento a tasso zero e una supervalutazione di 500 Euro sull’usato in permuta.
Suzuki
C.so Fratelli Kennedy, 12
10070 Robassomero
(TO) - Italia
011 9213711
https://moto.suzuki.it/
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