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A chi fa il nostro invidiabile lavoro capitano spesso richieste di consigli, più o meno particolari, in merito all’eventuale acquisto di una moto. Per esempio, un mio vicino di casa, ex motociclista e padre di famiglia, ma con un figlio ormai maggiorenne, mi ha coinvolto nel suo desiderio di comprarsi una buona moto di media cilindrata, ma non molto impegnativa da usare, perché «è un da un po’ che non vado in moto e naturalmente mi sento abbastanza arrugginito, sai, l’ho venduta anni fa, quando è nato mio figlio, la moglie non veniva più in giro con me, però adesso il ragazzo è grandicello, e allora mi piacerebbe tornare in sella, bla,bla, bla…». Però il signore in questione non vuole assolutamente uno scooter, ma una moto vera, che vada bene un po’ per tutto: casa-lavoro, gita di fine settimana, e perché no, magari una vacanza con la mogliettina (rinsavita), o con qualche amico dei vecchi tempi. Non solo: l’ultima moto che il nostro eroe aveva avuto era una Suzuki, e lui è rimasto molto affezionato a quel marchio. E naturalmente non vuole spendere un capitale. E se c’è l’ABS è ancora meglio (ma va?...).
«Quindi? Cosa mi consigli, tu che le moto le conosci tutte?». La più classica delle domande, così come lo è l’eterna tiritera dell’ex biker che ritorna all’ovile. E la risposta, del resto, non è così difficile: il listino Suzuki comprende giusto un paio di modelli che possano fare al caso suo, entrambi più o meno recentemente rivisitati, entrambi con motori da 650 cc di proverbiale affidabilità, ed entrambi con l’ABS di serie: trattasi della V-Strom (più precisamente DL650 V-Strom), erede della corpulenta progenitrice del 2004 (a sua volta praticamente gemella della possente 1000 lanciata due anni prima), e della più recente versione della Bandit S semicarenata, presentata a fine 2011. Un’ottima e apprezzatissima V2 tuttofare con già una discreta storia alle spalle, insomma, e una versatile quadricilindrica sport-touring di lunga discendenza, che ancora oggi ci sembra una concreta alternativa, specialmente nel caso che il suddetto interlocutore sia uno dei tanti che esibiscono perle di saggezza tipo «mah, non so, la V-Strom è da “enduro”, io voglio una moto “da strada” (sigh!!!)….
Vien da sé che la domanda del vicino di casa ci ha dato ovviamente l’idea di mettere a confronto queste due sorelline Suzuki.
Caratteri diversi, prezzi pure
Le due moto in questione, tecnicamente parlando, non sono state propriamente rivoluzionate rispetto alle versioni precedenti, soprattutto la Bandit S. Anche se effettivamente il V2 Suzuki internamente è stato sostanziosamente “rinfrescato”, infatti, a livello di ciclistica l’attuale V-Strom – che continua a vantare l’esclusività del suo telaio in alluminio nella categoria on-off tra 650 e 800 cc - ha solo l’interasse maggiorato di 20 mm, il piano sella a 835 mm da terra anziché 820, l’escursione della ruota posteriore aumentata di 9 mm, e un ABS alleggerito dell’ultima generazione, ma sempre non disinseribile. E ha pure un serbatoio un po' meno capiente. Quanto al peso, siamo a 214 kg dichiarati in ordine di marcia (sarebbero poco meno di 200, senza benzina) contro i 195,5 a secco - che col pieno diventano circa 212 - dichiarati per la precedente V-Strom 650/A (con ABS: il che suona abbastanza strano, visto che l’ultima versione dovrebbe essere più leggera della precedente di ben 6 kg, secondo quanto dichiarato al momento del lancio….
L’attuale Bandit S, invece, praticamente cambia solo a livello di estetica - ovvero carrozzeria, dispositivi di illuminazione, retrovisori e silenziatore - mentre tutto il resto è invariato, o quasi. Il “quasi” riguarda soprattutto l’ABS, che qui è di serie, mentre per le precedenti versioni del modello 650 era disponibile su richiesta, il che è capitato molto raramente, in Italia. L’unica differenza tecnica rispetto al recente passato riguarda quindi l’impianto frenante anteriore, dove la Bandit S ora monta dischi da 290 anziché 310 mm. Due Suzuki, queste, che tra l’altro non differiscono enormemente a livello di prestazioni ed economia di esercizio. Mentre quel che potrebbe influenzare l’eventuale scelta, semmai, è la differenza di prezzo fra di esse: 7.050 della Bandit S e 8.950 euro per la V-Strom, che tuttavia dal primo gennaio al 31 marzo 2014 usufruirà di una nuova campagna promozionale, che spieghiamo più avanti.
Quanto ai colori disponibili, per la V-Strom si può scegliere tra bianco, grigio scuro e rosso, mentre la Bandit è solo bianca.
Estetica e finiture
☻☻☻½☻☻ V-Strom
Se la base tecnica dell’attuale V-Strom 650 a prima vista sembrerebbe rimasta immutata, il precedente styling squadrato tipicamente tedesco, trasferito pari pari dalla primogenita V-Strom 1000 (che in effetti venne realizzata con la collaborazione della forte filiale tedesca Suzuki Deutchsland capitanata da Bert Poensgen: del resto “Strom” è un vocabolo tedesco che tra i suoi tanti significati include “energia”) alla più apprezzata 650 del 2004, ora appare piacevolmente smussato e molto ben armonizzato con il nuovo scarico. Il dolce stil novo della V-Strom ( questa volta abbastanza differente da quello della nuova 1000), l’ha dunque resa molto più snella ed equilibrata nelle masse, sacrificando però anche un paio di litri di benzina, visto che la capacità del serbatoio – in metallo ma “pannellato” lateralmente in plastica - è diminuita da 22 a 20 litri. In effetti, la moto attuale ufficialmente pesa 6 chili meno della precedente, almeno secondo la scheda tecnica ufficiale.
Le finiture generali sono di buon livello, la sella - disponibile anche più alta o più bassa di 2 cm (lo standard è di 83,5 cm) – è elegante e ben fatta, col logo “V-Strom” in bella mostra sulla seduta, ed è asportabile (la serratura e sulla sinistra del porta- targa): sotto alloggia la batteria e un discreto portaoggetti rettangolare per i documenti, gli attrezzi, ed eventualmente un blocca disco. Un appunto invece andrebbe fatto alla cartuccia esterna del filtro dell’olio, completamente esposta vicino al collettore di scarico anteriore: direi che il puntale paramotore disponibile tra gli accessori cade proprio a fagiolo. Inoltre manca il cavalletto centrale, anch’esso opzionale.
Anche il cruscotto è completamente nuovo, come leggerete nel paragrafo ad esso dedicato. Bello anche il musetto, coi fari entrambi funzionanti sia con le luci anabbaglianti che con le abbaglianti. Da notare anche che l’antifurto immobilizer, con chiave codificata, è montato di serie.
Passando alle regolazioni disponibili, le leve di freno e frizione sono regolabili nella distanza dalle manopole per mezzo delle classiche rotelline numerate; la forcella gode di 5 posizioni di precarico delle molle, e il mono posteriore è anch’esso regolabile in precarico, tramite la comoda manopola esterna, ma anche nell’idraulica in estensione. Da sottolineare anche che il disegno del parafango anteriore è volto a facilitare il flusso d’aria verso il radiatore, ai cui lati troviamo due inedite prese d’aria, che hanno il compito di rompere le turbolenze che si formano dietro al plexiglas stesso. Quest’ultimo, la cui sommità è arretrata di 30 mm rispetto al vecchio modello, è sempre posizionabile su tre altezze: basta svitare 4 viti e riposizionarlo più in alto di 24 mm arretrandolo nel contempo di 8, oppure abbassarlo, e contemporaneamente avanzarlo 18.
☻☻☻½☻☻ Bandit S
La Bandit S appartiene a una categoria – quella delle moto semicarenate, col motore in bella vista - che personalmente apprezzo molto, ma che in Italia ha fatto sempre storcere il naso: o nuda, o tutta carenata, insomma, niente vie di mezzo per la maggior parte dei biker nostrani. Quella delle quadricilindriche Suzuki Bandit è una famiglia molto longeva, direi storica, nata nell’89 con le GSF250 (l’unica raffreddata a liquido, mai arrivata in Italia) e 400, cui seguirono le varie 600, 650 e 1200, raffreddate ad aria e olio, che negli anni novanta erano letteralmente adorate all’estero, ma anche da noi godettero di una lusinghiera diffusione. E nel 2007 arrivarono gli attuali modelli coi nuovi motori da 656 e 1.250 cc raffreddati a liquido e alimentati a iniezione. Tutte le Bandit “over 400” sono state sempre disponibili sia in versione nuda che con la semicarenatura (le “S”, appunto).
Due anni fa, Suzuki ha deciso di importare l’ultima versione di questa sua storica media cilindrata, che in effetti era già stata presentata all’EICMA milanese del 2009 come model year 2010, ma che in Italia non si era vista: un modello sottoposto ad un discreto ma ben riuscito lifting, e che ancora oggi, secondo noi, può rappresentare una buona scelta per chi ami le moto più classiche e di buona sostanza.
Linee più arrotondate e armoniche, dunque, donano alla Bandit S un ulteriore tocco di stile: in particolare la nuova semicarena, che monta anche un faro a parabola multi riflettente ridisegnato, a nostro avviso è molto più elegante della precedente. Anche se due “frecce” anteriori ben integrate alla parte bassa del cupolino, anziché sporgenti, avrebbero certamente giovato al nuovo look del musetto.
Peccato, però, che le norme anti-inquinamento abbiano praticamente trasferito anche sulla Bandit 650 il “tubone” di scarico della sorellona 1250, sempre in acciaio inox, ma decisamente imponente.
È senz’altro apprezzabile, anche qui, il pulsante dell’hazard sul blocchetto elettrico sinistro del manubrio, e ancor più lo è l’idea di ricavare due portaoggetti con sportellini a scatto ai lati del cruscotto: il sinistro alloggia la presa a 12 Volt, di dimensioni standard. Naturalmente la Bandit S conserva la possibilità di regolare la posizione del manubrio (10 mm in avanzamento), il precarico delle molle anteriori e posteriore, l’idraulica del monoammortizzatore stesso, le distanze delle leve dalle manopole e l’altezza della sella (a 790 oppure 810 mm). Sella che qui è asportabile (la serratura è sul codino, a sinistra), e sotto troviamo la batteria e un piccolo spazio sufficiente per gli attrezzi, i documenti e poco più. Rinnovata anche qui la strumentazione di bordo, come spiegato più dettagliatamente di seguito. Da notare la presenza sia della stampella laterale che del cavalletto centrale, non agevolissimo da usare.
Strumentazione
☻☻☻☻☻ V-Strom
Il cruscotto è completamente diverso da quello della versione originaria, composto da tachimetro e contagiri analogici ai lati di un display digitale. La nuova strumentazione è del genere più compatto e asimmetrico – tendenza molto in voga attualmente - ma tuttavia ancor più completa: di analogico ha solo il contagiri, affiancato a destra da un display LCD rettangolare (gestibile dal manubrio con l’indice sinistro) che indica la velocità, il livello carburante a barrette con annessa spia della riserva, il contachilometri totale e doppio parziale, l’ora e la temperatura del liquido refrigerante.
Le novità sono il termometro ambientale, l’indicatore della marcia inserita (funzione che Suzuki fu la prima ad introdurre, già nei primi anni 70, sulle tricilindriche GT380, 550 a due tempi) e i due indicatori di consumo medio, uno per ogni "trip". Da notare che è possibile anche regolare la luminosità dello sfondo, su 6 livelli di intensità. Altra novità è la spia luminosa dell’indicatore di gelo (si accende sotto i 3 e si spegne sopra i 5 °C), inglobata nel contagiri assieme alla spia rossa di allarme surriscaldamento del motore. Sopra al tutto figurano le spie luminose delle “frecce”, del folle, della riserva e dell’abbagliante.
Quanto alla precisione del tachimetro, i 50 km/h effettivi corrispondono a 55 indicati; i 90 a 98 ed i 130 a 142.
☻☻☻☻☻ Bandit S
Anche la Bandit S ha ricevuto una nuova strumentazione della generazione “compatta ma (abbastanza) completa”. Anche se meno prodigo di informazioni rispetto a quello similare della V-Strom, dunque, l’attuale cruscotto è decisamente più moderno del precedente, che era sempre costituito dal contagiri analogico, ma abbinato ad un display LCD rettangolare inserito nell’involucro circolare di un tachimetro a lancetta.
Le informazioni fornite dall’attuale display comprendono il tachimetro, il contachilometri totale e parziale, l’ora, la marcia inserita, l’indicatore di livello carburante con spia lampeggiante della riserva . Il contagiri invece ospita le classiche spie luminose di folle, batteria, temperatura motore, pressione olio, luci ed ABS.
Il tachimetro della Bandit indica i medesimo scarti di quello della V-Strom.
Ergonomia e comfort
☻☻☻☻☻ V-Strom
La V-Strom è una valida moto per lunghi trasferimenti, e non poteva essere altrimenti, visto che è nata per coccolare i suoi ospiti anche durante lunghi viaggi e vacanze in configurazione “in ferie mi porto tutto quello che posso, moglie compresa”, o, più semplicemente, “a pieno carico”. Forse alla lunga per qualcuno risulterà leggermente meno confortevole della vecchia, più che altro per il fatto che la zona di raccordo tra sella e serbatoio è più rastremata rispetto a prima: ma anche per questo fatto risulta più ospitale per le gambe, e più agevole per i meno alti nel poggiare i piedi a terra. Basta dare un’occhiata allo schema ergonomico per rendersi conto che in realtà la postura cambia leggermente solo per questo. Quanto al riparo aerodinamico, con il parabrezza in posizione standard un pilota alto 1,76 può tranquillamente viaggiare in posizione naturale almeno a velocità autostradali codice, con una buona protezione generale, e con le spalle e il casco lambiti dall’aria, ma senza generare fastidiosi scuotimenti del capo.
La postura in sella è comoda, anche per le gambe, sia per chi guida che per il passeggero: quest'ultimo, in mancanza di bauletto, in caso di andatura brillante può servirsi delle comode maniglie posteriori in resina. Da notare che la distanza tra pedane e piano sella è praticamente la medesima per pilota e passeggero, il quale però gode di pedane più avanzate, quindi sta più comodo.
Il tutto senza soffrire di vibrazioni noiose, perlomeno finché il contagiri non punta verso i 7.500/8.000, corrispondenti a velocità superiori ai 150 orari effettivi. Soddisfacente anche il comfort generale delle sospensioni, che reggono decisamente bene l’impatto anche sul famigerato pavé e sull’asfalto in disordine, e non creano problemi degni di nota quando ci si vuole divertire a spingere sul misto, a patto ovviamente di guidare in modo pulito e senza acrobazie in sella.
☻☻☻☻☻ Bandit S
La postura, in sella alla Bandit, favorisce senz’altro all’origine i piloti più bassi - la sella di serie, sistemata nella posizione più bassa, è a soli 790 mm da terra, e al massimo è a 810, e quindi si siede almeno 250 mm più in basso rispetto alla V-Strom - però con le pedane abbastanza più arretrate e vicine al piano di seduta: a parità di statura, insomma, sulla Bandit si guida con le gambe più angolate rispetto alla V-Strom, e col busto un po’ più in avanti, assumendo una posizione che facilita maggiormente la guida più aggressiva tra le curve in rapida sequenza. Per quanto mi riguarda, pur considerando il fatto che il manubrio è regolabile, ne sceglierei uno leggermente più "aperto" alle estremità.
Quanto a protezione dall’aria, trovo che la semicarena e il plexiglas della “S” siano sufficientemente protettivi per viaggiare decentemente, con l’aria che scivola sopra le spalle e la testa che solo a velocità off limits spingerà i più alti a reclinarsi un po’ in avanti. Naturalmente è comunque disponibile anche un plexiglas maggiorato. Anche il passeggero è seduto differentemente sulla Bandit, rispetto alla V-Strom: la sua porzione di sella è un po’ più stretta, ma l’imbottitura è sufficiente, solo che le sue pedane qui sono più alte e arretrate, e le ginocchia probabilmente invocheranno tappe più brevi, per potersi sgranchire un po’. Anche l’appiglio posteriore qui è più sacrificato, quindi il passeggero, nelle lunghe trasferte, presumibilmente sentirà la mancanza di un bauletto al quale appoggiarsi. Anche qui come vibrazioni siamo messi bene: sono poche e finissime, si infittiscono solo ai regimi più elevati, oltre i 7.000 giri, concentrandosi più che altro sulle manopole e, transitoriamente, sui fianchi del serbatoio in decelerazione. Quanto al comfort delle sospensioni, anche qui siamo messi bene: la taratura di base è decisamente ben calibrata, tutt’altro che flaccida e davvero notevole su pavé e sconnesso.
Accessori
☻☻☻☻☻ V-Strom
Quanto agli accessori, naturalmente Suzuki fa mancare poco o nulla ad uno dei suoi modelli prediletti.
A partire da quanto serve per viaggiare. E qui troviamo due allestimenti: il kit Urban comprende il plexiglas Touring dotato di spoiler superiore regolabile, i paramani, il cavalletto centrale e il puntale inferiore; mentre il kit Traveller aggiunger le manopole termiche, il bauletto in plastica con relativo supporto, le barre paramotore e la presa 12 Volt.
Inoltre sono disponibili le moto valige in alluminio con apertura superiore, la sinistra da 45 e la destra (lato scarico) da 37 litri, e il relativo top case da 38 l; ma esistono anche le motovaligie in plastica da 30 e 40 l, e relativo top case da 42 l. Per tutti i contenitori citati sono previste le comode borse morbide interne. Ma l’affollato catalogo accessori comprende anche varie borse morbide da serbatoio e da sella (superiori e laterali), barre paramotore, plexiglas touring con spoiler regolabile, paramani, manopole termiche regolabili.
☻☻☻½☻☻ Bandit S
Anche per questa Bandit sono disponibili portapacchi e bauletto, le moto valigie da 35 litri ciascuna - e le apposite borse morbide interne asportabili - con relativi attacchi (visibili sulla moto da noi provata), e un paio di borse da serbatoio con attacchi magnetici. Troviamo inoltre un set di carrozzeria – composto da fianchi laterali e puntale inferiore – che trasforma la semi-carena in carena totale, e un plexiglas Touring con deflettore regolabile.
Prezzi
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La DL650 V-Strom come già detto, costa 8.590 euro. Che potrebbero aumentare di qualche centinaio (in questo caso 764,81) acquistando il “Pacchetto di manutenzione”, peraltro previsto per tutta la gamma Suzuki (cross esclusi, naturalmente), e naturalmente variabile da modello a modello. L’opzione comprende 4 tagliandi e altre agevolazioni: il tutto è chiaramente spiegato nel sito ufficiale della Casa.
Come già anticipato, va tuttavia considerato che l’acquirente di una V-Strom 650 usufruirà di una interessante promozione che durerà fino al 31 marzo prossimo. In pratica, il prezzo di listino comprenderà il cosiddetto “ kit outdoor”, oppure verrà scontato di 900 euro ( IVA inclusa), scendendo quindi a 7.690 euro. Il kit outdoor comprende il puntale sotto al motore, il cavalletto centrale, i paramani, il cupolino Touring con deflettore regolabile, un bauletto da 42 litri completo di kit di fissaggio e il relativo poggia schiena.
Grazie alla suddetta promozione, la nostra valutazione sul prezzo (3 punti e mezzo) sale quindi a 4 punti.
☻☻☻☻☻ Bandit S
La Bandit S costa 7.050 euro franco concessionario, quindi 1.600 euro meno della cugina dalle gambe lunghe. E per l’eventuale “Pacchetto di manutenzione” ce ne vogliono altri 719,48.
Per completezza d’informazione, ricordiamo che Suzuki ha in listino anche altre due versioni di questa moto, che però non portano il nome Bandit: si tratta delle GSX650F (7.190 euro) ed FT (7.590 euro), completamente carenate ma prive di Abs.
Motori
☻☻☻☻☻ V-Strom
L’ottimo V2 bialbero a 8 valvole da 645 cc dell’attuale V-Strom (che poi è il medesimo della Gladius, ed è disponibile anche in versione depotenziata a 25 kW) mantiene gli stessi valori di alesaggio e corsa del predecessore (81x62,6 mm), l’alimentazione a iniezione elettronica con due corpi farfallati da 39 mm, ciascuno con doppia valvola a farfalla (SDTV) per ottimizzare flussi, efficienza di combustione e, di conseguenza, l’erogazione a tutti i regimi. Ovviamente presente anche l’accensione con due candele per cilindro, introdotta nel 2007 con l’avvento dell’Euro-3.
Tuttavia è stato sostanziosamente “rinfrescato” con nuovi pistoni, segmenti e bielle, che lavorano in cilindri trattati con materiale antiattrito al carburo di silicio, camere di combustione più compatte e valvole maggiorate e differentemente inclinate, azionate da molle singole anziché doppie. Ma sono stati ridisegnati anche i profili delle camme e lo stesso albero motore, e introdotte le nuove candele all’iridio, che migliorano la combustione e, di conseguenza, l’erogazione a tutti i regimi. Modificati anche il meccanismo di rilascio della frizione e il leveraggio della leva del cambio, per renderli ancora più dolci e fluidi. Invariati, invece, tutti i rapporti di trasmissione, finale compresa.
Per questo motore Suzuki dichiara 69 cv (50,5 kW) all'albero a 8.800 giri – cioè 2 cv più del predecessore e 3 meno della Gladius - e un valore di coppia massima di 6,1 kgm (60 Nm) a 6.400 giri.
La potenza massima alla ruota da noi rilevata al banco prova è stata di 64,6 cv (47,5 kW) a 8.750 giri, con una coppia massima di 5,94 kgm (58,2 Nm) a 6.500 giri.
☻☻☻☻☻ Bandit S
Il “4 in linea” raffreddato a liquido da 656 cc (65,5 x 48,7 le misure di alesaggio e corsa) della Bandit S risale dunque al 2007. Si tratta di un propulsore - anzi, due, visto che anche l’omonima sorella maggiore fu maggiorata da 1.157 a 1.255 cc - allora inedito, naturalmente bialbero a 16 valvole, con cilindri anche qui trattati al carburo di silicio, e l’iniezione a doppio corpo con 4 valvole a farfalla. Qui la frizione è a comando idraulico anziché a cavo, mentre il cambio a 6 marce, al pari delle trasmissioni primaria e finale, sono immutati rispetto al modello precedente.
Per questo motore il costruttore dichiara 85 cv (62,5 kW) a 10.500 giri, ed una coppia massima di 6,3 kgm (61,5 Nm) a 8.900 giri all'albero. I valori da noi rilevati alla ruota sono stati rispettivamente di 75,6 cv (55,6 kW) a 10.000 giri, con una coppia massima di 5,9 kgm (57,7 Nm): un valore di picco praticamente identico a quello della bicilindrica, ma posizionato a 8.000 giri anziché 6.500.
☻☻☻☻☻ Bandit S
Rispetto alla cugina V-Strom, la Bandit S gode di quella decina di cavalli in più che, assieme naturalmente all’aerodinamica più favorevole, le consentono di superare facilmente i 210 orari: nella fattispecie siamo sui 213 km/h effettivi, sempre con pilota seduto normalmente.
Consumi
☻☻☻☻☻ V-Strom
Quanto ai consumi, per il parsimonioso V2 Suzuki abbiamo rilevato una percorrenza media di 19 km/l in città, 18 in autostrada a 130 orari effettivi costanti, e di 23,5 km/l lungo il nostro abituale percorso extraurbano di riferimento. Il consumo medio globale della nostra prova si è dunque attestato sulla media dei 20 km/litro, il che consentirebbe un’autonomia media di circa 310 km prima che l’indicatore di livello benzina scenda fino a quando l’ultima tacca diventa intermittente: qui inizia la riserva, che ammonta a 4,5 litri. Percorsi altri 40 km circa – e di conseguenza consumati altri 2 litri – sparisce anche la tacca residua e si accende la spia luminosa, che indica gli ultimi 2,5 litri di “benza” a disposizione.
☻☻☻½☻☻ Bandit S
Il motore Bandit è più potente e gira un po’ più alto, non è quindi una sorpresa che a parità di andatura consumi un po’ di più. La nostra media è stata di 18 km/l, che col serbatoio da 19 litri presuppone un’autonomia media di circa 240 km, prima di entrare in riserva (ben 5,5 litri): a questo punto l’indicatore anche qui scende ad una tacca lampeggiante, mentre la classica spia luminosa fissa subentra quando nel serbatoio sono rimasti 1,5 litri. I singoli consumi medi da noi rilevati sono stati di 18 km/l in città, 21 in extraurbano e 17 in autostrada, a 130 km/h effettivi.
Comportamento in città
☻☻☻½☻☻V-Strom
La V-Strom “piccola” (la si può chiamare nuovamente così, ora che la 1000 è tornata in listino), in città è decisamente “friendly”, grazie anche ai suoi comandi tutti morbidi: non è troppo alta, ora è anche più stretta tra le cosce, l’abbinamento peso/baricentro non è impegnativo, l’angolo di sterzata idem…Ergo, nel traffico ci si destreggia piuttosto bene, sul dannato pavé non si soffre grazie a sospensioni piacevolmente efficaci, e il motore è a sua volta molto confidenziale anche con chi sia alle prime armi, o quantomeno non abbia mai usato un bicilindrico: minimi strappetti sotto i 2.000 giri, e una dolcezza di erogazione da riferimento assoluto per un V2.
☻☻☻☻☻ Bandit S
Aanche la Bandit, però, se la cava bene nel traffico metropolitano, facilitata dal suo baricentro basso che aiuta molto a farla sembrare ben più leggera di quanto sia, anche se – almeno ai primi approcci - nelle manovre lente lo sterzo accusa un po' di pesantezza e tendenza a chiudere. Un “4 cilindri” non stracarico di coppia, ma dolce come un babà, aiuta senz’altro a muoversi con la tranquillità necessaria negli orari di punta, specie sul bagnato. Peccato solo che in condizioni limite, come possono essere le lunghe code o gli ingorghi dell’ora di punta, quindi a velocità bassissime, il cambio si indurisca abbastanza. Promuoviamo senz’altro anche le sospensioni, più che oneste e soprattutto tarate il giusto per non andare “a pacco” sullo sconnesso.
Comportamento in autostrada
☻☻☻☻☻ V-strom
Viaggiare con questa moto in autostrada è un piacere. La protezione aerodinamica in effetti è un po' inferiore rispetto al modello precedente, ma quel poco d’aria che si percepisce, una volta personalizzata la posizione del plexiglas, a mio avviso è più che tollerabile: per quel che mi riguarda, i flussi d’aria infatti vagano attorno al casco e alle spalle, e le gambe non tendono ad aprirsi, a maggior ragione viaggiando a velocità codice. Di vibrazioni se ne sentono davvero pochissime, anche perché si manifestano oltre i 7.000 giri, mentre a 130 km/h reali il contagiri si attesta sui 6.300…
Quanto a stabilità, non ci sarebbero problemi nemmeno sui curvoni a tutto gas, figuriamoci ad andature codice.
☻☻☻☻☻ Bandit S
Anche in sella alla Bandit S, tutto sommato, la vita non è faticosissima sui lunghi tratti autostradali. Ferme restando le pedane altine del passeggero (che se basso/a di statura ovviamente ci baderà meno), la semicarena originale offre una buona protezione ai piloti di media altezza, che avvertiranno i flussi d’aria lambire testa e spalle, senza arrivare al limite del fastidio. I più alti, eventualmente, potranno ovviamente optare per il senz’altro più efficace plexiglas Touring con deflettore superiore regolabile, del quale beneficerà anche chi siede dietro. Anche il “4 cilindri” in linea non tortura certo con vibrazioni insostenibili: perlomeno chi guida, che avvertirà qualcosa sulle pedane in rilascio, ma nulla di seriamente noioso. Il passeggero, invece, qualche vibrazione sulle pedane l’accuserà, ma non ad andatura “street legal”. La Bandit è sensibilmente più veloce della sorella più polivalente, ma quanto a stabilità anche lei non mostra il fianco a critiche su quei bei curvoni a tre corsie da oltre 200 orari tipici di alcune autostrade (tedesche, naturalmente).
Comportamento nel misto
☻☻☻☻☻ V-Strom
La piacevolezza di guida della V-Strom 650 è ben nota da anni. Questa versione non fa che confermarla, semmai migliorandola ulteriormente, non fosse altro che per la maggior snellezza di assetto percepita dal pilota. Il motore naturalmente è prim’attore in un contesto generale decisamente felice: è il miglior bicilindrico della categoria (a maggior ragione ora che la Transalp esce di produzione, non sappiamo se temporaneamente o meno), ed è capace di riprendere dolcemente da 1.500 giri senza far capricci anche in sesta, per poi prodigarsi in un buon allungo che spinge facilmente la moto oltre i 180 orari effettivi . Ed è davvero delizioso goderselo tenendolo più o meno tra i 3.000 e i 6.500/7.000 giri, in particolare su un bel percorso misto, medio o veloce che sia, grazie ovviamente anche a una ciclistica molto ben bilanciata e correggibile con discreta facilità e senza particolare fatica, prese le misure al minimo di inerzia della ruota anteriore da 19” nei cambiamenti rapidi di inclinazione. Si guida divertendosi con naturalezza, insomma, godendosi un buon cambio e una frizione morbida, e potendo contare su gomme più che oneste come le Bridgestone Trail Wing, il cui profilo piuttosto “svelto”- in particolare davanti - richiede però qualche chilometro prima di creare la necessaria confidenza.
Molto tranquillizzante anche l’ impianto frenante, potente e modulabile il giusto e dotato di un ABS dall’intervento molto ben calibrato in ogni situazione, perfino sullo sterrato duro.
Inutile dire che la V-Strom consente ovviamente di approcciare anche percorsi sterrati un po’ più impegnativi di una semplice strada bianca, certamente con maggior tranquillità rispetto alla Bandit. Anche perché, ovviamente, qui sullo sterrato si può comodamente guidare anche in piedi.
☻☻☻☻☻ Bandit S
La Banditella mantiene inalterate le sue caratteristiche di guida, compresa la leggera tendenza dell’avantreno a “chiudere” nelle manovre lente in città e nei tornanti stretti, che un manubrio un po’ più largo e aperto probabilmente renderebbe quasi trascurabile. Poca roba, comunque, visto che globalmente la moto è molto piacevole da usare, grazie alla sua buona maneggevolezza che consente di guidare brillantemente ad onta del peso non certo irrisorio, a maggior ragione per una media cilindrata come questa. Fatto sta che la Bandit S risulta bilanciata più che dignitosamente: sul misto ci si diverte, insomma, specialmente con una guida pulita e rotonda, in modo da non arrivare a mettere alla corda sospensioni ben tarate si, ma certamente non per far fronte a strapazzi peraltro inutili.
Fuori dal traffico e dalla città, la Bandit S sfoggia anche la dolcezza del suo “4 cilindri”, capace di marciare tranquillamente in sesta a gas, per poi riprendere senza strappi. Un bel motorino, certamente non irresistibile ai bassissimi regimi, ma comunque sensibilmente più “pieno” di un analogo 600; e comunque più divertente da usare ai medi, e con un piacevole allungo agli alti quando serve: la sua curva di erogazione, del resto, è praticamente una linea retta da 1.500 giri in su fino a 10.0000 circa, quando la cuspide inizia ad arrotondarsi e a calare, interrompendosi bruscamente a circa 12.000, tagliata dal limitatore. Osservando il grafico comparativo dei due motori Suzuki rilevato al banco prova, si nota che anche il V2 di pari cilindrata è perfettamente lineare, ma chiaramente le due curve si discostano a circa 7.500 giri, col taglio di limitatore più o meno a 10.000 per bicilindrico.
La guida piacevole della Bandit deriva anche da una frizione (idraulica) piuttosto morbida e da un cambio che fuori dal traffico è efficace e preciso. Buoni anche i freni, dal comando un po’ “gommoso” ma dotati di potenza e modulabilità soddisfacenti, seppur a fronte di un discreto sforzo da applicare sulla leva. Bene anche l’ABS, specie davanti, mentre dietro il suo intervento, come spesso accade, dietro è un po’ troppo presente.
Quanto alle gomme, le “veterane” Bridgestone BT-020 di serie sono più che oneste anche viaggiando molto allegramente; e sono anche particolarmente a loro agio sul bagnato, quindi si può andar tranquilli anche sulla classica bella strada di montagna tutta curve. Tipo la ben nota provinciale che da Voghera, nel Pavese, porta al Passo del Penice per scendere a Bobbio, nel Piacentino, lungo la quale ci siamo divertiti molto con le due Suzuki. Anzi, tre: infatti c’era anche la V-Strom 650 2010 del nostro Matteo Valenti, che ha scattato le foto del nostro servizio, e che di seguito ci racconta le sue impressioni sulle differenze con il modello dell’ultima generazione.
Estetica: è molto cambiata (in meglio)
Non è un mistero che il tallone d’Achille del modello di prima generazione fosse l’estetica, considerata spesso troppo poco curata, specialmente in particolari importanti come il terminale di scarico. I designer giapponesi si sono messi quindi al lavoro per donare all’attuale versione della V-Strom un look più accattivante, ma soprattutto più filante e slanciato e devo dire che a mio parere hanno centrato l'obiettivo. Il nuovo modello appare più riuscito nello stile rispetto al passato, più proporzionato e ben bilanciato in tutte le sue componenti. Solo alcune finiture mi sono sembrate un po’ approssimative, in particolare per quanto riguarda le plastiche scure.
Il nuovo modello appare più riuscito nello stile rispetto al passato, più proporzionato e ben bilanciato in tutte le sue componenti
Il modello attuale può anche vantare una strumentazione molto più completa rispetto a prima, visto che integra anche un computer di bordo (che segnala tra le altre cose anche temperatura esterna e consumi medi), ma anche una sella molto meglio rifinita. Occorre però precisare che, almeno per i piloti “oversize”, la nuova sella potrebbe risultare meno confortevole di quella davvero ampia del modello di prima generazione.
Protezione aerodinamica ed autonomia: la prima V-Strom è imbattibile
Il design più slanciato e filante della nuova V-Strom è stato ottenuto diminuendo le quote dimensionali del cupolino ma soprattutto del serbatoio. Se l’estetica da un lato ne guadagna in maniera indiscutibile, dall’altro questa scelta si ripercuote inevitabilmente sulla protezione aerodinamica, vero fiore all’occhiello del modello di prima generazione. Premettendo che sono alto 1,72, ho quindi trovato che l’attuale V-Strom offre meno riparo al pilota alle alte velocità, senza comunque mai risultare veramente fastidiosa. Ma anche l’autonomia è logicamente inferiore visto che i serbatoio è meno capiente, oltre che meno protettivo per le gambe.
Telaio, sospensioni e ciclistica: ancora più divertimento
Il telaio in alluminio a doppio trave, così come una ciclistica praticamente perfetta, rimangono dunque due capisaldi di questo modello. Le cui dimensioni complessivamente più compatte però assicurano una guidabilità e una maneggevolezza davvero migliorate rispetto a prima, specialmente nei percorsi misti e stretti, ricchi di curve, e in città, nonostante il peso sia un po’ cresciuto.
L’attuale V-Strom si rivela quindi ancora più agile e divertente rispetto al passato, perfetta sia per chi sta muovendo i primi passi nel mondo della moto, ma anche per tutti coloro che cercano un mezzo con cui fare tanta strada senza affaticarsi, magari in coppia carichi di valige e bagagli. Le sue sospensioni rimangono capaci di assorbire con grande efficacia qualsiasi sconnessione della strada, anche le buche più micidiali tipiche delle nostre città. A mio avviso però la forcella è ancora un po’ troppo morbida (piccolo difetto della prima versione).
Frenata: ABS irrinunciabile
Guidare la “vecchia” V-Strom nella versione senza ABS e poi montare in sella alla nuova, che invece ne è dotata di serie, fa capire quanto sia fondamentale questo dispositivo sulle moto. Sulla nuova V-Strom non occorre prestare attenzione a modulare la frenata, quando si preme con forza la leva del freno non si avverte mai il timore di incappare in una scivolata o in un momento di pericolo. L’Abs trasmette fin da subito un senso di sicurezza, ma diremmo addirittura di “spensieratezza” in frenata, ovviamente sconosciuto alla vecchia V-Strom standard. L’unico appunto, a questo proposito, riguarda l’impossibilità di disinserire l’Abs, operazione che risulterebbe utile nel caso in cui si desideri affrontare percorsi non asfaltati. Una scelta che conferma ancora una volta la vocazione principalmente stradale della V-Strom.
Motore: squadra che vince non si cambia (o quasi)
La più recente versione del bicilindrico Suzuki è una versione aggiornata in alcune delle sue componenti di quello che montava il modello di prima generazione. Del resto si trattava di un motore molto ben riuscito, affidabile, efficiente, silenzioso e soprattutto capace di erogare una buona coppia, quel magico ingrediente necessario per garantire un piacevole spunto in accelerazione e tanto divertimento.
In conclusione: quale scelgo?
La vecchia V-Strom è una moto che rimane ancora oggi molto valida e che per di più viene offerta sul mercato (nuova o usata) a prezzi molto invitanti. Rimane però un mezzo per certi aspetti “di vecchia concezione”, a causa principalmente di un’estetica datata e di dimensioni forse un po’ ingombranti e più impegnative per alcuni. Il modello attuale invece migliora sotto diversi punti di vista, a partire dal look, senza dubbio più gradevole, ma anche in termini di guidabilità grazie ad un corpo molto più snello e ad un motore perfezionato, che lo rendono ancora più agile e divertente che in passato.
Matteo Valenti
Suzuki
C.so Fratelli Kennedy, 12
10070 Robassomero
(TO) - Italia
011 9213711
https://moto.suzuki.it/
Suzuki
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