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L’avvento della nuova Bonneville, nel 2001, coincideva dunque con la nascita della gamma Classics che, con un’oculata economia di scala, è arrivata oggi ai quattro modelli del nostro test e relative varie configurazioni
La Bonnie degli anni duemila riapparve dunque in veste piuttosto fedele alla progenitrice, ma contraddistinta dalla iconica sigla T100 - che peraltro dal 1949 all’83 contraddistinse oltre una trentina di modelli Triumph, Tiger e Daytona in particolare, ma mai una Bonneville - e naturalmente col suo bravo bicilindrico parallelo raffreddato ad aria: da 790 cc anziché 650, ma sempre alimentato tramite una coppia di carburatori. Da allora la T100 è rimasta sempre la stessa, salvo salire di cilindrata fino ad 865 cc e di potenza da 62 a 67 cv, nel 2008, quando i carburatori vennero sostituiti (ahimè, starà già sospirando qualcuno...) da un sistema a iniezione elettronica, i cui due corpi farfallati erano però astutamente “camuffati” da carburatori, con tanto di pomello dello starter laterale, giusto per appagare almeno l’occhio e nel contempo rispettare le sempre più severe normative anti-inquinamento, causa principale di questa trasformazione.
L’avvento della nuova Bonneville, nel 2001, coincideva dunque con la nascita della gamma Classics che, con un’oculata economia di scala, è arrivata oggi ai quattro modelli del nostro test e relative varie configurazioni.
A creare infinite altre varianti di queste belle moto ci pensano poi gli ormai numerosissimi preparatori e specialisti che realizzano esemplari da far venire la classica bava alla bocca. Anche per motivi di prezzo, of course... In ogni caso, qui c’è davvero da sbizzarrirsi nella personalizzazione, e anche questo aspetto ha il suo giusto peso in questa bella passione che intriga tutti noi.
La ciclistica di queste Triumph si basa su un “classico” telaio in tubi d’acciaio a doppia culla inferiore, che però differisce nelle quote caratteristiche sui vari modelli. Il cannotto di sterzo della T100 - che monta una ruota anteriore da 19” e gomme Metzeler, Lasertec da 100/90 ed Me Z2 da 130/80x17” - è infatti inclinato 28° con 110 mm di avancorsa e 1.500 di interasse. Anche la Scrambler monta ruote e gomme - Bridgestone Trail Wing - della medesima misura, ma per la sua destinazione d’uso più polivalente è stato scelto un cannotto meno inclinato e minor avancorsa: 27,8° e 105 mm, a parità d’interasse.
Veniamo alla mitica Thruxton: la café racer di famiglia ha la ruota anteriore da 18”, e quote di sterzo ancora più ridotte: cannotto a 27° e avancorsa a 97 mm, con interasse a 1.490 e gomme Metzeler da 100/90x18” e da 130/80x17” identiche a quelle della T100.
Quanto alla nuova arrivata, la Bonneville con le ruote in lega da 17” che ai puristi magari non piaceranno, ma che - non mancherò mai di sottolinearne l’importanza in termini di sicurezza - hanno l’enorme pregio di essere tubeless, qui abbiamo cannotto a 27°, avancorsa di 106 mm, interasse di 1.490 e gomme Metzeler ME Z4, da 110/70 e 130/80 (con cerchio anteriore da largo 3,0” anziché 2,5”): il tutto rende questa moto non solo di gran lunga la più facile e divertente da guidare del gruppetto, ma anche una delle più equilibrate e facili che io mi ricordi di aver mai usato.
Sospensioni: tutte e quattro le Classics montano forcelle Kayaba con steli da 41 mm di diametro ed escursione di 120 mm; ma solo quella della Thruxton è regolabile in precarico. I forcelloni posteriori sono in acciaio con bracci rettangolari, e lavorano con ammortizzatori Kayaba regolabili in precarico, che sulle nuove Bonneville (standard ed SE) hanno 100 mm di escursione anziché 106.
Freni Nissin: pinze flottanti a 2 pistoncini davanti e dietro e dischi posteriori da 255 mm per tutte; disco anteriore da 320 mm sulla Thruxton e da 300 sulle altre.
Serbatoi: identici, tutti da 16 litri.
Altezza delle selle da terra: Bonneville, 740 mm; Bonneville T100, 775 mm; Thruxton, 820 mm; Scrambler, 825 mm.
Strumentazione: la Bonneville standard, distinguibile immediatamente dalla SE per i carter neri anziché satinati, è anche l’unica ad avere solo il tachimetro, chiaramente analogico: al suo interno c’è il piccolo display digitale che indica i chilometraggi totale e parziali e l’orario, mentre al posto del contagiri sono state piazzate quattro classiche spie di servizio. Le piccole spie inglobate negli strumenti delle altre moto, invece, sono abbastanza difficili da vedere in piena luce.
Da notare che sulla T100 continua a mancare il pulsante di lampeggio dal blocchetto sinistro.
Personalmente chiudo un occhio sui bloccasterzo vintage tipo Neimann sul cannotto, ma non riesco proprio a digerire gli scomodi blocchetti di accensione sistemati sulla sinistra dei fari, con gli eventuali portachiavi che per forza di cose sventolano fastidiosamente durante la guida.
Un appunto alla Scrambler: il suo innegabile fascino dipende certamente anche – se non principalmente - dal suo doppio scarico laterale che passa alto. Carino, ma davvero troppo invadente, e obiettivamente anche fastidioso, specialmente nel caso si trovi a guidare in piedi su qualche strada bianca.
Pesi dichiarati, in ordine di marcia: 225 kg per le nuove Bonneville, 230 per tutte le altre.
Consumi: la Casa non li dichiara, tuttavia avendo provando precedentemente queste moto (più recentemente la nuova SE, abbastanza a lungo), possiamo affermare con sicurezza che si attestano mediamente tra i 20 ed i 22 km/litro, E di conseguenza si può contare su un’autonomia media di almeno 300 chilometri.
Ma pensiamo alla strada, dove la gamba destra la si può tenere un po’ più aperta, e alla fine ci si abitua anche. E dove - non lo avrei mai detto – con la Scrambler mi sono divertito anche quando abbiamo iniziato a guidare un bel po’ più spigliati, forse anche perché mi sento abbastanza a mio agio con le gomme ibride come queste Bridgestone Trail Wing. Insomma, questo motore è meno coinvolgente rispetto a quello delle altre, e spinge meno all’inizio, però tutto sommato è gradevole, e vibra anche meno agli alti regimi, dove in ogni caso è inutile arrivare, tanto la spinta cala comunque...Quindi via di conserva, con la moto morbida e docile tra le gambe e freni dignitosi per l’utilizzo normale: non serve un mordente esagerato, con gomme così strette davanti, è molto più redditizio giocare col cambio - che assieme alla frizione funziona molto bene, salvo indurirsi leggermente marciando lentamente, nel traffico - far scorrere la moto e non strafare con inutili staccatone, col rischio di perdere l’avantreno. Tant’è che quando si è iniziato a danzare sulle curve con una certa disinvoltura, la Scrambler eseguiva perfettamente le linee impostate senza farmi mai sentire in difficoltà, ma anzi in confidenza, senza mai tentare portarmi fuori, e comunque recuperando senza problemi eventuali piccoli errori di valutazione. Magari muovendosi un pochino, per far capire di non esagerare, ma ci sta. Diavolo, e io che l’avevo giudicata un cancello...
Moto sostanzialmente tranquille, le bicilindriche Triumph, ma che tuttavia riescono a divertire anche quando si vogliano tenere andature che magari tanto tranquille non sono
Bella, ma che certamente non ho mai considerato un mostro di divertimento, al di là dell’innegabile carisma che trasmette. E anche qui ho dovuto rivedere le mie posizioni. Insomma, una moto piacevole per andarci a spasso trotterellando tranquillamente tra colline e declivi... Ma qui, subito dopo essere ripartiti, stavamo già tenendo il ritmo di prima, e mi stavo divertendo più che con la Scrambler! E non solo grazie al rumore più tonico e coinvolgente del suo motore, e per la spinta ai bassi più gagliarda, ma anche per la guida: l’avantreno della T100 non è certo un fulmine nell’impostare le curve, ma anche guidando così spediti (come non avevo mai fatto in precedenza con questa moto) solcava le traiettorie con piacevole precisione e senza una sbavatura. Va detto che le strade sulle quali scorrazzavamo allegramente erano perlopiù in ottimo stato, e anche se qualche tratto era un po’ sporco per le piogge dei giorni precedenti, si filava che era un piacere, e senza macroscopici problemi di ciclistca. Però è sui tratti sconnessi che con queste moto, una per l’altra, salta fuori l’esigenza di avere degli ammortizzatori migliori, meno rigidi e secchi rispetto agli originali.
Nella fattispecie - è un po’ un mio chiodo fisso - sono un convinto sostenitore degli ammortizzatori tipo quelli che troviamo sulla Kawasaki W800 o sulle Honda V750, quindi con molle a progressive, ma a spire molto ampie.
Comunque sia, dai e dai ho rivalutato anche la Bonneville T100, della quale esteticamente ho sempre criticato solo i collettori di scarico abbastanza bruttini rispetto a quelli delle vecchie Triumph, che erano dritti fino alle marmitte (come sulla già citata W800….), mentre qui sono ricurvi nella parte terminale, ovviamente per non danneggiarle in curva.
Mi è sempre piaciuta questa moto, ma allora auspicavo l’arrivo di un manubrio normale, che poi è puntualmente arrivato, con tanto di retrovisori alle estremità.
Bene, non appena sono partito, la sensazione è stata quella di avere il cannotto di sterzo troppo serrato. Il manubrio dritto andava bene, ma le pedane sulla Thruxton sono più alte ed arretrate, e la sella è anch’essa altina: ma problemi non ce ne sarebbero, se non fosse che l’avantreno a suo tempo non mi era mai sembrato così ostico da inserire in curva. Questa moto va guidata di corpo, forzando quella ruota davanti che sul misto stretto ti dà del lavoro extra, se vuoi tenere il passo con gli altri. La Thruxton è una moto da gustare pian piano, fino a quando non riesci a entrarci in sintonia per riuscire a gustartela: una guida vintage, insomma, molto più delle sue sorelle. E poi è quella che davanti frena meglio, perché ha un disco più grosso e una pompa più efficace, come del resto dev’essere su un mezzo sportiveggiante – sempre nell’accezione vintage del termine - come questo.
Triumph
Via R. Morandi, 27/B
20090 Segrate
(MI) - Italia
02 84130994
[email protected]
https://www.triumphmotorcycles.it
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